Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 34496 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 34496 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 23080-2023 proposto da:
NOMECOGNOME rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME e domiciliata presso la cancelleria della Corte di Cassazione
– ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME e domiciliato presso la cancelleria della Corte di Cassazione
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 2680/2023 della CORTE DI APPELLO di MILANO, depositata il 19/09/2023;
udita la relazione della causa svolta in camera di consiglio dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione notificato il 18.12.2020 COGNOME NOME evocava in giudizio la sua ex-moglie NOME NOME innanzi il Tribunale di Varese, invocando l’accertamento che un appartamento e annesso box, fittiziamente intestati alla convenuta, erano invece di proprietà esclusiva di esso attore, e chiedendo disporsi il trasferimento della proprietà di detti immobili in suo favore.
Nella resistenza della convenuta, che eccepiva che l’intestazione del cespite a suo nome non era frutto di interposizione di persona, in quanto essa aveva collaborato con l’ex-marito nella di lui attività professionale, il Tribunale, con sentenza n. 939/2022, rigettava la domanda.
Con la sentenza impugnata, n. 2680/2023, la Corte di Appello di Milano accoglieva invece il gravame interposto dal COGNOME avverso la decisione di prime cure, riformandola ed accogliendo la domanda dal medesimo proposta in prime cure. La Corte distrettuale evidenziava che il pactum fiduciae , in base al principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 6459/2020, può essere provato con ogni mezzo, mentre devono rivestire forma scritta, se relativi ad immobili, gli atti costituenti esecuzione del detto accordo fiduciario. Evidenziava altresì che nella fattispecie, in esecuzione dell’obbligo di ritrasferimento dell’immobile, la COGNOME aveva rilasciato al COGNOME una procura irrevocabile a vendere, anche con autorizzazione a contrarre con sé stesso, e riteneva questo elemento confermativo dell’esistenza del patto fiduciario, a prescindere dalla circostanza che,
in seguito, la procura fosse stata barrata per non consentirne l’utilizzazione. Ciò che invero rilevava, secondo la Corte territoriale, era il fatto che la procura fosse stata rilasciata, a conferma dell’esistenza dell’accordo fiduciario esistente tre le parti.
Propone ricorso per la cassazione di detta decisione NOMECOGNOME affidandosi a due motivi.
Resiste con controricorso COGNOME NOME.
A seguito di proposta di definizione del giudizio ai sensi dell’art.380 bis c.p.c. la parte ricorrente, con istanza del 17.4.2024 corredata da procura speciale in pari data, ha chiesto la decisione del ricorso.
In prossimità dell’adunanza camerale, le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente il collegio dà atto che, a seguito della pubblicazione della sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 9611/2024 (Cass. Sez. U, Sentenza n. 9611 del 10/04/2024, Rv. 670667) non sussiste alcuna incompatibilità del presidente della sezione o del consigliere delegato, che abbia formulato la proposta di definizione accelerata, a far parte, ed eventualmente essere nominato relatore, del collegio che definisce il giudizio ai sensi dell’art. 380-bis.1, atteso che la proposta non ha funzione decisoria e non è suscettibile di assumere valore di pronuncia definitiva, né la decisione in camera di consiglio conseguente alla richiesta del ricorrente si configura quale fase distinta del giudizio di cassazione, con carattere di autonomia e contenuti e finalità di riesame e di controllo sulla proposta stessa.
Passando all’esame dei motivi del ricorso, con il primo di essi la ricorrente lamenta la violazione degli artt. 132, 156 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., nonché l’apparenza o inesistenza della motivazione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c., perché la Corte di
Appello avrebbe erroneamente accolto la domanda del COGNOME sulla scorta di motivazione sostanzialmente assente o comunque apparente. In particolare, il giudice di seconde cure avrebbe valorizzato, ai fini della prova dell’esistenza del pactum fiduciae allegato dal COGNOME, la procura a vendere conferita dalla COGNOME allo stesso in data 26.6.2009, che tuttavia non era contestuale all’acquisto del bene che ne costituiva oggetto, avvenuta il 26.4.2006, ma successiva di tre anni rispetto a tale data.
La censura è infondata.
La Corte territoriale ha fornito la motivazione della propria decisione di accoglimento del gravame interposto dal COGNOME avverso la sentenza di prima istanza, evidenziando, in punto di diritto, che il pactum fiduciae può essere provato senza limiti anche se relativo ad immobili, e ritenendo, in punto di fatto, che nella fattispecie la prova della sua esistenza poteva ricavarsi dal fatto che la moglie, intestataria del bene, avesse rilasciato al marito una procura irrevocabile a vendere, contenente anche l’autorizzazione a contrarre con sé stesso.
La statuizione in diritto è coerente con il principio affermato dalla sentenza delle Sezioni Unite di questa Corte n. 6459/2020, secondo cui ‘Per il patto fiduciario con oggetto immobiliare, che si innesta su un acquisto effettuato dal fiduciario per conto del fiduciante, non è richiesta la forma scritta ad substantiam, trattandosi di atto meramente interno tra fiduciante e fiduciario che dà luogo ad un assetto di interessi che si esplica esclusivamente sul piano obbligatorio; ne consegue che tale accordo, una volta provato in giudizio, è idoneo a giustificare l’accoglimento della domanda di esecuzione specifica dell’obbligo di ritrasferimento gravante sul fiduciario’ (Cass. Sez. U, Sentenza n. 6459 del 06/03/2020, Rv. 657212 – 01). La stessa decisione, peraltro, ha anche affermato che ‘La dichiarazione
unilaterale scritta dal fiduciario, ricognitiva dell’intestazione fiduciaria dell’immobile e promissiva del suo ritrasferimento al fiduciante, non costituisce autonoma fonte di obbligazione, ma, rappresentando una promessa di pagamento, ha soltanto effetto confermativo del preesistente rapporto nascente dal patto fiduciario, realizzando, ai sensi dell’art. 1988 c.c., una astrazione processuale della causa, con conseguente esonero a favore del fiduciante, destinatario della contra se pronuntiatio, dell’onere della prova del rapporto fondamentale, che si presume fino a prova contraria’ (Cass. Sez. U, Sentenza n. 6459 del 06/03/2020, Rv. 657212 – 02).
La considerazione in punto di fatto, invece, costituisce espressione del libero apprezzamento dello stesso, e delle prove, che costituisce appannaggio del giudice di merito e che può essere sindacato in sede di legittimità, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 20867 del 30/09/2020, Rv. 659037 – 02). Nel caso di specie, la motivazione della sentenza impugnata non risulta viziata da apparenza, né appare manifestamente illogica, ed è idonea ad integrare il cd. minimo costituzionale e a dar atto dell’iter logico-argomentativo seguito dal giudice di merito per pervenire alla sua decisione (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830, nonché, sul concetto di motivazione apparente, v. Cass. Sez. U, Ordinanza n. 2767 del 30/01/2023, in motivazione).
La circostanza di fatto che la Corte distrettuale avrebbe erroneamente valutato, rappresentata in sostanza dalla data della procura a vendere, che sarebbe stata conferita non il 26.4.2006 (data dell’acquisto del bene immobile che ne forma oggetto) ma il 26.4.2009 non è rilevante, in quanto il giudice di merito non ha affatto ritenuto
che l’indice dell’esistenza del pactum fiduciae fosse la contestualità tra i due atti (acquisto del cespite e rilascio della procura a vendere con autorizzazione a contrarre con sé stesso) bensì ha considerato che il rilascio della procura costituisse atto esecutivo del predetto accordo fiduciario e, da ciò, ha inferito la prova dell’esistenza di quest’ultimo.
Peraltro, va evidenziato che l’indicazione della ‘contestualità’ dei due atti (procura e compravendita) contenuta a pag. 5 della sentenza impugnata – e su cui pone l’accento il ricorso – è frutto di un evidente errore materiale, poiché in tutto lo svolgimento della motivazione la data di rilascio della procura viene, correttamente, individuata nel 26.6.2009. Sotto questo profilo, va evidenziato che l’irriducibile contrasto logico si configura soltanto laddove la motivazione, formalmente esistente, si articoli in argomentazioni svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuare l’effettiva giustificazione del decisum (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014, Rv. 629830, in motivazione, punto 14.5, e Cass. Sez. 3, Sentenza n. 20112 del 18/09/2009, Rv. 609353). Ne deriva, a contrario, che ogni qualvolta sia possibile identificare la ratio della decisione, oppure, a fortiori , si configuri una mera svista terminologica o un errore materiale, non idoneo a rendere oggettivamente incomprensibile il ragionamento logico-giuridico seguito dal giudice di merito, non si rientra nell’ambito del vizio motivazionale ancora deducibile in sede di legittimità.
Con il secondo motivo, invece, la ricorrente lamenta l’omesso esame di un fatto decisivo, perché la Corte di Appello avrebbe dovuto considerare che, nella stessa data del 26.4.2009, anche il COGNOME aveva conferito alla COGNOME procura a vendere gli immobili a lui intestati, con autorizzazione a contrarre con sé stessa. I due atti, dunque, avrebbero dovuto essere interpretati dalla Corte distrettuale
come esecutivi degli accordi di separazione tra i coniugi, e dunque la procura rilasciata dalla COGNOME non poteva costituire prova dell’esistenza di un patto fiduciario anteriore alla separazione, e risalente alla data di acquisto del bene che ne costituiva oggetto.
La censura è inammissibile, in quanto la ricorrente, deducendo apparentemente un vizio di omesso esame, intende in realtà attingere la complessiva valutazione del fatto e delle prove prescelta dal giudice di merito, senza considerare che l’omesso esame denunziabile in sede di legittimità deve riguardare un fatto storico considerato nella sua oggettiva esistenza, ‘… dovendosi intendere per “fatto” non una “questione” o un “punto” della sentenza, ma un fatto vero e proprio e, quindi, un fatto principale, ex art. 2697 c.c., (cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) od anche un fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purché controverso e decisivo’ (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 17761 del 08/09/2016, Rv. 641174; cfr. anche Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 2805 del 05/02/2011, Rv. 616733). Non sono quindi ‘fatti’ nel senso indicato dall’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., né le singole questioni decise dal giudice di merito, né i singoli elementi di un accadimento complesso, comunque apprezzato, né le mere ipotesi alternative, ed infine neppure le singole risultanze istruttorie, ove comunque risulti un complessivo e convincente apprezzamento del fatto svolto dal giudice di merito sulla base delle prove acquisite nel corso del relativo giudizio.
L’omesso esame denunciato, in concreto, dalla ricorrente, dunque, è solo apparentemente incidente su un fatto storico, ma in effetti si riferisce alla valutazione delle prove, e (sotto questo profilo) deve ribadirsi che il motivo di ricorso non può mai risolversi in un’istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla
natura ed ai fini del giudizio di cassazione (Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790). Né è possibile proporre un apprezzamento diverso ed alternativo delle prove, dovendosi ribadire il principio per cui ‘L’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata’ (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv. 589595; conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv. 631448; Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv. 631330; cfr. anche Cass. Sez. 1, Sentenza n. 16056 del 02/08/2016, Rv. 641328 e Cass. Sez. 6 -3, Ordinanza n. 16467 del 04/07/2017, Rv. 644812).
Peraltro, va anche evidenziato che il fatto del quale si lamenta la mancata considerazione, consistente nella asserita contestualità del rilascio delle due procure, rispettivamente conferite dal marito a favore della moglie e da questa a favore del primo, sarebbe in ogni caso irrilevante ai fini della decisione, poiché il predetto elemento viene valorizzato, dalla COGNOME per dimostrare che le predette procure costituivano atti esecutivi degli accordi assunti dai due coniugi in occasione della loro separazione personale. Tuttavia, nel caso di specie,
il COGNOME aveva agito per invocare l’esistenza di un patto fiduciario relativo all’acquisto di taluni immobili, formalmente intestati alla COGNOME, e la Corte di Appello, con l’inciso a pag. 5, ha ritenuto che la procura conferita dalla moglie all’odierno controricorrente costituisse atto esecutivo di detto accordo fiduciario (‘….. atto di esecuzione dell’obbligo di ritrasferimento assunto dalla COGNOME al momento della compravendita ‘) e quindi intendeva riferirsi alla procura rilasciata dalla moglie in favore del marito. L’esistenza di ulteriori, e successivi, accordi intercorsi in sede di separazione personale dei due coniugi risulta quindi del tutto irrilevante ai fini dell’accertamento di fatto che, in base alla domanda originariamente proposta dal COGNOME, era stato devoluto al giudice di merito.
In definitiva, alla luce delle esposte argomentazioni, il ricorso va rigettato.
Le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Poiché il ricorso è deciso in conformità alla proposta formulata ai sensi dell’art. 380bis c.p.c., vanno applicati -come previsto dal terzo comma, ultima parte, dello stesso art. 380bis c.p.c.- il terzo e il quarto comma dell’art. 96 c.p.c., con conseguente condanna della parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, di una somma equitativamente determinata (nella misura di cui in dispositivo), nonché al pagamento di una ulteriore somma -nei limiti di legge- in favore della cassa delle ammende.
Considerato il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater , del D.P.R. n. 115 del 2002- della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 4.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in € 200,00 ed agli accessori di legge, inclusi iva e cassa avvocati.
Condanna altresì la parte ricorrente, ai sensi dell’art. 96 c.p.c., al pagamento, in favore della parte controricorrente, di una somma ulteriore pari a quella sopra liquidata per compensi, nonché al pagamento della somma di € 3.000,00 in favore della cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda