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Piano concordatario inidoneo: l’analisi del Tribunale

Una società in crisi ha presentato una proposta di concordato in continuità aziendale basata sull’affitto e successiva cessione di un ramo d’azienda. Il Tribunale di Torino, tuttavia, ha ritenuto il piano concordatario inidoneo, evidenziando una manifesta incapacità dell’azienda offerente di generare i flussi di cassa necessari per soddisfare i creditori, oltre a garanzie parziali e incerte. Nonostante le criticità, il Tribunale ha concesso alla società debitrice un termine di 15 giorni per integrare e modificare il piano, in applicazione dell’art. 47 del Codice della Crisi.

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Piano Concordatario Inidoneo: Quando il Tribunale Concede una Seconda Chance

Nel complesso scenario del diritto fallimentare, il concordato in continuità aziendale rappresenta uno strumento cruciale per il salvataggio delle imprese in crisi. Tuttavia, la sua ammissibilità dipende da una rigorosa valutazione da parte del tribunale. Un recente decreto del Tribunale di Torino offre un’analisi esemplare dei criteri che rendono un piano concordatario inidoneo, illustrando al contempo la possibilità per il debitore di rimediare alle carenze riscontrate. Questo provvedimento mette in luce come la sostenibilità finanziaria e la solidità delle garanzie siano elementi non negoziabili per la prosecuzione della procedura.

I Fatti del Caso: Un Piano di Salvataggio Ambigizioso

Una società, gravata da una significativa esposizione debitoria, presentava una domanda di concordato preventivo in continuità, basando il proprio piano di risanamento sulla realizzazione di attivi per un totale di circa 684.000 euro. Il fulcro dell’operazione consisteva nell’affitto e successiva cessione del proprio ramo d’azienda a una società terza, di recente costituzione. I flussi finanziari generati da questa operazione, insieme alla liquidazione di altri asset minori, sarebbero stati destinati al pagamento dei creditori, secondo un ordine di priorità che prevedeva il saldo integrale dei privilegiati e una soddisfazione parziale per le altre classi di creditori.

Le Criticità del Piano Concordatario Inidoneo Secondo il Tribunale

Il Collegio, accogliendo i rilievi sollevati dal commissario giudiziale, ha individuato una serie di falle strutturali che minavano la credibilità e la fattibilità dell’intera operazione. Le criticità possono essere raggruppate in tre aree principali.

L’Inadeguatezza dell’Offerta d’Acquisto e la Fragilità delle Garanzie

L’offerta presentata dalla società terza per l’acquisto del ramo d’azienda è stata giudicata insufficiente. In particolare, la garanzia offerta – un’ipoteca su un immobile di proprietà di un amministratore della società debitrice – presentava gravi limiti: era solo parziale rispetto al valore dell’operazione, il suo valore netto era indefinito a causa di possibili gravami anteriori e i tempi e i costi di una sua eventuale escussione non erano stati adeguatamente considerati. Ciò rendeva l’impegno dell’acquirente debole e incerto.

La Manifesta Insostenibilità Economico-Finanziaria

Il punto più critico riguardava la palese incapacità della società offerente di generare i flussi di cassa necessari a sostenere il piano. L’analisi del suo cash flow previsionale per l’anno 2026 mostrava un flusso operativo di appena 69.000 euro, a fronte di un fabbisogno concordatario di 234.000 euro per lo stesso anno. Questa enorme discrepanza rendeva il piano palesemente irrealizzabile. L’inattendibilità era aggravata da previsioni di fatturato del tutto irrealistiche: a fronte di un fatturato effettivo di poco più di 5.000 euro nei primi mesi di attività, il piano si basava su una previsione di 780.000 euro per l’intero anno, senza alcuna giustificazione plausibile. Tale incoerenza interna è stata considerata una grave lacuna nell’attestazione del professionista.

Carenze Documentali e Formali

Infine, il Tribunale ha rilevato significative carenze sul piano documentale. La società debitrice non aveva depositato i bilanci approvati per le ultime due annualità e non aveva prodotto una relazione periodica richiesta dalla legge. Inoltre, l’attestazione del piano mancava di un elemento fondamentale come lo stress test o la sensitivity analysis, strumenti indispensabili per verificare la tenuta del piano a fronte di possibili scostamenti negativi rispetto alle previsioni.

Le Motivazioni della Decisione

Il Tribunale fonda la sua decisione sull’articolo 47 del Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII), che impone una verifica non solo formale ma anche sostanziale della proposta. Il concetto di “ritualità” non si limita alla completezza documentale, ma si estende alla logicità, coerenza e concreta fattibilità del piano. La domanda di accesso al concordato in continuità è inammissibile se il piano è “manifestamente inidoneo” alla soddisfazione dei creditori e alla conservazione dei valori aziendali. In questo caso, le proiezioni economiche irrealistiche e la mancanza di flussi di cassa sufficienti hanno integrato pienamente questa fattispecie, rendendo il piano concordatario inidoneo a raggiungere i suoi obiettivi.

Le Conclusioni: Un’Ordinanza Interlocutoria e le Implicazioni Pratiche

Nonostante la gravità delle carenze, il Tribunale non ha dichiarato immediatamente l’inammissibilità della proposta. In applicazione del quarto comma dell’art. 47 CCII, ha concesso alla società debitrice un termine di 15 giorni per apportare le necessarie integrazioni al piano e produrre nuovi documenti, fissando una nuova udienza. Questa decisione interlocutoria sottolinea un principio importante: il rigore del controllo giudiziale non esclude un approccio volto, ove possibile, a favorire la soluzione della crisi. Tuttavia, il messaggio è chiaro: un piano di salvataggio non può basarsi su mere speranze o proiezioni infondate. Deve poggiare su dati economici verificabili, previsioni prudenti e garanzie solide, dimostrando concretamente di poter offrire ai creditori un trattamento migliore rispetto all’alternativa liquidatoria.

Quando un piano di concordato in continuità è considerato ‘manifestamente inidoneo’?
Un piano è considerato ‘manifestamente inidoneo’ quando risulta palesemente incapace di raggiungere i suoi scopi, ovvero soddisfare i creditori e conservare il valore aziendale. Nel caso specifico, l’inidoneità derivava dalla manifesta incapacità finanziaria dell’azienda offerente di generare i flussi di cassa promessi per pagare i creditori del debitore, come dimostrato da proiezioni economiche irrealistiche e insostenibili.

Quali sono i requisiti essenziali di un’offerta di acquisto e delle relative garanzie in un concordato?
Un’offerta di acquisto deve essere credibile, sostenibile e supportata da garanzie adeguate. Il Tribunale ha ritenuto inadeguata l’offerta in esame perché la garanzia ipotecaria proposta era solo parziale, il suo valore effettivo al netto di altri oneri era incerto e le procedure per farla valere erano complesse, lunghe e costose, rendendo di fatto debole l’impegno dell’acquirente.

Cosa accade se il tribunale rileva gravi carenze in una proposta di concordato?
Invece di respingere immediatamente la domanda, l’art. 47 del Codice della Crisi consente al tribunale di concedere al debitore un breve termine (nel caso di specie, 15 giorni) per apportare integrazioni al piano e presentare nuova documentazione al fine di sanare le carenze e le criticità riscontrate. È una sorta di ‘seconda chance’ per rendere la proposta ammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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