Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 6512 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 6512 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3245/2023 R.G. proposto da :
COMUNE DI COGNOME DELL’EMILIA, in persona del Sindaco p.t., elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME che l a rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME;
-controricorrente-
Avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 7590/2022 depositata il 28/11/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/11/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Nel 2014, COGNOME conveniva in giudizio il Comune di Anzola chiedendo che fosse accertato: a) la responsabilità risarcitoria del Comune derivante dall’inadempimento delle obbligazioni stabilite dalla legge e dal rapporto di garanzia; b) L’abusività dell’escussione della garanzia, in quanto ritenuta illegittima perché basata su una garanzia invalida, inefficace o estinta ai sensi dell’art. 1955 c.c., sostenendo inoltre che l’intero danno derivante dall’inadempimento fosse imputabile al beneficiario, con la conseguente liberazione integrale del fideiussore ai sensi dell’art. 1227, comma 2, c.c.; c) il concorso del Comune nella causazione del danno e, di conseguenza, la riduzione, secondo equità, dell’eventuale indennizzo spettante al Comune di Anzola.
Con la sentenza n. 19699/2017 il Tribunale di Roma, accoglieva la domanda principale di accertamento negativo proposta da RAGIONE_SOCIALE (soggetto subentrato ad RAGIONE_SOCIALE all’esito di fusione per incorporazione), e rigettava sia la domanda riconvenzionale del Comune che l’ulteriore domanda svolta da RAGIONE_SOCIALE di condanna al risarcimento del danno derivante dalla violazione del dovere di correttezza previsto dall’art. 1175 c.c.
Con la sentenza n. 7590 del 28 novembre 2022 la Corte d’ A ppello di Roma, rigettava l’appello del Comune di Anzola.
3 . Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito, il Comune di Anzola propone ora ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi illustrati da memoria.
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso. Ha depositato memoria
RAGIONI DELLA DECISIONE
5.1. Con il primo motivo, il Comune ricorrente denuncia la nullità della sentenza impugnata per violazione/falsa applicazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e dell’art. 111, comma 6, Cost. (art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, c.p.c.).
Sostiene che la sentenza sia priva di una motivazione adeguata, logica e comprensibile. La corte di appello, infatti, si sarebbe limitata a confermare le decisioni del primo grado senza valutare le argomentazioni del Comune e senza spiegare i motivi per cui ha considerato rilevante solo la sottoscrizione della Polizza e dell’Appendice da parte del beneficiario. Di conseguenza, ha concluso che la garanzia fideiussoria fosse scaduta il 31 dicembre 2011, ignorando che il termine per adempiere al contratto di permuta era fissato al 30 giugno 2012.
Tale interpretazione risulterebbe incompatibile con l’effettivo interesse delle parti contraenti. Inoltre, non sarebbe chiaro cosa il giudice di merito abbia voluto indicare con l’espressione ‘inutilità della polizza’. Da ciò deriverebbe un grave difetto di motivazione, tale da violare il cosiddetto minimo costituzionale e rendere la pronuncia nulla.
5.2. Con il secondo motivo, il Comune ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione: (i) degli artt. 1325, comma 1, n. 2, 1362, 1363, 1366, 1367, 1431 c.c., nonché dell’art. 2729 c.c.; (ii) e poi degli artt. 115 e 116 c.p.c. con specifico riferimento al primo, secondo e quarto motivo di appello (art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, c.p.c.).
Il Comune insiste nel sostenere che l’interpretazione data dalla Corte d’Appello, e precedentemente dal Tribunale, circa la scadenza della fideiussione al 31 dicembre 2011 non sia coerente con il suo ‘valore utile’ e con l’interesse concreto delle parti contraenti (cfr. p. 2 e pp. 24-30 del ricorso per cassazione). A suo avviso, solo riconoscendo la validità della fideiussione fino al 30 giugno 2012 si
sarebbe garantito il rispetto dei principi di buona fede e conservazione del contratto, previsti dagli artt. 1366 e 1367 c.c. Sottolinea inoltre che dedurre dalla semplice presenza di una data di scadenza la volontà delle parti di sottoscrivere una polizza che si sarebbe rivelata sostanzialmente inutile rappresenta, a suo dire, una distorsione del principio di presunzioni semplici (cfr. p. 29, ricorso per cassazione).
