Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 7895 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 3 Num. 7895 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/03/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 9552/2021 R.G. proposto da
COGNOME NOME , elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, dal quale è rappresentato e difeso
– ricorrente –
contro
BANCA VERSILIA LUNIGIANA E GARFAGNANA CREDITO COOPERATIVO SOCIETÀ COOPERATIVA , in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, dal quale, unitamente all’AVV_NOTAIO, è rappresentato e difeso
– controricorrente –
Avverso la sentenza n. 1241/2020 della CORTE DI APPELLO DI GENOVA, depositata il giorno 22 dicembre 2020.
PEGNO SU STRUMENTI FINANZIARI DEMATERIALIZZATI
Udita la relazione svolta alla pubblica udienza tenuta il giorno 24 gennaio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso; udito l’AVV_NOTAIO, per parte ricorrente; udito l’AVV_NOTAIO, per parte controricorrente.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME domandò giudizialmente la condanna della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (in appresso, per brevità: RAGIONE_SOCIALE VLG) al pagamento dell’importo di euro 200.000, adducendone l’indebito prelevamento dal proprio conto corrente.
A suffragio dell’azione, riferì, in punto di fatto:
-) di aver stipulato con la RAGIONE_SOCIALE VLG due contratti di pegno, aventi ad oggetto il valore di due strumenti finanziari dematerializzati (ciascuno dell’importo nominale di euro centomila), a garanzia delle obbligazioni assunte (con mutuo chirografario ed apertura di credito) dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, con la previsione pattizia che « qualora si verifichi il rimborso totale o parziale dei titoli stessi, la garanzia pignoratizia si trasferisce sulle somme incassate »;
-) venuti a scadenza i titoli, la RAGIONE_SOCIALE LVG aveva, dapprima, liquidato le somme su un conto personale a lui intestato (e non già su un conto tecnico indisponibile) e, di poi, trasferito le stesse su un conto intestato alla RAGIONE_SOCIALE garantita, portandole a copertura e decurtazione del saldo debitore del conto di detta RAGIONE_SOCIALE.
La domanda è stata disattesa in ambedue i gradi di merito.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, affidandosi a quattro motivi, cui resiste, con controricorso, la RAGIONE_SOCIALE LVG.
Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni motivate con cui ha invocato il rigetto del ricorso.
Ambedue le parti hanno depositato memoria illustrativa.
r.g. n. 5952/2021 Cons. est. NOME COGNOME
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo denuncia « violazione dell’art. 2786 cod. civ. e dell’art. 34 del d.lgs. 24 giugno 1998, n. 213, nonché violazione degli artt. 1175 e 1375 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ. ».
In sintesi, l’impugnante re puta illegittima l’appropriazione ad opera della RAGIONE_SOCIALE LVG, « senza una nuova contrattazione della garanzia », delle somme rimesse nella disponibilità del cliente; sostiene inoltre che la sentenza impugnata si fonda sul principio giuridico, invece errato, per cui le somme derivanti da conversioni di titoli dematerializzati dati in pegno mantengono l’originaria funzione di garanzia.
Il secondo mezzo, per violazione dell’art. 1362 cod. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., lamenta l’inosservanza del principio ermeneutico « in base al quale, ai fini della comune intenzione delle parti, occorre tener conto del senso letterale delle parole e non solo ».
In particolare, si deduce che, diversamente da quanto opinato nella sentenza impugnata, nei contratti di pegno in esame non era « prevista la decisiva circostanza che alla conversione dei titoli, stante l’avvenuta scadenza degli stessi, avesse fatto seguito il relativo spossessamento ».
I due motivi – da scrutinare congiuntamente, dacché avvinti da intrinseca connessione – sono inammissibili, per una comune ragione.
3.1. L’argomentazione con gli stessi sviluppata sottende, quale necessario presupposto dell’asserita appropriazione illegittima, un accadimento fattuale (l’accredito delle somme rivenienti dai titoli dematerializzati su un conto corrente non solamente personale, quanto, soprattutto, a disposizione di NOME COGNOME) non soltanto non affermato, ma addirittura contrario a quanto acclarato dalla sentenza impugnata.
I n quest’ultima, con inequivoca chiarezza, si legge infatti che la documentazione acquisita prova il trasferimento delle somme derivate
r.g. n. 5952/2021 Cons. est. NOME COGNOME
dallo svincolo dei titoli « sul conto corrente n. 00834291/91 che non corrispondeva al conto corrente personale del sig. COGNOME, contrassegnato con il n. 00834291/90 ».
Tanto rende evidente che la ratio decidendi della gravata sentenza sta appunto nella dirimente circostanza della non disponibilità, da parte del ricorrente, del conto corrente di accredito delle somme ricavate dallo svincolo dei titoli.
Orbene, è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione che si fonda su una situazione di fatto diversa da quella accertata nel giudizio di merito (tra le tante, Cass. 11/11/2015, n. 23045), essendo in ogni caso escluso un nuovo apprezzamento dei fatti da parte della Corte di legittimità (Cass. 01/06/2021, n. 15276).
3.2. Il secondo motivo, inoltre, si limita (e si esaurisce) a negare sic et simpliciter la correttezza della esegesi del contratto operata dal giudice territoriale, ma senza illustrare o rappresentare in cosa consisterebbe il preteso errore ermeneutico e, dunque, per quale ragione sarebbe stata violata la norma invocata nella rubrica.
Con il terzo motivo, per « violazione dell’art. 116 cod. proc. civ. con riferimento all’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ. e connessa apparente motivazione », si asserisce che la Corte di merito, nello statuire che « il conto corrente, su cui erano state versate le somme conseguenti alla conversione di titoli dati in pegno, non fosse nella disponibilità del COGNOME », ha « dimostrato una non diligente valutazione del materiale probatorio » e non ha « dato compiutamente conto di tali affermazioni, ponendo in essere una motivazione appunto apparente ».
Il motivo è inammissibile, per plurime, concorrenti, ragioni.
4.1. In primo luogo, per la radicale improprietà del richiamo, quale norma trasgredita, all’art. 116 del codice di rito.
Per costante orientamento di questa Corte, l’inosservanza dell’art. 116 cod. proc. civ. giustifica la proposizione dell’impugnazione di
r.g. n. 5952/2021 Cons. est. NOME COGNOME
legittimità soltanto qualora si deduca che il giudice di merito abbia disatteso il principio del libero apprezzamento delle prove in assenza di una deroga normativamente prevista ovvero, all’opposto, abbia valutato secondo prudente apprezzamento una prova o una risultanza probatoria soggetta a diverso regime (Cass., Sez. U, 30/09/2020, n. 20867, cui adde Cass. 31/08/2020, n. 18092; Cass. 18/03/2019, n. 7618; Cass. 10/06/2016, n. 11892).
La censura del ricorrente, per come in concreto formulata, diverge dal paradigma ora rappresentato: essa, infatti, si risolve nel postulare un errato apprezzamento di un « materiale istruttorio » non meglio individuato, cioè a dire nemmeno identificando i mezzi asseverativi asseritamente mal considerati, con una genericità che di per sé sola si riverbera, in maniera inficiante, sull’ammissibilità del motivo.
4.2. Del pari inammissibile la denuncia del vizio motivazionale, dacché svolta non trascrivendo in ricorso, in imperfetta ottemperanza al principio di specificità che informa l’atto introduttivo del giudizio per cassazione, la trama argomentativa asseritamente inficiata: così, tuttavia, minando irrimediabilmente la possibilità di conoscenza del fatto processuale ad opera della Corte (cui è istituzionalmente preclusa la lettura degli atti processuali), nonché, per l’effetto, la possibilità di vagliare la censura.
Solo per completezza argomentativa, si rileva la infondatezza della contestazione sulla motivazione della pronuncia: in essa, al contrario, l’intero dipanarsi della vicenda fattuale oggetto di causa (in particolare, l’accredito con successivo riaddebito) è stato ricostruito e vagliato nella sua conformità al regolamento d’interessi contrattuale, con argomenti chiari e precisi, idonei a rendere agevolmente ed immediatamente percepibile il ragionamento posto a fondamento della decisione adottata, anche con riferimento alle regulae iuris applicate.
Il quarto mezzo, articolato in relazione all’art. 360, primo comma, num. 5, cod. proc. civ., denuncia l’omesso esame di un fatto
r.g. n. 5952/2021 Cons. est. NOME COGNOME
decisivo « riguardo alla prova documentale attestante, in tutta evidenza, la messa a disposizione in favore del RAGIONE_SOCIALE, mediante accrediti sul conto corrente, della somma derivante dalla conversione dei titoli dematerializzati e connesso spossessamento ».
Deduce che « dagli atti di causa risulta inconfutabilmente che con lettera di addebito ed accredito in conto corrente, la RAGIONE_SOCIALE ha comunicato al COGNOME in data 24/05/2013 che la somma in questione di euro 200.000 è rientrata nella sua piena disponibilità mediante bon ifico; inoltre, dall’estratto in data 31/12/2023 del conto 834291 intestato al COGNOME risulta l’accredito di detta somma ».
Anche questo motivo è inammissibile, per plurime ragioni.
5.1. In primis , perché evoca a sproposito la fattispecie di impugnazione di legittimità disciplinata dall’art. 360, primo comma, num. 5, cod. proc. civ.: il fatto decisivo per il giudizio considerato da quest’ultima norma è da intendersi in una accezione storicofenomenica, ovvero nel significato di concreto accadimento di vita, con esclusione di questioni o argomentazioni difensive, elementi indiziari o risultanze probatorie (Cass. 26/04/2022, n. 13024; Cass. 31/03/2022, n. 10525; Cass. 05/08/2021, n. 22366; Cass. 26/02/2020, n. 5279; Cass. 08/11/2019, n. 28887; Cass. 29/10/2018, n. 27415).
Nella prospettazione del ricorrente, il « fatto » è rappresentato da una prova documentale, di cui, peraltro, si lamenta non già l’omessa considerazione, ma una non attenta valutazione.
5.2. In secondo luogo, con l’anodino ed indistinto richiamo agli « atti di causa » la doglianza non individua, puntualmente e specificamente, i documenti assertivamente non esaminati, dei quali, comunque, non riporta o trascrive in ricorso il contenuto (neanche per stralci essenziali o nei passaggi di interesse) e non ne specifica la collocazione nell’àmbito del fascicolo di ufficio o di parte e la loro acquisizione o produzione in sede di giudizio di legittimità: così integrando una chiara
trasgressione del requisito, prescritto a pena di ammissibilità del ricorso, di cui all’art. 366, primo comma, num. 6, cod. proc. civ..
Il ricorso è dichiarato inammissibile.
Il regolamento delle spese del grado segue la soccombenza.
Atteso l’esito del ricorso, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali (a tanto limitandosi la declaratoria di questa Corte: Cass., Sez. U, 20/02/2020, n. 4315) per il versamento da parte del ricorrente ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228 – di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma dell’art. 1bis dello stesso art. 13.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna parte ricorrente, NOME COGNOME, alla refusione in favore della parte controricorrente, RAGIONE_SOCIALE, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in euro 8.000,00 per compensi professionali, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori, fiscali e previdenziali, di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1bis .
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione