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Perdite consorzio: no divieto di ripianamento

La Corte di Cassazione ha stabilito che il divieto per gli enti pubblici di coprire le perdite delle società partecipate non si applica ai consorzi tra enti locali. Di conseguenza, una clausola statutaria che impone ai comuni membri di ripianare le perdite consorzio è pienamente valida. La Corte ha cassato la sentenza di merito che, tramite un’errata applicazione analogica della legge, aveva dichiarato nullo un lodo arbitrale favorevole al consorzio, rinviando il caso alla Corte d’Appello per un nuovo esame.

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Perdite Consorzio: la Cassazione esclude il Divieto di Ripianamento per gli Enti Locali

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale per gli enti locali: la possibilità di coprire le perdite consorzio di cui sono membri. La questione centrale era se il divieto di ripianamento delle perdite, previsto dalla legge per le società a partecipazione pubblica, potesse essere esteso anche ai consorzi. La Suprema Corte ha fornito una risposta negativa, tracciando una netta distinzione tra le due figure giuridiche e riaffermando la validità degli obblighi statutari assunti dai comuni.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine da un lodo arbitrale che aveva condannato diversi enti locali a ripianare le perdite, maturate tra il 2009 e il 2013, di un consorzio per la gestione di servizi ambientali di cui facevano parte. Tale obbligo derivava da una specifica clausola (l’art. 28) dello statuto del consorzio.

Gli enti locali avevano impugnato il lodo davanti alla Corte di Appello, la quale ne aveva dichiarato la nullità. Secondo i giudici di secondo grado, la clausola statutaria era divenuta inefficace a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 6, comma 19, del d.l. n. 78/2010, una norma che vieta alle amministrazioni pubbliche di ripianare le perdite delle società partecipate. La Corte di Appello aveva ritenuto che tale divieto, pur riferendosi testualmente alle “società”, dovesse essere applicato in via analogica anche ai consorzi, in quanto organismi strumentali degli enti locali.

Il consorzio, nel frattempo posto in amministrazione straordinaria, e un suo creditore hanno quindi proposto ricorso per cassazione contro tale decisione.

La Decisione della Corte sulla Gestione delle Perdite Consorzio

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, cassando la sentenza della Corte di Appello e rinviando la causa per un nuovo giudizio. Il principio di diritto affermato è di fondamentale importanza: il divieto di ripianare le perdite previsto per le società pubbliche non si estende ai consorzi tra enti locali costituiti ai sensi dell’art. 31 del Testo Unico degli Enti Locali (t.u.e.l.).

La Suprema Corte ha smontato l’argomentazione della Corte d’Appello basata sull’applicazione analogica, evidenziando le differenze strutturali e normative tra società e consorzi.

Le Motivazioni

La decisione della Cassazione si fonda su un’analisi rigorosa del dato normativo. I giudici hanno sottolineato che l’art. 6, comma 19, del d.l. n. 78/2010 contiene riferimenti testuali inequivocabili al solo modello societario. La norma parla di “società pubbliche”, “aumenti di capitale”, e richiama l’art. 2447 del codice civile, tutti elementi estranei alla struttura del consorzio.

Secondo la Corte, l’insuperabile dato testuale non consente di estendere l’ambito di applicazione della norma ai consorzi, che non sono riconducibili alla nozione di società pubblica. La differenza tra le due figure è confermata anche da altre disposizioni legislative, come quella che in passato ha previsto la necessità di trasformare consorzi e aziende speciali in società di capitali per contenere i costi degli enti locali. Questa stessa necessità di trasformazione evidenzia la loro diversa natura giuridica originaria.

La Cassazione ha chiarito che non sussistono i presupposti per un’applicazione analogica, in quanto manca il requisito fondamentale: l’assenza di una disciplina specifica per la situazione in esame. Il funzionamento dei consorzi è infatti regolato dal t.u.e.l. e dai loro statuti.

Inoltre, la Corte ha censurato l’approccio interpretativo dei giudici di merito riguardo alla clausola statutaria. L’interpretazione di una clausola deve partire dal suo senso letterale. Solo in caso di ambiguità si può ricorrere ad altri criteri. In questo caso, la Corte di Appello ha ignorato il chiaro testo dello statuto per applicare principi esterni, giungendo a una conclusione errata.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un punto fermo nella disciplina dei rapporti finanziari tra enti locali e i loro organismi strumentali. Le conclusioni pratiche sono significative:

1. Validità degli obblighi statutari: Gli impegni presi dai Comuni all’interno degli statuti consortili, inclusa la copertura delle perdite consorzio, sono vincolanti e non possono essere elusi invocando normative nate per il mondo societario.
2. Distinzione tra Consorzi e Società: La Corte ribadisce che consorzi e società pubbliche sono entità giuridiche distinte, soggette a regole diverse. Non è possibile applicare automaticamente le norme previste per le une agli altri.
3. Principio di legalità e interpretazione letterale: La decisione rafforza il principio secondo cui le norme che impongono limiti finanziari e divieti devono essere interpretate in modo restrittivo, senza estensioni analogiche che non siano supportate da una chiara volontà del legislatore. Gli enti locali devono quindi fare affidamento sul chiaro tenore degli statuti che regolano la loro partecipazione ai consorzi.

Il divieto per gli enti pubblici di ripianare le perdite delle società partecipate si applica anche ai consorzi di comuni?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che il divieto, previsto dall’art. 6, comma 19, del d.l. n. 78/2010, si applica esclusivamente alle società a partecipazione pubblica e non può essere esteso in via analogica ai consorzi tra enti locali costituiti ai sensi dell’art. 31 del t.u.e.l.

Una clausola dello statuto di un consorzio che obbliga i comuni membri a coprire le perdite è valida?
Sì, secondo la Corte tale clausola è valida. La normativa che vieta il ripianamento delle perdite per le società non ha determinato la nullità o l’inefficacia sopravvenuta di una simile clausola statutaria, che resta quindi un obbligo vincolante per gli enti consorziati.

Perché la Corte di Cassazione ha escluso l’applicazione analogica della norma sulle società ai consorzi?
La Corte ha escluso l’applicazione analogica perché il dato testuale della norma è inequivocabile nel riferirsi solo al modello societario (parlando di “società”, “aumenti di capitale”, etc.). Inoltre, la legge stessa riconosce la diversa natura giuridica tra consorzi e società, come dimostrato dalla normativa che in passato ne prevedeva la trasformazione. Mancano quindi i presupposti per un’interpretazione estensiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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