Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 5498 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 5498 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 38472/2019 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE IN CORCORDATO PREVENTIVO, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO MILANO n. 2403/2019 depositata il 03/06/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 22/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Premesso che:
1.la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ricorre con un articolato motivo per la cassazione della sentenza in epigrafe con cui la Corte di Appello di Milano ha, per quanto interessa, respinto l’appello della società RAGIONE_SOCIALE contro la sentenza del Tribunale di Milano reiettiva sia della domanda di condanna della RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione e concordato preventivo, al pagamento della penale stabilita dall’art.16 dei due contratti di appalto -stipulati inter partes il 16 novembre 2010 e l’8 maggio 2012, ed aventi ad oggetto la edificazione di un complesso residenziale e la realizzazione delle opere di urbanizzazione dello stesso complesso -sia della domanda di condanna della appaltatrice al risarcimento dei danni subiti dalla ricorrente per aver dovuto a sua volta pagare penali ai promissari acquirenti del complesso realizzando.
In particolare, la Corte di Appello ha ritenuto, sulla base della interpretazione letterale e sistematica delle clausole dell’art.16, che la penale ivi prevista era dovuta per il caso di completamento dei lavori oltre il termine concordato e non anche per il caso -in concreto verificatosi -di mancato rispetto del cronoprogramma di esecuzione dei lavori e di loro mancato completamento, atteso che, per questo secondo caso, era invece invocabile l’art. 15 dei contratti, ai sensi del quale l’appaltante avrebbe potuto chiedere, oltre alla risoluzione dei contratti, l’apposita penale ivi prevista (e già riconosciuta dal Tribunale di Milano, in limiti ribaditi dalla Corte di Appello).
La Corte di Appello ha aggiunto che vi erano stati accordi per varianti dei lavori, che ‘per effetto di tali varianti deve concludersi che le parti hanno ritenuto superato l’originario cronoprogramma’ e che il superamento dell’originario cronoprogramma doveva altresì ritenersi accettato dalla committente per essere essa rimasta in silenzio dopo aver ricevuto due email dell’appaltatrice contenenti proroghe del termine di conclusione lavori;
2.la RAGIONE_SOCIALE, in liquidazione e concordato preventivo, resiste con controricorso;
le parti hanno depositato memoria;
considerato che:
con il primo motivo di ricorso vengono proposte due doglianze.
1.1. La prima, di ‘interpretazione del contratto in violazione delle norme di cui all’art. 1362 c.c.’, per avere la Corte di Appello affermato, contro la lettera delle clausole dell’art.16 dei contratti e contro il senso complessivo delle medesime clausole lette sistematicamente e anche contro i principi di buona fede e di conservazione del contratto, di cui agli artt. 1366 e 1367 c.c., che ‘il presupposto per l’applicazione della penale da ritardo sarebbe comunque il completamento dei lavori’.
1.2. La seconda, ‘di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti’, per avere la Corte di Appello ritenuto che la pattuizione delle varianti determinasse il superamento del cronoprogramma trascurando di considerare che, in base ai contratti, ogni proroga del termine di consegna dei lavori -anche per le varianti effettivamente concordate -avrebbe dovuto essere, e non era stata, pattuita con il direttore dei lavori in forma scritta.
Alla prima di queste doglianze la ricorrente fa seguire l’erroneità del rigetto della domanda di condanna della controparte alla penale ex artt. 16 dei due contratti.
Alla seconda doglianza fa seguire l’erroneità sia del rigetto della domanda predetta sia del rigetto della domanda di condanna della controparte al risarcimento dei danni pari alla penale che essa ricorrente aveva dovuto pagare ai terzi promissari acquirenti dell’immobile realizzando.
3. La prima doglianza è inammissibile.
La Corte di Appello ha affermato che ‘la disciplina della penale ex art. 16 del contratto trova applicazione solo nella ipotesi di ultimazione dei lavori in ritardo. Nella specie, per contro, i lavori non sono stati completatati e pertanto la penale non può essere applicata essendo il ritardo sanzionato solo in riferimento all’omesso rispetto del termine contrattuale finale e non delle date del cronoprogramma’.
La Corte di Appello ha motivato tale affermazione evidenziando che l”utilizzo nel 1° comma’ dell’art. 16 ‘della espressione <> lascia chiaramente intendere che il presupposto di applicazione della penale è la completa realizzazione dell’opera’, che ‘il comma 2° dell’art. 16, nel prevedere che la penale da ritardo è dovuta nel caso <> non introduce una ipotesi differente da quella del 1° comma, come si desume dal fatto che gli ulteriori casi ai quali il medesimo comma correla la penale da ritardo … presuppongono sempre l’opera completa’.
La Corte di Appello ha poi precisato che la propria interpretazione della disposizione contrattuale ‘non lascia il committente privo di tutela di fronte all’ipotesi di mancato completamento delle opere.
Tale fattispecie è prevista dall’art. 15, comma 1, lett. d) quale causa di risoluzione del contratto di appalto e legittima il committente a richiedere il pagamento della penale da inadempimento ai sensi del successivo comma 5 dell’art. 15′.
La doglianza in esame si risolve nella mera contrapposizione di una interpretazione dell’art.16 del contratto alla interpretazione datane dal giudice di appello, senza tener conto del principio per cui ‘l’accertamento della volontà delle parti in relazione al contenuto di un negozio giuridico si traduce in una indagine di fatto affidata al giudice di merito, per cui il ricorrente per cassazione, al fine di far valere la violazione dei canoni legali di interpretazione contrattuale di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., non solo deve fare esplicito riferimento alle regole legali di interpretazione, mediante specifica indicazione delle norme asseritamente violate ed ai principi in esse contenuti, ma è tenuto, altresì, a precisare in quale modo e con quali considerazioni il giudice del merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche od insufficienti non potendo, invece, la censura risolversi nella mera contrapposizione dell’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata’ (così, tra molte Cass. n.9461 del 09/04/2021).
La doglianza in esame, inoltre, non si confronta affatto con la precisazione della Corte di Appello secondo la quale -ad evitare l’apparente illogicità della esclusione della penale per l’ipotesi di lavori lasciati incompleti indefinitamente- doveva tenersi conto del fatto che per questa ipotesi -in concreto verificatasi- era applicabile non la penale dei cui all’art. 16 ma la penale di cui all’art. 15 del contratto;
la seconda doglianza è inammissibile in riferimento al rigetto della domanda di condanna della appaltatrice al pagamento della penale ex. art. 16, per difetto di interesse (art. 100 c.p.c.), in quanto trattasi di doglianza relativa non alla affermazione che
esprime la ratio del rigetto di tale domanda ma ad una affermazione aggiuntiva.
L’affermazione che esprime la ratio del rigetto di tale domanda è, quella già riportata, per cui la penale ex art. 16 è applicabile solo all’ipotesi di ultimazione, in ritardo, dei lavori e non all’ipotesi di non ultimazione dei lavori ossia di solo parziale esecuzione dei lavori.
L’affermazione per cui il ritardo nella parziale esecuzione dei lavori era riconducibile a varianti o a causa non imputabili all’appaltatrice, non interferisce con la precedente ed è solo aggiuntiva.
La seconda doglianza è inammissibile anche in riferimento al rigetto della domanda di condanna della appaltatrice al risarcimento dei danni pari alle penali pagate ai promissari acquirenti.
La ricorrente riporta il testo della clausola di cui all’art.12.1 del contratto che la Corte di Appello avrebbe trascurato di prendere in considerazione.
Secondo il testo riportato, la clausola prevede che ogni variante avrebbe determinato ‘un differimento del termine della consegna nella misura che sarà concordata con il direttore dei lavori’.
La ricorrente fa dire alla clausola ciò che la clausola non dice ossia che la misura del differimento avrebbe dovuto essere concordata per scritto.
Censura la pronuncia della Corte di Appello -la quale ha affermato che la pattuizione di un differimento correlato alle varianti concordate era stata espressa mediante silenzio mantenuto dalla appaltante sulle email della appaltatrice contenenti aggiornamenti del cronoprogramma -per avere la Corte di Appello trascurato quanto la clausola del contratto non dice (in ordine alla forma scritta del differimento);
6. deve infine darsi conto del fatto che la ricorrente, alle pagine 21 e 22 del ricorso, attacca la decisione della Corte di Appello nella parte relativa alla conferma ‘del calcolo svolto dal primo giudice in ordine alle poste reciprocamente dovute’ e chiede che, come conseguenza alla due doglianze sopra esaminate, sia disposto ‘il ricalcolo delle somme dovute tra le parti’. La richiesta non integra un autonomo motivo di ricorso e -prima ancora che essere infondata in ragione dell’inammissibilità delle doglianze -è per ciò stesso a sua volta inammissibile;
in conclusione il ricorso deve essere rigettato;
8.le spese seguono la soccombenza;
PQM
la Corte rigetta il ricorso;
condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del presente giudizio che liquida in €12.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e altri accessori di legge se dovuti.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 22 febbraio 2024.