Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 29051 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 29051 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: AMATORE NOME
Data pubblicazione: 03/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 27513/202 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE n. 299/2014 (CODICE_FISCALE), con sede in Roma, INDIRIZZO, in persona del Curatore Dr. NOME COGNOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliato presso il suo studio sito in Roma, INDIRIZZO.
-ricorrente –
contro
Banca Monte dei Paschi di Siena SpA (CF CODICE_FISCALE), in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in INDIRIZZO, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO.
-controricorrente – avverso la sentenza n. 3951/2020 emessa dalla Corte d’Appello di Roma il 02.07.2020 nel giudizio n. R.G. 8774/2017, pubblicata il 05.08.2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 9/10/2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
FATTI DI CAUSA
1.Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Roma ha accolto l’appello proposto da Banca Monte dei Paschi di Siena SpA nei confronti del RAGIONE_SOCIALE. n. 299/2014, avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Roma , con la quale era stata dichiarata l’inefficacia di due pagamenti effettuati dalla RAGIONE_SOCIALE in favore della banca per complessivi euro 240.976,69 dopo la dichiarazione di fallimento, così rigettando la domanda proposta dal fallimento.
2. La Corte di appello ha infatti ritenuto che, rientrando il fallimento in una ipotesi di liquidazione, trovava applicazione l’art. 4 d.lgs. n. 170/2004 e che , peraltro, la polizza oggetto del contenzioso, del tipo ‘unit linked’, ave va natura di strumento finanziario, assumendo, a tale fine, rilievo dirimente l’espresso avvertimento contenuto nella polizza (secondo cui espressamente: ‘la Polizza di assicurazione da lei sottoscritta non risulta garantita dell’impresa di assicurazione e vi è la possibilità che il contraente ottenga al momento del rimborso per rimborso e/ scadenza, un ammontare inferiore al premio versato per effetto dei rischi finanziari dell’investimento’ ). La Corte territoriale ha infatti osservato che risultava decisivo il fatto che, non essendo previsto un minimo garantito di restituzione del premio alla scadenza, sarebbe stato evidente che l’intero rischio dell’investimento fosse fatto gravare sulla RAGIONE_SOCIALE e non già sull’impresa RAGIONE_SOCIALE. La Corte distrettuale ha inoltre concluso nel senso che il pegno costituito sulla polizza aveva natura di pegno irregolare, posto che l’art. 5 del contratto di pegno datato 8 giugno 2012, sostituito dal pegno del 10 settembre 2012, richiamava espressamente l’art. 1851 c.c., prevedendo espressamente che ‘in caso di inadempienza da parte del cliente ad un qualsiasi obbligo di pagamento derivantegli dalle concessioni garantite, la Banca, ai sensi dell’art. 1851 c.c., sarà tenuta a restituire al costituente, sia il cliente stesso, sia un terzo, solo la somma che eccederà
l’ammontare del suo complessivo credito’ e così non trovando di conseguenza applicazione l’art. 53 l. fall.
La sentenza, pubblicata il 05.08.2020, è stata impugnata dal RAGIONE_SOCIALE Srl n. 299/2014 con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui la Banca Monte dei Paschi di Siena SpA ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Il procuratore generale ha depositato requisitoria scritta, con la quale ha chiesto l’accoglimento del secondo e terzo motivo di ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo il fallimento ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione ‘dell’art. 132 n. 4 cpc in relazione all’art. 360 I comma n. 4 cod. proc. civ, per avere la Corte d’Appello emesso una sentenza nulla in quanto totalmente priva degli elementi atti ad individuare il percorso logico-giuridico ed i motivi sottesi alla decisione ‘.
Con il secondo mezzo si deduce ‘ Violazione e/o falsa applicazione degli art.
1 e 4 D.Lgs. 170/2004, con conseguente violazione dell’art. 53 L.F.’ , ‘ in relazione all’art. 360, 1° comma nn. 3 e 5 cod. proc. civ.’ per avere la Corte d’ appello erroneamente ritenuto che la polizza assicurativa oggetto di pegno dovesse ritenersi ‘strumento finanziario’ , in quanto tale rientrante tra le ipotesi disciplinate dall’art. 4 del d.Lgs. 170/2004.
Il terzo mezzo denuncia ‘violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1851 c.c., in relazione all’art. 360, 1° comma nn. 3 e 5 cod. proc. civ. per avere la Corte d’Appello errato nel ravvisare, nella fattispecie oggetto di giudizio, natura di pegno irregolare nella costituzione del pegno sulla polizza assicurativa ‘ .
3.1 Il primo motivo di censura è inammissibile.
Si deduce la nullità della sentenza per motivazione apparente essendosi la Corte di appello limitata a riportare in maniera sintetica ‘ tre massime della Suprema Corte ‘ .
3.1.1 Sul punto va tuttavia evidenziato che la sentenza qui impugnata, pur non indicando in modo perspicuo e dettagliato i fatti processuali posti alla
base della sua decisione, ha disposto, in proposito, un rinvio per relationem , alla sentenza di primo grado, che deve ritenersi in realtà valido e legittimo perché non è relatio alla motivazione in diritto, ma, appunto, alla ricostruzione dei fatti.
Dopodiché la motivazione spesa in diritto per l’accoglimento dell’appello , quantunque sintetica, è riconducibile nella sua interezza alle determinazioni volitive della Corte territoriale, con la conseguenza che non è lecito dubitare che si sia in presenza di una motivazione esistente, come tale riconducibile al giudice a quo .
3.1.2 Detto ciò, va anche ricordato, in termini generali e ricostruttivi, che, secondo la giurisprudenza espressa da questa Corte, in tema di ricorso per cassazione, ove la sentenza di appello sia motivata “per relationem” alla pronuncia di primo grado, al fine ritenere assolto l’onere ex art. 366, n. 6, cod. proc. civ., occorre che la censura di mancanza di motivazione ovvero di motivazione apparente identifichi il tenore della motivazione del primo giudice specificamente condivisa dal giudice di appello, nonché le critiche ad essa mosse con l’atto di gravame, che è necessario individuare per evidenziare che, con la resa motivazione, il giudice di secondo grado ha, in realtà, eluso i suoi doveri motivazionali (così, anche: Cass. Sez. U., 20/03/2017, n. 7074). Risulta allora evidente che il motivo di doglianza qui in esame difetta di autosufficienza, essendo venuto meno il RAGIONE_SOCIALE ricorrente proprio agli oneri di allegazione e di deduzione, previsti dal sopra ricordato art. 366, n. 6, cod. proc. civ., così rendendo le relative censure, qui proposte, geneticamente inammissibili.
2.1 Anche il secondo motivo non supera il vaglio di ammissibilità.
Con il secondo motivo, si censura, infatti, la sentenza della Corte di appello nella parte in cui aveva ritenuto che la polizza unit linked avesse natura di strumento finanziario.
È pur vero che la giurisprudenza di legittimità ha espressamente affermato che ‘ In tema di polizze assicurative sulla vita, occorre distinguere tra polizze guaranteed unit linked, che garantiscono all’assicurato la restituzione del capitale, prevedendo la possibilità di una maggiorazione minima, e quelle partial guaranteed unit linked, che riconoscono all’assicurato una garanzia di
restituzione parziale dei premi versati, da un lato, rispetto alle polizze unit linked cd. pure, dove la somma dovuta dall’assicuratore dipende esclusivamente dal valore del parametro finanziario sottostante nel momento in cui l’obbligazione diventa esigibile, con un rischio di investimento totalmente a carico dell’assicurato; ne consegue che solo per le prime l’assicuratore assume su di sé, sia pure con diverse gradualità, il rischio demografico dell’evento morte del contraente, al quale va sempre riconosciuta la somma di denaro garantita al momento della stipula del contratto, a prescindere dalle oscillazioni del valore delle quote dei fondi comuni di investimento, rimanendo invece tale rischio a carico del contraente nell’ipotesi di polizza c.d. pura ‘ (Cass. S ez. 1, Ordinanza n. 9418 del 09/04/2024; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 29583 del 22/10/2021; Sez. 3, Ordinanza n. 21022 del 26/07/2024).
Tuttavia, nel caso di specie la Corte di appello ha operato un accertamento in fatto, ritenendo, sulla base dell’apprezzamento del contenuto di una clausola negoziale, che la polizza oggetto del contenzioso, del tipo ‘unit linked’, avesse natura di strumento finanziario, assumendo a tale fine rilievo dirimente la circostanza che, non essendo previsto un minimo garantito di restituzione del premio alla scadenza, risultava evidente che l’intero rischio dell’investimento fosse fatto gravare sulla RAGIONE_SOCIALE e non già sull’impresa RAGIONE_SOCIALE.
Sul punto, è necessario ricordare che, secondo la consolidata giurisprudenza espressa da questa Corte, in tema di interpretazione del contratto, il sindacato di legittimità non può investire il risultato interpretativo in sé, che appartiene all’ambito dei giudizi di fatto riservati al giudice di merito, ma afferisce solo alla verifica del rispetto dei canoni legali di ermeneutica e della coerenza e logicità della motivazione addotta, con conseguente inammissibilità di ogni critica alla ricostruzione della volontà negoziale operata dal giudice di merito che si traduca in una diversa valutazione degli stessi elementi di fatto da questi esaminati (Cass. Sez. 3, sentenza n. 2465 del 10/02/2015; n. 2074 del 2002; vedi: n. 4178 del 2007, n. 22801 del 2009, n. 25866 del 2010). In ogni caso, quando di una clausola siano possibili due o più interpretazioni, non è consentito alla parte, che aveva proposto
l’interpretazione disattesa dal giudice, dolersi in sede di legittimità del fatto che ne è stata privilegiata un’altra (cfr. anche Sez. 1, Sentenza n. 4178 del 2007).
Anche per il terzo motivo possono essere richiamati gli argomenti già spesi nel motivo che precede, per decretarne l’inammissibilità.
Con il motivo in scrutinio si censura, infatti, il provvedimento impugnato laddove aveva qualificato come irregolare il pegno costituito sulla polizza.
Invero, la motivazione della Corte territoriale – per quanto sintetica – si correla alla clausola negoziale da essa esaminata ed interpretata (art. 5 del contratto di pegno), alla luce di quanto riportato in motivazione, e cioè nel senso che è stato ritenuto che il pegno costituito sulla polizza avesse natura di pegno irregolare, posto che l’art. 5 del predetto contratto richiamava espressamente l’art. 1851 c.c., prevedendo espressamente che ‘in caso di inadempienza da parte del cliente ad un qualsiasi obbligo di pagamento derivantegli dalle concessioni garantite, la Banca, ai sensi dell’art. 1851 c.c., sarà tenu ta a restituire al costituente, sia il cliente stesso, sia un terzo, solo la somma che eccederà l’ammontare del suo complessivo credito’ .
Si tratta, anche in questo caso, di un accertamento in fatto in ordine al contenuto negoziale della predetta clausola negoziale, in ordine al profilo del trasferimento della disponibilità della res data in pegno in favore del prelazionario, accertamento che non può essere rimesso in discussione in questo giudizio di legittimità mediante proposta di una diversa ed alternativa lettura della stessa clausola.
Ne discende la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
Sussistono altresì i presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 8.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 9 ottobre 2025
Il Presidente NOME COGNOME