Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 18203 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 18203 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/07/2025
Oggetto: patto di non concorrenza – clausola penale – eccezione di inadempimento
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19328/2021 R.G. proposto da COGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME rappresentati e difesi d all’ avv. NOME COGNOME
– ricorrenti principali – contro
COGNOME Carla e RAGIONE_SOCIALE questRAGIONE_SOCIALEultima in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentate e difese da ll’ avv. NOME COGNOME
– controricorrenti, ricorrenti in via incidentali – avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze n. 80/2021, depositata il 18 gennaio 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19 giugno 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
NOME COGNOME e NOME COGNOME propongono ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Firenze, depositata il 18
gennaio 2021, di reiezione del loro appello per la riforma della sentenza del Tribunale di Prato nella parte in cui li aveva condannati al pagamento in favore di NOME COGNOME della somma di euro 500.000,00, oltre interessi, a titolo di penale per violazione di obblighi assunti con scrittura privata del 23 febbraio 2007 e per compimento di atti di concorrenza sleale;
– la Corte territoriale ha riferito che la statuizione di condanna era stata pronunciata nell’ambito di un giudizio instaurato da NOME COGNOME e dalla RAGIONE_SOCIALE (in seguito, RAGIONE_SOCIALE) in cui gli attori avevano allegato: che con la menzionata scrittura privata era stata concordata la fuoriuscita dalla compagine della RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME, già socia di tale società, e del di lei coniuge NOME COGNOME, già amministratore d ella stessa, mediante l’assunzione dell’obbligo da parte della predetta NOME COGNOME di vendere tutte le azioni della società di sua titolarità alla sorella NOME per il prezzo di euro 1,3 mln., di cui euro 800.000,00 da versare al momento della sottoscrizione ed euro 500.000,00 entro il 31 ottobre 2008, e dell’obbligo della medesima NOME COGNOME e di NOME COGNOME di non compiere atti di concorrenza sleale sino a tale data; che tali obblighi di non concorrenza, contrattualmente stabiliti all’art. 9 della scrittura privata, non erano stati rispettati, avendo i convenuti compiuto atti di concorrenza illeciti in relazione all’ acquisto della RAGIONE_SOCIALE, alla produzione di tessuti , all’ut ilizzazione di nomi riferibili alla RAGIONE_SOCIALE e alla sottrazione di agenti e personale qualificato di quest’ultima; che ciò determinava l’obbligo dei convenuti al pagamento della penale contrattuale in favore di NOME COGNOME di importo pari a euro 500.000,00, e al risarcimento dei danni causati alla RAGIONE_SOCIALE.a.;
– la Corte di appello ha aggiunto che successivamente NOME COGNOME aveva ottenuto un decreto ingiuntivo nei confronti di NOME COGNOME per il pagamento della somma di euro 500.000,00, richiesta quale saldo del prezzo della cessione azionaria, e che il susseguente giudizio di
opposizione era stata riunito al precedente;
ha, poi, riferito che il giudice di prime cure aveva respinto l’opposizione al decreto ingiuntivo e accolto la domanda di condanna degli odierni ricorrenti al pagamento della somma di euro 500.000,00 a titolo di penale contrattuale in favore di NOME COGNOME respingendo, invece, quella risarcitoria proposta dalla società;
ha, quindi, disatteso sia l’appello principale degli odierni ricorrenti, sia quello incidentale di NOME COGNOME e della RAGIONE_SOCIALE, osservando in particolare, quanto al primo, che attraverso l ‘attività dell a rilevata RAGIONE_SOCIALE gli appellanti principali aveva commercializzato tessuti di lana cotta e usato denominazioni per distinguere i prodotti nomi idonee a creare confusione e che tali circostanze costituivano inadempimento contrattuali tali da giustificare la penale invocata, nella misura stabilita;
quanto al secondo, ha ritenuto infondati i motivi di gravame vertenti sia sull’eccezione di inadempimento sollevata da NOME COGNOME avuto riguardo alla assenza di un nesso di sinallagmaticità tra l’obbligazione di pagamento del prezzo per la cessione della partecipazione azionaria e quella di rispettare i divieti di non concorrenza contenuti nell’art. 9 della scrittura privata, sia sulla domanda risarcitoria proposta dalla M.T.T. s.p.a. in ragione della mancata dimostrazione del nesso di causalità tra le condotte poste in essere dagli appellanti principali e il calo di fatturato registrato della società ovvero l’allegato indebolimento della sua struttura organizzativa;
il ricorso è affidato a tre motivi;
resistono con unico controricorso NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE i quali propongono ricorso incidentale a sua volta affidato a due motivi;
