Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 354 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 354 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28590/2020 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA LUNGOTEVERE INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO COGNOMEINDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso DECRETO di TRIBUNALE PISA n. 4429/2019 depositata il 22/09/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La società RAGIONE_SOCIALE, con contratto stipulato in data 4-12 giugno 2013, ha preso in affitto dal dante causa della società RAGIONE_SOCIALE Società di RAGIONE_SOCIALE un ramo di azienda, avente ad oggetto spazi commerciali siti all’interno di un centro commerciale in Mantova. A seguito dell’ inadempimento contrattuale da parte dell’affittuari a a decorrere dal 1° aprile 2017 e del successivo deposito, da parte della medesima affittuaria, di una domanda di concordato preventivo con riserva in data 13 aprile 2017, il concedente ha risolto il contratto di affitto in data 10 maggio 2018 e, stante la dichiarazione di fallimento dell’affittuari a in data 7 gennaio 2019, ha proposto domanda di insinuazione allo stato passivo -per quanto qui rileva – per indennità di occupazione e clausola penale, con riconoscimento della prededuzione.
Il giudice delegato ha dichiarato esecutivo lo stato passivo, rigettando l’ammissione del credito da indennità di occupazione e ammettendo al chirografo la società concedente per la penale contrattuale.
Il Tribunale di Pisa, con il decreto qui impugnato, ha accolto l’opposizione allo stato passivo della società concedente. Per quanto qui ancora rileva, il tribunale ha ritenuto che l’occupazione dei locali commerciali -da parte della società affittuaria in concordato prima e del fallimento successivamente – già oggetto del contratto di affitto di azienda, ha comportato la maturazione della prededuzione per l’indennità di occupazione, essendo l’occupazione oggetto di specifica valutazione degli organi della procedura; ciò ha comportato anche il riconoscimento della
prededuzione per la penale contrattuale, avente medesima funzione del canone di affitto e dell’indennità di occupazione. Ha inoltre ritenuto, il tribunale, che le penali contrattuali non sono eccessive e ha applicato per le spese processuali il principio della soccombenza.
Ha proposto ricorso per cassazione il fallimento, affidato a tre motivi, ulteriormente illustrato da memoria, cui resiste con controricorso la società creditrice, la quale ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 111, secondo comma, l. fall., con particolare riferimento ai parametri di occasionalità e funzionalità richiesti ai fini della collocazione del credito in prededuzione.
Deduce, parte ricorrente, che non può farsi discendere dal mero inadempimento del contratto di locazione la funzionalità della penale, non essendo la penale accessoria alla gestione del fallimento, per cui la valutazione di prededucibilità de ll’indennità di occupazione non può trascinare in prededuzione anche il credito da penale contrattuale. Osserva inoltre, parte ricorrente, che la penale avrebbe causa distinta da quella del contratto cui afferisce, per cui non può predicarsene la natura accessoria rispetto alle obbligazioni scaturenti dalle pattuizioni contrattuali. Osserva infine, parte ricorrente, che la valutazione degli organi in ordine alla continuazione dell ‘a ttività di impresa non istituisce un collegamento con la funzionalità della penale.
Va preliminarmente rigettata l’eccezione di inammissibilità del primo motivo articolata dal controricorrente, non ricorrendo l’inammissibilità di cui all’art. 360 -bis , n. 1 cod. proc. civ., avendo il ricorrente raffrontato la giurisprudenza di questa Corte con la ratio
decidendi della sentenza impugnata (Cass., n. 5001/2018), tanto che il ricorrente chiede rimettersi la questione alle Sezioni Unite.
Il primo motivo è infondato.
Così come osservato dal controricorrente, il credito da penale contrattuale « segue necessariamente le sorti del credito principale» , trattandosi di clausola accessoria al contratto, con duplice funzione di coercizione all’adempimento e di predeterminazione della misura del danno derivante dall’inadempimento (Cass., n. 24683/2017; Cass., n. 13559/2023). Pendente, pertanto, la responsabilità contrattuale della conduttrice ex art. 1591 cod. civ. per mancata restituzione dei locali, insorge « in seguito all’apertura della procedura concorsuale, la responsabilità extracontrattuale del Fallimento per l’occupazione senza titolo dell’unità immobiliare» , con conseguente responsabilità del fallimento, per l’effetto della occupazione dei locali, dei danni subiti dal creditore (Cass., n. 20146/2018). Rispetto a tali danni, la penale contrattuale, originariamente pattuita da ll’affittuario , ha funzione « eminentemente sanzionatoria» , per cui viene in rilievo ai fini dell’inosservanza degli obblighi di comportamento della parte inadempiente (Cass., n. 31767/2023).
Il primo motivo è segnato al contempo da un indubitabile difetto di specificità.
Il tribunale ha rilevato puntualmente che « la prosecuzione della detenzione (e dell’esercizio) di un’azienda (…) stata deliberata all’esito di un calcolo che, nel prefigurare l’utilità attesa, ha computato ogni voce contrattualmente prevista, incluse le stesse penali» .
A fronte di tale rilievo -che evidentemente sottende il riscontro della sostanziale valutazione (ad opera degli organi concorsuali) della funzionalità rispetto agli interessi del ceto creditorio della
protratta fruizione del ramo aziendale -parte ricorrente, in fondo, si è limitata ad addurre, sic et simpliciter , che « se l’occupazione dei fondi è servita alla prosecuzione dell ‘attività commerciale in costanza di concordato, solo il corrispondente credito d’indennità d’occupazione deve ritenersi collegato funzionalmente alla prosecuzione della detenzione, ( … )» . E che il tribunale ha arbitrariamente ampliato il criterio della funzionalità, « tramite la ricostruzione d i un’ipotetica volontà degli organi d ella procedura» .
Ben vero, il surriferito difetto di specificità viepiù riveste valenza, giacché la detenzione del ramo aziendale si è protratta sino al 31.10.2019, dunque pur in epoca successiva alla dichiarazione di fallimento de RAGIONE_SOCIALE avvenuta il 7.1.2019.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., omessa motivazione in relazione alla mancata riduzione della penale contrattuale, anche in relazione all’art. 118 disp. att. cod. proc. civ.
Osserva parte ricorrente che -pur avendo ritenuto non eccessiva la penale indicata all’art. 22, comma 1, del contratto inter partes -il tribunale ha reputato non eccessiva anche la successiva penale di cui al comma 3 dello stesso art. 22, pari a due volte il canone giornaliero; che dunque il tribunale ha apoditticamente affermato che la penale non risulterebbe eccessiva. In particolare, parte ricorrente censura la statuizione del tribunale secondo cui, pur essendo la clausola penale parametrata a due volte il canone giornaliero, essa avrebbe ad oggetto il « danno anticipato » e non risulterebbe squilibrata rispetto alla precedente penale di cui all’art. 22, comma 1 del contratto. La nullità della motivazione deriverebbe sia dal fatto che non vi sarebbe un comma 4 dell’art. 22 nel contratto inter partes , sia in
quanto la statuizione non sarebbe aderente alla documentazione contrattuale.
Il secondo motivo è manifestamente infondato -così rigettandosi l’eccezione di inammissibilità articolata dal controricorrente -siccome non si configura il denunciato difetto di motivazione.
Segnatamente, non vi è apparenza della motivazione, in quanto il percorso argomentativo seguito dal giudice di appello risulta coerente e compiuto (Cass., Sez. U., n. 8053/2014), pur nella parte in cui ha ritenuto insussistenti i presupposti per la riduzione della penale contrattuale alla luce delle clausole contrattuali esaminate, nonché avuto riguardo all’importo del canone giornaliero.
Ovviamente, l’apprezzamento della eccessività dell’ importo fissato con clausola penale dalle parti contraenti, per il caso di inadempimento o di ritardato adempimento, e della misura della riduzione equitativa dell’importo medesimo rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio è incensurabile in sede di legittimità se non negli aspetti relativi alla motivazione (Cass., n. 23750/2018).
Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione dell’art. 92 cod. proc. civ., per non avere il giudice dell’opposizione fatto applicazione del criterio della compensazione delle spese processuali.
Il terzo motivo è inammissibile, avuto riguardo alla applicazione del principio della soccombenza, né essendo state illustrate le gravi ed eccezionali ragioni che avrebbero costituito motivo di compensazione delle spese processuali (Cass., n. 15847/2024; Cass., n. 273/2023).
Il ricorso va, pertanto, rigettato, con spese regolate dalla soccombenza e liquidate come da dispositivo, oltre al raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi € 5.000,00, oltre € 200,00 per esborsi, 15% rimborso forfetario e accessori di legge; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico di parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13 comma 1quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. 24 dicembre 2012, n. 228, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 12/12/2024.