Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 6811 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 6811 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30725/2020 R.G. proposto da: COGNOME e COGNOME, tutti nella qualità di eredi di COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrenti –
contro
COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME tutti quali eredi di COGNOME NOME, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
– controricorrenti –
nonché
NOMECOGNOME NOMECOGNOME
– intimati –
avverso la sentenza n. 2209/2020 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 07/09/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 06/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 1720/2014, il Tribunale di Vicenza ha respinto le domande ex art. 2932 c.c., proposte in separati giudizi poi riuniti dagli eredi di COGNOME da una parte, e dagli eredi di COGNOME NOME dall’altra, volte a sentir condannare gli eredi di COGNOME NOME a retrocedere alcuni immobili a quest’ultimo intestati fiduciariamente.
Gli attori, per quel che ancora rileva in questa sede, avevano dedotto a sostegno delle rispettive domande che: a) con rogito del 6.12.1971, COGNOME NOME aveva acquistato da COGNOME Lago Elice gli immobili in Vicenza meglio descritti in citazione; b) in pari data, l’COGNOME aveva rilasciato procura speciale a vendere in favore di COGNOME NOME e COGNOME con mandato irrevocabile e facoltà di contrarre anche con se stessi; c) a seguito di una promessa di vendita intercorsa tra COGNOME e tale NOME NOME, con transazione del 17.10.1974 le parti avevano regolato i reciproci rapporti nel senso che NOME NOME si era riservato la titolarità di taluni immobili ed aveva confermato per i restanti la procura del 6.12.1971, riconoscendo che si trattava di beni che, ancorché a lui intestati, erano di proprietà esclusiva del COGNOME e del COGNOME; e) alla luce dei fatti esposti doveva ravvisarsi la sussistenza di un pactum fiduciae intercorso tra i rispettivi danti causa delle parti, in forza del quale gli eredi
dell’COGNOME dovevano essere condannati a restituire agli eredi del COGNOME e del COGNOME gli immobili in questione.
Il Tribunale di Vicenza ha respinto le domande, ritenendo necessaria la forma scritta, nella fattispecie mancante, del pactum fiduciae, avente ad oggetto beni immobili (si vedano i passi della pronuncia di prime cure trascritti alle pagine 5 e 6 della sentenza impugnata).
2. Interposto gravame da parte degli eredi COGNOME e COGNOME, la Corte d’Appello di Venezia ha confermato la decisione del Tribunale, osservando in particolare che: a) il primo giudice aveva correttamente affermato che in materia di beni immobili il patto fiduciario deve rivestire la forma scritta prescritta dall’art. 1351 c.c.; b) il tentativo di provare con altri mezzi un accordo avente contenuto difforme rispetto al contratto di compravendita immobiliare ‘ è ipotesi diversa ‘ dai principi sanciti dalle Sezioni Unite di questa Corte con sentenza n. 6459 del 2020; c) nella fattispecie non esistono dichiarazioni unilaterali scritte di COGNOME Pietro attuative del presunto accordo fiduciario, tale non potendosi considerare la procura a vendere rilasciata a COGNOME e Cecchinato nel 1971; d) la forma negoziale scelta dalle parti (mandato con rappresentanza) dimostra l’insussistenza del patto fiduciario, perché implica il riconoscimento dell’altruità del bene. ‘ Diverso sarebbe stato se l’COGNOME avesse sotto scritto una dichiarazione con cui si impegnava a trasferire la proprietà di uno o più beni immobili in esecuzione del precedente accordo fiduciario intervenuto tra le parti ‘ (cfr. pag. 9 della sentenza); e) in difetto di prova che la provvista per l’acquisto degli immobili da parte dell’COGNOME era stata procurata da altri soggetti, correttamente
il primo giudice aveva dato atto della mancanza di elementi a sostegno della proprietà rivendicata dagli eredi di COGNOME e di COGNOME; f) l’accordo transattivo del 1974, azionato da Milan Giovanni Battista, era stato dichiarato nullo, con sentenza passata in giudicato, per indeterminatezza dell’oggetto. Vizio, quest’ultimo, che, ‘ inficia anche la restante parte della convenzione transattiva invocata dagli odierni attori rendendola nulla ‘ (cfr. pag. 11 della sentenza); g) in ogni caso, la conferma nella suddetta convenzione transattiva della procura già rilasciata nel 1971, dimostrava ulteriormente l’inesistenza del pactum fiduciae .
Contro tale sentenza COGNOME NOME, COGNOME e COGNOME NOME hanno proposto ricorso, sulla base di sei motivi.
COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME hanno resistito con controricorso.
NOME NOME e COGNOME NOME sono rimaste intimate.
In prossimità dell’adunanza, entrambe le parti costituite hanno depositato memorie illustrative, insistendo nelle rispettive richieste.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, deve essere respinta l’eccezione di nullità della notificazione del controricorso, sollevata dai ricorrenti nella memoria illustrativa, siccome eseguita presso l’avvocato NOME COGNOME difensore degli eredi COGNOME in seconde cure, anziché
presso l’avvocato NOME COGNOME unico difensore dei suddetti ricorrenti nel presente giudizio di legittimità. L’eccezione deve infatti ritenersi infondata, sia perché la notifica del controricorso risulta validamente eseguita presso lo Studio COGNOME, ove i ricorrenti hanno eletto domicilio (cfr. procura in calce al ricorso), sia perché, in ogni caso, l’atto ha raggiunto lo scopo cui era destinato, tenuto conto che l’eccezione, per come formulata, implica l’avvenuto esame e dunque la piena conoscenza del controricorso.
Passando all’esame del ricorso, il primo motivo è così rubricato: ‘ omesso riconoscimento della dichiarazione unilaterale del fiduciario; violazione art. 1988 c.c.; erronea configurazione della necessità della forma scritta per la dimostrazione del pactum fiduciae in relazione agli artt. 1325 c.c. e 1418 c.c. in relazione all’art. 360 n. 3 e 5 c.p.c. ‘. I ricorrenti deducono che la Corte d’Appello avrebbe affermato la necessità di forma scritta del patto fiduciario in spregio ai principi di diritto enunciati dalle Sezioni Unite di questa Corte nella sentenza n. 6459 del 2020. Sostengono che l’intestazione fiduciaria degli immobili oggetto di domanda sarebbe dimostrata dalla procura irrevocabile a vendere rilasciata da COGNOME NOME al COGNOME e al COGNOME contestualmente all’acquisto dei beni; essa troverebbe inoltre conferma nella dichiarazione resa dall’COGNOME nell’accordo transattivo del 1974, con il quale, nel ribadire la procura del 1971, egli aveva riconosciuto che gli immobili in questione, sebbene a lui intestati, erano nella proprietà esclusiva dei mandatari.
Con il secondo motivo, nel denunziare la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., i ricorrenti deducono che il giudice di merito si sarebbe pronunciato
ultra petita su un’eccezione di mancato pagamento del prezzo di acquisto degli immobili, che gli eredi dell’COGNOME non avevano sollevato.
4. Il terzo motivo è così rubricato: ‘ Violazione dell’art. 1387 e ss. c.c. erronea qualificazione giuridica della procura irrevocabile confusa con il mandato come prova del patto fiduciario in relazione all’art.360, n. 3 e 5 c.p.c. ‘. I ricorrenti deducono che la Corte distrettuale, nel considerare la procura a vendere quale atto implicante il riconoscimento dell’altruità del bene, incompatibile con l’esistenza di un pactum fiduciae , avrebbe offerto una lettura atomistica del negozio, incapace di cogliere l’ effettiva portata della più complessa operazione negoziale posta in essere dalle parti, nell’ambito della quale la procura era solamente uno dei tasselli dell’accordo fiduciario, ed in particolare ne costituiva lo strumento attuativo, unitamente alla scrittura del 1974.
5. Con il quarto motivo, nel denunciare la violazione degli artt. 1988 e 1419 c.c., in relazione agli artt. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., i ricorrenti censurano la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto che la declaratoria di nullità della scrittura transattiva del 1974 per indeterminatezza dell’oggetto rendesse nulla e travolgesse anche la dichiarazione confessoria dell’COGNOME ivi contenuta, relativa alla effettiva titolarità dei beni in capo al COGNOME e COGNOME, pur trattandosi di dichiarazione, per un verso, non interessata dal giudicato formatosi sulla sentenza resa a definizione del giudizio promosso dal Milan; per altro verso, destinata a sopravvivere alla declaratoria di nullità ai sensi dell’art. 1419 c.c.