La corte territoriale avrebbe dovuto, invece, ‘dare rilievo al chiaro interesse delle parti alla sottoscrizione della Polizza fideiussoria, ovvero garantire RAGIONE_SOCIALE/RAGIONE_SOCIALE contro il rischio di inadempimento da parte di RAGIONE_SOCIALE, in particolare per la mancata consegna degli immobili oggetto del contratto di permuta e per eventuali vizi rilevabili ai sensi dell’art. 1669 c.c.’ (cfr. p. 30, ricorso per cassazione).
5.3. Con il terzo motivo, il Comune denuncia la nullità della sentenza in relazione all’art. 132, comma 1, n. 4, c.p.c. e all’art. 111 Cost., sempre sotto il profilo della pronuncia di inutilità della Polizza, rilevandone la contraddittorietà avendo il giudice di merito ritenuta la stessa comunque efficace (art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, c.p.c.).
La Corte d’Appello, nel dichiarare la legittimità della convenzione negoziale, non avrebbe chiarito le ragioni dell’asserita inutilità della polizza. Al contrario, in applicazione dell’art. 1367 c.c., avrebbe dovuto adottare un’interpretazione conservativa della clausola, tenendo conto del concreto interesse perseguito dalle parti. Ciò avrebbe dovuto condurre all’accoglimento della domanda presentata dal Comune.
5.4. Con il quarto motivo, denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1367 e 2965 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, c.p.c.
La decisione della Corte di merito sulla validità temporale della garanzia fideiussoria è errata e in contrasto con le norme
sull’ermeneutica contrattuale, poiché l’interpretazione data dai giudici di merito renderebbe la clausola priva di utilità pratica.
Inoltre, la clausola de qua sarebbe nulla per violazione dell’art. 2965 c.c., che vieta le decadenze convenzionali che rendano eccessivamente gravoso l’esercizio del diritto contrattualmente previsto. Al contrario, la clausola avrebbe dovuto essere interpretata in modo tale da consentire l’accoglimento della domanda del Comune.
5.5. Con il quinto motivo, il Comune deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 244, 246, 115, 116 e 187 c.p.c., nonché degli artt. 2721-2725 c.c., eccependo nuovamente la nullità della sentenza per illogicità della motivazione (art. 360, comma 1, nn. 3 e 4, c.p.c.).
La Corte d’Appello avrebbe dovuto accogliere il motivo di gravame relativo all’ammissione delle prove orali richieste in primo grado, poiché: (i) e prove sarebbero state decisive ai fini della decisione, in quanto avrebbero permesso di chiarire quanto avvenuto tra le parti durante la sottoscrizione del contratto di permuta e della polizza assicurativa; (ii) gli appellanti non avevano formulato capitoli di prova su circostanze negative, quindi non vi erano ostacoli all’ammissione delle stesse; (iii) non sussisterebbe, secondo la giurisprudenza della Corte di Cassazione, alcuna incapacità a testimoniare per gli amministratori di Antea e RAGIONE_SOCIALE (parti del contratto di permuta), in carica al momento della stipula. Questi avrebbero potuto confermare che non era mai stata ipotizzata una data di consegna delle opere diversa da quella effettivamente fissata nel contratto stipulato il 30 dicembre 2009 (cfr. p. 40, ricorso per cassazione).
Questi elementi, se considerati, avrebbero potuto incidere sull’esito della controversia.
Il primo motivo è inammissibile
Anzitutto, perché, lungi dal contenere una effettiva critica alla motivazione della sentenza impugnata, si limita a riproporre in sede di legittimità quello che era già un motivo dedotto in appello, le cui censure sono state smentite dalla Corte di merito con analitica e congrua motivazione.
In secondo luogo, perché i pretesi vizi motivazionali, articolati ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4 c.p.c., non contengono alcun confronto con i principi di diritto più volte affermati da questa Corte, correttamente richiamati dai giudici di seconde cure, in base ai quali: (i) l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un error in procedendo che comporta la nullità della sentenza nelle sole ipotesi di mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, di ‘motivazione apparente’, di ‘contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili’, di ‘motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile’; (ii) per parlarsi di ‘motivazione apparente’ o di ‘motivazione perplessa e incomprensibile’ è necessario che essa non renda ‘percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’ iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consenta alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice’ ( cfr. da ultimo, Cass. civ., Sez. lav., Ord., 12 novembre 2024, n. 29110; Cass. civ., Sez. V, 29 maggio 2024, n. 15121; Cass. civ., Sez. V, 6 marzo 2024, n. 6100; così, v. anche Cass. civ., Sez. lav., Ord., 26 settembre 2023, n. 27407; Cass. civ., Sez. V, Ord., 12 aprile 2023, n. 9787; Cass. civ., Sez. VI-Lav., Ord., 12 ottobre 2022, n. 29851; Cass. civ., Sez. VI-Lav., Ord., 18 novembre 2021, n. 35384).
La motivazione della sentenza impugnata non rientra nei paradigmi invalidanti indicati nel citato, consolidato e condivisibile, arresto giurisprudenziale, in quanto esplica le ragioni e l’ iter logico seguito
dalla Corte territoriale per pervenire al rigetto dell’appello con riguardo alla questione della durata della polizza fideiussoria.
Nella fattispecie de qua , la Corte ha esaminato e valutato il contenuto dei documenti acquisiti agli atti del giudizio di primo grado, esponendo nella motivazione della sentenza il perché ha ritenuto che la sua scadenza fosse stata fissata al 31 dicembre 2011 e non al 30 giugno 32012, per cui nel 2014 il Comune non poteva escuterla perché divenuta inefficace (pp. 5-6, sentenza n. 7590/2024 impugnata, in cui si fa riferimento ai documenti esaminati dalla Corte, tra cui la polizza, la sua appendice recante la voltura a favore del Comune, con la firma per accettazione di quest’ultimo e data di scadenza al 31 dicembre 2011).
Ritiene, quindi, questo collegio che le doglianze del ricorrente non sono sufficienti a determinare il vizio di radicale di nullità della pronuncia, né una insufficienza della sua motivazione, né tantomeno la circostanza che la medesima non soddisfi le aspettative di chi è rimasto soccombente.
Quanto detto, assorbe le ulteriori censure sul mancato rispetto, da parte della Corte d’appello, del c.d. minimo costituzionale.
Al riguardo, va comunque evidenziato che, a tal fine, è pertinente -e quindi censurabile in questa sede -solo l’anomalia motivazionale che tramuta la decisione in violazione di legge rilevante costituzionalmente (art. 111, comma 6, Cost.), violazione che deve emergere dal testo della sentenza senza che sia necessario il confronto con le risultanze processuali ( cfr . da ultimo, Cass. civ., Sez. III, Ord., 18 ottobre 2024, n. 27091; Cass. civ., Sez. I, Ord., 4 settembre 2024, n. 23710; Cass. civ., Sez. III, 5 marzo 2024, n. 5962).
Nel caso, non v’è nulla di tutto ciò, avendo la Corte d’appello, come già detto, reso una motivazione il cui iter logico-argomentativo è tutt’altro che incomprensibile, anche attraverso il richiamo per
relationem alla sentenza di primo grado, rivelandosi immune da censure anche sotto questo aspetto.
Costituisce, infatti, ius receptum nella giurisprudenza di legittimità quello secondo cui ‘la sentenza di appello motivata per relationem rispetto alla sentenza di primo grado è nulla solo quando la laconicità della motivazione non consente di appurare che il giudice d’appello è pervenuto alla decisione attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello’ ( cfr . Cass. civ., Sez. V, Ord., 22 luglio 2024, n. 20207; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 16 aprile 2024, n. 10202; Cass. civ., Sez. V, Ord., 30 gennaio 2023, n. 2763).
La Corte, infatti, ha spiegato in modo adeguato ed esaustivo che ‘il Giudice ha concluso per l’inesistenza del diritto ad escutere la polizza in quanto già estinta al verificarsi dell’inadempimento, risultando previsto che la garanzia, avente efficacia dal dicembre 2009, cessava alla data del 31.12.2011’. Rendendo ancor più comprensibile tale sua decisione, argomentando sul punto nei seguenti termini: ‘deve quindi ritenersi coerente, dunque, la motivazione rispetto alle evidenze documentali ed in particolare rispetto all’appendice di polizza portante la voltura a favore del Comune e l’effetto della stessa indicato fino al 31.12.2011, recante la firma per accettazione anche del nuovo beneficiario, il Comune di Anzola dell’Emilia’ ( cfr. pp. 5-6, sentenza n. 7590/2024 impugnata).
6.1. Il secondo ed il terzo motivo, strettamente connessi e scrutinabili quindi congiuntamente, non possono essere accolti, perché le relative doglianze sono in parte assorbite da quanto rilevato nel primo motivo e in altra parte inammissibili per le seguenti ragioni.
Le censure relative al vizio di legge, prospettate in entrambi tali motivi seppur per aspetti diversi ( errores in iudicando ed errores in procedendo ), sotto il profilo della loro formulazione sono deficitarie, giacché la denuncia è solo formale, non essendo poi argomentata né in modo adeguato né tantomeno specifico, come invece richiesto dalla giurisprudenza di legittimità, condivisa da questo collegio ( v. Cass. civ., Sez. II, Ord., 14 novembre 2024, n. 29384; Cass. civ., Sez. II, Ord., 27 settembre 2024, n. 25866; Cass. civ. Sez. III, Ord., 11 giugno 2024, n. 16266; Cass. civ., Sez. II, Ord., 27 febbraio 2024, n. 5109; Cass. civ., Sez. I, Ord., 21 febbraio 2024, n. 4701; Cass. civ., Sez. I, Ord., 26 gennaio 2024, n. 2527). Dette censure, infatti, sono generiche e per nulla corrispondenti al parametro normativo del vizio in iure , quanto piuttosto a quello di omesso esame di un fatto decisivo, che comunque è dedotto dal ricorrente, ma solo nella rubrica del terzo motivo di ricorso, nonostante la sua inammissibilità data dalla preclusione dell’art. 348 ter , comma 5, c.p.c., vertendosi nell’ipotesi di doppia conforme ( cfr. ex plurimis , da ultimo, Cass. civ. Sez. III, Ord., 25 luglio 2024, n. 20713; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 17 luglio 2024, n. 19776; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 26 giugno 2024, n. 17619). Ora, in disparte la conformità delle due decisioni di merito, osserva questo collegio come le critiche del Comune impingono, comunque, pretendendosi rivalutazione dei fatti e delle prove, già vagliati nei il merito della vicenda per cui è causa, un’inammissibile precedenti gradi.
A motivazione di ciò si è osservato, con argomentazioni pienamente condivisibili che il collegio intende fare proprie, che la denuncia di un vizio di violazione di legge deve concretarsi nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte dei giudici di merito, della fattispecie astratta disciplinata dalla norma, a cui consegue un problema sulla relativa interpretazione, ma non sull’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di
causa, esterna alle questioni interpretative della norma, inerendo ciò il potere di valutazione del giudice di merito, sottratto, come detto, al sindacato di legittimità ( v. , ex per multis , Cass. civ., Sez. III, Ord., 23 febbraio 2024, n. 4955; Cass. civ., Sez. III, Ord., 6 febbraio 2024, n. 3399; Cass. civ., Sez. I, Ord., 15 gennaio 2024, n. 1398; Cass. civ., Sez. I, Ord., 3 novembre 2023, n. 30660; Cass. civ., Sez. I, Ord., 10 ottobre 2023, n. 28369; Cass. civ., Sez. I, Ord., 18 agosto 2023, n. 24820).
Ferma detta differenziazione, trova qui applicazione anche l’ulteriore principio di diritto, già affermato da questa Corte, con indirizzo che qui viene ribadito, che, in caso di denuncia del vizio di cui al n. 3, dell’art. 360, comma 1, c.p.c., l’onere di specificità dei motivi ex art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c., impone al ricorrente di indicare le norme che assume violate, di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella decisione impugnata, dimostrandone così il contrasto ( cfr. ex plurimis , da ultimo, Cass. civ., Sez. III, Ord., 17 ottobre 2024, n. 26994; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 17 settembre 2024, n. 24880; Cass. civ., Sez. II, Ord., 2 agosto 2024, n. 21816; Cass. civ., Sez. V, Ord., 28 febbraio 2024, n. 5267; Cass. civ., Sez. II, Ord., 28 febbraio 2024, n. 5259; Cass. civ., Sez. I, Ord., 19 dicembre 2023, n. 35425; Cass. civ., SS. UU., 28 ottobre 2020, n. 23745).
Nulla di tutto ciò è stato prospettato dal ricorrente, il quale, invece, ha articolato doglianze volte chiaramente a ottenere un nuovo apprezzamento dei fatti di causa rispetto all’interpretazione della polizza fideiussoria, ampiamente analizzata dalla Corte territoriale, anche alla luce di quella già compiuta dal Tribunale, motivando in modo adeguata e lineare la sua decisione di rigetto della domanda.
Aggiungasi che, in tema di ermeneutica contrattuale, l’accertamento del contenuto del negozio giuridico ‘si traduce in una indagine di fatto, affidata al giudice di merito e censurabile in sede di legittimità solo in relazione al profilo della mancata
osservanza dei criteri legali d’interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e s. c.c., o della radicale inadeguatezza della motivazione -donde l’onere del ricorrente di indicare espressamente i canoni ermeneutici dei quali si allega la violazione, di precisare in quale modo il giudice del merito se ne sia discostato, e di riportare in ricorso il testo in discussione (Cass. Sez. UU., 10374/2007) -fermo restando, in ogni caso, che il sindacato sull’interpretazione dei contratti e degli atti unilaterali in sede di legittimità non può mai risolversi nella mera contrapposizione fra l’interpretazione proposta dal ricorrente e quella diversa che, tra le varie opzioni possibili, sia stata divisata dai giudici di merito’ ( ex multis , da ultimo, Cass. civ., Sez. III, Ord., 7 novembre 2024, n. 28651; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 22 ottobre 2024, n. 27294; Cass. civ., Sez. I, Ord., 8 ottobre 2024, n. 26285; Cass. civ., Sez. III, Ord., 26 luglio 2024, n. 20903).
Pertanto, laddove non risultino violati i criteri dettati dagli artt. 1362 e ss. c.c. e non emergano radicali vizi logico-giuridici della motivazione -come nel caso di specie -l’accertamento della reale volontà delle parti integra una valutazione di fatto, rientrante nella discrezionalità del giudice di merito e come tale insindacabile in sede di legittimità, perché divergente e incompatibile con i suoi caratteri morfologici e funzionali.
Sotto tale aspetto, quindi, le censure del ricorrente si risolvono in una mera contrapposizione fra la sua qualificazione del contenuto delle clausole contrattuali e quella diversa data dai giudici di merito, che, tra le varie opzioni, hanno individuato quella possibile e plausibile, sottraendosi anche per questa ragione dal sindacato di legittimità ( cfr. ex plurimis , da ultimo, Cass. civ., Sez. III, Ord., 23 ottobre 2024, n. 27480; Cass. civ., Sez. I, Ord., 10 ottobre 2024, n. 26383; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 2 settembre 2024, n. 23508; Cass. civ., Sez. lav., Ord., 30 luglio 2024, n. 21363; Cass. civ.,
Sez. III, Ord., 19 luglio 2024, n. 20021; Cass. civ. Sez. II, Ord., 21 giugno 2024, n. 17223).
6.2. Nel quadro degli enunciati principi, si ritiene che, relativamente alle censure di cui ai nn. 3 e 4 dell’art. 360 c.p.c., articolate nel quarto motivo di ricorso, sia sufficiente rinviare a quanto osservato nella disamina dei precedenti motivi.
Anche qui, infatti, il Comune, nel denunciare il vizio di legge e, allo stesso tempo, la nullità della sentenza impugnata, non rispetta alcuno degli enunciati principi giurisprudenziali, prospettando, peraltro, una diversità di questioni che, per come articolate, si pongono in contrasto alle regole di chiarezza richieste per il ricorso in cassazione, arrivando così ad attribuire, inammissibilmente, al giudice di legittimità il compito di dare forma e contenuto alle doglianze, al fine di decidere successivamente su di esse.
6.3. Infine, il quinto motivo di ricorso, in cui ancora una volta parte ricorrente reitera le medesime censure già oggetto di apposito motivo di gravame disatteso, va dichiarato inammissibile per difetto di interesse all’impugnazione.
Infatti, quand’anche il giudice di seconde cure, e prima di lui il Tribunale, avessero ammesso le prove orali articolate dal Comune, il loro esito, tenuto conto del complessivo materiale probatorio documentale in atti, non avrebbe condotto ad una diversa decisione, più favorevole all’odierno ricorrente, per come dallo stesso prospettata, avuto riguardo anche alla formulazione dei capitoli di prova ( cfr. pp. 37-40, ricorso cassazione).
Ferma detta inammissibilità, occorre compiere alcune precisazioni sui confini di denunciabilità, in questa sede, del giudizio di ammissibilità o meno delle istanze istruttorie reso dal giudice del merito.
Partendo dal presupposto che un tale giudizio è di norma insindacabile in sede di legittimità, poiché ‘espressione di una scelta discrezionale che, pur non essendo libera nel fine, è riservata
dal legislatore al giudice di merito’ ( v. da ultimo, Cass. civ., Sez. III, Ord., 18 settembre 2024, n. 25052; Cass. civ., Sez. II, 13 dicembre 2023, n. 34925; principio sancito da Cass. civ., SS.UU., 13 luglio 1963, n. 1911 e più volte ribadito in seguito Cass. civ., Sez. III, 7 aprile 1975, n. 1253), la giurisprudenza di legittimità, anche di recente, ha più volte affermato che non si tratta di una regola inderogabile.
La medesima giurisprudenza ha infatti individuato due gruppi di ipotesi in cui il giudizio sulla prova può essere sindacato dinanzi a questa Corte ( cfr ., sul punto, Cass. civ., Sez. VI – 3, Ord., 18 novembre 2021, n. 35146).
Il primo riguarda i casi in cui il ricorrente assuma che giudice di merito, decidendo sulla prova, abbia violato una regola processuale. È ad esempio il caso in cui il ricorrente alleghi: a) che il giudice di merito abbia ritenuto vietata dalla legge una prova consentita o abbia ammesso una prova in violazione d’un divieto di legge; b) la mancata ammissione di mezzi di prova diretti a dimostrare punti decisivi della controversia, e cioè fatti e situazioni che, se accertati, avrebbero l’effetto ex se di determinare una statuizione diversa da quella impugnata (Cass. civ., Sez. III, 12 giugno 2006, n. 13556, in motivazione; Cass. civ., Sez. I, 7 febbraio 1969, n. 410); c) l’erroneità del giudizio di indispensabilità della prova ex art. 345 c.p.c., nel testo anteriore alle modifiche apportate con il d.l. 22 giugno 2012, n. 83 (Cass. civ., Sez. I, 25 gennaio 2016, n. 1277; Cass. civ., Sez. I, 17 giugno 2009, n. 14098); d) l’erroneità del giudizio con cui è stato ritenuto sussistente (o meno) un interesse giuridicamente rilevante del testimone all’esito del giudizio, ai fini della valutazione di incapacità a deporre (Cass. civ., Sez. lav., 3 ottobre 2007, n. 20731).
Mentre, il secondo gruppo, riguarda le ipotesi in cui il ricorrente assuma che la suddetta valutazione sia viziata sul piano della logica, ossia quando la decisione sulla prova, vista in relazione con
le altre statuizioni della sentenza, risulta contraddittoria o totalmente arbitraria. Questo vizio può sussistere, ad esempio, quando il giudice: a) non prende in considerazione le richieste istruttorie della parte, per poi rigettarne la domanda sul presupposto che non sia stata provata; b) rigetta le richieste istruttorie senza motivazione, neanche implicita; c) non ammette le uniche prove richieste reputandole superflue, senza però averne altre a disposizione; d) respinge le richieste istruttorie negando la loro attitudine dimostrativa ai fini del decidere, sebbene queste vertessero su circostanze decisive.
Ora, nel caso in esame, la decisione impugnata, nella parte in cui ha confermato la statuizione del Tribunale di inammissibilità delle richieste istruttorie dell’appellante, non è incorsa in nessuno dei vizi sopra indicati, avendo fondato la sua decisione su prove documentali, che acclaravano la scadenza della polizza fideiussioria al 31 dicembre 2011, per cui la decisione è stata resa in modo adeguato, logico e coerente con il materiale istruttorio acquisito e nel rispetto dei principi di diritto sopra ricordati.
Del resto, le doglianze sulla mancata ammissione della prova orale per incapacità a testimoniale dei legali rappresentanti di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE sono manifestamente infondate, essendo ormai consolidato il principio d’inconciliabilità della veste di testimone con quella di parte, che preclude la capacità a rende testimonianza da parte della persona fisica che per statuto ha la rappresentanza legale di una società ( cfr . Cass. civ., Sez. II, 23 luglio 2018, n. 19498).
Le spese del giudizio di legittimità liquidate come in dispositivo a favore della controricorrente seguono la soccombenza.
Il ricorrente va altresì condannato al pagamento di somma, liquidata come in dispositivo, ex art. 96, 3° co., c.p.c., ricorrendone i presupposti di legge.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento in favore della controricorrente: delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 11.200,00, di cui euro 11.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge; della somma di euro 11.000,00 ex art. 96, 3° co., c.p.c.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza