Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 17672 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 17672 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso 4074-2024 proposto da:
COGNOME rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
REGIONE LAZIO, in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3660/2023 della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il 20/10/2023 R.G.N.3448/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 08/05/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Fatti di causa :
Oggetto
Impiego pubblico Conferimento incarico direttivo Giudizio di rinvio
R.G.N.4074/2024
Ud. 08/05/2025 CC
1. Con ricorso depositato in data 20.01.2011, NOME COGNOME adiva il Tribunale di Roma, in funzione di Giudice del Lavoro, deducendo di essere stata dipendente della Regione Lazio, con qualifica di dirigente dal 1983, inquadrata nella I fascia dirigenziale; di essere stata illegittimamente pretermessa, pur possedendo i requisiti prescritti ed avendo richiesto espressamente di essere valutata, dalla procedura per la nomina del Segretario Generale del Consiglio della Regione Lazio, conferito a NOME COGNOME, con decreto del Presidente del Consiglio n. 189 del 24.06.2009, su delibera dell’Ufficio di Presidenza n. 31 del 18.06.2009. La ricorrente, in particolare, deduceva che la suddetta nomina era avvenuta in violazione delle disposizioni dettate in tema di incarichi dirigenziali apicali, del d.lgs. 165/2001, della L.R. n. 6/2002, del regolamento regionale n. 3/2003 e del CCNL del 10.04.96 di categoria e di aver subito, a causa dell’omessa selezione comparativa tra i potenziali aspiranti, in violazione altresì dei generali canoni di buona fede e correttezza contrattuale, un danno da perdita di chance, pari alla differenza tra la retribuzione cui avrebbe avuto diritto ove le fosse stato conferito l’incarico e quella effettivamente percepita, anche in relazione al trattamento di quiescenza, nonché, di aver subito un rilevante danno morale e all’immagine. La ricorrente chiedeva la condanna della Regione Lazio al risarcimento del danno patrimoniale da perdita di chance subito, pari ad euro 266.128,95, o nella diversa somma ritenuta di giustizia, nonché, del danno non patrimoniale, morale e all’immagine subito, pari ad euro 527.367,42, o nella diversa somma ritenuta di giustizia. Si costituiva la Regione Lazio chiedendo il rigetto della domanda e intervenivano volontariamente il Consiglio Regionale e il Cecinelli, che concludevano parimenti per il rigetto del ricorso,
invocando l’insussistenza di qualsiasi danno risarcibile. Con la sentenza n. 10465/2012, depositata in data del 6.06.2012, il Tribunale di Roma, dichiarava il difetto di legittimazione passiva del Consiglio Regionale della Regione Lazio e rigettava nel merito il ricorso, ritenendo la nomina del Segretario di natura fiduciaria intuitu personae e priva di una procedura selettiva.
NOME COGNOME interponeva appello. Si costituivano nel giudizio di secondo grado la Regione Lazio, che chiedeva il rigetto del gravame in quanto infondato, nonché il Consiglio Regionale e il COGNOME che svolgevano altresì appelli incidentali. Con la sentenza n. 6891/2015 la Corte di Appello di Roma, Sezione Lavoro dichiarava inammissibile l’appello formulato dal Consiglio Regionale del Lazio, in quanto soggetto privo di autonoma capacità di stare in giudizio, rigettava l’appello incidentale prop osto dal COGNOME, e respingeva anche il gravame principale della COGNOME con compensazione integrale delle spese di lite tra le parti.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione NOME COGNOME con due motivi. La Regione Lazio si costituiva con controricorso e chiedeva il rigetto dell’impugnazione. Con ordinanza n.29206/2022, pubblicata in data 07/10/2022, la Corte di Cassazione accoglieva il ricorso, cassava la sentenza impugnata e disponeva il rinvio innanzi alla Corte di Appello in diversa composizione.
Il giudizio veniva riassunto da NOME COGNOME con ricorso depositato il 30/12/2022 che riproponeva le domande di risarcimento del danno spiegate originariamente. La Regione Lazio si costituiva nel giudizio di rinvio chiedendo il rigetto dell’impugna zione e delle pretese della COGNOME. Con la sentenza n. 3660/2023 depositata il 20/10/2023 la Corte di Appello di Roma, sezione lavoro, accoglieva parzialmente la
pretesa risarcitoria della ricorrente condannando la Regione Lazio al pagamento della somma di euro 13.306,45.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, articolato su cinque motivi, NOME COGNOME La Regione Lazio si è costituita con controricorso chiedendo il rigetto dell’impugnazione.
La parte ricorrente e la parte controricorrente hanno depositato memorie ex art. 380-bis. 1, cod. proc. civ..
Il ricorso è stato trattato dal Collegio nella camera di consiglio dell’8 maggio 2025.
Ragioni della decisione:
Preliminarmente , va evidenziato che il Collegio che decide sul ricorso per cassazione proposto avverso sentenza pronunziata dal giudice di rinvio può essere composto anche da magistrati che abbiano partecipato al precedente giudizio conclusosi con la cassazione della pronunzia, senza che sussista un obbligo di astensione a loro carico ex art. 51, comma 1, n. 4, c.p.c., in quanto tale partecipazione non determina alcuna compromissione dei requisiti di imparzialità e terzietà del giudice, e ciò a prescindere dalla natura del vizio che ha determinato la pronuncia di annullamento, che può consistere indifferentemente in un error in procedendo o in un error in iudicando , atteso che, anche in quest’ultima ipotesi, il sindacato è esclusivamente di legalità, riguardando l’interpretazione della norma ovvero la verifica del suo ambito di applicazione, al fine della sussunzione della fattispecie concreta, come delineata dal giudice di merito, in quella astratta (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013; Cass. Sez. L, Sentenza n. 3980 del 29/02/2016; Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 30646 del 2018; Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 1542 del 25/01/2021).
Con il primo motivo di ricorso si deduce error in procedendo per violazione dei principi di diritto stabiliti nell’ordinanza della Corte di Cassazione, ai sensi dell’art.360 primo comma, n.4, c.p.c.. Ci si duole che la Corte di Appello di Roma avrebbe violato i principi di diritto fissati dalla Corte nell’ordinanza n.29206/2022 nella parte in cui, dopo aver accertato la violazione degli oneri procedimentali da parte della Regione Lazio sotto il profilo della mancata individuazione dei criteri e della omessa comparazione, ha ritenuto la fattispecie rientrante nell’ambito della «motivazione insufficiente» in luogo della «motivazione mancante o illegittima».
Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione di norme di legge, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., in relazione all’art. 19 del D.Lgs n. 165/01, nonché in relazione all’art. 97 Cost. e agli artt. 1175 e 1375 Cod. Civ.. Ci si duole che la Corte di Appello di Roma sarebbe incorsa nella violazione delle norme indicate per avere ritenuto sussistente una motivazione nella determina di attribuzione dell’incarico all’origine della vicenda.
Il primo e il secondo motivo di ricorso devono essere esaminati congiuntamente perché riguardano l’interpretazione del principio di diritto affermato da questa Corte in sede rescindente, i limiti dell’accertamento rimesso alla Corte di Appello in sede di rinvio e la questione se fosse pregiudicata dalla ordinanza assunta da questa Corte la valutazione del vizio riguardante la motivazione dell’incarico all’origine della controversia se cioè si trattasse di motivazione illegittima ovvero mancante oppure di motivazione insufficiente.
4.1. I motivi sono infondati. La pronuncia rescindente ha affermato il seguente principio di diritto: «ai fini dell’accertamento e della liquidazione del danno da perdita di
chance invocato dal candidato illegittimamente escluso, occorre distinguere le ipotesi in cui la suddetta motivazione sia mancante o illegittima, da quelle ove sia soltanto insufficiente: – nel primo caso, il giudice investito della domanda risarcitoria dovrà procedere ex novo a una valutazione comparativa del profilo dei candidati, verificando se l’attore avesse una significativa probabilità di essere prescelto e, in caso positivo, calcolando il risarcimento tenendo conto dell’incertezza sottesa alla natura ipotetica del giudizio prognostico; – qualora, invece, dalla motivazione assunta dalla P.A. sia possibile evincere i criteri di merito posti a fondamento della nomina, il giudice dovrà apprezzare alla stregua di questi ultimi l’esistenza di una significativa probabilità che la valutazione comparativa delle posizioni dei candidati esclusi conducesse a un diverso esito, sul quale fondare il ristoro».
4.2. In proposito vanno tenuti presenti i seguenti principi di diritto, costanti nella giurisprudenza di questa Corte: «in caso di ricorso per cassazione avverso la pronuncia del giudice di rinvio per violazione della precedente statuizione di annullamento, il sindacato della SRAGIONE_SOCIALE si risolve nel controllo dei poteri propri del suddetto giudice, poteri che, nell’ipotesi di rinvio per vizio di motivazione, si estendono non solo alla libera valutazione dei fatti già accertati, ma anche alla indagine su altri fatti, con il solo limite del divieto di fondare la decisione sugli stessi elementi già censurati del provvedimento impugnato e con la preclusione rispetto ai fatti che il principio di diritto eventualmente enunciato presuppone come pacifici o accertati definitivamente» (Cass. ss. u., 03/09/2020, n. 18303). Ed ancora: «in ipotesi di cassazione con rinvio per violazione di norme di diritto, il giudice del rinvio deve uniformarsi non solo alla regola giuridica enunciata, ma anche alle premesse logico-
giuridiche della decisione, e attenersi agli accertamenti già compresi nell’ambito di tale enunciazione, senza poter estendere la propria indagine a questioni che, pur se in ipotesi non esaminate nel giudizio di legittimità, costituiscono il presupposto stesso della pronuncia, formando oggetto di giudicato implicito interno, atteso che il riesame delle suddette questioni verrebbe a porre nel nulla o a limitare gli effetti della sentenza, in contrasto col principio di intangibilità della stessa» (Cass. 03/03/2022, n. 7091).
4.3. Nella pronuncia di cassazione all’origine del giudizio di rinvio questa Corte, accogliendo due motivi spiegati ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. per violazione o falsa applicazione di legge, aveva rilevato come la prima sentenza della Corte di Appello avesse falsamente applicato le norme di rilievo ritenendo insussistente una posizione giuridica soggettiva tutelabile in capo a NOME COGNOME e qualificando l’atto di nomina del segretario generale del consiglio regionale quale atto politico e non quale atto amministrativo. La Corte aveva, pertanto, ricostruito il quadro normativo di rilievo al fine di definire la corretta procedura da seguire, aveva qualificato quale atto amministrativo la scelta del segretario generale, aveva affer mato il richiamato principio di diritto circa l’accertamento rimesso al giudice di merito in ordine alla domanda di risarcimento del danno da perdita di chance e, confermando sul punto analoghi principi di diritto già affermati da questa Corte, aveva richiamato le varie ipotesi ravvisabili in relazione alla mancanza ovvero alla illegittimità della motivazione della nomina da una parte e in relazione all’insufficienza della nomina dall’altra parte.
4.4. Orbene, ad avviso del Collegio, la pronuncia rescindente non qualificava il vizio della motivazione riscontrabile nella
fattispecie e rinviava alla corte territoriale la sussunzione nell’una o nell’altra ipotesi . Circa la ricorrenza di una motivazione illegittima o mancante (come ritenuto dall’odierna parte ricorrente) ovvero di una motivazione insufficiente non si era formato alcun giudicato che fosse preclusivo in sede di rinvio.
4.5. Occorre, altresì, ricordare come per distinguere le ipotesi di motivazione mancante da quelle di motivazione insufficiente questa Corte abbia chiarito, proprio nella pronuncia Cass. 09/03/2021, n. 6485, e cioè nella medesima pronuncia dalla quale pren de le mosse l’ordinanza rescindente della quale si discute la portata, che: «nel caso in cui la motivazione sia mancante o non esprima validamente neppure i criteri su cui la p.a. ha ritenuto di fondare la scelta, non potrà che procedersi apprezzando ex novo in via comparativa i curricula, accertando quindi se chi agisce avesse una significativa probabilità di essere prescelto e, in caso positivo, calcolando il risarcimento in misura tale da tener conto dell’incertezza comunque sussistente in un giudizio non solo prognostico, ma anche in sé ipotetico. Qualora la motivazione assunta dalla pubblica amministrazione contenga invece almeno una valida espressione dei criteri di merito valorizzati e posti a fondamento della nomina, essendo necessario rispettare la sfera decisionale esclusiva della pubblica amministrazione, l’apprezzamento non potrà invece che riguardare, più limitatamente, la possibilità, ancora secondo criteri di significativa probabilità, che il corretto adempimento, e quindi la valutazione comparativa delle posizioni dei candidati esclusi in relazione ai medesimi titoli valorizzati per il prescelto, potesse portare, nei loro confronti, ad un diverso esito, su cui fondare il ristoro».
4.6. La motivazione da considerare è quella che sorregge complessivamente il conferimento dell’incarico ; pertanto essa manca se la pubblica amministrazione si limita alla scelta senza indicare alcuna ragione della medesima, è illegittima se viene valorizzato un criterio che non poteva essere utilizzato, è insufficiente nell’ipotesi in cui la pubblica amministrazione indica il criterio utilizzato ma omette ogni valutazione comparativa in relazione al criterio medesimo.
4.7. Poiché la pronuncia rescindente si è posta nel solco di questo orientamento, la sentenza del giudice del rinvio era abilitata a valutare in quale ipotesi si ricadesse (se di motivazione mancante ovvero insufficiente) e deve andare esente da censure nella parte in cui ha ravvisato che il criterio utilizzato dalla pubblica amministrazione era esplicitato (l’avere ricoperto funzioni analoghe a quelle da assegnare) ma era stata omessa la valutazione comparativa tra i candidati, così ricadendosi nell’ipotes i di motivazione insufficiente e non mancante.
4.8. I due motivi di ricorso devono, in definitiva, essere respinti perché sono infondati nella parte in cui deducono una violazione del principio di diritto affermato da questa Corte e delle norme di diritto invocate e perché sono inammissibili nella part e in cui contestano l’accertamento condotto dalla Corte territoriale circa la sussistenza della (insufficiente) motivazione atteso che si tratta di un accertamento in fatto irriferibile a questa Corte in sede di legittimità.
Con il terzo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione di norme di legge, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., in relazione agli artt. 1218 e 2697 c.c.; violazione dei principi del riparto dell’onere probatorio in materia di responsabilità contrattuale. La sentenza impugnata
avrebbe errato nel ritenere che la ricorrente non avesse adempiuto al proprio onere probatorio circa il danno da perdita di chance. Secondo la parte ricorrente, costituendo il danno da illegittima pretermissione nel conferimento di incarichi dirigenziali (danno da perdita di chance) un inadempimento contrattuale, NOME COGNOME avrebbe dovuto dimostrare (come avrebbe dimostrato) solo l’avvenuto inadempimento, il danno subito, le effettive probabilità di ottenimento dell’incarico e le maggiori probabilità di ottenerlo rispetto al soggetto assegnatario dell’incarico, senza dover provare tale probabilità anche rispetto a tutti gli altri candidati, essendo onere della Regione Lazio fornire il fatto estintivo dell’altrui pretesa (nel caso di specie, l’esis tenza di altri candidati con maggiori chance di ottenere l’incarico).
Con il quarto motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione di norme di legge, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., in relazione agli artt. 1218 e 2697 c.c… Si rappresenta che la Corte di cassazione, nell’ordinanza n.29206/2022, aveva precisato chiaramente che, in caso di accertata violazione degli oneri procedimentali ed ai fini del risarcimento del danno, il Giudice -ai fini della prova del danno da perdita di chance avrebbe dovuto valutare l’esistenza di una significativa probabilità «che la valutazione comparativa delle posizioni» conducesse ad un risultato diverso. La Corte di Appello di Roma avrebbe ritenuto, in violazione delle norme in epigrafe indicate, che la comparazione della posizione della ricorrente con l’assegnatario dell’incarico fosse irrilevante e, pertanto, non avrebbe svolto alcuna valutazione comparativa ai fini della prova e della quantificazione del danno subito.
Il terzo e il quarto motivo di ricorso, perché connessi logicamente e giuridicamente, attaccano entrambi la sentenza
impugnata nella parte in cui ha ritenuto non adempiuto l’onere probatorio ricadente sulla odierna ricorrente e non percorribile una comparazione tra tutti i candidati e una valutazione alternativa, sono da esaminare congiuntamente e sono infondati.
7.1. Occorre rilevare che la sentenza impugnata ha osservato come fosse carente l’allegazione, e di conseguenza la prova, offerta dalla ricorrente circa i profili degli altri candidati (due oltre alla stessa ricorrente e al prescelto). Sotto questo profilo la sentenza non ha violato i principi, presidiati dalle norme invocate, circa la corretta ripartizione dell’onere probatorio. Tali aspetti rientravano effettivamente negli elementi costitutivi dell’allegato danno da perdita di chance e non riguardavano, invece, elementi impeditivi rimessi alla prova della Regione Lazio.
7.2. La pronuncia della Corte territoriale deve, allora, andare esente da censure perché ha fatto corretta applicazione di principi più volte affermati da questa Corte: «in tema di risarcimento del danno da perdita di chance, l’accertamento del nesso di causalità tra il fatto illecito e l’evento di danno (rappresentato, in questo caso, dalla perdita non del bene della vita in sé ma della mera possibilità di conseguirlo) non è sottoposto a un regime diverso da quello ordinario, sicché sullo stesso non influisce, in linea di principio, la misura percentuale della suddetta possibilità, della quale, invece, dev’essere provata la serietà ed apprezzabilità ai fini della risarcibilità del conseguente pregiudizio» (Cass. 26/01/2022, n. 2261). Ed ancora: «in tema di pubblico impiego privatizzato, in caso di illegittimità dell’atto di conferimento di un incarico dirigenziale, il candidato escluso, al fine di conseguire il risarcimento del danni derivanti dalla perdita di “chance” – che, come concreta
ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene, non è una mera aspettativa di fatto, bensì un’entità patrimoniale a sé stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione – ha l’onere di provare, benché solo in modo presuntivo o secondo un calcolo di probabilità, che la condotta illecita ha impedito la concreta realizzazione di alcuni dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato, il quale non è limitato alla sola procedura concorsuale nella quale si è verificata l’illegittimità, ma può riguardare anche una successiva procedura collegata alla prima» (Cass. 16/12/2022, n. 37002).
Con il quinto motivo di ricorso si deduce violazione degli artt. 91 e 92 del c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., primo comma, n. 3, per avere la Corte di Appello compensato integralmente tra le parti le spese di lite di tutti i gradi di giudizio in violazione del principio della soccombenza. Secondo la parte ricorrente la sentenza impugnata sarebbe incorsa in una violazione delle norme dettate in materia di regolamentazione delle spese di lite nella parte in cui ha disposto, al di fuori delle ipotesi di legge e con motivazione errata ed insufficiente, la compensazione integrale delle spese di lite di tutti e quattro i gradi di giudizio nonostante l’accoglimento di tutte le censure da parte della Corte di cassazione nel giudizio conclusosi con l’ordinanza rescindente e nonostante la soccombenza della Regione Lazio nel giudizio di cui alla sentenza impugnata.
8.1. Il motivo è fondato: la Corte territoriale non ha individuato alcuna ragione idonea a giustificare la compensazione delle spese di lite della quale le era rimessa la liquidazione e tanto pur a fronte del descritto esito processuale. Per questa via non si è attenuta al principio che segue: «in tema di spese processuali, l’accoglimento in misura ridotta, anche
sensibile, di una domanda articolata in un unico capo non dà luogo a reciproca soccombenza, configurabile esclusivamente in presenza di una pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo processo tra le stesse parti o in caso di parziale accoglimento di un’unica domanda articolata in più capi, e non consente quindi la condanna della parte vittoriosa al pagamento delle spese processuali in favore della parte soccombente, ma può giustificarne soltanto la compensazione totale o parziale, in presenza degli altri presupposti previsti dall’art. 92, comma 2, c.p.c.» (Cass. sez. u -, 31/10/2022, n. 32061).
Il ricorso deve, allora, essere accolto in relazione al quinto motivo, respinto in relazione agli altri, la sentenza va cassata in relazione al motivo accolto con rinvio.
P.Q.M.
accoglie il quinto motivo e rigetta per il resto il ricorso, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di Appello di Roma, in diversa composizione, cui è