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Patto parasociale: validità opzioni put e fideiussione

Una società finanziaria ha investito in una piccola impresa tramite un accordo tra soci. L’accordo includeva un’opzione di vendita (‘put option’) per l’investitore e una garanzia personale dell’imprenditore. Quando l’investitore ha esercitato l’opzione, l’impresa si è rifiutata di adempiere. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso dell’impresa, confermando la validità del patto parasociale, dell’opzione put e della relativa garanzia. La Corte ha chiarito che tali accordi sono strumenti legittimi nell’ambito dell’autonomia contrattuale, non violando divieti come il patto leonino o l’ordine pubblico economico.

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Patto Parasociale e Opzioni Put: la Cassazione ne conferma la validità

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione torna a fare luce sulla validità e l’efficacia del patto parasociale, uno strumento fondamentale nel diritto societario per regolare i rapporti tra soci finanziatori e imprenditori. La decisione analizza in dettaglio la legittimità delle clausole di opzione put e delle garanzie personali (fideiussioni) ad esse collegate, offrendo importanti chiarimenti sull’autonomia contrattuale delle parti.

I Fatti di Causa

Una società finanziaria, designata da un ente regionale come gestore di fondi comunitari, aveva investito in una piccola impresa sottoscrivendone una quota di capitale. L’operazione era regolata da un patto parasociale che prevedeva una partecipazione temporanea dell’investitore (da quattro a sette anni). Per garantire il disinvestimento, il patto includeva un’opzione put, che dava alla società finanziaria il diritto di rivendere la propria partecipazione alla società stessa o al suo socio di maggioranza. Il prezzo di vendita sarebbe stato calcolato sulla base del patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio approvato.

A garanzia di tale obbligazione, il socio di maggioranza dell’impresa aveva prestato una fideiussione personale. Scaduto il termine, la società finanziaria esercitava l’opzione put, ma l’impresa e il suo socio non adempivano. Ne scaturiva una causa che, dopo due gradi di giudizio sfavorevoli all’impresa, giungeva dinanzi alla Corte di Cassazione.

L’Analisi della Corte di Cassazione

La Corte Suprema ha esaminato e respinto tutti gli otto motivi di ricorso presentati dall’imprenditore e dalla sua società. L’analisi dei giudici ha toccato diversi punti cruciali del diritto commerciale e processuale.

Il Patto Parasociale e l’Opzione Put

Il ricorrente sosteneva che il patto, in particolare l’obbligo di riacquisto tramite l’opzione put, fosse nullo perché coercitivo e contrario all’ordine pubblico economico e al principio di libera circolazione delle azioni. La Corte ha rigettato questa tesi, ribadendo un principio consolidato: le opzioni put e call inserite in un patto parasociale sono valide. Esse rappresentano una forma di garanzia per il socio finanziatore, la cui causa concreta risiede nel fine pratico di supportare specifiche iniziative imprenditoriali. Tali accordi rientrano pienamente nell’autonomia contrattuale delle parti (art. 1322 c.c.) e non costringono nessuno a diventare socio contro la propria volontà, ma creano un vincolo negoziale derivante da un atto tipizzato (l’opzione) liberamente sottoscritto.

La questione della Fideiussione e del Patto Leonino

Un altro motivo di doglianza riguardava la presunta nullità della fideiussione, in quanto il socio garante si sarebbe trovato a garantire un’obbligazione propria. Anche su questo punto, la Cassazione ha dato torto al ricorrente. La Corte di Appello aveva correttamente interpretato la clausola, evidenziando che la garanzia sarebbe stata efficace qualora l’acquisto delle azioni fosse stato effettuato da un terzo presentato dal socio. In tale scenario, vi sarebbe stata la necessaria alterità tra debitore principale (il terzo acquirente) e garante (il socio).

È stata respinta anche la censura relativa alla violazione del divieto di patto leonino (art. 2265 c.c.). I ricorrenti lamentavano che una clausola dell’accordo escludesse il socio finanziatore dalle perdite. La Corte ha chiarito che il divieto riguarda l’esclusione totale e costante da utili o perdite. Nel caso di specie, l’accordo si limitava a prevedere che le perdite pregresse all’ingresso del socio finanziatore non avrebbero inciso sul valore della sua partecipazione, mentre quelle maturate successivamente sarebbero state a suo carico. Tale pattuizione è stata ritenuta legittima.

Aspetti Procedurali Rilevanti

La Corte ha dichiarato inammissibili diversi motivi per vizi procedurali. Ad esempio, l’eccezione sulla presunta competenza di un collegio arbitrale è stata respinta perché sollevata tardivamente, e non nel primo atto difensivo come richiesto. Allo stesso modo, l’eccezione di compensazione con un presunto credito verso un ente terzo è stata rigettata sia per tardività sia per la manifesta assenza del requisito di reciprocità dei crediti tra le stesse parti (art. 1242 c.c.).

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte si fondano sul principio della tutela dell’autonomia negoziale e sulla corretta interpretazione delle norme societarie e contrattuali. I giudici hanno sottolineato che il patto parasociale è uno strumento flessibile che consente ai soci di modellare i propri rapporti in funzione di specifici obiettivi economici, come l’attrazione di capitali di rischio. Le clausole di opzione non sono viste come strumenti coercitivi, ma come meccanismi di bilanciamento degli interessi: da un lato l’imprenditore ottiene i finanziamenti necessari, dall’altro l’investitore si assicura una via d’uscita certa dall’investimento. La decisione ribadisce che la nullità contrattuale è un rimedio eccezionale, da non invocare per contestare accordi liberamente assunti che non violino norme imperative, l’ordine pubblico o il buon costume. La Corte ha inoltre applicato con rigore i principi processuali sull’autosufficienza del ricorso e sulla tempestività delle eccezioni, confermando l’inammissibilità dei motivi non correttamente formulati o proposti.

Conclusioni

L’ordinanza in esame rafforza la certezza giuridica per gli operatori economici che utilizzano il patto parasociale per strutturare operazioni di finanza d’impresa. La validità delle opzioni put come meccanismo di disinvestimento per il socio finanziatore viene pienamente confermata, purché inserite in un quadro contrattuale coerente. La decisione serve anche come monito sull’importanza del rigore processuale: le eccezioni e le censure devono essere sollevate nei tempi e nei modi previsti dalla legge, pena la loro inammissibilità in sede di legittimità. In definitiva, l’autonomia delle parti nel definire i propri rapporti societari trova ampia tutela, a condizione che non si sconfini in pattuizioni illecite come il patto leonino.

Un’opzione ‘put’ inserita in un patto parasociale per garantire il disinvestimento di un socio finanziatore è valida?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che tale clausola è valida. Rientra nell’autonomia contrattuale delle parti (art. 1322 c.c.) e la sua causa concreta è identificata in una forma di garanzia per il socio finanziatore, meritevole di tutela.

Una fideiussione prestata da un socio per garantire l’obbligo di riacquisto delle quote è nulla se il socio stesso potrebbe essere l’acquirente?
No, non è necessariamente nulla. La Corte ha chiarito che la fideiussione è pienamente valida nello scenario in cui l’acquirente delle quote sia un terzo presentato dal socio garante. In questo caso, si realizza la necessaria distinzione tra il debitore principale (il terzo) e il garante.

Un accordo che esclude un socio dalle perdite maturate prima del suo ingresso in società costituisce un patto leonino vietato?
No. La Corte ha stabilito che non si tratta di un patto leonino (art. 2265 c.c.), poiché il divieto riguarda l’esclusione totale e costante del socio dalla partecipazione alle perdite o agli utili. La clausola in questione si limita a regolare la gestione delle perdite pregresse e non esclude che il socio finanziatore partecipi alle perdite maturate durante la sua permanenza nella società.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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