avverso tale ricorso incidentale resistono con unico controricorso NOME COGNOME e NOME COGNOME;
le parti depositano memoria ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.;
CONSIDERATO CHE:
con il primo motivo i ricorrenti principali denunciano la falsa applicazione de ll’ art. 2598 cod. civ., per aver la sentenza impugnata ritenuto che la fattispecie della concorrenza sleale per imitazione servile dei prodotti del concorrente trovasse applicazione non già con esclusivo riferimento a specifici prodotti dotati di caratteristiche individualizzanti, bensì con riferimento a un segmento di mercato e, conseguentemente, aver ritenuto che la generica produzione di prodotti nel segmento di mercato della lana cotta rientrasse nell’ambito di applicazione di tale fattispecie;
il motivo è inammissibile;
la Corte di appello ha, sul punto, osservato che il divieto di non concorrenza contrattualmente stabilito aveva a oggetto prodotti di lana cotta e che con tale indicazione le parti avevano inteso riferirsi non solo i capi 100% lana lavorati a maglia, ma anche quelli prevalentemente in lana lavorati a navetta, concludendo per la violazione di tale divieto in ragione della somiglianza del grado di compattezza, peso, mano e impatto dei tessuti commercializzati dalla RAGIONE_SOCIALE con quelli prodotti dalla RAGIONE_SOCIALE, tale da renderli interscambiabili anche per un utente esperto;
orbene, la doglianza in esame non coglie la ratio decidendi , che non è fondata sulla violazione della fattispecie normativa di cui all’art. 2598 , primo comma, n. 1, cod. civ., bensì sulla violazione di uno specifico divieto contrattualmente stabilito dalle parti;
-l’individuazione dell’ambito di applicazione dell’art. 2598 cod. civ. e la sussumibilità della condotta posta in essere dalla RAGIONE_SOCIALE all’interno della fattispecie descritta da tale norma risultano, dunque, questioni non concludenti;
solamente ad abundantiam ha fatto riferimento alla motivazione del Tribunale nella parte in cui ha richiamato i principi elaborati da questa Corte in tema di imitazione servile ex art. 2598, primo comma, n. 1,
cod. civ., ma ciò non costituisce una ratio decidendi della decisione, non spiegando alcuna influenza sul dispositivo della stessa (cfr. Cass. 8 giugno 2022, n. 18429; Cass. 10 aprile 2018, n. 8755);
può, inoltre, aggiungersi che la interpretazione del termine «tessuti in lana cotta» offerta dalla Corte di appello, contestata dai ricorrenti principali e determinante ai fini della delimitazione dell’estensione oggettiva del patto di non concorrenza in questione , rientra nell’ambito degli accertamenti riservati al giudice di merito ed è sindacabile da questa Corte solo per vizio motivazionale o per violazione dei canoni di ermeneutica contrattuale, ma nessuna di tali censure è stata prospettata;
con il secondo motivo i ricorrenti principali deducono la falsa applicazione dell’art. 1384 cod. civ., per aver la Corte territoriale «senza alcuno sforzo argomentativo né alcuna plausibile giustificazione» , che vi fosse corrispondenza tra l’importo della penale e l’interesse delle parti all’adempiment o dei patti contenuto nella scrittura privata, tale da escludere la riduzione della penale medesima perché manifestamente eccessiva;
– il motivo è infondato;
va premesso che l’ apprezzamento della eccessività manifesta o meno dell ‘ importo fissato con clausola penale dalle parti contraenti rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, il cui esercizio è incensurabile in sede di legittimità se correttamente fondato, a norma dell’art. 1384 cod. civ., sulla valutazione dell’interesse del creditore all’adempimento con riguardo all’effettiva incidenza dello stesso sull’equilibrio delle prestazioni e sulla concreta situazione contrattuale, indipendentemente da una rigida ed esclusiva correlazione con l’entità del danno subito (cfr. Cass. 1° ottobre 2018, n. 23750; Cass. 16 febbraio 2012, n. 2231; Cass. 16 marzo 2007, n. 6158);
orbene, la Corte di appello ha ritenuto che la misura della penale pattuita risultava essere collegata all’effettiva incidenza
dell’adempimento nell’equilibrio delle prestazioni e corrispondente all’interesse delle parti alla data di stipula , avuto riguardo al contenuto delle obbligazioni assunte nella scrittura privata e, in particolare, al nesso esistente tra il pagamento della seconda tranche del prezzo di acquisto delle azioni e il divieto per parte acquirente di compiere atti di concorrenza sleale, desunto dalla previsione di un medesimo termine di adempimento (il 31 ottobre 2008);
-così argomentando, ha operato la necessaria valutazione dell ‘ interesse del creditore all ‘ adempimento con riguardo ai riferiti parametri;
-con l’ultimo motivo del ricorso principale si lamenta la violazione degli artt. 51, 52 e 196 cod. proc. civ., per aver la decisione di appello disatteso la richiesta di rinnovazione della consulenza tecnica d’ufficio e di sostituzione del consulente senza alcuna logica motivazione;
il motivo è inammissibile;
la Corte di appello ha osservato, in proposito, che «gli elementi di sospetto sollevati con l’istanza di ricusazione non trovano riscontri probatori in atti mentre la relazione peritale appare chiara, esaustiva, approfondita e ben argomentata anche perché il ctu ha fornito adeguato riscontro alle osservazioni dei consulenti di parte; non si ravvisano pertanto le ragioni per disporne la rinnovazione né i gravi motivi per procedere alla sostituzione del consulente»;
la doglianza non si confronta con tale motivazione non aggredendo, dunque, in modo puntuale la ratio decidendi ;
con il primo motivo del ricorso incidentale si critica la sentenza impugnata per violazione dell’art. 1460 cod. civ., nella parte in cui ha escluso l’esistenza di un nesso di sinallagmaticità tra l’obbligazione di versamento (della seconda tranche) del prezzo della cessione azionaria e gli obblighi di non concorrenza assunti dalla cedente benché facenti parte di un rapporto obbligatorio sostanzialmente unitario, che, invece, sarebbe desumibile dal fatto che le diverse obbligazioni erano
contenute nel medesimo documento contrattuale ed avevano identico termine di adempimento;
sostiene, sul punto, che gli argomenti spesi dalla Corte territoriale a sostegno della sua decisione, consistenti nella non identità soggettiva dei soggetti obbligati e nella esistenza di una pluralità di autonome obbligazioni discendenti dalla scrittura privata, attenevano a circostanza non rilevanti;
il motivo è inammissibile;
-la censura invoca l’applicazione del principio -espresso da Cass. 19 dicembre 2003, n. 19556 -secondo cui l’eccezione di inadempimento di cui all’art. 1460 cod. civ., in forza del quale, nei contratti a prestazioni corrispettive, ciascun contraente può rifiutare la propria prestazione in costanza di inadempimento della controparte, trova applicazione anche nell ‘ ipotesi di inadempimento di un diverso negozio, purché collegato con il primo da un nesso di interdipendenza, fatto palese dalla comune volontà delle parti, che renda sostanzialmente unico il rapporto obbligatorio;
omette, tuttavia, di considerare che la richiamata pronuncia (così come anche, precedentemente, Cass. 14 gennaio 1998, n. 271) ha condivisibilmente chiarito che la valutazione in ordine alla sussistenza di tale nesso di interdipendenza è rimessa al prudente e insindacabile apprezzamento del giudice di merito, sottraendosi, così, al sindacato di questa Corte per violazione o falsa applicazione della legge;
con il secondo motivo i ricorrenti incidentali censurano la sentenza di appello per violazione degli artt. 2043, 2476, sesto comma, e 2600 cod. civ. e 115, secondo comma, cod. proc. civ., nella parte in cui ha escluso che le condotte poste in essere dagli odierni ricorrenti principali avessero determinato, anche in via non esclusiva, il danno lamentato;
il motivo è inammissibile;
la doglianza si risolve in una critica alla valutazione delle risultanze probatorie effettuata dal giudice di merito che, attenendo a una
valutazione a questi rimessa, non può essere sindacata in questa sede per violazione o falsa applicazione della legge;
– non concludente è, poi, la censura nella parte in cui critica la qualificazione operata dalla Corte di appello quale fatto notorio della crisi economica che si sarebbe registrata nel periodo in osservazione, in quanto tale ritenuta idonea a giustificare la riduzione del fatturato e a escludere la incidenza causale degli adempimenti degli appellanti principali, atteso che tale qualificazione è stata operata nell’ambito di un’argomentazione ad abundantiam e formulata in chiave ipotetica, per cui non ha costituito la ratio decidendi , imperniata sulla mancata dimostrazione del nesso di causalità;
– per le suindicate considerazioni, pertanto, il ricorso principale non può essere accolto, mente quello incidentale va dichiarato inammissibile; – in ragione della reciproca soccombenza appare opportuno disporre la compensazione integrale tra le parti delle spese del presente giudizio;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale e dichiara inammissibile quello incidentale; compensa integralmente tra le parti le spese del presente giudizio.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , t.u. spese giust., dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte sia dei ricorrenti principali, sia di quelli incidentali , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, rispettivamente, per il ricorso principale e quello incidentale, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Rom a, nell’adunanza camerale del 19 giugno 2025.