Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 1424 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 1424 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso 30682-2019 proposto da:
NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME e domiciliata presso la cancelleria della Corte di Cassazione
– ricorrente –
contro
COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO nello studio dell’avv. NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 3107/2019 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 11/07/2019;
udita la relazione della causa svolta in camera di consiglio dal Consigliere COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione ritualmente notificato COGNOME COGNOME evocava in giudizio NOME COGNOME innanzi il Tribunale di Busto Arsizio, invocando l’accertamento dell’esistenza di un negozio fiduciario con la convenuta, avente ad oggetto l’intestazione di alcuni immobili già costituenti il patrimonio della società RAGIONE_SOCIALE, liquidata nel 2008, che erano stati assegnati, all’esito della liquidazione, all’unica socia NOME COGNOME, anche per la quota in realtà spettante all’attore. L’attore chiedeva dunque, sulla base di una controdichiarazione sottoscritta dalla sola convenuta, l’emissione di sentenza costitutiva, in tesi per il 50% della piena proprietà, ed in ipotesi per il 50% del diritto di usufrutto, con attribuzione della nuda proprietà alla figlia NOME NOME nonché, in subordine, la condanna della convenuta al risarcimento del danno derivante dall’inadempimento del negozio fiduciario di cui anzidetto.
Si costituiva la NOME, contestando la validità della controdichiarazione e resistendo alla domanda.
Con sentenza n. 894/2017 il Tribunale accoglieva la domanda, trasferendo al Perazzolo il 50% del diritto di usufrutto sui beni oggetto di causa.
Con la sentenza impugnata, n. 3107/2019, la Corte di Appello di Milano rigettava il gravame interposto dalla NOME avverso la decisione di prime cure, confermandola.
Propone ricorso per la cassazione di tale pronuncia NOME COGNOME affidandosi a quattro motivi.
Resiste con controricorso COGNOME spiegando ricorso incidentale affidato ad un unico motivo, a sua volta resistito da controricorso della NOME.
In prossimità dell’adunanza camerale, ambo le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, la parte ricorrente principale lamenta la violazione dell’art. 1421 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe affermato la tardività del rilievo, da parte della Franco, dell’eccezione di inesistenza o nullità del patto fiduciario, ritenendola sollevata soltanto con la comparsa conclusionale in primo grado. In proposito, la ricorrente evidenzia che -trattandosi di questione di nullità del negozio- il giudice aveva comunque il potere-dovere di rilevarla ex officio , e dunque il profilo della tardività sarebbe stato irrilevante.
Il motivo è inammissibile.
La Corte di Appello, dopo aver affermato che la questione della nullità ed inesistenza del pactum fiduciae era stata sollevata dalla Franco solo con la comparsa conclusionale in prime cure, la ha comunque esaminata, evidenziando che la controdichiarazione con la quale la predetta si era obbligata a trasferire al Perazzolo il 50% del diritto di usufrutto sui beni immobili ricevuti in assegnazione quale unica socia della liquidata RAGIONE_SOCIALE era stata redatta e sottoscritta contestualmente all’assegnazione dei predetti beni. La Corte distrettuale ha aggiunto che nella predetta controdichiarazione l’odierna ricorrente aveva espressamente ‘… dichiarato e riconosciuto la spettanza della metà del patrimonio immobiliare al socio occulto, il coniuge NOME COGNOMEche solo per motivi legati all’attività imprenditoriale ha preferito non figurare come socio- assumendo
l’impegno al trasferimento della quota di un mezzo di tali beni in favore di quest’ultimo, a semplice richiesta e senza pretendere alcun corrispettivo, con le condizioni ivi indicate. Tale documento costituisce un atto ricognitivo in forma scritta del negozio fiduciario tra le parti … e, sulla base ed in esecuzione di quell’accordo, dà atto del preciso impegno in capo alla moglie al trasferimento, in favore del marito, della quota indicata dei beni immobili, individuati con gli estremi catastali’ (cfr . pagg. 5 e 6 della sentenza impugnata). Sulla base di tali premesse, la Corte di Appello ha ritenuto ‘… provata l’esistenza di un pactum fiduciae a contenuto obbligatorio, conforme a quanto costantemente statuito, sin da Cass 9402/2005, dalla giurisprudenza di legittimità’ (cfr . ancora pag. 6 della sentenza).
Poiché dunque la questione della validità del patto fiduciario è stata esaminata dal giudice di merito, la parte ricorrente non ha alcun interesse concreto ad impugnare l’inziale affermazione di tardività della deduzione del vizio, dovendosi ribadire, sul punto, che ‘L’interesse ad agire richiede non solo l’accertamento di una situazione giuridica ma anche che la parte prospetti l’esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l’intervento del giudice poiché il processo non può essere utilizzato solo in previsione di possibili effetti futuri pregiudizievoli per l’attore senza che siano ammissibili questioni di interpretazioni di norme, se non in via incidentale e strumentale alla pronuncia sulla domanda principale di tutela del diritto ed alla prospettazione del risultato utile e concreto che la parte in tal modo intende perseguire’ (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 28405 del 28/11/2008; Rv. 605612; Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 15355 del 28/06/2010, Rv.613874; Cass. Sez. 6-L, Ordinanza n. 2051 del 27/01/2011, Rv. 616029; Cass. Sez. L, Sentenza n. 6749 del 04/05/2012, Rv. 622515). Infatti ‘… il processo non può
essere utilizzato solo in previsione della soluzione in via di massima o accademica di una questione di diritto in vista di situazioni future o meramente ipotetiche’ (Cass. Sez. L, Sentenza n. 27151 del 23/12/2009, Rv. 611498).
Con il secondo motivo, la ricorrente principale denunzia la violazione e falsa applicazione degli artt. 1350, 1351, 1418, 1325 e 2725 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte distrettuale avrebbe erroneamente configurato un negozio fiduciario in presenza di una dichiarazione sottoscritta dalla sola ricorrente in epoca successiva al contratto con il quale sarebbe stata realizzata l’intestazione fiduciaria degli immobili di cui è causa. Ad avviso della ricorrente, la prova che la controdichiarazione sarebbe stata predisposta successivamente all’atto di assegnazione degli immobili sarebbe data dal fatto che essa fa espressamente riferimento a beni che ‘sono stati assegnati’ alla Franco. Il documento, quindi, costituirebbe mera dichiarazione unilaterale, a contenuto confessorio, e dunque non sarebbe idonea a costituire fonte autonoma di obbligazione.
La censura è infondata.
Come già evidenziato in occasione dello scrutinio del primo motivo, la Corte di Appello ha ritenuto che la dichiarazione a firma della Franco costituisse ‘… un atto ricognitivo in forma scritta del negozio fiduciario tra le parti … e, sulla base ed in esecuzione di quell’accordo, dà atto del preciso impegno in capo alla moglie al trasferimento, in favore del marito, della quota indicata dei beni immobili, individuati con gli estremi catastali’ ed ha quindi considerato ‘… provata l’esistenza di un pactum fiduciae a contenuto obbligatorio, conforme a quanto costantemente statuito, sin da Cass 9402/2005, dalla giurisprudenza di legittimità’ (cfr . pag. 6 della sentenza impugnata).
Tale statuizione è coerente con l’insegnamento di questa Corte, secondo cui ‘… il negozio fiduciario si realizza mediante il collegamento di due negozi, l’uno di carattere esterno, realmente voluto e con efficacia verso i terzi, e l’altro di carattere interno -pure effettivamente voluto- ed obbligatorio, diretto a modificare il risultato finale del primo negozio per cui il fiduciario è tenuto a ritrasferire il bene al fiduciante o ad un terzo …’ (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 9402 del 06/05/2005, Rv. 581194; conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 17785 del 08/09/2015, Rv. 636851; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 5507 del 21/03/2016, Rv. 639100).
Nel caso specifico, la Corte di Appello, all’esito di accertamento di fatto non sindacabile in questa sede, ha ritenuto che il negozio fiduciario fosse stato concluso contestualmente all’intestazione della proprietà dei beni in favore della fiduciaria e che esso rispettasse il requisito della forma scritta previsto per i contratti aventi ad oggetto il trasferimento della proprietà o altri diritti reali sui beni immobili, essendo esso contenuto in una dichiarazione a firma della NOME che il COGNOME aveva confermato mediante la sua produzione in giudizio (cfr . pag. 6 della sentenza).
In proposito, va evidenziato che la parte ricorrente richiama l’orientamento secondo cui ‘Il pactum fiduciae con il quale il fiduciario si obbliga a modificare la situazione giuridica a lui facente capo a favore del fiduciante o di altro soggetto da costui designato, richiede, allorché riguardi beni immobili, la forma scritta ad substantiam, atteso che esso è sostanzialmente equiparabile al contratto preliminare per il quale l’art. 1351 cod. civ. prescrive la stessa forma del contratto definitivo’ (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8001 del 07/04/2011, Rv.617268; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 9489 del 19/07/2000, Rv. 541077; Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 13216 del 25/05/2017, Rv. 644220; Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 32108 del 09/12/2019, Rv. 656210; cfr. anche Cass.
Sez. 1, Sentenza n. 11757 del 26/05/2014, Rv. 631477, secondo cui ‘… la prova per testimoni di tale patto è sottratta alle preclusioni stabilite dagli artt. 2721 e segg. c.c. -sempre che non comporti, il trasferimento, sia pure indiretto, di beni immobili- soltanto nel caso in cui detto patto sia volto a creare obblighi connessi e collaterali rispetto al regolamento contrattuale, al fine di realizzare uno scopo ulteriore rispetto a quello naturalmente inerente al tipo di accordo, senza direttamente contraddire il contenuto espresso di tale regolamento …’ ; conf. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 7416 del 23/03/2017, Rv. 643696).
Tale orientamento, tuttavia, è stato superato dai più recenti arresti di questa Corte, ai quali va data continuità, secondo cui ‘Per il patto fiduciario con oggetto immobiliare, che si innesta su un acquisto effettuato dal fiduciario per conto del fiduciante, non è richiesta la forma scritta ad substantiam, trattandosi di atto meramente interno tra fiduciante e fiduciario che dà luogo ad un assetto di interessi che si esplica esclusivamente sul piano obbligatorio; ne consegue che tale accordo, una volta provato in giudizio, è idoneo a giustificare l’accoglimento della domanda di esecuzione specifica dell’obbligo di ritrasferimento gravante sul fiduciario’ (Cass. Sez. U, Sentenza n. 6459 del 06/03/2020, Rv. 657212 – 01; cfr. anche Cass. Sez. 6 -3, Ordinanza n. 39566 del 13/12/2021, Rv. 663350).
Ne consegue, sempre secondo il più recente l’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte, che ‘La dichiarazione unilaterale scritta dal fiduciario, ricognitiva dell’intestazione fiduciaria dell’immobile e promissiva del suo ritrasferimento al fiduciante, non costituisce autonoma fonte di obbligazione, ma, rappresentando una promessa di pagamento, ha soltanto effetto confermativo del preesistente rapporto nascente dal patto fiduciario, realizzando, ai sensi dell’art. 1988 c.c., una astrazione processuale della causa, con conseguente esonero a
favore del fiduciante, destinatario della contra se pronuntiatio, dell’onere della prova del rapporto fondamentale, che si presume fino a prova contraria’ (Cass. Sez. U, Sentenza n. 6459 del 06/03/2020, Rv. 657212 – 02; in termini analoghi, cfr. anche Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 26988 del 26/11/2020, Rv. 659690, che ammette la validità di siddetta dichiarazione anche se contenuta in un testamento, che è per definizione un atto unilaterale).
L’affermazione, contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui la controdichiarazione a firma della NOME costituirebbe un ‘atto ricognitivo in forma scritta del negozio fiduciario’ (cfr . pag. 6 della sentenza) è pienamente coerente tale ultimo principio.
Da quanto precede discende che la produzione in giudizio, da parte del COGNOME, della dichiarazione di cui è causa, a contenuto ricognitivo di un precedente accordo fiduciario intercorso tra lo stesso e la Franco, esonera il primo dall’onere di dimostrare il rapporto presupposto, la cui esistenza e validità si presume, in funzione del cd. principio dell’astrazione processuale della causa, sino a prova contraria. Prova contraria che, nel caso di specie, la parte odierna ricorrente non ha neppure dedotto di aver fornito.
La produzione in giudizio del documento da parte della parte che non lo ha sottoscritto, peraltro, implica la manifestazione del consenso al suo contenuto e, quindi, equivale alla sottoscrizione del documento (cfr . Cass. Sez. 1, Sentenza n. 5919 del 24/03/2016, Rv. 639062; conf. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 22223 del 17/10/2006, Rv. 592557; cfr . anche Cass. Sez. 2, Sentenza n. 9374 del 07/08/1992, Rv. 478478 e Cass. Sez. 6 -3, Ordinanza n. 12711 del 05/06/2014, Rv. 631163).
Con il terzo motivo, la parte ricorrente principale lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1353, 1362, 1363, 1366 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte di
Appello non avrebbe considerato che non si era comunque avverata la condizione prevista nella dichiarazione a firma della NOMECOGNOME poiché il COGNOME non aveva dimostrato di aver provveduto a pagare la metà delle rate di mutuo insistenti sugli immobili oggetto di causa.
Con il quarto ed ultimo motivo, la ricorrente principale si duole della violazione e falsa applicazione dell’art. 1004 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente affermato che il COGNOME era tenuto a far fronte a parte delle rate di mutuo e delle spese di manutenzione degli immobili soltanto a far data dal deposito della sentenza costitutiva. Ad avviso della ricorrente, anche ammesso che la dichiarazione da lei firmata potesse essere configurata come negozio fiduciario, l’obbligo di contribuzione alle spese ivi previsto a carico del Perazzolo avrebbe dovuto decorrere dal 17 luglio 2008, data di sottoscrizione della dichiarazione stessa.
Le due censure, suscettibili di esame congiunto, sono infondate.
La Corte di Appello afferma che l’impegno della NOME era di trasferire al Perazzolo l’usufrutto sulla quota pari alla metà degli immobili di cui è causa a semplice richiesta del secondo, senza alcun corrispettivo, e che il termine ‘condizione’ era stato utilizzato, nella dichiarazione a firma della NOME, in modo atecnico, per esprimere la correlazione tra gli impegni assunti rispettivamente dalle parti (cfr. pag. 7 della sentenza impugnata). La Corte distrettuale afferma poi che l’obbligo, gravante sul COGNOME, di contribuire al pagamento delle rate di mutuo per la metà del totale, è divenuto esigibile nel momento in cui il patto fiduciario ha avuto esecuzione, e dunque dal momento in cui -stante l’opposizione della Franco- il Tribunale aveva emesso la sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c. Poiché a tale data nessuna
pendenza a titolo di mutuo era in essere, il COGNOME non era tenuto ad eseguire alcun pagamento (cfr. pag. 8 della sentenza impugnata).
Sul punto, va precisato che, secondo l’insegnamento di questa Corte, ‘La sentenza che dispone l’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre, ex art. 2932 c.c., produce i propri effetti solo dal momento del passaggio in giudicato; ne consegue che, quando detta sentenza abbia subordinato l’effetto traslativo al pagamento del residuo prezzo, l’obbligo di pagamento in capo al promissario acquirente non diventa attuale prima dell’irretrattabilità della pronuncia giudiziale, essendo tale pagamento la prestazione corrispettiva destinata ad attuare il sinallagma contrattuale’ (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8250 del 06/04/2009, Rv. 607645; cfr. anche Cass. Sez. 2, Sentenza n. 4711 del 05/11/1977, Rv. 388311; nonché Cass. Sez. U, Sentenza n. 4059 del 22/02/2010, Rv. 611643 e Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8693 del 03/05/2016, Rv. 639745). La statuizione contenuta nella impugnata, dunque, è addirittura favorevole alla ricorrente, nella misura in cui la Corte milanese ha fatto decorrere gli effetti della sentenza ex art. 2932 c.c. non già dal suo passaggio in giudicato, bensì dall’anteriore momento della sua pubblicazione.
Peraltro, per quanto concerne le rate di mutuo, la stessa parte ricorrente afferma, a pag. 14 del ricorso, che l’obbligo gravante sul Perazzolo era di ‘contribuire’ al loro pagamento, il che postula l’attualità dell’obbligazione verso i terzi, mutuanti. Una volta verificato che tale obbligazione non era più attuale, al momento del deposito della sentenza ex art. 2932 c.c. -circostanza pacifica perché non contestata dalla Franco- vi era spazio soltanto per una pretesa a contenuto restitutorio, che tuttavia l’odierna ricorrente non deduce di aver proposto.
In definitiva, il ricorso principale va rigettato.
Passando all’esame dell’unico motivo del ricorso incidentale, con esso il COGNOME si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 2908 e 2932 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., perché la Corte di Appello avrebbe erroneamente fissato la decorrenza dell’obbligo del COGNOME di contribuire al pagamento delle rate di mutuo nella misura della metà a decorrere dal deposito della sentenza di prime cure, di accoglimento della domanda ex art. 2932 c.c. dallo stesso ab origine proposta, e non invece dal successivo momento del passaggio in giudicato della decisione favorevole.
La censura, pur astrattamente fondata, alla luce dell’orientamento di questa Corte già richiamato in relazione allo scrutinio degli ultimi due motivi del ricorso principale, è inammissibile, non avendo il COGNOME impugnato la decisione di prime cure sul punto.
Il ricorso incidentale va dunque dichiarato inammissibile.
Alla luce della reciproca soccombenza, le spese del presente giudizio di legittimità vanno compensate per intero tra le parti.
Stante il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater , del D.P .R. n. 115 del 2002- della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
PQM
la Corte rigetta il ricorso principale, dichiara inammissibile il ricorso incidentale e compensa tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, tanto da parte della ricorrente principale che del ricorrente incidentale,
di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda