SENTENZA CORTE DI APPELLO DI BARI N. 1236 2025 – N. R.G. 00000273 2020 DEPOSITO MINUTA 31 07 2025 PUBBLICAZIONE 11 08 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE di APPELLO di BARI
Seconda Sezione Civile
in persona dei signori magistrati
NOME COGNOME
presidente
NOME COGNOME
consigliere
NOME COGNOME
consigliere, relatore
ha pronunziato la presente
SENTENZA
nella causa civile iscritta al numero 273 del registro generale per gli affari contenziosi di secondo grado dell’anno 2020, posta in deliberazione sulle conclusioni delle parti all’udienza del 28 febbraio 2025 con contestuale concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. e vertente
TRA
, CF: rappresentato e difeso dagli Avv.ti NOME COGNOME
COGNOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Lioni (AV), INDIRIZZO
APPELLANTE
TABLE
rappresentati e difesi dall’Avv. e domiciliati presso lo studio di quest’ultimo in Cerignola, INDIRIZZO
APPELLATI
NONCHÉ CONTRO
(CF:
, rappresentato e difeso dall’Avv.
C.F.
oggetto: contratti e obbligazioni varie, appello avverso la sentenza n. 2483/2019, pubblicata in data 30.10.2019, notificata in data 25.1.2020, resa dal Tribunale di Foggia.
Conclusioni
All’udienza del 28 febbraio 2025 i procuratori delle parti hanno precisato le conclusioni a mezzo delle note di trattazione scritta, riportandosi ai rispettivi scritti difensivi.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con sentenza n. 2483/2019, pubblicata in data 30.10.2019, il Tribunale di Foggia ha accolto la domande di risoluzione del contratto di appalto e risarcimento del danno nonché di pagamento delle penali da ritardo, proposte da , , , e , in qualità di eredi del committente , nei confronti di in qualità di appaltatore delle opere, attesi gli esiti della consulenza tecnica espletata, con la quale è stata accertata la non corrispondenza dell’opera al progetto orig inario e i vizi del manufatto; rigettando, invece, le domanda di restituzione, proposta dai medesimi attori, degli importi asseritamente versati in eccesso in favore dell’appaltatore, non essendo stata allegata prova del pagamento.
Ha, infine, regolato le spese di lite secondo soccombenza, ponendole a carico di
Avverso tale decisione ha proposto appello , formulando sette motivi di gravame.
Si sono costituiti , l’inammissibilità dell’impugnazione, per violazione dell’art. 345 c.p.c., e l’infondatezza dell’appello principale, proponendo appello incidentale con riferimento al capo della sentenza che
, e eccependo ha rigettato la richiesta di restituzione delle somme versate in esubero.
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È necessario delibare dapprima l’eccepita inammissibilità, per l’asserita novità dei motivi di appello, in violazione dell’art. 345 c.p.c.
Contrariamente a quanto sostenuto dai committenti, l’appellante non ha sollevato nuove eccezioni né allegato nuova documentazione, ma ha impugnato la decisione del Tribunale, indicando i motivi che lo hanno indotto a discostarsi dalle ragioni poste dal primo giudice a fondamento della decisione, basandosi sulla documentazione allegata e le eccezioni già sollevate nel corso del giudizio di primo grado. Dunque, non incorrendo affatto, come si vedrà, nel divieto di nova .
La questione, in ogni caso, perde rilevanza con riguardo alle questioni relative alla sottoscrizione di un secondo contratto di appalto, ciò di cui parla, a ben vedere, anche il primo giudice, che esamina il contratto del 2001, nonché alla realizzabilità delle opere, posto che si tratta di argomenti esaminati dal Tribunale e solo riproposti in appello. La prima di queste, per come si vedrà, senza incidenza pratica sulla decisione della controversia.
Il primo, il secondo, il terzo, il quarto ed il quinto motivo di appello possono essere trattati congiuntamente, per l’evidente connessione dei rilievi mossi dall’appellante.
I cinque motivi di appello hanno ad oggetto l’ingiusta dichiarazione della risoluzione per grave inadempimento del contratto di appalto, sottoscritto in data 16.6.2001 da , all’epoca amministratore di condominio, rappresentato in giudizio dagli eredi, e nonché la conseguente condanna del al pagamento in favore degli eredi del committente del l’importo di € 44.602,85 a titolo di risarcimento del danno e dell’importo di € 71.194,93 per la violazione del termine essenziale, previsto dalla penale da ritardo.
A fondamento delle sue difese l’appellante ha eccepito la sostituzione dell’originario contratto di appalto, di impossibile realizzazione per i vincoli strutturali
-.
In particolare, gli immobili -, non inclusi nel progetto originario, sarebbero stati danneggiati dalla prosecuzione dei lavori, motivo per il quale è stato necessario sottoscrivere un nuovo contratto tra l’appaltatore e il nuovo amministratore di condominio, succeduto al precedente amministratore, , che tenesse conto dei vincoli strutturali degli immobili coinvolti.
Il sostiene che il Tribunale abbia travisato i fatti, escludendo l’esistenza del suddetto nuovo contratto di appalto e basando la sua decisione su una relazione tecnica d’ufficio, inficiata in ogni caso da nullità per la mancata risposta alle osservazioni so llevate dal tecnico di parte, che ha analizzato i vecchi progetti, anch’essi sostituiti in quanto irrealizzabili, anziché valutare i nuovi progetti edili, oggetto del nuovo appalto intervenuto in sostituzione del primo.
Il contesta, peraltro, la violazione da parte del giudice di prime cure del diritto di difesa, in quanto avrebbe immotivatamente deciso di non ammettere le prove orali, richieste nei termini dall’appaltatore, senza giustificarne il rigetto .
L’appello dev’essere accolto per quanto di ragione.
Tra la documentazione versata in atti non risulta depositato l’originale del nuovo contratto di appalto che, secondo quando sostenuto dall’appaltatore, sarebbe stato sottoscritto in data 23.5.2003, da e da
Sempre dalla documentazione depositata dalle parti emerge che l’esistenza di un nuovo contratto di appalto è stata immediatamente negata, non solo dagli odierni appellati, ma anche dallo stesso il quale, nel giudizio cautelare di sequestro giudiziario, innanzi il Tribunale di Foggia, Sezione distaccata di Cerignola, RG 897/2012, all’udienza tenuta in data 6.12.2012, ha dichiarato ‘ Contesta tutta la documentazione prodotta da , disconoscendone la firma ed il contenuto. In particolare, disconosce e contesta la firma apparente di ‘ ‘ apposta a margine ed in calce al contratto di affidamento dei lavori datato 15 maggio 2003, prodotto in fotocopia.. ‘ (Cfr. verbale del 6.12.2012, Giudizio RG 897/2012).
Il sebbene sia stata contestata la validità e la veridicità della sottoscrizione, nonché del contenuto dell’intero nuovo contratto di appalto, non ha mai prodotto
l’originale dell’accordo, né ha, nei termini previsti, mai proposto istanza di verificazione ai sensi dell’art. 216 c.p.c.
Alla luce di tali evidenze, non può che essere negata l’esistenza del nuovo contratto di appalto, in quanto non è stata fornita dall’appellante alcuna prova determinante che garantisca la reale esistenza di un nuovo accordo tra le parti.
L’appellante non può, peraltro, giustificare tale carenza probatoria eccependo la violazione del proprio diritto di difesa, per il rigetto da parte del giudice di primo grado delle richieste di prova orale.
Il Tribunale ha disatteso le istanze istruttorie dell’appaltatore, ma , a differenza di quanto riferito dal il rigetto, avvenuto con ordinanza del 16.11.2015, ha indicato specifici motivi per i quali le richieste istruttorie non potevano essere accolte.
In particolare, il Tribunale ha ritenuto ‘ non sia ammissibile la prova per interpello e per testi articolata dal convenuto nella memoria istruttoria depositata il 12/11/2013, poiché il capitolo 1) è in contrasto con l’art. 2721, 1° comma, c.c.; i capitoli 2), 11), 13), 15) e 16) sono negativi; il capitolo 4) è generico; i capitoli 3), 5), 6), 7), 8), 9), 10), 12) 14), 17) sono documentati o documentabili; il capitolo 18) é in contrasto con le prove documentali ‘ (Cfr. ordinanza del 16.11.2015).
L’appellante non ha, contrariamente a quanto imposto dal principio di specificità dell’appello ex art. 342 c.p.c., indicato le ragioni per cui ritiene ingiusta la decisione del giudice di prime cure, limitandosi a contestarla in maniera generica.
Dunque, accertata la carenza probatoria di un nuovo accordo, va esaminata l’ulteriore eccezione sollevata dall’appellante in merito alla irrealizzabilità delle opere, oggetto del l’unico contratto risolto in primo grado, per gli eccepiti vincoli strutturali degli immobili interessati.
Dalla documentazione allegata in atti risulta che in data 26.12.2001, con lettera raccomandata, , e a mezzo dei loro difensori, hanno diffidato , e l’Ing. al ripristino dello stato dei loro rispettivi immobili, danneggiati dai lavori di demolizione eseguiti sugli appartamenti siti in Monteverde, INDIRIZZOINDIRIZZO
I lavori di ricostruzione sono, quindi, stati sospesi per determinare le modalità di esecuzione delle opere.
Sempre dalla documentazione versata in atti, emerge che in data 28.12.2001 l’Ing. abbia presentato una relazione tecnica al Comune di Monteverde
(Prot. 5770), integrata in data 6.7.2002 (Prot. 3097), dalla quale si evince che la ricostruzione della parte di fabbricato di proprietà degli eredi ‘ ( ) fosse strettamente connessa all’intervento di ricostruzione del fabbricato di proprietà di e altri; pertanto, si rese necessaria la demolizione e la ricostruzione della porzione di fabbricato di proprietà dei detti eredi.
In data 26.11.2002 i comproprietari dell’immobile che fu della , depositando ulteriore documentazione integrativa (Prot. 5325), hanno autorizzato l’Ufficio Tecnico Comunale a riunire il contributo integrativo loro elargito con quello anteriormente liquidato per il condominio .
In data 4.12.2002 il Comune di Monteverde , richiamando la perizia dell’Ing. preso atto dell’impossibilità di procedere alla realizzazione del progetto originario, ha rilasciato una nuova concessione edilizia n. 22/2002, Protocollo n. 5493 ed erogato un ulteriore contributo di £ 22.309.217,00 in favore di .
L’impossibilità di procedere alla realizzazione del progetto originario, oggetto del contratto sottoscritto in data 16.6.2001, rende inapplicabile la penale da ritardo inserita nel medesimo contratto, impedendo la condanna dell’appaltatore al pagamento, in favore degli eredi del committente, dell’importo previsto dall’art. 4, ultimo comma, dell’accordo, quantificato in € 71.194,93 dal Tribunale di primo grado.
Si intende dire che la concreta ineseguibilità di tutte le opere convenute in contratto, atteso il vincolo esistente tra l’immobile che ne costituiva l’oggetto e quello adiacente, non consente di ravvisare un ritardo nella loro esecuzione, imputabile all’ appaltatore, che di detto ritardo non può rispondere poiché gli interventi relativi erano insuscettibili di essere da lui posti in essere, senza danno per i terzi.
Con riferimento alla condanna dell’appaltatore a titolo di risarcimento del danno, quindi, all’indagine circa la correttezza delle attività espletate dal va evidenziato che, sebbene non sia stata dimostrata la sottoscrizione di un ulteriore contratto di appalto, emerge che tra le parti siano proseguiti i rapporti, pur essendo sconosciuto il titolo sul quale tali rapporti si fondano.
In ogni caso dalla consulenza tecnica espletata in primo grado dall’Ing. il quale ha correttamente fondato le proprie indagini solo sulla documentazione depositata dalle parti nel corso del giudizio, (come sancito dalla giurisprudenza di legitt imità ‘ in tema di consulenza tecnica di ufficio, lo svolgimento di indagini peritali su fatti estranei al “thema decidendum” della controversia o l’acquisizione ad opera
dell’ausiliare di elementi di prova (nella specie, documenti) in violazione del principio dispositivo cagiona la nullità della consulenza tecnica, da qualificare come nullità a carattere assoluto, rilevabile d’ufficio e non sanabile per acquiescenza delle parti, in quanto le norme che stabiliscono preclusioni, assertive ed istruttorie, nel processo civile sono preordinate alla tutela di interessi generali, non derogabili dalle parti ‘ cfr Cass. 2019/n.31886), sono state riscontrate diverse anomalie sulle opere in concreto eseguite del che dovrà, pertanto, risarcire il danno patito dai committenti.
Il tecnico nominato dal Tribunale ha evidenziato che il progetto di variante, presentato dall’Ing. al Comune di Monteverde per la nuova concessione edile n. 22/2002, già richiamata, non è mai stato depositato al Genio Civile.
Tuttavia, il CTU, confermando i vincoli tecnici esistenti tra il fabbricato di e il fabbricato di proprietà -, analizzata la struttura realizzata dall’appaltatore, confrontandola con il progetto di variante depositato dall’Ing. presso il Comune di Monteverde, nel quale rientravano, quindi, anche gli immobili degli eredi ( -‘ prendendo in considerazione il progetto di variante presentato al Comune di Monteverde, autorizzato con il numero 22/2002 con le modalità sopra descritte, si può agevolmente verificare che questo differisce dal precedente progetto (relativo sl solo fabbricato condominiale comprendente solo gli immobili dei signori e del sig. in quanto la struttura portante del nuovo edificio è estesa alla parte di abitazione deli eredi che si interseca con gli immobili di proprietà e (Cfr. CTU pag. 25, 2^ paragrafo).
Dalle indagini peritali eseguite è risultato che ‘ Per quanto sopra descritto, lo scrivente conferma che la struttura portante dell’edificio realizzato dalla ditta comprende le Proprietà dei signori , del sig. e degli eredi e sotto tale punto di vista appare riconducibile al progetto di variante depositato presso il Comune di Monteverde il giorno 16 maggio 2003, mentre tutte le varianti all’interno delle proprietà dei signori non possono considerarsi, in alcun modo, riconducibili a tale progetto. Lo scrivente precisa anche che nella documentazione acquisita, non vi è traccia di alcun ordine di servizio emesso dalla direzione lavori, ossia dall’ing. , che disponesse ed autorizzasse lavorazioni difformi dagli elaborati progettuali. ‘ (Cfr. pag. 25 CTU, penultimo e ultimo paragrafo).
In particolare, il perito ‘ … nella parte posteriore a piano terra dell’edificio, ossia in prossimità del confine con la parte rocciosa sottostante INDIRIZZO, ha potuto constatare la presenza di acqua sorgiva proveniente dalla roccia circostante. …. Lo scrivente ha anche verifica to l’esistenza delle variazioni cromatiche sull’intonaco della facciata, riconducibili alla mancanza di impermeabilizzazione del tetto ed alla mancanza di canali di gronda e dei pluviali per il convogliamento delle acque meteoriche. Per quanto riguarda le parti incomplete dell’immobile, lo scrivente conferma che non è stata realizzata la muratura a cassa vuota descritta al numero 1 e, conseguentemente, non è stata effettuata la fornitura e posa in opera del materassino in lana di vetro descritta al numero 2. Tuttavia come ha verificato lo stesso tecnico di parte ing. , al posto della muratura a cassa vuota e del suo riempimento con materassino in lana di vetro, è stata realizzata la muratura perimetrale in mattoni termici di tipo , in sostituzione di queste voci, effettuando un intervento sicuramente migliorativo, quindi non valutabile come parte incompleta. Lo scrivente conferma l’esistenza delle lavorazioni incomplete descritte dal numero 3 fino al numero 9 della relazione dell’ing. ‘ (Cfr. pag. 28 e 29 CTU).
Il CTU, quindi, pur prendendo in considerazione il progetto di variante, depositato presso il Comune di Monteverde e mai depositato presso il Genio Civile, ha riscontrato diverse difformità delle opere edili realizzate dal non conformi nemmeno al progetto di variante dell’Ing.
Conseguentemente, ha correttamente quantificato l’importo necessario per il risarcimento dei danni patito dagli eredi in € 44.602,85 , che deve esser loro corrisposto dall’appaltatore, così come correttamente stabilito dal Tribunale.
Va rigettato, infine, l’ulteriore eccezione di nullità della CTU rilevata dall’appellante per non aver il CTU risposto alle osservazioni avanzate dal CTP del
Preliminarmente deve essere menzionato il principio della giurisprudenza di legittimità, la quale ha chiarito che il giudice di merito abbia l’obbligo di indicare nella motivazione della sentenza le ragioni che lo abbiano indotto a disattendere le puntuali critiche, mosse dal consulente di parte relativamente alla relazione tecnica, redatta dal CTU, qualora quest’ultimo non abbia esaminato e confutato i rilievi di parte ‘ Allorché ad una consulenza tecnica d’ufficio siano mosse critiche puntuali e dettagliate da un consulente di parte il giudice che intenda disattenderle ha l’obbligo di indicare nella
motivazione della sentenza le ragioni di tale scelta, senza che possa limitarsi a richiamare acriticamente le conclusioni del proprio consulente, ove questi a sua volta non si sia fatto carico di esaminare e confutare i rilievi di parte (incorrendo, in tal caso, nel vizio di motivazione deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c.).’ (Cfr. Cass. sentenza del 21.11.2016 n. 23637, Cass. n.20178/2017 ).
Tale eccezione è, in ogni caso, infondata in quanto dai documenti di primo grado è evidente che il CTU con ulteriore elaborato peritale ‘ Addendum alla relazione di perizia tecnica ‘ , depositato il 16.5.2014, abbia risposto a tutte le osservazioni avanzate da entrambe le parti.
L’appellante deve, quindi, essere condannato al risarcimento del danno, subito dagli eredi , per le evidenti imperfezioni dell’opera che dovrà essere ripristinata, ma non può essere condannato al pagamento della penale da ritardo, prevista dal contratto per l’irrealizzabilità del progetto originario.
Il sesto motivo di appello attiene al la violazione e falsa applicazione dell’art. 186 ter a norma del quale il giudice di primo grado aveva emesso un’ordinanza di ingiunzione nei confronti dell’appaltatore per il pagamento dell’importo di € 71.194,93 a titolo di penale da ritardo.
L’ordinanza, come espressamente dichiarato dal Tribunale, ha perso efficacia con la sentenza di primo grado.
La questione è stata interamente assorbita dalla risoluzione dei precedenti motivi di appello, essendo stata accertata la irrealizzabilità del progetto originario e negato il diritto degli appellati al pagamento della penale da ritardo, prevista dall’art. 4 del contratto di appalto.
Con il settimo motivo di appello l’appellante contesta la liquidazione delle spese di primo grado, le quali non sarebbero state parzialmente compensate ex art. 92 c.p.c., sebbene il Giudice abbia rigettato la domanda di ripetizione, proposta dall’appellato .
La Cassazione a Sezione Unite con sentenza n. 31061 del 31.10.2022 ha affermato che ‘ In tema di spese processuali, l’accoglimento in misura ridotta, anche sensibile, di una domanda articolata in un unico capo non dà luogo a reciproca soccombenza, configurabile esclusivamente in presenza di una pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo processo tra le stesse parti o in caso di parziale accoglimento di un’unica domanda articolata in più capi, e non consente quindi la condanna della parte vittoriosa al pagamento delle spese processuali in favore della
parte soccombente, ma può giustificarne soltanto la compensazione totale o parziale, in presenza degli altri presupposti previsti dall’art. 92, comma 2, c.p.c. ‘.
In base al principio di diritto espresso dalla Suprema Corte, il rigetto della domanda di ripetizione dell’importo di € 32.658,00 può essere qualificato come un’ipotesi di reciproca soccombenza che giustificherebbe una compensazione parziale delle spese di lite, che dovranno in ogni caso essere rideterminate, tenuto conto dell’accoglimento parziale dell’appello proposto.
Contrariamente, non è fondata l’ulteriore contestazione dell’appellante in merito alla liquidazione del compenso sulla scorta dei valori medi tariffari. Sebbene la controversia non richiedesse la risoluzione di alcuna questione giudiziale particolarmente difficoltosa, la controversia è stata istruita con una CTU tecnica, necessaria per l’accertamento delle opere realizzate ed è comunque risultata caratterizzata dall’esame di numerose questioni di fatto, concernenti la dedotta successione di contratti e la a rticolata valutazione dell’attività dell’appaltatore, in relazione al contenuto del negozio pacificamente stipulato tra le parti e sull’immobile adiacente. È, pertanto, certamente corretta la scelta di operare la liquidazione del compenso spettante al difensore della parte vittoriosa secondo i valori medi.
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Gli appellati hanno proposto appello incidentale, ritenendo ingiusta la decisione del Tribunale di Foggia in merito al rigetto della domanda di restituzione dell’importo di € 32.658,00, versato in esubero rispetto all’importo limite stabilito dal contratto , sottoscritto in data 16.6.2001, stabilito in € 67.139,40.
L’appello incidentale va rigetto, per i seguenti motivi.
P er il pagamento dell’opera gli appellati hanno beneficiato dell’erogazione di un contributo da parte del ex lege n. 219/1981, dal quale non possono di certo trarre guadagno, essendo il contributo erogato proprio per la ricostruzione de ll’immobile.
Peraltro, gli appellanti non hanno nemmeno allegato alcuna prova di aver effettivamente eseguito il pagamento in esubero in favore del gravando sui committenti , a norma dell’art. 2697 c.c. il generale l’onere di dimostrare il diritto fatto valere in giudizio.
L’esito complessivo del giudizio, che ha visto una sostanziale soccombenza reciproca tra le parti -atteso che gli appellati hanno visto accolta la domanda di condanna del ad una somma necessaria per la rimozione dei difetti delle opere commissionate ma il rigetto di capi del tutto autonomi, quali la penale per il ritardo e la restituzione di somme asseritamente versate in eccessogiustifica l’integrale compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.
All’appello incidentale – proposto dopo il 30.01.2013 – trova applicazione il comma 1quater dell’art. 13 del D.P.R. 115/2002 (introdotto dall’art. 1, co. 17, della Legge di stabilità 24 dicembre 2012, n. 228), che obbliga la parte, proponente un’impugnazione inammissibile, impr ocedibile o totalmente infondata, a pagare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P.Q.M.
La Corte d’ Appello di Bari, Seconda Sezione Civile, definitivamente pronunciando sull’appello principale proposto, con atto di citazione notificato in data 24.2.2020, da avverso la sentenza n. 2483/2019, pubblicata in data 30.10.2019, notificata in data 25.1.2020, resa dal Tribunale di Foggia. così provvede:
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Accoglie l’ appello per quanto di ragione e in parziale riforma della sentenza di primo grado: 1) condanna al pagamento di € 44.602,85 in favore di , , e , oltre accessori come già liquidati nella sentenza gravata; 2) rigetta la domanda proposta da , , e relativa al pagamento della penale da ritardo per l’importo di € 71 .194,93; 3) rigetta la domanda proposta da , , e per il pagamento delle somme versate in esubero pari all’importo di € 32.658,00 ;
Compensa le spese di lite del doppio grado di giudizio.
D à atto della sussistenza dei presupposti per il pagamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per l’impugnazione, a carico de gli appellanti incidentali , , e , in osservanza dell’art. 13,
comma 1quater, del D.P.R. 115/2002 (introdotto dall’art. 1, co.17 della legge di stabilità 24 dicembre 2012, n. 228).
Così deciso in Bari, nella camera di consiglio della seconda sezione civile della Corte di Appello, addì 20 giugno 2025
IL CONSIGLIERE estensore
IL PRESIDENTE
NOME COGNOME
NOME COGNOME