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Perizia di parte: non ha valore di prova autonoma

In una controversia su un contratto di leasing, la Corte di Cassazione ha stabilito che la perizia di parte, essendo una mera allegazione difensiva, è priva di autonomo valore probatorio. Il giudice non può fondare la propria decisione unicamente su di essa, soprattutto se contestata, senza fornire un’adeguata motivazione e ignorando la richiesta di una consulenza tecnica d’ufficio (CTU).

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Perizia di Parte: La Cassazione Ne Limita il Valore Probatorio

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione interviene su un tema cruciale del processo civile: il valore probatorio della perizia di parte. Questa pronuncia chiarisce che tale documento, pur essendo uno strumento difensivo importante, non può essere equiparato a una prova piena e il giudice non può fondare la propria decisione esclusivamente su di esso in modo acritico, specialmente quando la controparte ne contesta le conclusioni e richiede una valutazione imparziale.

I Fatti del Caso: Un Contratto di Leasing Risolto

La vicenda trae origine da un contratto di locazione finanziaria (leasing) per un immobile. A seguito del mancato pagamento di alcuni canoni da parte della società utilizzatrice, la società concedente si avvaleva di una clausola risolutiva, ottenendo la restituzione del bene.

Successivamente, la società utilizzatrice citava in giudizio la concedente, chiedendo la restituzione dei canoni già versati, sostenendo l’applicabilità dell’articolo 1526 c.c., tipico del leasing traslativo. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello rigettavano la domanda, ritenendo valida una clausola contrattuale che regolava diversamente le conseguenze della risoluzione. La decisione dei giudici di merito si basava in modo significativo su una perizia di parte prodotta dalla società di leasing per quantificare il proprio credito residuo.

Il Ricorso in Cassazione e il Valore della Perizia di Parte

La società utilizzatrice proponeva ricorso in Cassazione, lamentando principalmente due violazioni di legge:
1. Errata applicazione dell’art. 1526 c.c. sulla restituzione dei canoni.
2. Violazione dell’art. 1384 c.c. sul potere del giudice di ridurre una penale manifestamente eccessiva.

Il fulcro della questione, secondo i ricorrenti, risiedeva nel fatto che la Corte d’Appello avesse aderito acriticamente alla quantificazione del danno contenuta nella perizia di parte della concedente, ignorando la richiesta di disporre una Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) per una valutazione oggettiva e imparziale.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, cassando la sentenza d’appello e rinviando la causa a un nuovo esame. Il ragionamento dei giudici supremi è stato netto e si è concentrato sulla natura giuridica della perizia di parte.

La Corte ha ribadito un principio consolidato: la consulenza tecnica di parte non è una fonte di prova, ma una semplice allegazione difensiva a contenuto tecnico. Essa è “priva di autonomo valore probatorio”. Di conseguenza, le sue conclusioni non possono essere considerate “fatti” soggetti al principio di non contestazione (art. 115 c.p.c.). Si tratta, piuttosto, di un mero elemento indiziario che il giudice ha il dovere di valutare nel suo complesso.

Il giudice, in qualità di peritus peritorum (perito dei periti), può certamente decidere di non disporre una CTU e di basarsi sugli elementi disponibili, inclusa una perizia di un consulente di parte. Tuttavia, se sceglie di fondare la propria decisione su tale documento, specialmente quando è stato specificamente contestato e la controparte ha chiesto un accertamento tecnico imparziale, è tenuto a fornire una motivazione rafforzata. Deve spiegare perché ritiene affidabile e convincente la valutazione di una parte interessata, superando le obiezioni sollevate.

Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva errato nel capovolgere l’onere, affermando sostanzialmente che spettava alla parte che richiedeva la CTU censurare specificamente la perizia avversaria. Al contrario, è il giudice che, scegliendo di basarsi su un documento di parte, deve giustificare la sua scelta con argomenti solidi e non meramente formali.

Le Conclusioni

Questa ordinanza rafforza la tutela del contraddittorio e il principio del giusto processo. Le implicazioni pratiche sono significative: una parte non può vedersi opporre come prova inconfutabile una perizia redatta dall’avversario. La richiesta di una CTU, quando supportata da contestazioni non pretestuose, non può essere liquidata con leggerezza. Il giudice che decide di ignorarla e di affidarsi alla valutazione di un consulente di parte deve prepararsi a motivare la sua scelta in modo approfondito, pena la cassazione della sua decisione. La perizia di parte resta uno strumento difensivo valido, ma il suo peso decisionale è rimesso alla prudente e, soprattutto, motivata valutazione del magistrato.

Una perizia di parte ha lo stesso valore di una consulenza tecnica d’ufficio (CTU)?
No. La Corte di Cassazione chiarisce che la perizia di parte è una semplice allegazione difensiva a contenuto tecnico, priva di autonomo valore probatorio, a differenza della CTU che è un’indagine imparziale disposta dal giudice.

Il giudice può basare la sua decisione esclusivamente su una perizia di parte?
Sì, ma deve fornire una motivazione specifica e adeguata per la sua scelta, soprattutto se la perizia è stata contestata dalla controparte e quest’ultima ha richiesto una CTU. Non può accettarla in modo acritico.

Se una parte produce una perizia, l’altra parte è obbligata a contestarla punto per punto per evitare che venga considerata provata?
No. Secondo la sentenza, le conclusioni di una perizia stragiudiziale non sono soggette al principio di non contestazione (art. 115 c.p.c.), poiché non costituiscono un fatto giuridico, ma un mero elemento indiziario che il giudice deve valutare liberamente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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