Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 34101 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 34101 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28033/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona dell’amministratore delegato, NOME COGNOME elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del procuratore speciale, NOME COGNOME elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE e dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE;
-controricorrente-
e nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_SOCIALE -intimata- e sul ricorso incidentale proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del procuratore speciale, NOME COGNOME elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE e dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE;
-ricorrente incidentale-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona dell’amministratore delegato, NOME COGNOME elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende;
-controricorrente all’incidentale-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_SOCIALE
-intimata-
Avverso la sentenza della Corte d’Appello di Milano n. 1089/2021, depositata il 02/04/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Milano, con la sentenza n. 7823/2019, respingeva la domanda di RAGIONE_SOCIALEp.ARAGIONE_SOCIALE, volta a ottenere la risoluzione per inadempimento del contratto del 10/07/2012, dell’ addendum del 27/06/2014 e del contratto di hosting del 7/09/2012, tutti stipulati con Telecom Italia S.p.A., e la condanna di quest’ultima in solido con Mediocredito Italiano S.p.A., alla quale la prima aveva ceduto i crediti derivanti dai suddetti contratti, alla restituzione delle somme corrisposte in forza dei medesimi e al risarcimento dei danni patiti per la mancata realizzazione del progetto di creazione di un nuovo sito web aziendale, di un catalogo dei prodotti e di un sito web di e -commerce B2B e di reingegnerizzazione del software TEM; accoglieva esclusivamente la domanda di accertamento negativo del credito riportato dalla fattura n. 682014101900073, pari a euro 30.000,00, che Telecom Italia S.p.A. veniva condannata a restituire a Mediocredito Italiano S.p.A.
La Corte d’Appello di Milano, investita dell’impugnazione, in via principale, da RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE e, in via incidentale, da Telecom Italia S.p.A., con la sentenza n. 1089/2021, depositata il 02/04/202, ha accolto il motivo con cui l’appellante principale si doleva della mancata pronuncia di risoluzione dei contratti per cui è causa, ma ha rigettato quelli aventi ad oggetto la domanda restitutoria e quella risarcitoria.
RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione di detta sentenza, formulando otto motivi, illustrati con memoria.
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso e propone ricorso incidentale basato su quattro motivi.
La trattazione dei ricorsi è stata disposta ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denunzia la violazione degli artt. 113, 1° comma, cod.proc.civ., 115, 1 e 2° comma,
cod.proc.civ., 2727-2729, 1218, 1223, 1458 e 1226 cod.civ., in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ.
Attinta da censura è statuizione di rigetto della domanda avente ad oggetto il risarcimento del lucro cessante, motivata con il difetto di prova documentale del nesso di causa tra l’inadempimento di Telecom Italia S.p.A. e il nocumento lamentato.
La tesi della ricorrente è che, accertato l’inadempimento di RAGIONE_SOCIALE (tant’è che erano stati risolti i contratti per cui è causa, non essendo mai andato on line il sito web commissionato, non essendo stato realizzato il catalogo aziendale secondo le specifiche tecniche convenute né essendo stata rispettata la tempistica prevista) e il mancato utilizzo del portale web da questa realizzato che sarebbe dovuto servire per garantirle la visibilità, finalizzata all’incremento dei guadagni in un mercato globalizzato, attraverso la creazione di un nuovo sito web, tecnologicamente evoluto e performante, capace di profilatura dei clienti, di newsletter , di gestione di campagne di marketing , di rapida integrazione dei contenuti, di wiki , blog, di ottimizzazione nel posizionamento nei motori di ricerca, di integrazione con i social network , di visualizzazione del catalogo aziendale e di utilizzo coi dispositivi mobili di ultima generazione, il giudice a quo avrebbe dovuto accordarle il risarcimento del danno derivante dalla perdita di chance : vieppiù considerando che dopo aver commissionato, nel 2016, la realizzazione del sito web ad altra società aveva immediatamente ottenuto un incremento del volume di affari, addirittura superiore a quello che era stato preventivato da Telecom Italia S.p.A. Detto danno, non quantificabile, avrebbe dovuto essere liquidato equitativamente, dovendosi presumere la sussistenza di una perdita di ordini e di conseguente guadagno. La ricorrente precisa che il danno richiesto, consistendo non già nella perdita di guadagno, bensì nella perdita della possibilità di conseguirlo, non avrebbe avuto bisogno di alcuna prova
documentale per esserle riconosciuto, evocando la giurisprudenza di questa Corte che, con riferimento al mancato o errato inserimento nell’elenco degli abbonati, riconosce il risarcimento del danno a favore del professionista che lamenti la perdita di clienti connessa all’inadempimento contrattuale.
2) Con il secondo motivo la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 1° e 2° comma, 113, 1° comma, 116, 1° comma, cod.proc.civ., 2697 cod.civ., ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ., nonché motivazione apparente per violazione dell’art. 132, n. 4 cod.proc.civ. e dell’art. 111 Cost., in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 4 cod.proc.civ.
La corte d’appello, ritenendo non sufficiente, quanto alla prova della perdita di chance , l’incremento percentuale di fatturato desunto dai bilanci prodotti in atti relativo agli anni 2016-2018 rispetto al periodo precedente né il confronto con i siti web di altre società operanti nello stesso settore di mercato e tantomeno l’analisi dell’andamento del fatturato che denotava uno scostamento fisiologico del trend economico, ma non la diretta discendenza degli incrementi dall’attivazione del nuovo sito web , avrebbe reso una motivazione generica e non comprensibile, oltre ad aver violato il principio di vicinanza della prova e la logica sottesa alla prova per presunzioni.
3) Con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 115, 1° e 2° comma, 113, 1° comma, cod.proc.civ., 2697, 27272729 cod.civ., in riferimento all’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ., nonché la mancanza di motivazione, ai sensi dell’art. 132 n. 4 cod.proc.civ. e dell’art. 111 Cost., ex art. 360, 1° comma, n. 4, cod.proc.civ.
Dopo avere indicato le prove prodotte in giudizio -consistenti nella documentazione relativa all’incremento del fatturato a seguito dell’attivazione del nuovo portale web , al decremento del fatturato negli anni 2013, 2014 e 2015, confrontato con l’incremento medio
del fatturato nello stesso periodo di altre nove società concorrenti, le caratteristiche del portale prima e dopo il 2016, anche in comparazione con i caratteri di quelli delle nove concorrenti, il numero degli accessi al sito dopo il 2016, gli ordinativi via web effettuati da cinque società con i correlativi margini di utile -la ricorrente si duole che la corte d’appello abbia erroneamente ritenuto non provato, neppure presuntivamente, il danno occorsole. 4) Con il quarto motivo la ricorrente prospetta la violazione degli artt. 132 n. 4 cod.proc.civ. e 111 Cost. in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 4, cod.proc.civ. nonché la violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 1° e 2° comma, 113, 1° comma, 116, 1° comma, 14 del d.lgs. n. , dell’art. 15, comma 1 e comma 4, della l. fall., dell’art. 125 ter TUF, in relazione all’art.
cod.proc.civ., dell’art. 2697 cod.civ., dell’art. 39/2010, degli artt. 2409 bis , 2423 bis 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ.
Oggetto di censura è la statuizione con cui il giudice a quo ha ritenuto i documenti redatti da e per suo conto non utilizzabili a fini probatori. La ricorrente sostiene che: i) i bilanci propri e quelli delle nove società concorrenti sono documenti ufficiali, certificati da un organismo esterno indipendente; ii) sono documenti aventi efficacia probatoria; iii) gli accessi da parte dei visitatori sono stati estratti dal server Web AGW01 e provengono da Google Analytics. Imputa, pertanto, al giudice a quo di non aver valutato i suddetti elementi di prova, di non averli valutati secondo i criteri tecnici necessari e di averli ritenuti erroneamente redatti da e per suo conto.
5) Con il quinto motivo viene lamentata la violazione del principio di non contestazione, degli artt. 113, 1° comma, 115, 1° comma, 183, 7° comma, cod.proc.civ., 2697 e 2907 cod.civ., la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 4 cod.proc.civ., la violazione dell’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ.
Non avendo RAGIONE_SOCIALE contestato i fatti di cui ai documenti prodotti in giudizio, la corte territoriale li avrebbe dovuti considerare provati e vincolanti.
6) Con il sesto motivo la ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 113, 1° comma, 115, 1° e 2° comma, 183, 7° comma, cod.proc.civ., 1226 e 2697 cod.civ., 24, 2° comma e 111, 2° e 6° comma, Cost., in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ.
La tesi prospettata è che nessuna norma faccia divieto alla parte di provare il diritto azionato mediante documenti redatti da o per conto della stessa, avendo il giudice l’obbligo di considerare ogni documento, purché giuridicamente esistente.
7) Con il settimo motivo la ricorrente denunzia la nullità della sentenza per mancanza di motivazione e quindi per violazione dell’art. 132, n. 4, cod.proc.civ., 24 e dell’art. 111, 6° comma, Cost., in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 4, cod.proc.civ., la violazione e falsa applicazione dei principi in materia di prova e di danno: artt. 113, 1° comma, 115, 1° e 2° comma, 116, 1° comma, 183, 7° comma, cod.proc.civ., 2697, 2727-2729, 1218, 1223, 1453, 1458, 1226 cod.civ., in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3 cod.proc.civ.
La censura attinge il rigetto della domanda avente ad oggetto il risarcimento del danno emergente subito per avere affiancato, nei lavori tecnici, con proprio personale Telecom Italia S.p.A.; rigetto giustificato con l’assenza di dimostrazione oggettiva ad esempio tramite i cartellini delle ore lavorate in eccesso o in difformità rispetto alle normali incombenze aziendali e le buste paga con i relativi accrediti -di avere corrisposto al proprio personale emolumenti per l’attività di supporto svolta in favore di RAGIONE_SOCIALE
Contrariamente a quanto ritenuto dalla corte d’appello, la ricorrente sostiene di aver dimostrato il danno emergente, avendo
prodotto il registro delle attività svolte da ogni componente del proprio personale in ogni ora, giorno per giorno, risorsa per risorsa, con in aggiunta i cartellini delle presenze e le buste paga con i relativi accrediti; aggiunge che, non potendo tecnicamente dimostrare le ore dedicate allo svolgimento di un particolare lavoro, il giudice a quo pretendendo, in contrasto con la scienza contabile e attingendo in modo non consentito alla propria scienza personale, la produzione di cartellini e cedolini relativi alle incombenze specifiche, avrebbe violato anche l’art. 115, 2° comma, cod.proc.civ.
Né la corte d’appello avrebbe tenuto conto del tempo necessario, e quindi dei lavoratori impiegati per la bonifica dell’architettura informatica aziendale per tornare alla configurazione standard servizi denominata SOA ( Service Oriented Architecture ); detto danno, quantificato in euro 20.000,00 da aggiungersi agli euro 45.000,00 che le spettavano per l’attività tecnica di affiancamento, avrebbe dovuto ritenersi almeno presuntivamente dimostrato e avrebbe dovuto liquidarsi quantomeno equitativamente.
Con l’ottavo e ultimo motivo la ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 183, 7° comma, cod.proc.civ. e 2697 cod.civ., in relazione all’art. 360, 1° comma, nn. 3 e 4, cod.proc.civ.
Non avendo la corte d’appello ammesso la prova testimoniale richiesta, volta a dimostrare le conseguenze dell’inadempimento di Telecom Itali S.p.A., sarebbe incorsa nella violazione del principio in base al quale la mancata ammissione di un mezzo istruttorio si traduce in vizio di motivazione se il giudice rigetta la domanda per mancata osservanza dell’onere sancito dall’art. 2697 cod.civ., benché la parte abbia offerto di adempierlo. In aggiunta, il giudice a quo non avrebbe soddisfatto l’obbligo di motivazione definendo generici, irrilevanti, valutativi, superati dalla C.T.U. e dall’A.T.P., i documenti prodotti.
9) Con il primo motivo la ricorrente incidentale denunzia la violazione degli artt. 1454, 1453 cod.civ. e dell’art. 112 cod.proc.civ., ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ. e la nullità della sentenza ex art. 360, 1° comma, n. 4 cod.proc.civ.
Secondo RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE aveva chiesto una pronuncia dichiarativa dell’avvenuta risoluzione per inadempimento dei contratti, avendo dato per avvenuta la risoluzione per effetto della comunicazione del 15/05/2015.
Non ricorrendo alcuna delle ipotesi -diffida ad adempiere, clausola risolutiva espressa, termine essenziale -atta a giustificare la risoluzione di diritto, la corte territoriale non avrebbe dovuto emettere una sentenza costitutiva di risoluzione, se non incorrendo nella violazione dell’art. 112 cod.proc.civ.
In aggiunta, il giudice a quo avrebbe erroneamente applicato l’indirizzo giurisprudenziale secondo cui <>(Cass. n. 23193/2020), perché nella specie non vi era stata alcuna diffida ad adempiere, non potendo considerarsi tale la lettera del difensore di RAGIONE_SOCIALE con cui affermava di ritenere i contratti risolti per grave inadempimento e chiedeva la restituzione del corrispettivo pagato.
10) Con il secondo motivo RAGIONE_SOCIALE si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 cod.civ. e 115 cod.proc.civ., in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3 e n. 4 cod.proc.civ.
Contrariamente a quanto ritenuto dal giudice a quo , avrebbe fornito la prova del fatto estintivo/impeditivo della pretesa avanzata da RAGIONE_SOCIALEp.A.
A tal fine la ricorrente insiste con la tesi secondo cui le sarebbero state imputate inadempienze che tali non erano, trattandosi di prestazioni non contrattualmente previste, tant’è che RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE aveva sottoscritto in data 19/03/2013 e poi il 29/05/2013 e il 10/10/2014 i verbali di collaudo, da cui emergeva che la prestazione era conforme a quanto richiesto nell’ordine, che la fornitura dei servizi era formalmente accertata e che il collaudo aveva avuto esito positivo; in aggiunta, con l’ addendum sottoscritto nel giugno 2014, le parti si erano impegnate ad eseguire prestazioni ulteriori, dopo aver dato atto della avvenuta esecuzione del contratto del luglio 2012, e che lo stesso C.T.U. aveva riconosciuto che la mancata implementazione non era con certezza attribuibile alle indicazioni di Alfa Gomma S.p.A. e che non era comunque semplice attribuire le responsabilità.
3) Con il terzo motivo la ricorrente prospetta la violazione dell’art. 2697 cod.civ. e dell’art. 115 cod.proc.civ.ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ. e l’omessa e/o carente motivazione in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 4, cod.proc.civ., per aver il giudice a quo rigettato senza motivazione l’appello incidentale con cui aveva censurato la sentenza nella parte in cui il tribunale aveva accolto l’eccezione di inadempimento di RAGIONE_SOCIALE condannandola a restituire a Mediocredito RAGIONE_SOCIALE la somma di euro 30.000,00, oltre agli interessi al tasso commerciale a far data dalle cessione del credito, in mancanza di prova di avere adempiuto alla seconda parte del contratto del luglio 2012.
Nonostante avesse dimostrato che i verbali di collaudo non erano mai stati disconosciuti e/o contestati e che la prestazione era stata correttamente eseguita, anche in forza della comunicazione del 12/06/2014, con cui Alfa Gamma S.p.A. aveva autorizzato la
fatturazione di euro 30.000,00, e della fattura n. 6820141019000723, il giudice a quo avrebbe erroneamente deciso, facendo leva unicamente sull’A.T.P. che aveva ritenuto non esaustiva, tanto da espletare una C.T.U., la quale si era, a sua volta, rivelata generica, priva di supporti tecnici e incompleta.
Con il quarto e ultimo motivo si denunzia la violazione o falsa interpretazione degli artt. 91 e 92 cod.proc.civ., in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3, cod.proc.civ., per avere la corte d’appello ritenuto che, <>, oltre ad essere condannata al rimborso delle spese di lite in favore delle controparti, come già deciso dal tribunale, dovesse essere condannata anche all’integrale pagamento dei compensi di A.T.P. e di C.T.U. e che, data la reciproca parziale soccombenza, le spese del grado potessero essere compensate nella misura del 50%.
In primo luogo, RAGIONE_SOCIALE contesta di essere stata soccombente in via preponderante nel giudizio di primo grado, <>, e aggiunge che nel giudizio d’appello ad essere soccombente in via prevalente doveva considerarsi RAGIONE_SOCIALE che aveva visto rigettate sia la domanda restitutoria sia quella risarcitoria.
Per ragioni di coerenza logica vanno esaminati prioritariamente il primo ed il secondo motivo del ricorso incidentale, perché il loro accoglimento priverebbe di rilievo il ricorso principale in tutte le sue articolazioni.
Il primo motivo del ricorso incidentale è inammissibile.
Innanzitutto, RAGIONE_SOCIALE ha del tutto omesso di confrontarsi con l’intero ragionamento della corte d’appello, la quale ha in primis preso in considerazione la missiva del difensore della società RAGIONE_SOCIALE ritenendo che la stessa non avesse i caratteri della diffida ad adempiere, ma valesse come atto di messa in mora della società telefonica (p. 22 dell’impugnata
sentenza) e che comunque quando vengano dedotti in giudizio sia i fatti rilevanti ai fini della pronuncia costitutiva sia quelli rilevanti ai fini di una pronuncia dichiarativa di accertamento dell’avvenuta risoluzione, essendo la domanda di risoluzione di contenuto minore di quella di cui all’art. 1454 cod.civ., il giudice può pronunciarsi sulla fattispecie alternativa. In sostanza, la corte d’appello ha ritenuto errata la decisione del tribunale che aveva affermato di non potere accogliere la domanda di RAGIONE_SOCIALE non sussistendo né una diffida ad adempiere, né una clausola risolutiva espressa e tantomeno un termine essenziale, perché non aveva considerato che la domanda di RAGIONE_SOCIALE era volta a far dichiarare risolti i contratti, previo accertamento dell’inadempimento di Telecom Italia S.p.A., non solo in base alla raccomandata del 14/05/2015, ma anche in relazione a tutta una serie di altre circostanze. Ha quindi concluso che, non potendosi dichiarare risolti di diritto i contratti, mancandone i presupposti -la comunicazione del maggio 2015 non aveva i caratteri della diffida ad adempiere – non fosse però precluso accertare la sussistenza di un inadempimento solutoriamente rilevante ai sensi del combinato disposto degli artt. 1453 e 1455 cod.civ.
Detta statuizione evidentemente non è stata bene intesa da Telecom RAGIONE_SOCIALE la quale dimostra di non aver colto il percorso sotteso dal principio di diritto enunciato da questa Corte ed applicato dal giudice a quo , costituito dal fatto che la domanda di risoluzione di diritto del contratto implicitamente contiene una domanda di risoluzione giudiziale, perché ha un contenuto più ampio di quella volta ad ottenere una sentenza costitutiva di risoluzione del contratto per inadempimento, perciò che non possa pronunciarsi la sentenza dichiarativa di risoluzione per inadempimento non preclude al giudice di emettere una sentenza costitutiva di risoluzione, ove ne ricorrano i presupposti ed essi emergano dai fatti allegati. I medesimi fatti addotti a fondamento
della domanda di risoluzione di diritto possono essere valutati ai fini del riscontro della gravità dell’inadempimento ex art. 1455 cod.civ. ed in vista dell’eventuale accoglimento della domanda di risoluzione giudiziale (Cass. 2/04/2024, n. 8645; Cass. 23/10/2020, n. 23193).
15) Il secondo motivo del ricorso incidentale è inammissibile, perché nel giudizio di legittimità non sono proponibili censure dirette a provocare una nuova valutazione delle risultanze processuali, diversa da quella espressa dal giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze che ritenga più attendibili ed idonee nella formazione dello stesso, essendo sufficiente, al fine della congruità della motivazione del relativo apprezzamento, che da questa risulti che il convincimento nell’accertamento dei fatti su cui giudicare si sia realizzato attraverso una valutazione dei vari elementi probatori acquisiti. Non essendo questa Corte giudice sul fatto, il ricorrente non può pertanto limitarsi a prospettare una lettura delle prove ed una ricostruzione dei fatti opposta rispetto a quella compiuta dal giudice di merito, svalutando taluni elementi o valorizzando altri ovvero dando ad essi un diverso significato, senza dedurre specifiche violazioni di legge ovvero incongruenze di motivazione tali da rivelare una difformità evidente della valutazione compiuta dal giudice rispetto al corrispondente modello normativo. Questa Corte ha invero già avuto modo, anche di recente, di osservare che il vizio di motivazione può essere dedotto in sede di legittimità e sussiste solo se nel ragionamento del giudice di merito, quale risulta dalla sentenza, sia riscontrabile il deficiente esame di punti decisivi della controversia e non può, invece, consistere in un apprezzamento in senso difforme da quello preteso dalla parte. Censure di tale contenuto degradano in realtà verso l’inammissibile richiesta di una rivalutazione dei fatti storici da cui è originata l’azione, perché pongono a loro presupposto una diversa
ricostruzione del merito degli accadimenti (cfr. Cass., Sez. un., 27/12/2019, n. 34476).
Il primo motivo del ricorso principale è fondato e va accolto nei termini di seguito indicati.
Innanzitutto, va chiarito che il danno lamentato dalla società ricorrente è da qualificare come danno da perdita della possibilità di acquisire nuova clientela, in conseguenza dell’inadempimento della società telefonica, che configura una perdita di chance , atteso che esso consiste nella perdita (non già di un vantaggio economico ma) della possibilità di conseguirlo, sicché, trattandosi di un genere di pregiudizio caratterizzato dall’incertezza, è sufficiente che lo stesso sia provato in termini di “possibilità” (rispondente ai parametri di apprezzabilità, serietà e consistenza) e ne è consentita la liquidazione in via equitativa (v. Cass. 8/06/2018, n. 14916; Cass. 29/09/2023, n. 27633).
Dando seguito alla richiamata giurisprudenza, occorre qui ribadire che: a) la chance , o concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene o risultato, non è una aspettativa di fatto, ma è un’entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile d’autonoma valutazione; b) a rilevare nel caso di specie non è la possibilità di continuare ad essere contattati da clienti già acquisiti, quanto il fatto di non poter essere contattati da nuova clientela, rispetto alla quale nessuna prova della ‘perdita’ può essere pretesa, se non in termini di ‘possibilità’ e perdita di chance , suscettibile anch’essa di valutazione equitativa (Cass. 4/08/2017, n. 19497); c) il danno da mancata acquisizione di clientela si distingue dal danno da contrazione di fatturato che rientra nelle fattispecie del danno emergente e del lucro cessante, previsti dall’art. 1223 cod.civ.: trattasi di voci di danno che hanno presupposti diversi e quindi rimandano ad oneri probatori diversi (Cass. 20/11/2018, n. 29829); d) la prova del nesso causale tra la condotta illecita e la perdita delle possibilità di nuove occasioni di
guadagno può essere fornita anche per presunzioni (Cass. 05/09/2023, n. 25910); e) la liquidazione di detto danno non è esclusa dall’assenza di documentazione probatoria fiscale dalla quale desumere la contrazione reddituale (che, se presente, sicuramente può incidere sulla materiale quantificazione dello stesso ma, nondimeno, non può escluderne la sussistenza).
Di tali principi di diritto la corte territoriale non ha fatto corretta applicazione, avendo omesso di valutare se nel caso di specie dall’espletata attività istruttoria (erano stati acquisiti elementi oggettivi dai quali desumere, in termini di ragionevole probabilità che, in assenza della condotta illecita di Telecom RAGIONE_SOCIALE.p.ARAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE avrebbe conseguito il risultato sperato (da detta condotta invece impedito) emergesse la seria e concreta possibilità che RAGIONE_SOCIALE avesse perso la possibilità di procurarsi nuova clientela, al fine di procedere alla liquidazione equitativa del danno (Cass. 21/04/2023, n. 27633), in considerazione del fatto che, come si è detto, non era il risultato perduto, ma la perdita della possibilità di realizzarlo l’oggetto della pretesa risarcitoria (Cass. 26/06/2020, n. 12906; Cass. n. 9/03/2018, n. 5641).
Ebbene, pacifico il ricorso alla liquidazione equitativa e dovendosi ribadire, a tal proposito, la distinzione tra la prova dell’ an e quella del quantum , non può non rilevarsi che il giudice di merito ha adottato un processo decisionale che dimostra l’avvenuto travisamento della morfologia del danno da perdita di chance . L’essenza della figura è rappresentata da una condizione di insuperabile incertezza eventistica, essa resta confinata nelle relazioni incerte tra eventi non interdipendenti, in quanto non causalmente collegati da una legge di connessione. Per converso se una tale connessione fosse stata possibile non si ricadrebbe più nel campo della chance, ma in quello della relazione causale tra condotta ed evento di danno (inteso come lesione piena ed effettiva dell’interesse avuto di mira) (v. Cass. 11/11/2019, n.
28993, e, prima ancora, Cass. 9/03/2018, n. 5641; Cass. 19/03/2018, n. 6688; cui adde Cass. 7/10/2021, n. 27287; Cass. 26/01/2022, n. 2261; Cass. 21/05/2024, n. 14163).
Dall’accoglimento del primo motivo discende l’assorbimento dei motivi dal secondo al sesto.
Il settimo motivo è inammissibile quanto al dedotto vizio motivazionale. Anche senza considerare che il vizio di motivazione se c’è deve emergere dalla sentenza e non dal confronto tra essa ed elementi estrinseci (Cass., Sez. Un., 7/04/2014, nn. 8053 e 8054 e successiva giurisprudenza conforme), la motivazione c’è ed è chiara: il rigetto della domanda è basato sul difetto di prova.
Le restanti censure (violazione degli artt. 1453, 1458, 1226, 2729 cod.civ.) sono del pari inammissibili.
L’assunto cassatorio che le accomuna è costituito dal mancato ricorso da parte del giudice a quo al ragionamento presuntivo, il quale è rimesso alla prudenza del giudice, è incensurabile in sede di legittimità, sia perché l’utilizzazione di tale mezzo di prova involge un tipico apprezzamento di fatto, esercitabile solo dal giudice del merito, sia perché spetta unicamente a tale giudice individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove e controllarne l’attendibilità e scegliere, tra le risultanze istruttorie, quelle ritenute idonee a dimostrare il fondamento o meno della pretesa (Cass. 16/02/1982, n. 979 e successiva giurisprudenza conforme).
Né sussiste la violazione delle disposizioni in materia di prova per non aver ammesso la corte territoriale la prova documentale per provare il danno da mancato guadagno. Il giudice a quo ha ritenuto inidonea la documentazione prodotta a dimostrare l’effettivo esborso delle somme oggetto della richiesta -proiezioni di calcolo delle ore e degli emolumenti -ed ha fornito una motivazione ampia ed adeguata circa le ragioni per cui non ha ammesso la restante documentazione e la prova testimoniale (soprattutto a p. 28).
Non può che concludersi che le censure sollevate mirano esclusivamente ad accreditare un apprezzamento delle prove raccolte del tutto divergente da quello compiuto dai giudici di merito. Nel giudizio di legittimità non sono però proponibili censure dirette a provocare una nuova valutazione delle risultanze processuali, diversa da quella espressa dal giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze che ritenga più attendibili ed idonee nella formazione dello stesso, essendo sufficiente, al fine della congruità della motivazione del relativo apprezzamento, che da questa risulti che il convincimento nell’accertamento dei fatti su cui giudicare si sia realizzato attraverso una valutazione dei vari elementi probatori acquisiti.
20) Anche l’ottavo motivo è inammissibile, perché il giudice a quo con una motivazione insindacabile in sede di legittimità ha puntualmente spiegato le ragioni per cui ha ritenuto di volta in volta le istanze istruttorie inammissibili, irrilevanti, generiche, tese a far esprimere ai testi proprie opinioni o valutazioni soggettive non di loro pertinenza, ovvero a confermare meri motivi soggettivi, del tutto irrilevanti.
Il terzo motivo del ricorso incidentale è, in parte, inammissibile e, in parte, infondato.
Inammissibile, nella parte in cui pretende un diverso accertamento dei fatti di causa, insistendo con la linea difensiva, già ampiamente e argomentatamente disattesa dal giudice a quo : quanto all’assenza di verbali di collaudo (p. 23 della sentenza) e quanto al contenuto dell’ addendum (p. 25 della sentenza).
Infondato, perché la motivazione del rigetto dell’appello incidentale c’è (p. 25) ed è fondata sulla pronuncia di risoluzione dei contratti che ha fatto venir meno la causa delle varie, reciproche, obbligazioni scaturite da tali accordi sinallagmatici.
Il quarto motivo del ricorso incidentale è assorbito.
Dall’accoglimento del primo motivo del ricorso principale, assorbiti i motivi dal secondo al sesto, inammissibili il settimo e l’ottavo, discende l’accoglimento in relazione del ricorso principale con rinvio alla Corte d’Appello di Milano, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo del suindicato disatteso principio applicazione.
All’infondatezza e all’inammissibilità dei motivi del ricorso incidentale consegue il rigetto dello stesso.
Al giudice del rinvio è demandata anche la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbiti i motivi dal secondo al sesto, inammissibili il settimo e l’ottavo; rigetta il ricorso incidentale. Cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’Appello di Milano, in diversa composizione.
Così deciso nella Camera di Consiglio del 29 novembre 2024 dalla