Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 4427 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 4427 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CONDELLO NOME COGNOME
Data pubblicazione: 20/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26099/2021 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME e NOME COGNOME, domiciliata per legge presso la Cancelleria della Corte Suprema di cassazione
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza del Tribunale di Busto Arsizio n. 428/2021, pubblicata in data 17 marzo 2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 15 novembre 2023 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La società RAGIONE_SOCIALE, nella qualità di cessionaria del credito dovuto dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE a NOME COGNOME e NOME COGNOME, evocava in giudizio la RAGIONE_SOCIALE, chiedendone la condanna al pagamento della somma di euro 500,00, a titolo di compensazione pecuniaria prevista dal Regolamento CE 261/04, per il ritardo di oltre tre ore del volo NO 7673 del 7 giugno 2015 diretto da Ibiza a Milano.
La RAGIONE_SOCIALE, pur non contestando il ritardo, eccepiva l’intervenuta decadenza d a ll’azione per decorso del termine biennale previsto dalla Convenzione di Montreal del 28 maggio 1999, l’intervenuta prescrizione del diritto alla compensazione pecuniaria, ai sensi dell’art. 418 cod. nav. , e la nullità ed inefficacia della cessione di credito per carenza in capo all’attrice dell’iscrizione nell’albo degli intermediari finanziari di cui all’art. 106 t.u.b.
Il Giudice di pace adito accoglieva l’eccezione di decadenza, ritenendo applicabile il termine decadenziale biennale previsto dall’art. 35 della Convenzione di Montreal, perché richiamato dagli artt. 941 e 949ter cod. nav.
Avverso la sentenza di primo grado è stato proposto gravame da RAGIONE_SOCIALE e il Tribunale di Busto Arsizio, riformando la sentenza impugnata, ha accolto l’appello, condannando la RAGIONE_SOCIALE al pagamento della somma richiesta.
In sintesi, ritenendo che il rimedio della compensazione esulasse dall’ambito applicativo della Convenzione di Montreal e, di
conseguenza, dal termine di cui all’art 35, stante la sua eterogeneità rispetto al rimedio risarcitorio previsto dal Trattato, ha escluso l’applicabilità della decadenza biennale ; ha, poi, disatteso sia l’eccezione di nullità della cessione di credito ex art. 106 t.u.b., negando che la causa dell’operazione risultasse connotata dallo scopo del finanziamento, dato che la dazione di denaro da parte della cessionaria al cedente era solo eventuale e comunque successiva alla fruttuosa escussione del ceduto, sia l ‘ ulteriore eccezione di incedibilità del credito risarcitorio, perché personale; ha, pure, rigettato l’eccezione di violazione RAGIONE_SOCIALE Condizioni generali di Contratto RAGIONE_SOCIALE, laddove prevedevano l’incedibilità del credito, e quella relativa alla violazione della condizione di reciprocità.
RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione della suddetta decisione, con quattro motivi.
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso e propone ricorso incidentale, con un unico motivo.
La trattazione è stata fissata in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1. cod. proc civ.
Entrambe le parti hanno depositato memorie illustrative.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denunzia ‹COGNOME NOME in procedendo : in relazione all’art. 360, n. 4, cod. proc. civ. nullità della sentenza per violazione dell’art. 121 (112) c.p.c. recante principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato nonché degli artt. 24 e 114 della Costituzione›› , per avere il Giudice d’appello omesso di esaminare l’eccezione di prescrizione del diritto alla compensazione avanzata sia in primo grado che in sede di appello. Evidenzia, al riguardo, di avere eccepito la prescrizione semestrale ex art. 418 cod. nav. e/o annuale ex art. 2951 cod. civ. del diritto azionato, in quanto il volo era stato effettuato in data 7 giugno 2015 ( dies a quo ), mentre
la cessione del credito ad RAGIONE_SOCIALE era datata 13 gennaio 2017 e la richiesta di compensazione era pervenuta per la prima volta con diffida del 6 aprile 2017, ossia a prescrizione -semestrale o annuale -già consumatasi.
Il motivo è infondato.
È configurabile la decisione implicita di una questione (connessa a una prospettata tesi difensiva) o di un’eccezione (ritualmente sollevata o rilevabile d’ufficio) quando queste risultino superate e travolte, benché non espressamente trattate, dalla incompatibile soluzione di un’altra questione, il cui solo esame presupponga e comporti, come necessario antecedente logico-giuridico, la loro irrilevanza o infondatezza; ciò comporta che la reiezione implicita di una tesi difensiva o di una eccezione è censurabile mediante ricorso per cassazione non per omessa pronunzia (e, dunque, per la violazione di una norma sul procedimento), bensì come violazione di legge e come difetto di motivazione, sempreché la soluzione implicitamente data dal giudice di merito si riveli erronea e censurabile oltre che utilmente censurata, in modo tale, cioè, da portare il controllo di legittimità sulla decisione inespressa e sulla sua decisività (Cass., sez. 3, 08/05/2023, n. 12131; Cass., sez. 3, 06/11/2020, n. 24953).
Con il secondo motivo la ricorrente denunzia ‹‹ COGNOME in iudicando : in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 941 e 949ter cod. nav., dell’art. 35 della Convenzione di Montreal del 28 maggio 1999, ratificata dalla Repubblica Italiana con legge 10 gennaio 2004 n. 12 alla quale ha aderito anche la Comunità Europea con decisione ratificata dal consiglio il 5 aprile 2001, degli artt. 5, 6 e 7 del Regolamento (CE) 261/2004 e della sentenza della Corte di Giustizia UE, sez. III, 22 novembre 2012 resa in C – 139/11 ›› .
Censura la sentenza impugnata nella parte in cui il Tribunale ha escluso l’applicabilità del termine decadenziale di cui all’art. 35 della Convenzione di Montreal alle azioni volte ad ottenere la compensazione di cui al Reg. CE 261/2004, per essere i due plessi normativi autonomi tra loro; sostiene, richiamando la sentenza della Corte di Giustizia UE del 22 novembre 2012, resa in C-139/11, che poiché, nel silenzio del diritto comunitario, spetta agli stati membri disciplinare gli istituti della prescrizione e della decadenza RAGIONE_SOCIALE azioni previste a garanzia dei diritti, vengono in rilievo gli artt. 941 e 949ter cod. nav., come modificati dal d.lgs. n. 151/2006, con l’effetto che, giusta il richiamo contenuto nell’art. 941 cod. nav. alle convenzioni internazionali, deve ritenersi introitato nell’ordinamento interno, per quel che concerne il trasporto aereo, il termine previsto dall’art. 35 della Convenzione di Montreal, in sostituzione di quello semestrale previsto dall’art. 418 cod. nav. Sostiene, pertanto, che nel caso in esame il termine decadenziale biennale, decorrente dal giorno di arrivo dell’aeromobile a destinazione, è infruttuosamente spirato prima della proposizione dell’azione, non essendo soggetto alla sospensione feriale ex lege n. 742 del 1969, essendo stato l’atto introduttivo del giudizio notificato in data 1° settembre 2017.
2.1. Il motivo è infondato.
2.2. Vale premettere che il diritto alla compensazione pecuniaria previsto dall’art. 7 Reg. CE 261/2004 in favore del trasportato che ha sofferto un pregiudizio a causa del ritardo, del negato imbarco e/o della cancellazione del volo, assolve ad una funzione esclusivamente indennitaria, in ciò distinguendosi dalle ipotesi contemplate dagli artt. 19 e 29 della Convenzione di Montreal.
Ciò trova conferma in un consolidato orientamento della giurisprudenza eurounitaria secondo cui la compensazione pecuniaria equivale ad un indennizzo eventuale, forfettario e standardizzato a
carico del vettore ed a prescindere dall’esistenza di ulteriori danni per il passeggero e, dovendo coprire i pregiudizi comuni a tutti gli utenti del servizio di trasporto aereo, va tenuta distinta dal risarcimento di un danno individuale (Corte di Giustizia, sentenza del 10 gennaio 2006 in C-344/2004, IATA e ELFAA, punti 43-46). Si è, in particolare, ravvisata una sostanziale difformità di obiettivi tra il Regolamento CE 261/04 e le disposizioni di cui al capitolo terzo della Convenzione di Montreal, dato che queste ultime mirano alla determinazione di un risarcimento per i danni subiti dal singolo trasportato, come ben evidenziato dalla Corte di Giustizia UE, del 9 luglio 2009, in C204/08, secondo cui i diritti fondati rispettivamente sulle diposizioni del Regolamento n. 261/2004 e della Convenzione di Montreal ‹‹ rientrano in contesti normativi differenti ›› .
Tali considerazioni trovano conferma anche nel diverso regime della prova liberatoria riconosciuta al vettore, il quale, in applicazione dell’art. 19 della Convenzione di Montreal deve dare prova non già della non imputabilità del ritardo bensì di avere posto in essere nel caso concreto tutte le misure idonee ad evitare il danno conseguente al ritardo, laddove la compensazione, prescindendo dal mancato rispetto dell’onere di diligenza medio da parte del vettore, può essere esclusa solo ove ricorrano cause del tutto ‘eccezionali’ (Corte di Giustizia, in causa C- 315/15).
Le diversità sopra delineate si ripercuotono inevitabilmente anche sulla disciplina applicabile, poiché, quando si agisce per il solo diritto alla compensazione pecuniaria non possono essere automaticamente richiamate le norme della convenzione di Montreal.
L a Corte di Giustizia, con l’ordinanza del 7 novembre 2019, resa in causa C- 213/18, in materia di competenza, ha ribadito che nei limiti in cui i diritti fondanti sulle disposizioni, rispettivamente, del regolamento n. 261/2004 e della convenzione di Montreal rientrano in
contesti normativi distinti, le norme sulla competenza internazionale previste da tale convenzione non sono applicabili alle domande presentate unicamente sulla base del regolamento n. 261/2004, le quali devono essere esaminate alla luce del Regolamento n. 44/2001.
Ad analoghe conclusioni sono pervenute le Sezioni Unite di questa Corte con le sentenze n. 33002 e 33003 del 2021, che hanno pronunciato sul regolamento di giurisdizione proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE -convenuta in giudizio dalla RAGIONE_SOCIALE, quale cessionaria del credito di due viaggiatori- che aveva dedotto che i viaggiatori erano entrambi di nazionalità extraeuropea e non vi era alcun collegamento con la giurisdizione italiana, dal momento che non si controverteva né su un illecito aquiliano di matrice italiana, né in ordine a materia contrattuale fondante la giurisdizione italiana, essendo anche il contratto di cessione di credito pacificamente stipulato fuori dal territorio italiano.
Nelle pronunce da ultimo richiamate, dando atto che il rapporto dedotto in giudizio era quello di trasporto aereo e che la domanda originaria dei trasportati ed oggetto di cessione di credito era limitata all’indennità forfettaria stabilita secondo i parametri di cui al Reg. CE n. 261, le Sezioni Unite hanno affermato che, ai fini della determinazione della giurisdizione, non può trovare applicazione la Convenzione di Montreal (28/5/99 ratificata con l. n. 12 del 2004), perché l’ambito di operatività della stessa e della sua norma sulla competenza giurisdizionale (art. 33) è limitato alle azioni di carattere risarcitorio.
Con specifico riguardo al termine per agire in giudizio, la Corte di Giustizia, con la sentenza del 22 novembre 2012, n. 139/11, nel chiarire che ‹‹ il termine entro il quale devono essere promosse le azioni dirette ad ottenere il versamento della compensazione pecuniaria prevista dagli artt. 5 e 7 del Regolamento n. 261/2004, in
mancanza di disposizioni in materia nel medesimo regolamento, è stabilito conformemente alle regole di ciascuno Stato membro in materia di prescrizione dell’azione, nel rispetto dei principi di equivalenza e di effettività ›› , ha sottolineato non è applicabile a tali azioni il termine biennale di prescrizione fissato dall’art. 29 della convenzione di Varsavia del 12 ottobre 1929 per l’unificazione di alcune regole relative al trasporto aereo internazionale e dall’art. 35 della Convenzione di Montreal del 28 maggio 1999 per l’unificazione di alcune norme relative al trasporto aereo internazionale, ‹‹ poiché la misura di compensazione pecuniaria prevista dagli artt. 5 e 7 del Regolamento n. 261/2004 esula dal campo di applicazione di tali convenzioni ›› .
Dai principi elaborati dalla giurisprudenza europea discende, dunque, che è rimessa al singolo Stato membro la disciplina del temine di decadenza, che non coincide tuttavia con quello biennale previsto dall’art. 35 della convenzione di Montreal.
Deve, pertanto, escludersi che, a seguito della riforma del 2006, che ha introdotto l’art. 949 -ter cod. nav., che rimanda all’art. 941 cod. nav., il riferimento contenuto in queste disposizioni alle ‹‹ norme comunitarie ›› ed alla ‹‹ normativa internazionale ›› possa condurre a ritenere che, in tema di decadenza, debba trovare automatica applicazione la Convenzione di Montreal, proprio perché il rinvio operato dal legislatore interno è un rinvio ‹‹ mobile ›› e non fisso ad una determinata disciplina.
Nella sentenza impugnata il giudice dell’appello , nell’affermare che l’azione esperita esula dall’ambito applicativo dell’art. 35 della Convenzione di Montreal si pone invero in linea con l’orientamento giurisprudenziale, anche eurounitario, sopra richiamato e non incorre nelle denunciate violazioni.
Con il terzo motivo, deducendo ‹‹ NOME in iudicando :
in
relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ. violazione e/o falsa applicazione dell’art. 106 del d.lgs. 1° settembre 1993, n. 385 Tub), dell’art. 2 del Decreto del Ministro dell’Economia e RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE 2 aprile 2015, n. 53 ›› , la ricorrente impugna la sentenza anche nella parte in cui risulta rigettata l’eccezione di nullità del contratto di cessione del credito intervenuto tra la odierna controricorrente e le trasportate NOME COGNOME e NOME COGNOME.
Lamenta che il Tribunale avrebbe dovuto qualificare la cessione del credito quale acquisto a titolo oneroso di crediti soggetto alla disciplina dell’art. 106 TUB e del D.M. (RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE) del 2 aprile 2015, n. 53, che impone l’iscrizione del soggetto cessionario a titolo oneroso nell’apposito Albo tenuto dalla Banca d’Italia, in difetto della quale la cessione sarebbe nulla per violazione di norme imperative.
Il motivo è infondato.
La norma richiamata stabilisce che ‹‹l’esercizio nei confronti del pubblico dell’attività di concessione di finanziamen ti sotto qualsiasi forma è riservato agli intermediai finanziari autorizzati, iscritti in un apposito albo tenuto dalla Banca d’Italia››.
In attuazione di quanto previsto dal comma 2 del citato art. 106, e quindi al fine di meglio chiarire in quali circos tanze ricorra l’esercizio nei confronti del pubblico, il RAGIONE_SOCIALE, con il D.M. n. 53/2015, ha stabilito, all’art. 2, comma 1, che ‹‹ per attività di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi forma si intende la concessione di crediti, ivi compreso il rilascio di garanzie sostitutive del credito e di impegni di firma ›› e che ‹‹l’attività comprende, tra l’altro, ogni tipo di finanziamento erogato nella forma di: a) locazione finanziaria; b) acquisto di crediti a titolo oneroso; c) credito ai consumatori, così come definito dall’articolo 121 TUB; d) credito ipotecario; e) prestito su pegno; f) rilascio di fideiussioni, avallo,
apertura di credito documentaria, accettazione, girata, impegno a concedere credito, nonché ogni altra forma di rilascio di garanzie e di impegni di firma ›› .
Dal tenore letterale RAGIONE_SOCIALE disposizioni in esame si evince che per aversi attività di finanziamento non è sufficiente una cessione di credito di cui sia parte un soggetto che operi nei confronti dei terzi con carattere di professionalità, ma è necessario che tale cessione integri erogazione di un finanziamento, ossia che essa comporti la messa a disposizione di denaro o altra utilità.
Ebbene dal contenuto del contratto di cessione in esame, ritrascritto nella sentenza impugnata, si evince, da un lato, che il prezzo per l’assegnazione non è indicato nell’accordo, che rinvia al Listino Prezzi e ai Termini e Condizioni, e, per altro verso, che il cedente non riceve dal cessionario alcuna anticipazione del credito ceduto, essendo anzi espressamente pattuito che riceverà tale somma soltanto quando la cessionaria avrà ottenuto il pagamento della compensazione pecuniaria da parte della RAGIONE_SOCIALE.
Manca, dunque, la messa a disposizione in favore del cedente e da parte del cessionario RAGIONE_SOCIALE somme oggetto dell’eventuale pagamento del debitore ceduto e il corrispettivo della cessione del credito è meramente eventuale, ossia condizionato al buon esito della riscossione del credito ceduto; nel caso di esito infruttuoso dell’azione di recupero del credito, il passeggero nulla avrà diritto di ricevere a titolo di corrispettivo della cessione stessa.
Gli elementi sopra evidenziati portano a ritenere che l’operazione non sia connotata dallo scopo di finanziamento, perché, come rilevato dal Tribunale, ‹‹ la dazione di denaro da parte della cessionaria al cedente è solo eventuale, per la ragione suddetta, e in ogni caso -anche laddove il ceduto effettivamente adempia nei confronti di RAGIONE_SOCIALE -essa è sempre successiva alla fruttuosa escussione del
ceduto ››
.
Correttamente, pertanto, il Tribunale, quale giudice d’appello, ha ritenuto infondata l’eccezione di invalidità della cessione di credito ex art. 106 TUB.
Con il quarto motivo la ricorrente denunzia ‹‹ NOME in iudicando : in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ. violazione e/o falsa applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ. e dell’art. 1260, secondo comma, cod. civ.›› .
Si duole che il Giudice abbia ritenuto non provata la conoscenza in capo alla società RAGIONE_SOCIALE del divieto di cessione di credito contenuto nell’art. 16.3 RAGIONE_SOCIALE condizioni generali di contratto RAGIONE_SOCIALE
Rimarca, al riguardo, che sin dal primo grado di giudizio aveva opposto la sussistenza del patto di non cedibilità del credito ai sensi dell’art. 1260, secondo comma, cod. civ., allegando che detto patto era conosciuto dal cessionario (RAGIONE_SOCIALE), in ragione della pubblicità data alle condizioni generali di contratto mediante pubblicazione sul sito web di RAGIONE_SOCIALE, circostanza questa mai contestata dalla controparte; pertanto, in difetto di specifica contestazione del fatto allegato, il giudice d’appello avrebbe dovuto ritenere inefficace la cessione di credito azionato, anziché reputare necessaria la prova della ‹‹ malafede ›› del cessionario.
Il motivo è inammissibile.
La censura è carente di specificità.
Quando il motivo di impugnazione è fondata sul rilievo che la controparte ha mantenuto condotte processuali di non contestazione, al fine di consentire a questa Corte di legittimità di prendere cognizione RAGIONE_SOCIALE mosse doglianze il ricorrente ha l’onere di indicare non solo con quale atto e in quale sede abbia operato la deduzione in fatto, ma anche in quale modo la circostanza sia stata provata o
risultata pacifica (Cass., sez. 1, 18/07/2007, n. 15961); la ricorrente avrebbe, quindi, dovuto quantomeno indicare l’atto processuale in cui la RAGIONE_SOCIALE avrebbe mancato di sollevare la contestazione e dare poi conto del contenuto di tale atto, in modo di consentire a questa Corte di vagliare la decisività della censura.
Va d’altro canto osservato che la censura non scalfisce la ratio decidendi della pronuncia in base alla quale il giudice dell’appello, sulla scorta del principio affermato da questa Corte secondo cui la prova della conoscenza del patto di non cedibilità deve vertere non già sulla mera conoscibilità del divieto in capo al cessionario bensì sulla sua effettiva conoscenza al tempo della cessione (Cass., sez. 3, 20/01/2015, n. 825), ha ravvisato non offerta la prova, ‹‹ se non in maniera vagamente indiziaria ›› , di siffatta conoscenza da parte del cessionario.
5. All’inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso. Con conseguente assorbimento del ricorso incidentale condizionato .
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente e ricorrente in via incidentale società RAGIONE_SOCIALE, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, dichiara assorbito il ricorso incidentale condizionato. Condanna la ricorrente in via principale al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 600,00, di cui euro 400,00 per onorari, oltre a spese generali e
accessori di legge, in favore della controricorrente e ricorrente in via incidentale società RAGIONE_SOCIALE
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione