Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 6869 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 6869 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17532/2023 R.G. proposto da :
COGNOME NOMENOME rappresentato e difeso da ll’ AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE giusta procura speciale in calce al ricorso
– ricorrente
–
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa da ll’ AVV_NOTAIO NOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE giusta procura speciale allegata al controricorso
– controricorrente – avverso il decreto del Tribunale di Palermo n. 18/2022 depositato il 12/7/2023;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/2/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il giudice del Tribunale di Palermo, con decreto del 31 maggio 2023, omologava il piano del consumatore presentato da NOME COGNOME.
Il Tribunale di Palermo, a seguito del reclamo proposto da RAGIONE_SOCIALE, riteneva che le condotte assunte dal COGNOME fossero
state connotate, oltre che da colpa grave con riguardo al livello di finanziamento, anche da malafede, dato che non aveva dichiarato a IBL RAGIONE_SOCIALE , all’interno del questionario sul merito creditizio prodromico alla concessione dell’ultimo finanziamento del 2018, il corretto numero dei finanziamenti in essere, impedendo così all’istituto finanziatore una trasparente valutazione sul merito creditizio e sulla sostenibilità della rata.
Osservava che il debitore aveva fatto un continuo, costante e reiterato ricorso al credito, inducendo anche in errore gli enti finanziatori.
Rilevava, di conseguenza, che non poteva imputarsi al reclamante l’assenza di diligenza nel concedere il finanziamento.
Giudicava, attesa la colpa grave e la malafede accertata nel caso di specie, che la proposta di piano del consumatore avanzata dal ricorrente dovesse essere dichiarata inammissibile ai sensi dell’art. 7, comma 2, lett. dter ), l. 3/2012, revocando, per l’effetto, il decreto di omologa del piano del consumatore.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per la cassazione di tale decreto, depositato in data 14 luglio 2023, prospettando un unico motivo di doglianza, al quale ha resistito con controricorso IBL RAGIONE_SOCIALE s.p.a.
Parte controricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Occorre preliminarmente rilevare l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità del ricorso per cassazione sollevata dalla controricorrente.
Questa Corte, infatti, ha già avuto occasione di chiarire che è ammissibile il ricorso per cassazione avverso il decreto di accoglimento del reclamo proposto nei confronti del provvedimento di omologazione del piano proposto dal consumatore ai sensi dell’art. 12bis l. 3/2012, tenuto conto del carattere contenzioso del
procedimento e dell’idoneità del provvedimento che lo definisce ad incidere su diritti soggettivi (Cass.10095/2019, Cass. 28013/2022).
Nel caso di specie il decreto impugnato, nello stabilire l’inammissibilità della proposta di piano del consumatore in ragione del ricorrere della causa ostativa prevista dall’art. 7, comma 2, lett. d -ter ), l. 3/2012 assume carattere decisorio e definitivo, perché (oltre a non essere altrimenti impugnabile) è idoneo a incidere su diritti soggettivi e a regolamentare in modo incontrovertibile la situazione di sovraindebitamento dedotta dal COGNOME.
Come tale risulta ricorribile per cassazione ai sensi dell’art. 111, comma 7, Cost.
5. Il motivo di ricorso presentato denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 12bis , comma 3bis , l. 3/2012 e 124bis d. lgs. 385/1993, in quanto il tribunale ha accolto il ricorso, nonostante che nel corso della procedura fosse emerso (in particolare dalla relazione resa dall’OCC) che nell’erogazione del credito l a banca non aveva ottemperato agli obblighi di valutazione del merito creditizio.
In particolare, RAGIONE_SOCIALE doveva valutare il merito creditizio non limitandosi ad assumere mere informazioni dal cliente, ma anche accedendo, in ogni caso, a banche dati pertinenti e consultabili.
Questa consultazione, peraltro, era resa necessaria dal fatto che il cliente, nel questionario, non aveva neppure citato i rapporti già in essere con lo stesso istituto, circostanza che avrebbe dovuto indurre RAGIONE_SOCIALE ad assumere ulteriori informazioni dallo stesso debitore o dalle centrali informative.
La decisione impugnata, dunque, è -in tesi – errata laddove ha ritenuto soddisfatto l’obbligo di corretta valutazione di cui all’art. 124 -bis T.U.B. mediante una mera interrogazione del debitore attraverso un formulario e non ha reputato dovuta , invece, un’ulteriore indagine mediante accesso alle banche dati, senza tenere in alcuna considerazione l’esistenza in atti di informazioni che avrebbero
determinato comunque la ‘necessità’ di procedere a questo ulteriore approfondimento.
Il motivo risulta, nel suo complesso, inammissibile.
6.1 L’art. 12, 3ter , l. 3/2012 prevede che « il creditore che ha colpevolmente determinato la situazione di indebitamento o il suo aggravamento o che ha violato i principi di cui all’articolo 124-bis del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, non può presentare opposizione o reclamo in sede di omologa, né far valere cause di inammissibilità che non derivino da comportamenti dolosi del debitore ».
Il tribunale, nel prendere in esame la fattispecie portata alla sua attenzione, dapprima ha rilevato che nell’apposito questionario erano stati segnalati dal cliente soltanto due finanziamenti, ‘ impedendo all’istituto finanziatore una trasparente valutazione sul merito creditizio e sulla sostenibilità della rata ‘, ha poi constatato che il debitore aveva indotto ‘ in errore gli enti finanziatori ‘ e ne ha tratto la conclusione che ‘non [poteva] imputarsi al reclamante l’assenza della diligenza nel concedere il finanziamento ‘ (pag. 4 del provvedimento impugnato).
A fronte di questi accertamenti – che rientrano nel giudizio di fatto demandato al giudice di merito – la doglianza in esame, laddove sostiene che IBL RAGIONE_SOCIALE non poteva limitarsi ad assumere informazioni dal cliente ma doveva comunque accedere alle banche dati pertinenti e consultabili al fine di valutare il suo merito creditizio, intende, nella sostanza, superare la valutazione compiuta dal tribunale in ordine al ricorrere di una condotta decettiva ed alla conseguente impossibilità per la banca di compiere un controllo appropriato, propone una diversa lettura dei fatti di causa, volta a neutralizzare gli effetti del comportamento tenuto dal COGNOME, e si traduce in un’inammissibile richiesta di rivisitazione delle risultanze di causa (Cass. 8758/2017). 6.2 La questione relativa al fatto che le informazioni fornite di per sé deponessero per la loro inesattezza, essendo stati tralasciati rapporti
in essere con stessa banca, e rendessero necessaria la consultazione delle banche dati non solo appartiene (anch’essa) al merito della controversia, ma non è stata neppure trattata in alcun modo all’interno del provvedimento impugnato, né il ricorrente ha rappresentato di aver posto la stessa nel costituirsi in sede di reclamo; sicché trova applicazione il principio secondo cui, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni comportanti accertamenti in fatto di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, è onere della parte ricorrente, al fine di evitarne una statuizione di inammissibilità per novità della censura, non solo allegare l’avvenuta loro deduzione innanzi al giudice di merito, ma anche, in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso stesso, indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Suprema Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare il merito della suddetta questione (Cass. 6089/2018, Cass. 23675/2013).
In virtù delle ragioni sopra illustrate il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in € 6.200, di cui € 200 per esborsi, oltre accessori come per legge e contributo spese generali nella misura del 15%.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma in data 26 febbraio 2025.