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Permuta di cosa futura: risarcimento pieno, no sconti

La Corte di Cassazione ha stabilito che in un contratto di permuta di cosa futura, se il bene promesso (es. un immobile) non viene mai ad esistenza, il risarcimento del danno dovuto alla parte adempiente deve essere integrale. Il valore di eventuali manufatti diversi realizzati dal costruttore non può essere detratto, poiché la proprietà di un bene non conforme a quello pattuito non si trasferisce mai all’acquirente.

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Permuta di Cosa Futura: Risarcimento Pieno se l’Immobile non Vede la Luce

La stipula di un contratto di permuta di cosa futura, come la cessione di un terreno in cambio di appartamenti da costruire, è una pratica comune nel settore immobiliare. Ma cosa succede se il costruttore non adempie ai suoi obblighi e realizza qualcosa di completamente diverso da quanto pattuito? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale: il risarcimento del danno deve essere integrale, senza sconti per opere non conformi. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti di Causa

Il caso ha origine da un contratto stipulato nel 1990, con cui alcuni proprietari terrieri cedevano un’area edificabile a una società di costruzioni. In cambio, la società si impegnava a consegnare loro alcuni locali commerciali che sarebbero stati realizzati sul medesimo terreno.

Trascorsi gli anni, la società costruttrice non consegnava i locali commerciali promessi, realizzando al loro posto delle strutture diverse (porticati e pilastri) del tutto inadatte all’uso commerciale e, di fatto, inutili per i proprietari originari.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello riconoscevano l’inadempimento della società, condannandola al risarcimento del danno. Tuttavia, entrambi i giudici di merito avevano ridotto di un terzo l’importo del risarcimento, ritenendo che i manufatti comunque realizzati, sebbene non conformi, avessero un valore economico di cui si doveva tener conto.

Il Ricorso in Cassazione e il Principio Decisivo

I proprietari del terreno hanno impugnato la sentenza d’appello dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando un’errata applicazione della legge, in particolare dell’articolo 1472 del Codice Civile, che disciplina la vendita di cose future e si applica anche alla permuta di cosa futura.

Il loro ragionamento, accolto dalla Suprema Corte, era semplice e lineare: in un contratto che prevede il trasferimento di un bene futuro, la proprietà di tale bene si acquista solo nel momento in cui esso viene ad esistenza.

La Corte ha specificato che “venire ad esistenza” significa che il bene deve essere completato nelle sue componenti essenziali, corrispondendo a quanto pattuito nel contratto. Nel caso di specie, i locali commerciali non erano mai venuti ad esistenza; al loro posto erano stati costruiti dei beni radicalmente diversi.

Di conseguenza, l’effetto traslativo della proprietà non si era mai verificato. I porticati e i pilastri costruiti non erano mai entrati nel patrimonio dei proprietari terrieri, ma erano rimasti di proprietà della società costruttrice (essendo stati edificati sul terreno che le era stato ceduto). Pertanto, il loro valore economico non poteva in alcun modo ridurre il danno subito dai creditori, i quali avevano diritto a un risarcimento pari al valore totale dei beni mai ricevuti.

Le Motivazioni della Decisione

La Cassazione ha cassato con rinvio la sentenza d’appello, stabilendo un principio di diritto chiaro e fondamentale per la tutela di chi cede un bene presente in cambio di uno futuro. La motivazione ruota attorno alla natura condizionale del trasferimento di proprietà nella permuta di cosa futura. L’evento che fa scattare il trasferimento è la venuta ad esistenza del bene promesso. Se questo evento non si verifica, perché il bene non viene costruito o ne viene costruito uno diverso (aliud pro alio), la condizione non si avvera e la proprietà non passa. L’inadempimento del costruttore è totale e il danno deve essere ristorato integralmente. La pretesa di ridurre il risarcimento basandosi sul valore di manufatti non richiesti e mai divenuti di proprietà della parte lesa è stata giudicata giuridicamente errata.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza rafforza notevolmente la posizione di chi partecipa a operazioni di permuta di cosa futura. Stabilisce che il costruttore inadempiente non può mitigare la propria responsabilità economica offrendo opere incomplete o difformi. Il risarcimento deve coprire l’intero valore del bene promesso e mai consegnato. La decisione sottolinea che la tutela del creditore è piena: non si può essere costretti ad accettare, neanche indirettamente tramite una riduzione del risarcimento, un bene diverso da quello per cui si è firmato un contratto. Si tratta di un monito importante per gli operatori del settore immobiliare a rispettare scrupolosamente gli accordi presi, pena un risarcimento del danno senza sconti.

Quando si trasferisce la proprietà in una permuta di cosa futura?
La proprietà si trasferisce solo nel momento in cui la cosa futura viene ad esistenza, cioè quando il bene è realizzato nelle sue componenti essenziali e conformemente a quanto stabilito nel contratto.

Se il costruttore realizza un bene diverso da quello promesso, il suo valore può ridurre il risarcimento del danno?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che se il bene realizzato è diverso da quello pattuito, esso non viene mai ad esistenza ai fini del contratto. Di conseguenza, la proprietà non si trasferisce e il valore di tale bene diverso non può essere detratto dall’importo del risarcimento, che deve essere integrale.

In un’azione legale per inadempimento contrattuale, devono partecipare entrambi i coniugi in comunione dei beni?
No. Secondo la Corte, gli atti che non eccedono l’ordinaria amministrazione, come un’azione per il risarcimento del danno contrattuale, possono essere compiuti disgiuntamente da ciascun coniuge, senza che sia necessaria la partecipazione dell’altro al processo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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