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Periculum in mora: ricorso d’urgenza respinto

Una società di consulenza finanziaria ha citato in giudizio un’azienda concorrente, fondata da suoi ex collaboratori, per concorrenza sleale e sviamento di clientela. Il Tribunale ha riconosciuto la verosimiglianza del diritto (*fumus boni iuris*), evidenziando la correlazione temporale e la massiccia perdita di clienti. Tuttavia, ha respinto il ricorso d’urgenza per difetto del *periculum in mora*, a causa del ritardo di quasi un anno nella presentazione del ricorso e della solida salute finanziaria della società ricorrente, che escludeva un danno imminente e irreparabile. Il danno è stato qualificato come puramente patrimoniale e quindi risarcibile.

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Periculum in mora: Quando l’Urgenza non Basta per un Provvedimento Cautelare

L’ordinanza del Tribunale di Monza analizza un caso complesso di presunta concorrenza sleale, mettendo in luce la distinzione cruciale tra la probabile fondatezza di un diritto (fumus boni iuris) e la necessità di un intervento giudiziario immediato. Il rigetto della domanda cautelare si fonda interamente sull’assenza del periculum in mora, offrendo spunti fondamentali per imprenditori e legali su come e quando agire per tutelare la propria attività. Questo caso dimostra che, anche di fronte a prove significative di un illecito, il tempismo e la dimostrazione di un danno irreparabile sono requisiti imprescindibili.

I Fatti del Contendere: Storno di Collaboratori e Sviamento di Clientela

Una società operante nel settore della consulenza finanziaria ha presentato un ricorso d’urgenza (ex art. 700 c.p.c.) contro una nuova società concorrente. La ricorrente lamentava una sistematica attività di concorrenza sleale, sostanziatasi nello storno di ben 14 collaboratori (di cui 8 passati direttamente alla concorrente) e nella conseguente perdita di 363 clienti in un breve lasso di tempo.

Secondo la ricorrente, la nuova società era stata costituita ad hoc da alcuni suoi ex collaboratori di spicco, che avevano assunto ruoli apicali (presidente, consiglieri, soci) nella nuova compagine. Questa operazione, pianificata strategicamente, mirava a disgregare la struttura produttiva della ricorrente, sfruttando informazioni privilegiate e il rapporto fiduciario con la clientela per trasferirla in massa verso la nuova entità. La richiesta al Tribunale era quella di ottenere un provvedimento inibitorio immediato per fermare l’attività della concorrente.

L’Analisi del Periculum in Mora da parte del Giudice

La decisione del Tribunale di Monza è un chiaro esempio di applicazione rigorosa dei presupposti per la tutela cautelare. Pur riconoscendo l’esistenza del fumus boni iuris, ovvero la verosimiglianza delle accuse di concorrenza sleale, il giudice ha respinto la domanda per il difetto del secondo, fondamentale requisito: il periculum in mora.

L’organo giudicante ha basato la sua decisione su due pilastri:

1. Mancanza del requisito dell’imminenza: La ricorrente ha depositato il ricorso ad aprile 2025, quasi un anno dopo le prime cessazioni dei rapporti di collaborazione (aprile 2024). Un tale lasso di tempo è stato ritenuto incompatibile con il concetto di un pericolo “imminente”, che presuppone un’azione giudiziaria tempestiva.
2. Mancanza del requisito dell’irreparabilità: L’analisi dei bilanci della società ricorrente ha rivelato una situazione economica non solo stabile, ma addirittura in crescita, con un significativo aumento di ricavi, utile e patrimonio netto rispetto all’anno precedente. Questo dato oggettivo ha smentito il paventato rischio di un “collasso dell’attività”, riconducendo il danno a una natura puramente patrimoniale. Un danno economico, per quanto ingente, è per sua natura riparabile attraverso un risarcimento nel successivo giudizio di merito.

La Valutazione del Fumus Boni Iuris

Nonostante il rigetto, il Tribunale ha ritenuto sussistente il fumus boni iuris. L’analisi ha evidenziato una forte correlazione temporale e causale tra la costituzione della società resistente e l’esodo di collaboratori e clienti dalla ricorrente. La presenza di ex collaboratori in posizioni apicali nella nuova società e la coincidenza temporale tra la cessazione dei rapporti e la perdita massiva di clientela hanno configurato un quadro indiziario grave, preciso e concordante, sufficiente a ritenere verosimile la condotta anticoncorrenziale.

Le Motivazioni

Il Tribunale ha spiegato che la tutela cautelare, per sua natura, è riservata a situazioni in cui il tempo necessario per un giudizio ordinario comprometterebbe irrimediabilmente il diritto tutelato. Nel caso di specie, sebbene gli atti di concorrenza sleale fossero probabili, non è stato dimostrato un pregiudizio che non potesse essere integralmente ristorato per via economica.

Il giudice ha sottolineato che il periculum in mora richiede la prova di un danno che sia al contempo imminente e irreparabile. L’imminenza è stata esclusa dal ritardo con cui la ricorrente ha agito, dimostrando di aver potuto “convivere” con la situazione per quasi un anno. L’irreparabilità è stata negata dall’evidenza dei dati di bilancio, che mostravano una società in salute e non sull’orlo del collasso. La perdita di clientela, sebbene significativa, si traduce in un danno patrimoniale quantificabile e, pertanto, risarcibile.

Le Conclusioni

Questa ordinanza offre due lezioni pratiche di grande importanza. La prima è che, in caso di presunta concorrenza sleale, la tempestività dell’azione legale è cruciale per poter invocare con successo la tutela d’urgenza. Attendere troppo a lungo può essere interpretato come un’implicita ammissione dell’assenza di un pericolo imminente. La seconda è che la prova del periculum in mora deve essere rigorosa e basata su dati oggettivi. Non è sufficiente allegare un danno potenziale, ma occorre dimostrare che tale danno è irreparabile e rischia di compromettere la sopravvivenza stessa dell’impresa. In assenza di questi elementi, la via maestra resta quella del giudizio ordinario, finalizzato a ottenere un risarcimento del danno subito.

Quando lo storno di collaboratori costituisce concorrenza sleale?
Secondo l’ordinanza, lo storno diventa illecito quando l’attività distrattiva è posta in essere con modalità tali da non potersi giustificare se non con l’intento di disgregare in modo traumatico l’organizzazione aziendale del concorrente. Elementi chiave sono la quantità e qualità del personale stornato, la loro posizione nell’organigramma e l’utilizzo di informazioni privilegiate.

Perché il ricorso d’urgenza è stato respinto nonostante la probabile sussistenza della concorrenza sleale?
Il ricorso è stato respinto per mancanza del requisito del periculum in mora. Il Tribunale ha ritenuto che non vi fosse né l’imminenza del pericolo (dato il ritardo di quasi un anno nella presentazione del ricorso) né l’irreparabilità del danno (poiché i bilanci della ricorrente mostravano una situazione economica solida e in crescita, rendendo il danno puramente patrimoniale e quindi risarcibile).

Un danno economico può essere considerato ‘irreparabile’ ai fini di un provvedimento d’urgenza?
Generalmente no. L’ordinanza chiarisce che un pregiudizio di natura meramente economica, come la perdita di clientela, non integra il requisito dell’irreparabilità richiesto per un provvedimento d’urgenza. Tale danno è considerato suscettibile di adeguata quantificazione e risarcimento in un giudizio di merito, a meno che non sia tale da provocare il collasso definitivo dell’attività aziendale, circostanza non dimostrata in questo caso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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