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Perdita di chance: risarcimento per mancata riallocazione

Un lavoratore, licenziato da una società controllata da enti pubblici, ha richiesto la riallocazione presso questi ultimi. La Corte d’Appello aveva negato tale diritto. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione, stabilendo due principi fondamentali: primo, la mancata attivazione della procedura di riallocazione da parte dell’ente controllante configura una perdita di chance risarcibile per il lavoratore; secondo, la nozione di ‘controllo’ pubblico non si limita alla quota di maggioranza, ma deve essere valutata in modo sostanziale, includendo forme di influenza dominante o controllo congiunto anche da parte di soci di minoranza.

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Perdita di Chance e Mancata Riallocazione: La Cassazione Tutela il Lavoratore

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha delineato importanti principi a tutela dei lavoratori di società a controllo pubblico in caso di licenziamento collettivo. Il caso analizzato riguarda un dipendente che, dopo essere stato licenziato, si è visto negare la possibilità di essere riallocato presso gli enti pubblici controllanti. La Suprema Corte ha chiarito che la mancata attivazione della procedura di ricollocamento genera un danno da perdita di chance, che deve essere risarcito. Vediamo nel dettaglio la vicenda e le conclusioni dei giudici.

I Fatti di Causa: Dalla Richiesta di Riallocazione al Ricorso in Cassazione

Un lavoratore, dipendente di una società a responsabilità limitata interamente posseduta da una società per azioni, a sua volta partecipata da una Camera di Commercio, una Regione e un Comune, veniva licenziato a seguito di una procedura di riduzione del personale. Appellandosi alla normativa sulla mobilità nelle società a controllo pubblico (Legge n. 147/2013), il lavoratore chiedeva in tribunale di accertare il suo diritto alla riallocazione presso gli enti controllanti e il risarcimento del danno.
Il Tribunale accoglieva la domanda di riallocazione ma respingeva quella risarcitoria. Tuttavia, la Corte d’Appello ribaltava la decisione: accoglieva gli appelli della Regione e del Comune, ritenendo che non avessero legittimazione passiva in quanto soci di minoranza, e accoglieva anche l’appello della Camera di Commercio (socio di maggioranza), affermando che la procedura di riallocazione non era stata correttamente avviata a causa della mancata informativa preventiva ai sindacati. Di conseguenza, ogni domanda del lavoratore veniva respinta.

La Questione del Controllo Pubblico e la perdita di chance

Uno dei nodi centrali della controversia riguardava la definizione di ‘controllo’ da parte degli enti pubblici. La Corte d’Appello si era fermata a un’analisi puramente formale, basata sulle percentuali di partecipazione azionaria, escludendo così la responsabilità degli enti di minoranza. La Cassazione ha censurato questo approccio, affermando che la nozione di controllo, ai sensi dell’art. 2359 del codice civile e della legislazione sulla trasparenza, è molto più ampia. Il controllo può derivare non solo dalla maggioranza dei voti, ma anche da un’influenza dominante esercitata nell’assemblea ordinaria o da particolari vincoli contrattuali. Inoltre, può esistere un ‘controllo congiunto’ esercitato da più soci. Pertanto, il giudice di merito avrebbe dovuto condurre un’indagine sostanziale, esaminando lo statuto della società e altri accordi per verificare l’esistenza di un simile controllo da parte di tutti gli enti coinvolti, anche quelli con quote minoritarie.

La Perdita di Chance come Danno Risarcibile

Il punto più innovativo della sentenza riguarda la qualificazione del diritto del lavoratore. La Cassazione chiarisce che il lavoratore non ha un diritto soggettivo assoluto ad ottenere la riallocazione, ma ha il diritto a che la procedura venga correttamente avviata e svolta. L’inerzia dell’ente controllante, che non si attiva per esplorare le possibilità di ricollocamento del personale in esubero, priva il lavoratore di una concreta opportunità (una ‘chance’) di conservare un’occupazione. Questa omissione configura un inadempimento che genera un danno risarcibile per perdita di chance. Non si tratta di risarcire il mancato stipendio, ma di compensare la perdita della mera possibilità di ottenere un risultato favorevole. La quantificazione di tale danno dovrà essere effettuata dal giudice in via equitativa, tenendo conto del grado di probabilità che la riallocazione avrebbe avuto.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto gran parte dei motivi del ricorso del lavoratore, cassando con rinvio la sentenza d’appello. I giudici hanno sottolineato che l’informativa inviata dalla società datrice di lavoro, sebbene non ‘preventiva’ rispetto all’avvio della procedura di esubero, era comunque idonea a dare il via alla procedura di riallocazione, il cui scopo è proprio quello di evitare i licenziamenti. L’errore della Corte d’Appello è stato ritenere che la mancata informativa bloccasse in radice qualsiasi possibilità. In realtà, una volta ricevuta l’informativa, gli enti controllanti avevano il dovere di attivarsi. Per quanto riguarda gli enti di minoranza, la Cassazione ha ribadito che il loro potenziale ruolo di controllo non poteva essere escluso a priori sulla base della sola quota di partecipazione. Era necessario un accertamento di fatto, che la Corte d’Appello ha omesso. La sentenza impugnata è stata quindi annullata perché non ha correttamente interpretato né la procedura di riallocazione, né la nozione di ‘controllo pubblico’.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa decisione ha importanti implicazioni. In primo luogo, rafforza le tutele per i lavoratori delle numerose società partecipate da enti pubblici, spesso soggette a processi di riorganizzazione. In secondo luogo, stabilisce che gli enti pubblici non possono sottrarsi alle proprie responsabilità semplicemente perché detengono una quota di minoranza, ma devono dimostrare di non esercitare alcuna forma di controllo o influenza dominante. Infine, consacra il principio del risarcimento per perdita di chance come strumento fondamentale per sanzionare l’inerzia della pubblica amministrazione e delle sue società controllate, garantendo al lavoratore una tutela effettiva anche quando il diritto alla riallocazione non è una certezza assoluta.

Un lavoratore di una società a controllo pubblico ha un diritto automatico alla riallocazione in caso di licenziamento?
No, la sentenza chiarisce che il lavoratore ha diritto a che venga correttamente avviata la procedura di riallocazione, ma non ha un diritto soggettivo automatico a essere effettivamente ricollocato. Il diritto è alla procedura, non al risultato finale.

Cosa succede se l’ente controllante non avvia la procedura di riallocazione?
La mancata attivazione della procedura costituisce un inadempimento che causa al lavoratore un danno da ‘perdita di chance’, ovvero la perdita della concreta possibilità di ottenere un nuovo impiego. Tale danno è risarcibile e la sua entità viene valutata dal giudice.

Per determinare il ‘controllo’ di un ente pubblico su una società, è sufficiente guardare alla percentuale di quote azionarie?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la valutazione del controllo deve essere sostanziale e non meramente formale. Anche enti con quote di minoranza possono esercitare un controllo congiunto o un’influenza dominante, che deve essere verificata analizzando lo statuto sociale e altri vincoli contrattuali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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