Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 8942 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 8942 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 04/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25633/2018 R.G. proposto da:
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO ANCONA n. 657/2018 depositata il 25/05/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/12/2023 dal Consigliere COGNOME NOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Ancona la sorella NOME COGNOME per chiedere accertarsi la propria qualità di erede di NOME COGNOME e NOME COGNOME, deceduti ab intestato rispettivamente il 12 gennaio 2000 ed il 27 settembre 2004 e per chiedere le quote di sua spettanza in relazione ad un conto corrente bancario presso la Banca Popolare di Ancona, cointestato alla sorella ed ai defunti genitori nonché in relazione ad un conto deposito titoli in custodia ed amministrazione, parimenti intestati ai congiunti.
L’attore dedusse che il conto corrente era stato estinto dalla sorella quaranta giorni dopo la morte del padre, quando la madre, cointestataria del conto era ancora in vita mentre il conto depositi titoli era stato estinto poco dopo l’anzidetto conto in data 9 marzo 2000; lamentò che la sorella si era appropriata delle somme e dei titoli depositati e ne chiese la restituzione pro quota.
NOME COGNOME si costituì per resistere alla domanda.
Il Tribunale, qualificata la domanda come petitio hereditatis , l’accolse parzialmente e condannò COGNOME NOME a rimborsare all’attore la somma complessiva di euro 8666,70; era, infatti, emerso che dal deposito cointestato a COGNOME NOME, NOME e COGNOME NOME, dopo il decesso di COGNOME NOME, erano stati trasferiti titoli per € 78.000,00 ad un dossier intestato alla sola COGNOME NOME sicchè, posta la presunzione di comproprietà tra gli intestatari del conto, doveva considerarsi indebitamente confluita presso il conto della sola sorella anche la quota di un terzo, pari ad euro € 26.000,00 di spettanza del de cuius ; questi era deceduto
lasciando eredi la moglie ed i due figli e, pertanto, era dovuta all’attore la quota di un terzo, pari ad euro 8.666,70.
Il Tribunale pervenne a diversa conclusione in relazione ai conti deposito titoli; l’istituto bancario aveva comunicato che i giroconti effettuati erano confluiti sul conto intestato alla sola NOME COGNOME, per un ammontare pari a £ 300.000,00, prima della morte di COGNOME NOME, sicché tali somme non rientravano nell’asse ereditario di COGNOME NOME.
Propose appello NOME COGNOME, resistito da NOME COGNOME. La Corte d’appello di Ancona, con sentenza del 25.5.2008, accolse il gravame di NOME COGNOME limitatamente alla rivalutazione delle somme liquidate dal giudice di primo grado.
La Corte distrettuale qualificò la domanda come azione di petizione di eredità, ex art. 533 c.c., con la quale l’erede, non subentrando nella , può reclamare solo i beni nei quali sia al defunto, ossia i beni che al momento dell’apertura della successione siano compresi nell’asse ereditario.
posizione del de cuius succeduto mortis causa Secondo la Corte distrettuale, attraverso l’azione di petizione dell’eredità, l’attore non poteva recupere i beni già fuoriusciti dal patrimonio del defunto al momento dell’apertura della successione.
Gli stessi principi erano applicabili, secondo la corte distrettuale, anche in relazione all’asse ereditario materno, e, nel caso in esame, non vi era prova della composizione di tale asse al momento del decesso di NOME.
Per la cassazione della sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME sulla base di quattro motivi.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.
In prossimità della camera di consiglio, le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, si deduce la falsa applicazione degli artt. 588 e 566 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3, c.p.c., per avere la Corte d’appello erroneamente escluso dall’asse paterno e materno le somme girate da NOME COGNOME dal conto corrente cointestato con i genitori ai conti a lei intestati mediante giroconto. L’erroneità della decisione discenderebbe dalla qualifica della domanda come petitio hereditatis mentre, invece, si tratterebbe di un’azione contrattuale di restituzione di somme che avrebbe potuto compiere lo stesso defunto, se avesse voluto o se fosse stato nelle condizioni di farlo; nel caso di specie, all’epoca in cui le somme furono sottratte, i genitori non sarebbero stati in grado di compiere alcun atto della vita quotidiana per le loro condizioni di salute e, a maggior ragione, non sarebbero stati in grado di mettere in discussione i prelievi effettuati dalla figlia. Il ricorrente contesta, inoltre, la qualificazione giuridica della domanda come petitio hereditatis perché non sarebbe stata oggetto di contestazione la sua qualità di erede.
Con il secondo motivo di ricorso, si deduce la falsa applicazione degli artt. 588 c.c. e 566 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n.3, cpc, per avere la Corte d’appello erroneamente ritenuto che non vi fosse la prova della consistenza dell’asse ereditario della madre. Parte ricorrente evidenzia come la madre NOME era contitolare dei conti oggetto di causa ed era pure succeduta al marito nel conto corrente e nel dossier titoli presso la Banca Popolare di Ancona e, in qualità di cointestataria dei conti, godrebbe dei diritti di reintegra delle somme sottratte da NOME COGNOME.
Con il terzo motivo di ricorso, si deduce l’erroneità della sentenza della Corte d’appello per violazione dell’art. 782 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n.3 c.p.c., per avere la Corte d’appello trascurato di verificare, nell’ipotesi di giroconti fatti dai genitori in favore della figlia, i titoli di attribuzione delle relative somme. Il ricorrente lamenta che la Corte non abbia indagato sulle circostanze e le vicende relative al conto corrente ed ai dossier titoli e non abbia tenuto conto che le operazioni sarebbero state poste in essere da NOME COGNOME e non dai genitori, senza interrogarsi sul titolo giuridico causale di tali attribuzioni, ovvero se si trattasse di anticipazione/mutuo o di donazione. Nel primo caso, le somme andrebbero restituite dalla sorella ai genitori mentre, nella seconda ipotesi, mancherebbe la forma prescritta per la donazione.
Con il quarto motivo di ricorso, si deduce l’e rroneità della sentenza, per non avere riconosciuto, né liquidato, ad NOME COGNOME, alcun credito ulteriore, in linea capitale, rispetto alla sentenza di primo grado, tenendo conto della somma complessivamente prelevata dalla sorella dai conti dei genitori e dal dossier titoli.
I motivi, che per la loro intrinseca connessione vanno trattati congiuntamente, sono infondati.
Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte, l’interpretazione della domanda e l’individuazione del suo contenuto integrano un tipico accertamento di fatto riservato al giudice del merito e questa Corte deve solo effettuare il controllo della correttezza della motivazione che sorregge sul punto la decisione impugnata (Cassazione civile, sez. VI, 21/12/2017, n. 30684 ; Cassazione civile, sez. lav., 24/07/2008, n. 20373; Cassazione civile, sez. I, 07/07/2006, n. 15603).
Nel caso di specie, l’attore ha chiesto accertarsi la propria qualità di erede di NOME COGNOME e NOME, deceduti ab intestato rispettivamente il 12 gennaio 2000 ed il 27 settembre 2004, ed ha chiesto le quote di sua spettanza in relazione ad un conto corrente bancario presso la Banca Popolare di Ancona cointestato alla sorella e ai defunti genitori, nonché in relazione ad un conto deposito titoli in custodia e amministrazione, parimenti intestati ai congiunti.
L’azione proposta rientra senza dubbio nell ‘actio petitio hereditatis , con la quale l’erede può chiedere il riconoscimento della sua qualità ereditaria contro chiunque possiede tutti o parte dei beni ereditari a titolo di erede o senza titolo alcuno, allo scopo di ottenere la restituzione dei beni medesimi, secondo la definizione contenuta nell’art.533 c.c.
Lo stesso attore, nell’atto introduttivo, aveva qualificato espressamente come petitio hereditatis l’azione proposta.
Presupposto dell’azione è l’impossessamento da parte dei terzi o dell’erede dei beni ereditari sicch é essa può avere ad oggetto beni riconducibili al momento dell’apertura della successione all’asse ereditario.
Con l’azione di petizione ereditaria, infatti, l’erede può reclamare soltanto i beni nei quali egli è succeduto mortis causa al defunto mentre tale azione non può essere esperita per far ricadere in successione somme di denaro che il de cuius abbia, prima della sua morte, rimesso a mezzo di assegni bancari, senza un’apparente causa di giustificazione, al futuro erede e che questi abbia o abbia avuto in disponibilità in forza di un titolo giuridico preesistente e indipendente rispetto alla morte del de cuius (Cass. Civ., Sez. II, Sentenza n. 3181 del 09/02/2011; Cass., Sez. 2, 23 ottobre 1974, n. 3067; Cass., Sez. 2, 19 marzo 2001, n. 3939).
La petitio hereditatis , secondo la consolidata giurisprudenza, è un’azione nella quale l’erede non subentra al de cuius ma che a lui viene attribuita ex novo al momento dell’apertura della successione (cfr. Cass., Sez. 2, 2 agosto 2001, n. 10557; Cass., Sez. 2, 16 gennaio 2009, n. 1074).
Nell’azione di petizione dell’eredità – che è un’azione reale, fondata sull’allegazione della qualità di erede e volta a conseguire il rilascio dei beni compresi nell’asse ereditario al momento dell’apertura della successione da chi li possiede senza titolo o in base a titolo successorio che non gli compete -legittimati attivamente e passivamente sono soltanto, rispettivamente, colui che adduce la sua qualità di erede e colui che sia in possesso dei beni di cui il primo chiede la restituzione (Sez. 2, Sentenza n. 3181 del 09/02/2011; Sez. 2, Sentenza n. 8440 del 01/04/2008).
La petizione di eredità non può essere esperita al fine di recuperare beni che, al momento dell’apertura della successione del de cuius , erano già fuoriusciti dal suo patrimonio e che, in ragione di ciò, non possono essere considerati quali beni ereditari.
La Corte di merito, applicando correttamente tali principi ha distinto le somme presenti sul conto cointestato alla sorella e ai genitori defunti, prelevate dalla predetta dopo la morte del padre, dalle somme presenti sul conto deposito titoli e confluite sul conto intestato alla sola NOME COGNOME prima della morte di COGNOME NOME; solo nel primo caso è esperibile la petitio hereditatis mentre, nel secondo caso, le somme confluite sui conti GESPAT e GESPAMM non possono essere reclamate dall’attore con l’azione proposta.
La domanda ha natura reale e non contrattuale, sicché non può avere ad oggetto la restituzione di somme non presenti nel patrimonio del
defunto e quindi dall’erede, né sussiste un preteso giudicato interno derivante dalla sentenza di primo grado, nella parte in cui questa ha riconosciuto all’attore il diritto alla restituzione della somma di € 8.666,70, trattandosi di somma che si riferisce ad operazioni di trasferimento avvenute successivamente alla morte del de cuius COGNOME NOME, a differenza delle operazioni riguardanti la gestione dei titoli, risalenti ad epoca anteriore al decesso.
Ne consegue, attesa la natura dell’azione, l’irrilevanza delle condizioni personali e di salute dei genitori, non essendo stata proposta azione di annullamento dei negozi per vizi della volontà.
Quanto all’asse ereditario materno, la Corte d’appello, con accertamento di fatto incensurabile in sede di legittimità, ha ritenuto che l’attore non avesse provato la sua consistenza (pag.18 della sentenza) ed il ricorso si limita a contestare la valutazione delle risultanze istruttorie.
Ne deriva l’irrilevanza, ai fini della decisione, della richiesta di CTU contabile, come correttamente argomentato dalla Corte d’appello, che ha fatto riferimento alla natura esplorativa del mezzo richiesto. Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del DPR 115/2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 7 .500,00 per compensi, oltre alle spese
forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione