Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 28027 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 28027 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10968/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) -controricorrente- avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 953/2022 depositata il 10/02/2022.
Lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 09/10/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE -dichiarata insolvente dal Tribunale di Roma in data 26 luglio 2013 ex art. 8 d. lgs. n. 270/1999 – ha convenuto davanti al Tribunale di Roma RAGIONE_SOCIALE (oggi RAGIONE_SOCIALE) per sentir dichiarare, per quanto qui rileva , l’inefficacia ex art. 44 l. fall. del pagamento eseguito in data 28 agosto 2013 dell’importo di € 450.320,78 , annotato in conto corrente n. 421024.
La banca convenuta ha allegato che l’operazione non fosse configurabile come pagamento, bensì come realizzazione di pegno irregolare a garanzia di obbligazioni restitutorie conseguenti ad anticipazioni all’importazione , pegno costituito in data 19 marzo 2010 e oggetto di successiva integrazione in aumento.
Il Tribunale di Roma ha accolto la domanda di inefficacia ex art. 44 l. fall., ritenendo trattarsi di pegno regolare, non avendo il creditore acquisito -alla luce dell’art. 5 del contratto costitutivo di pegno – il potere di disporre dei beni costituiti in pegno, salvo il diritto di prelevare le somme depositate sino alla concorrenza dell’inadempimento del debitore .
La Corte di Appello di Roma, con la sentenza qui impugnata, ha rigettato l’appello della banca. Ha ritenuto il giudice di appello che non è sufficiente a conferire la natura di pegno irregolare il fatto che lo stesso avesse ad oggetto il denaro, ove le parti abbiano contrattualmente escluso che il creditore pignoratizio potesse disporre del bene pignorato. Ha, poi, ritenuto inammissibile
la deduzione secondo cui al pegno in oggetto dovesse applicarsi la disciplina di cui al d. lgs. n. 170/2004.
Propone ricorso per cassazione la banca, affidato a due motivi, cui resiste con controricorso l’Amministrazione Straordinaria. Entrambe le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione degli artt. 1834, 1851, 2979, secondo comma, cod. civ., dell’art. 5 d. lgs. n. 170/1999, dell’art. 53 l. fall., dell’art. 18, comma 2, d. lgs. n. 270/1999, e/o dell’art. 44 l. fall., in combinato disposto degli artt. 200 l. fall. e 36 d. lgs. n. 270/1999 per avere la sentenza impugnata ritenuto la natura regolare del pegno costituito su un saldo di corrente. Osserva parte ricorrente che la natura fungibile dell’oggetto del pegno, costituito da denaro contante, implica di per sé la natura irregolare del pegno, posto che il creditore acquisisce la disponibilità del bene costituito in pegno con obbligo di restituzione del tantundem.
Il primo motivo è infondato, in quanto -come condivisibilmente osservato dal Pubblico Ministero – « il pegno, dunque, se costituito su un bene fungibile, come il denaro, si configura come pegno irregolare soltanto nel caso in cui sia espressamente conferita alla banca la facoltà di disporre della relativa somma, mentre qualora (come accertato, in fatto, dalla Corte d’Appello) difetti il conferimento di tale facoltà, si rientra nella disciplina del pegno regolare, con la conseguenza che la banca garantita non acquisisce la somma con l’obbligo di restituire al debitore il tantundem». Non è, quindi sufficiente -ai fini dell’attribuzione della natura di pegno irregolare la mera natura di bene fungibile (come il pegno di danaro) dell’oggetto della garanzia, essendo imprescindibile accertare l’espresso
n. 10968/2022 R.G.
conferimento alla banca, in sede di costituzione della garanzia, della facoltà di disposizione della somma di danaro conferita in pegno (Cass., n. 9811/2025).
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione o falsa applicazione degli artt. 113 cod. proc. civ. e dell’art. 345, primo comma, cod. proc. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto inammissibile la difesa in appello della banca, secondo cui alla garanzia pignoratizia si sarebbe dovuta applicare la disciplina delle garanzie finanziarie di cui al d. lgs. n. 170/2004. Osserva parte ricorrente come i fatti posti a fondamento della disciplina sostanziale in oggetto fossero stati già allegati e che il giudice ben può individuare una diversa qualificazione giuridica ai rapporti, rientrando la banca ricorrente tra i soggetti ai quali si applica la disciplina in oggetto.
Il secondo motivo è inammissibile, essendo la motivazione della sentenza incentrata anche su un ulteriore percorso argomentativo, non attinto da censura, relativo alla assenza dei presupposti soggettivi per l’applicazione della disciplina in oggetto (« è finanziaria la garanzia concordata tra parti che rientrino in una delle categorie tassativamente previst e dall’art. 1, lett. d) e l’appellante non ha neppure indicato in quale di esse figuri RAGIONE_SOCIALE »). Ne consegue che l’omessa impugnazione di tale ratio decidendi priva di interesse il ricorrente dall’esame del proprio motivo di ricorso, in quanto detto esame non risulterebbe idoneo a determinare l’annullamento della sentenza impugnata, risultando comunque consolidata l’autonoma motivazione non oggetto di censura (Cass., Sez. U., n. 20107/2024; Cass., n. 15399/2018; Cass. n. 9752/2017).
Il ricorso va, pertanto, rigettato, con spese regolate dalla soccombenza e liquidate come da dispositivo, oltre al raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 10.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00 e agli accessori di legge; ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 09/10/2025.
Il Presidente NOME COGNOME