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Pegno irregolare: quando è revocabile nel fallimento?

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 7013/2025, chiarisce i criteri per distinguere il pegno regolare dal pegno irregolare e le condizioni per la sua revocabilità in ambito fallimentare. La curatela di una società fallita aveva agito in revocatoria contro una banca per una garanzia pignoratizia su una somma di denaro. La Corte ha cassato la sentenza d’appello, affermando che per aversi pegno irregolare è necessaria la facoltà del creditore di disporre del bene, facoltà che deve essere accertata nel contratto. Inoltre, ha ribadito che la prova della conoscenza dello stato di insolvenza del debitore (scientia decoctionis) da parte della banca deve basarsi su una valutazione complessiva di tutti gli indizi disponibili.

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Pegno Irregolare e Fallimento: la Cassazione fissa i paletti per la revocatoria

In un contesto economico complesso, le garanzie concesse a ridosso di una dichiarazione di fallimento sono spesso oggetto di contenzioso. L’ordinanza n. 7013/2025 della Corte di Cassazione offre un’analisi cruciale sulla distinzione tra pegno regolare e pegno irregolare, e sulle condizioni che ne determinano la revocabilità. Questa pronuncia è fondamentale per comprendere quando una garanzia, apparentemente solida, possa essere messa in discussione dalla curatela fallimentare, soprattutto nei rapporti con gli istituti di credito.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine dall’azione revocatoria promossa dalla curatela fallimentare di una società a responsabilità limitata contro un istituto di credito. Poco prima di essere dichiarata fallita, la società aveva ottenuto un mutuo fondiario, contestualmente costituendo a favore della banca sia un’ipoteca su un immobile sia un pegno su una somma di denaro di € 240.000,00. Questo importo era destinato a garantire obblighi accessori al mutuo, come il perfezionamento dell’iscrizione ipotecaria e la stipula di una polizza assicurativa.

Il Tribunale di primo grado aveva accolto la domanda della curatela, ritenendo la garanzia revocabile. La Corte d’Appello, tuttavia, aveva ribaltato la decisione, qualificando la garanzia come un pegno irregolare non soggetto a revocatoria e ritenendo che la banca non fosse a conoscenza dello stato di insolvenza della società (la cosiddetta scientia decoctionis).

La Decisione della Corte di Cassazione e la natura del pegno irregolare

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della curatela, cassando la sentenza d’appello con rinvio. La decisione si fonda su diversi punti chiave, ma il fulcro è la corretta qualificazione del contratto di pegno e la valutazione della consapevolezza della banca.

La Corte ha stabilito che la Corte d’Appello ha errato nel qualificare automaticamente il pegno su una somma di denaro come pegno irregolare. La caratteristica distintiva di quest’ultimo, ai sensi dell’art. 1851 c.c., non è solo la natura fungibile del bene (come il denaro), ma la facoltà, concessa contrattualmente al creditore, di disporre liberamente di tale bene. Se questa facoltà non è prevista, il pegno rimane ‘regolare’, con conseguenze diverse in caso di fallimento del debitore. Il creditore, in tal caso, non acquista la proprietà del denaro ma deve insinuarsi al passivo fallimentare per soddisfare il proprio credito.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha articolato le sue motivazioni su due pilastri fondamentali: la natura della garanzia e l’elemento soggettivo della banca.

Primo, sul pegno irregolare, i giudici hanno chiarito che il giudice di merito avrebbe dovuto verificare se il contratto costitutivo della garanzia attribuisse esplicitamente alla banca il potere di disporre della somma pignorata, con obbligo di restituire il tantundem. In assenza di tale accertamento, la qualificazione di pegno come irregolare è errata. La costituzione stessa del vincolo, sottraendo immediatamente liquidità al patrimonio del debitore, rappresenta un potenziale pregiudizio per gli altri creditori e può quindi essere oggetto di revocatoria, a prescindere dalla sua natura regolare o irregolare.

Secondo, riguardo alla scientia decoctionis, la Cassazione ha censurato la valutazione frammentaria delle prove da parte della Corte d’Appello. Quest’ultima non aveva considerato in modo globale i numerosi ‘campanelli d’allarme’ che avrebbero dovuto mettere in guardia un operatore professionale e diligente come una banca. Tra questi elementi, ignorati o sottovalutati, vi erano:

* Una precedente ipoteca sullo stesso immobile.
* Un pignoramento già esistente.
* Crediti privilegiati che assorbivano gran parte del valore dell’immobile.
* Rilevanti perdite d’esercizio che avevano azzerato i mezzi propri della società.
* Incongruenze tra i bilanci presentati e i dati ufficiali della CCIAA, che la stessa banca aveva notato mesi prima.

Secondo la Corte, una valutazione complessiva di questi indizi avrebbe dovuto condurre a ritenere provata la consapevolezza della banca dello stato di decozione irreversibile in cui versava la società debitrice.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame rafforza due principi di grande importanza pratica. In primo luogo, la qualificazione di un pegno su denaro come pegno irregolare non è automatica, ma dipende dalle specifiche pattuizioni contrattuali che devono consentire al creditore di disporre del bene. In secondo luogo, viene ribadito l’elevato standard di diligenza richiesto agli operatori bancari. Essi non possono ignorare una serie di indizi gravi e concordanti sulla crisi di un’impresa cliente. La mancata valutazione complessiva di tali segnali può comportare la revoca delle garanzie ottenute a ridosso del fallimento, vanificando la posizione di privilegio che la banca credeva di aver acquisito.

Qual è la differenza fondamentale tra pegno regolare e pegno irregolare secondo la Cassazione?
La differenza essenziale risiede nella facoltà, concessa o meno al creditore, di disporre del bene oggetto del pegno. Se il contratto permette al creditore di utilizzare il bene fungibile (es. denaro) e di restituirne l’equivalente (tantundem), si tratta di un pegno irregolare. In caso contrario, anche se l’oggetto è denaro, il pegno è da considerarsi regolare.

La costituzione di un pegno irregolare è immune dall’azione revocatoria fallimentare?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che anche l’atto di costituzione di un pegno irregolare può essere soggetto ad azione revocatoria, in quanto sottrae immediatamente un bene dal patrimonio del debitore, potenzialmente danneggiando la parità di trattamento tra i creditori (par condicio creditorum).

Come deve essere valutata la conoscenza dello stato di insolvenza (scientia decoctionis) di un istituto di credito?
La valutazione non può basarsi su singoli elementi isolati, ma deve derivare da un esame globale e complessivo di tutti gli indizi a disposizione della banca. Un operatore professionale qualificato è tenuto a uno standard di diligenza elevato e deve essere in grado di interpretare i segnali di una crisi aziendale, come perdite di esercizio, pignoramenti, o discrepanze nei documenti contabili.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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