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Pignoramento presso terzi: la prova della compensazione

Un ente creditore avvia un pignoramento presso terzi per recuperare un credito. Il terzo pignorato si oppone, sostenendo di aver estinto il proprio debito tramite compensazione. La Cassazione dichiara inammissibile il ricorso, sottolineando che la prova dell’esistenza del controcredito per la compensazione spetta al terzo e non può basarsi su documenti contabili unilaterali come il bilancio.

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Pubblicato il 6 dicembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Pignoramento presso terzi e onere della prova in caso di compensazione

Nel contesto di un pignoramento presso terzi, cosa succede se il terzo pignorato afferma che il suo debito verso il debitore principale si è già estinto per compensazione? Su chi grava l’onere di provare l’esistenza del controcredito? Con l’ordinanza n. 20382/2024, la Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali su questo tema, ribadendo principi fondamentali in materia di prove nel processo esecutivo. L’analisi di questa decisione offre spunti pratici essenziali per creditori, debitori e terzi coinvolti in procedure esecutive.

I Fatti di Causa: un debito estinto per compensazione?

La vicenda trae origine da un’azione di recupero crediti avviata da un Ente di Riscossione nei confronti di una società (la debitrice esecutata) per un importo di oltre 440.000 euro. L’Ente avviava un pignoramento presso terzi, notificando l’atto a un’altra società che risultava debitrice della prima in virtù di un contratto di affitto d’azienda.

Il terzo pignorato, nel rendere la propria dichiarazione, sosteneva di non avere debiti scaduti. Spiegava che, a causa di un disguido, i clienti dell’azienda affittata avevano erroneamente continuato a pagare i corrispettivi alla società concedente (la debitrice esecutata) anziché a quella affittuaria (il terzo pignorato). Questo aveva generato un controcredito a favore del terzo pignorato, per un importo quasi pari al debito per i canoni di affitto. Le due società avevano quindi concordato di estinguere i reciproci debiti tramite compensazione.

Nonostante questa dichiarazione, il Giudice dell’Esecuzione assegnava le somme al creditore procedente. Il terzo pignorato proponeva allora opposizione, ma il Tribunale la rigettava, ritenendo non dimostrata l’esistenza del controcredito opposto in compensazione.

La Decisione della Cassazione sul pignoramento presso terzi

La società terza pignorata ricorreva in Cassazione, lamentando la violazione delle norme sulla compensazione e sulla valutazione delle prove. Sosteneva che il Tribunale avesse errato nel non considerare le prove offerte (come bilanci e schede contabili) e nel pretendere un atto di accordo con data certa, ignorando che la compensazione legale opera di diritto.

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione del Tribunale. Gli Ermellini hanno colto l’occasione per ribadire alcuni principi cardine del processo civile ed esecutivo.

Le Motivazioni: la prova del controcredito nel pignoramento presso terzi

La decisione della Suprema Corte si fonda su un’analisi rigorosa dei limiti del proprio sindacato e dei principi che governano l’onere della prova.

Inammissibilità della valutazione delle prove di merito

In primo luogo, la Corte ha ribadito che il giudizio di legittimità non può trasformarsi in un terzo grado di merito. Le censure relative alla valutazione delle prove (quali documenti sono stati considerati o meno, quali richieste istruttorie sono state respinte) sono inammissibili in Cassazione. La valutazione della rilevanza e dell’attendibilità delle prove è una prerogativa esclusiva del giudice di merito, e la Suprema Corte può intervenire solo in caso di vizi logici macroscopici, come la ‘motivazione apparente’, che nel caso di specie è stata esclusa.

L’inefficacia probatoria dei documenti contabili unilaterali

Il punto centrale della motivazione riguarda il valore probatorio dei documenti contabili. La Corte ha sottolineato che, ai sensi dell’art. 2709 c.c., le scritture contabili e il bilancio di un’impresa fanno prova contro l’imprenditore, non a suo favore. Un’azienda non può, quindi, utilizzare i propri documenti contabili, formati unilateralmente, per dimostrare l’esistenza di un credito verso un’altra parte. Il Tribunale aveva correttamente ritenuto che né il bilancio né le ‘schede contabili’ fossero sufficienti a provare l’esistenza del controcredito vantato dal terzo pignorato.

Irrilevanza delle norme sulla compensazione senza prova del credito

Di conseguenza, è diventata irrilevante ogni discussione sulle modalità di funzionamento della compensazione e sulla necessità o meno di un atto con data certa. La Corte ha spiegato che, una volta ritenuta indimostrata l’esistenza stessa del controcredito, è superfluo interrogarsi sulle regole che ne avrebbero disciplinato l’estinzione tramite compensazione. Il presupposto logico e giuridico di qualsiasi compensazione è l’esistenza di due crediti reciproci: mancando la prova di uno dei due, l’istituto non può trovare applicazione.

Conclusioni: implicazioni pratiche per il terzo pignorato

L’ordinanza in commento offre un’importante lezione pratica per chiunque si trovi nella posizione di terzo pignorato. Se si intende eccepire l’estinzione del proprio debito per compensazione, non è sufficiente affermarlo. È necessario fornire prove certe, oggettive e opponibili al creditore pignorante dell’esistenza del proprio controcredito. Documenti interni e unilaterali, come le proprie scritture contabili, non sono idonei a tale scopo. La prova deve essere rigorosa, poiché dal suo esito dipende la liberazione dall’obbligo di pagamento nei confronti del creditore che ha legittimamente agito in via esecutiva.

Chi deve provare l’esistenza di un controcredito da opporre in compensazione in un pignoramento presso terzi?
La prova spetta interamente al terzo pignorato che eccepisce la compensazione. È suo onere dimostrare in modo rigoroso l’esistenza del proprio credito nei confronti del debitore esecutato.

Un bilancio o una scheda contabile sono prove sufficienti per dimostrare un credito verso un’altra società?
No. Secondo la Cassazione, i documenti contabili formati unilateralmente da un’impresa (come bilanci e schede contabili) fanno prova contro chi li ha redatti, ma non a suo favore per dimostrare un credito verso terzi.

Può la Corte di Cassazione riesaminare le prove valutate dal giudice di merito?
No, di regola la Corte di Cassazione non può riesaminare le prove o sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione, non entrare nel merito dei fatti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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