Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 25434 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 25434 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20167/2024 R.G. proposto da
COGNOME NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata all’indirizzo PEC del difensore iscritto nel REGINDE;
-ricorrente – contro
COGNOME NOME COGNOME e COGNOME
-intimati – avverso la sentenza n. 504/2024 della Corte d’Appello di Lecce, pubblicata il 7/6/2024 e non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7 maggio 2025 dalla dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
1. Con atto di citazione del 7/3/2017, COGNOME NOMECOGNOME esercitando azione di petizione ereditaria ai sensi dell’art. 533 cod. civ., convenne in giudizio i germani NOME COGNOME e NOME COGNOME onde ottenere la restituzione, da parte di COGNOME NOME NOME, dei fabbricati siti in Acquarica, INDIRIZZO, e in INDIRIZZO, e l’ordine di avvicendamento di tutti i comproprietari nell’uso e godimento dei predetti beni, e, da parte di entrambi i fratelli, del terreno agricolo sito in Acquarica, località Donna INDIRIZZO, oltre alla condanna di entrambi al pagamento del corrispettivo pro quota del mancato godimento dei beni ovvero dei frutti civili, da determinarsi a mezzo di c.t.u., e di NOME COGNOME al risarcimento dei danni da valutarsi in via equitativa.
Costituitisi in giudizio, NOME e NOME COGNOME domandarono l’integrazione del contraddittorio nei confronti della madre, NOME COGNOME, all’epoca in vita, residente in INDIRIZZO nn. 47 e 49, il riconoscimento dell’inerzia e della tolleranza dell’attrice nell’utilizzo di ciascuno dei beni ereditari da parte degli altri coeredi, il suo disinteresse agli oneri manutentivi e di ristrutturazione, il rigetto della domanda di pagamento dei frutti civili e di risarcimento dei danni e il rigetto della domanda di turnazione nell’uso dei beni comuni. Chiesero, altresì, che, in caso di accoglimento delle pretese di parte attrice, venisse dichiarato che la quota spettante alla predetta andava calcolata al netto di quella degli altri tre coeredi legittimi e al netto delle spese sostenute per manutenzioni, riparazioni e oneri fiscali.
Integrato il contraddittorio nei confronti della madre delle parti, che rimase però contumace, il Tribunale di Lecce, con sentenza n. 113/2023, pubblicata il 13/1/2023, accertò che l’attrice, nella qualità di erede legittima di NOMECOGNOME era comproprietaria
dei beni immobili oggetto di causa, condannò NOME COGNOME comproprietario con uso esclusivo dei beni, al pagamento della somma di € 1.507,00 annui a far data dal 9/9/2016 a titolo di corrispettivo pro quota per il mancato godimento dei beni e al pagamento delle spese di lite, ponendo quelle di c.t.u. definitivamente a carico di NOME NOMECOGNOME e compensando le spese tra le restanti parti.
Il giudizio di gravame, instaurato da COGNOME NOME e COGNOME NOME, nel quale si costituì l’appellata formulando appello incidentale, si concluse con la sentenza del 21/5/2024, con la quale la Corte d’Appello di Lecce accolse l’appello principale e, dichiarato assorbito quello incidentale, condannò COGNOME NOME al pagamento delle spese processuali di entrambi i gradi del giudizio a favore degli appellanti, ponendo a carico della predetta anche le spese di c.t.u.
I giudici di merito ritennero, in particolare, che l’attrice, in quanto totalmente pretermessa, non potesse rivendicare l’uso dei beni ereditari o la loro restituzione o la rappresentazione dei frutti prima di esercitare l’azione di riduzione, non essendo prima di allora erede.
Contro la predetta sentenza, COGNOME NOME propone ricorso per cassazione sulla base di due motivi. COGNOME NOME e COGNOME NOME sono rimasti intimati.
Considerato che :
Con il primo motivo di ricorso si lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 345, secondo comma, cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., perché, ai sensi della citata disposizione, non sarebbe stato possibile proporre in appello nuove eccezioni non rilevabili anche d’ufficio. Peraltro, i convenuti non avevano mai disconosciuto la qualità di erede
dell’attrice, né in primo grado, allorché avevano parlato di coerede, di comunione indivisa e di quota inferiore a quella degli altri coeredi, né in grado d’appello, allorché, sia pure in contrasto con le deduzioni contenute nel primo motivo in cui l’attrice veniva considerata mera chiamata, ma non anche erede, avevano affermato che, in assenza di contestazione sulla qualità di erede, l’unica azione ipotizzabile sarebbe stata quella di rivendicazione e che la qualità di erede, pur incontestata dalle parti, non legittimava la stessa a partecipare alla comunione.
Con il secondo motivo di ricorso si lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 553, 556, 474 e 1102 cod. civ., per avere i giudici di merito affermato che l’attrice non avrebbe potuto esercitare l’azione di petizione ereditaria senza prima avere esercitato quello di riduzione, essendo la stessa totalmente pretermessa, senza considerare che il padre non aveva posto in essere in vita atti di donazione e che, con la sua morte, si era aperta la successione ab intestato , essendo pacifico che nessun testamento questi avesse redatto, sicché non vi erano i presupposti per considerare la predetta erede totalmente pretermessa e per indurla all’esercizio di un’azione di riduzione.
Il secondo motivo, da trattare in via prioritaria in quanto logicamente precedente, è fondato.
E’ ben noto che il recupero, da parte dell’erede, dei beni ereditari di cui sia nel possesso un terzo, sia in qualità di erede, sia senza titolo, avviene con l’esercizio dell’azione di petizione ereditaria ex art. 533 cod. civ., la quale, oltre ad avere natura reale e non contrattuale, è fondata sull’allegazione della qualità di erede con la finalità di conseguire il rilascio dei beni compresi nell’asse ereditario al momento dell’apertura della successione da chi li possiede senza titolo o in base a titolo successorio che non gli compete (in tal
senso, Cass., Sez. 2, 17/10/2024, n. 26951; Cass., Sez. 2, 4/4/2024, n. 8942).
La legittimazione della predetta azione spetta dal lato attivo e passivo soltanto, rispettivamente, a colui che adduce la sua qualità di erede e a colui che sia in possesso dei beni di cui il primo chiede la restituzione (nei sensi suddetti, tra le tante, Cass., Sez. 2, 1/4/2008 n. 8440; Cass., Sez. 2, 22/07/2004, n. 13785; Cass., Sez. 2, 15/3/2004 n. 5252; Cass., Sez. 2, 02/08/2001, n. 10557), e presuppone l’accertamento e la dimostrazione, a cura dell’attore, della sola qualità ereditaria dell’attore (anche mediante atto notorio o certificazione rilasciata dall’Ufficiale dello Stato civile, cfr. Cass., Sez. 2, 15/03/2004, n. 5252; Cass., Sez. U, 22/03/1969, n. 921) o della sussistenza di diritti che a costui spettano iure hereditatis , nonché l’inclusione dei beni nell’asse ereditario al tempo dell’apertura della successione (Cass., Sez. 2, 19/3/2021, n. 7871; Cass., Sez. 2, 16/01/2009, n. 1074; Cass., Sez. 2, 22/07/2004, n. 13785; Cass., Sez. 2, 15/03/2004, n. 5252; Cass., Sez. 2, 02/08/2001 , n. 10557; Cass., Sez. 2, Sez. 2, 19/04/1979, n. 2211), qualora siano contestati dalla controparte.
Con specifico riguardo all’acquisto della qualità di erede, nella specie esclusa dai giudici di merito, si osserva come l’azione di riduzione sia posta a presidio dei diritti dei legittimari, ossia delle persone a favore delle quali la legge riserva una quota di eredità o di altri diritti nella successione, i quali sono, ai sensi dell’art. 536 cod. civ., il coniuge, i figli, anche adottivi, e gli ascendenti, in quanto consente di ridurre le disposizioni testamentarie e le donazioni eccedenti la quota di cui il defunto poteva disporre (artt. 554 e 555 cod. civ.).
Quando il de cuius abbia esaurito l’intero suo patrimonio mediante testamento o, in vita, mediante atti di donazione, il legittimario è privo di una vocazione ereditaria e gli è, dunque, preclusa la
possibilità di accettare l’eredità (Cass., Sez. 6-2, 26/10/2017, n. 25441), così come non entra a far parte della comunione ereditaria, perché la comunione ereditaria non sorge se nulla vi sia da dividere (Cass., Sez. 2, 07/10/2005, n. 19527; Cass., Sez. 2, 8/11/1957, n. 4305), con la conseguenza che l’unico modo di adizione della stessa o di conseguire la quota di eredità riservata dalla legge è la proposizione dell’azione di riduzione contro le disposizioni testamentarie o le donazioni lesive dei suoi diritti, il cui positivo accoglimento determina l’acquisto della qualità di erede e la possibilità di promuovere la divisione del patrimonio ereditario ovvero di parteciparvi per ottenere in natura la porzione che gli spetta (Cass., Sez. 6-2, 26/10/2017, n. 25441; Cass., Sez. 2, 8/11/1957, n. 4305).
E’ però evidente che tali principi non possono trovare applicazione nel caso in cui non vi siano atti dispositivi da ridurre, come nella specie, con la conseguenza che hanno errato i giudici di merito nell’affermare che l’azione di petizione ereditaria postulasse il positivo esperimento dell’azione di riduzione, pur in assenza di testamento o di atti di donazione posti in essere in vita dal de cuius , sui quali nessuna deduzione risulta essere stata proposta.
Da ciò consegue la fondatezza della censura.
Il primo motivo resta assorbito dall’accoglimento del secondo.
In conclusione, dichiarata la fondatezza del secondo motivo e l’assorbimento del primo, il ricorso deve essere accolto e la sentenza cassata, con rinvio alla Corte d’Appello di Lecce, in diversa composizione, per un nuovo esame della vicenda alla luce dei principi sopra illustrati, il quale provvederà anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, assorbito il primo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Lecce,
in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda Sezione civile, in data 7 maggio 2025.
Il Presidente NOME COGNOME