Con il quinto motivo, nel denunciare la violazione dell’art. 113 c.p.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., i ricorrenti deducono che la domanda spiegata dall’COGNOME nel precedente giudizio promosso dal Milan, volta a vedersi assegnare i soli immobili di cui egli si era riservato la proprietà nella scrittura transattiva del 1974, costituirebbe ulteriore conferma dell’effettiva titolarità dei restanti beni in capo a COGNOME e COGNOME.
Con il sesto motivo, nel denunciare, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5 c.p.c., la violazione dell’art. 1387 c.c., i ricorrenti censurano la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto irrilevante la conferma da parte dell’COGNOME , nella transazione del 1974, della procura rilasciata nel 1971, senza tenere conto che proprio la procura era lo strumento tecnico adottato dalle parti per dare esecuzione al patto fiduciario.
Le censure, suscettibili di esame congiunto in ragione della reciproca connessione, sono fondate.
Il giudice di merito ha respinto la domanda muovendo dall’erroneo presupposto che in materia immobiliare il pactum fiduciae debba rivestire la forma scritta ad substantiam prescritta dall’art. 1351 c.c.
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno invero affermato che ‘ Per il patto fiduciario con oggetto immobiliare, che si innesta su un acquisto effettuato dal fiduciario per conto del fiduciante, non è richiesta la forma scritta “ad substantiam”, trattandosi di atto meramente interno tra fiduciante e fiduciario che dà luogo ad un assetto di interessi che si esplica esclusivamente sul piano obbligatorio; ne consegue che tale accordo, una volta provato in giudizio, è idoneo a giustificare l’accoglimento della domanda di
esecuzione specifica dell’obbligo di ritrasferimento gravante sul fiduciario ‘ (cfr. Cass. Sez. U., Sentenza n. 6459 del 06/03/2020, Rv. 657212-01). A riprova dell’infondatezza del richiamo operato dal giudice di merito ai requisiti formali prescritti per il preliminare dall’art. 1351 c.c., si osserva che il Supremo Consesso nomofi lattico, con la pronuncia in commento, ha rimarcato ‘ e differenze esistenti tra il contratto preliminare e il pactum fiduciae ‘ escludendo ‘ la possibilità di equiparare le due figure ai fini di un eguale trattamento del regime formale ‘ (cfr. pag. 22 sent. cit. punto 6.1.).
La Corte distrettuale, mossa dalle errate premesse di cui si è innanzi detto, ha travisato il principio di diritto enunciato dalle Sezioni Unite, compendiato nella seguente massima: ‘ La dichiarazione unilaterale scritta dal fiduciario, ricognitiva dell’intestazione fiduciaria dell’immobile e promissiva del suo ritrasferimento al fiduciante, non costituisce autonoma fonte di obbligazione, ma, rappresentando una promessa di pagamento, ha soltanto effetto confermativo del preesistente rapporto nascente dal patto fiduciario, realizzando, ai sensi dell’art. 1988 c.c., una astrazione processuale della causa, con conseguente esonero a favore del fiduciante, destinatario della “contra se pronuntiatio”, dell’onere della prova del rapporto fondamentale, che si presume fino a prova contraria ‘ (cfr. sent. cit., Rv. 657212 -02). Il giudice di merito ne ha infatti tratto il convincimento che sarebbe stata necessaria, per l’accoglimento della domanda ex art. 2932 c.c., una dichiarazione scritta unilaterale recante espressa assunzione di impegno da parte di COGNOME NOME a ritrasferire gli immobili a Maragno e Cecchinato in esecuzione dell’accordo fiduciario con gli
stessi intercorso, cosicché, secondo la Corte lagunare, il tentativo di dimostrare per altra via ‘ un accordo avente contenuto difforme e relativo agli stessi beni oggetto di un contratto di compravendita, regolarmente registrato dal Notaio, è ipotesi diversa dal principio sancito dalle Sezioni Unite e richiamato . Infatti nella fattispecie non esistono dichiarazioni unilaterali di COGNOME NOME attuative del presunto accordo fiduciario e relative ai beni immobili esattamente identificati tale non potendosi considerare la procura speciale rilasciata dall’COGNOME in favore del COGNOME e del COGNOME, procura che prevede anche la possibilità di contrarre con se stessi ‘ (cfr. pag. 9 della sentenza).
Trattasi di conclusioni che non trovano, invero, alcun appiglio nella sentenza delle Sezioni Unite, le quali hanno viceversa osservato che la fonte dell’obbligo del fiduciario di provvedere al successivo trasferimento al fiduciante, anche quando il diritto acquistato abbia natura immobiliare, può risiedere in un accordo concluso solo verbalmente: ‘S e le parti non hanno formalizzato il loro accordo fiduciario in una scrittura, ma lo hanno concluso verbalmente, potrà porsi un problema di prova, non di validità del pactum ‘ (cfr. pag. 24 sent. cit. punto 6.4.). La dichiarazione scritta unilaterale del fiduciario può dunque avere rilievo come mero atto ricognitivo del pactum fiduciae , sollevando il fiduciante ‘deluso’ dall’onere di darne la prova in giudizio, ma non costituisce affatto l’unico strumento attraverso cui provare il patto concluso verbalmente, la cui esistenza e sussistenza può essere dimostrata anche in assenza di detta dichiarazione unilaterale ricognitiva: ‘ Infatti, una volta ammessa la validità del patto fiduciario immobiliare anche se stipulato verbis, il fiduciario dichiarante è già
destinatario di una obbligazione di ritrasferimento, e tale patto non scritto è il titolo che giustifica l’accoglimento della domanda giudiziale di esecuzione specifica dell’obbligo di ritrasferimento su di lui gravante ‘ (cfr. pag. 26 sent. cit. punto 7.1.).
Le erronee premesse poste dalla Corte d’Appello alla base del proprio iter argomentativo hanno viziato l’intero impianto motivazionale della sentenza impugnata: infatti, ritenendo necessaria la forma scritta dell’accordo fiduciario, o comunque una dichiarazione scritta unilaterale del fiduciario ricognitiva del pactum fiduciae , il giudice di merito ne ha cercato la prova nella procura a vendere rilasciata il 6.12.1971 da COGNOME a COGNOME, ed è pervenuto al convincimento dell’inesistenza del patto sulla scorta delle seguenti considerazioni: 1) il mandato con rappresentanza implica il riconoscimento dell’altruità del bene ed è quindi incompatibile con l’intestazione fittizia degli immobili; 2) l’COGNOME non ha dichiarato per iscritto che si impegnava a ritrasferire gli immobili in forza di un accordo fiduciario intercorso con i procuratori.
Sennonché, così argomentando, la Corte distrettuale ha confuso il piano relativo alla conclusione dell’accordo fiduciario con quello, logicamente successivo, afferente alla predisposizione degli strumenti negoziali attuativi del pactum fiduciae. Detto in altri termini, il conferimento del mandato a vendere da COGNOME a COGNOME-Cecchinato (finalizzato, secondo la prospettazione dei ricorrenti, a consentire la retrocessione degli immobili), se riguardato come rimedio esecutivo dell’accordo fiduciario, e non come negozio costitutivo o meramente ricognitivo dello stesso, non è in astratto incompatibile con la sussistenza del pactum fiduciae :
dal momento che i beni immobili risultavano intestati al mandante (COGNOME, che li aveva acquistati in pari data da COGNOME, è logico, infatti, che il mandato a vendere o ad intestarsi i beni fosse conferito con rappresentanza, onde munire i mandatari (COGNOME) di pieno potere negoziale nei rapporti con i terzi o in caso di scelta di stipulare con se stessi.
La Corte d’Appello ha inoltre escluso la sussistenza del pactum fiduciae sulla scorta di una lettura puramente testuale dell’atto di acquisto del 6.12.1971 e della contestuale procura a vendere, osservando che nel rogito l’COGNOME risultava aver acquistato con propria provvista, mentre nella procura egli non aveva espressamente assunto l’obbligo di ritrasferire gli immobili. Orbene, l’esclusione del patto fiduciario sulla scorta del mero tenore letterale degli atti negoziali intercorsi costituisce ulteriore conferma della confusione dei piani, di cui si è innanzi detto, che vizia l’intera motivazione della sentenza impugnata: la ricerca di espressi riscontri testuali equivale infatti all’affermazione della necessità che il patto fiduciario rivesta forma scritta, necessità invece esclusa dalle Sezioni Unite, le quali, peraltro richiamando la dottrina italiana sulla teoria generale del negozio giuridico, hanno osservato che ‘ non è necessario che l’intesa fiduciaria, rivolta a limitare i poteri del fiduciario, risulti dal tenore documentale del negozio ‘, in quanto ciò significherebbe privare di portata pratica la maggior parte delle intese fiduciarie, che sovente le parti sono restie a manifestare per tabulas (cfr. pag. 24 set. cit. punto 6.5. e ss.).
Il giudice di merito avrebbe dunque dovuto verificare, senza muovere dal preconcetto della necessaria forma scritta ad substantiam del pactum fiduciae , se nella fattispecie -dalle
complessive emerge istruttorie -potevano ricavarsi indici del conferimento di un mandato senza rappresentanza ad acquistare, con impegno a ritrasferire, nell’ambito di un accordo stipulato verbis tra l’COGNOME (in veste di mandatario) e i COGNOMEin veste di mandanti).
Tra le risultanze probatorie, peraltro, non poteva essere trascurata la convenzione transattiva del 17.10.1974, con la quale l’COGNOME, nel confermare la procura del 6.12.1971, autorizzava ‘ i signori COGNOME NOME e COGNOME Bartolo a cedere e a vendere a terzi oppure ad intestarsi loro tutta la restante proprietà a lui intestata con atto notarile 6/12/1971 n. 3430 di rep. Notaio NOME COGNOME ad incassare il prezzo o i prezzi relativi trattenendone gli importi a loro esclusivo vantaggio senza obbligo di resa di conto, in quanto il suddetto immobile residuo, benché intestato ad esso COGNOME Pietro è invece di piena esclusiva proprietà dei signori COGNOME e COGNOME COGNOME (cfr. il passo della transazione trascritto a pag. 15 del ricorso).
Come hanno correttamente osservato i ricorrenti, e contrariamente a quanto assunto dal giudice di merito, l’accertamento con autorità di giudicato della nullità della scrittura transattiva quanto agli effetti negoziali non poteva travolgere sic et simpliciter le dichiarazioni rese nell’atto dall’COGNOME: infatti, ‘ Le dichiarazioni di scienza contenute in un atto invalido in quanto transazione, ben possono avere valore confessorio quando esse abbiano per oggetto la ricognizione di situazioni di fatto preesistenti o di situazioni giuridiche considerate però “sub specie facti”, essendo possibile distinguere nel contenuto complessivo dell’atto il momento accertativo della situazione di fatto preesistente dalla
manifestazione di volontà negoziale idonea a modificare tale situazione (Nella specie uno “strasatto”, risalente all’anno 1813, con il quale era stata disposta la commutazione degli usi civici di pascolo e di semina spettanti ad un Comune, ritenuto dai giudici di merito giuridicamente inesistente quale transazione per difetto di consenso di una delle parti, era stato considerato quale atto ricognitivo dell’esistenza degli usi civici cui esso faceva riferimento) ‘ (cfr. ex plurimis Cass. Sez. 2, Sentenza n. 3 0/05/1996, n. 5019, Rv. 497895)’
La Corte distrettuale avrebbe pertanto dovuto esaminare la scrittura in questione, senza trincerarsi dietro la declaratoria di nullità della stessa resa in un precedente giudizio, ed avrebbe in particolare dovuto valutare se le dichiarazioni dell’COGNOME in essa contenute potessero essere interpretate come dichiarazioni di scienza ricognitive di un precedente accordo fiduciario intercorso con il COGNOME e il COGNOME, in capo ai quali l’COGNOME riconosceva l’esclusiva proprietà dei beni a lui intestati con il rogito del 6.12.1971, ovvero se dovessero essere ritenute quali dichiarazioni strumentali al raggiungimento dello scopo della transazione, costituendo quindi non la presa d’atto di una situazione preesistente, ma l’oggetto delle reciproche concessioni che le parti intendevano farsi con la scrittura del 1974.
Nella specie, alcuna indagine è stata condotta in tal senso dalla Corte distrettuale.
Non v’è pertanto dubbio che il giudice di merito sia incorso in errore di diritto nel reputare necessaria la prova scritta del pactum fiduciae , viziando così il proprio iter argomentativo e l’esame delle risultanze acquisite al processo, reputate inidonee tout court alla
prova dell’accordo fiduciario in conseguenza dell’errore prospettico posto alla base della decisione.
In conclusione, il ricorso deve essere accolto in relazione ai profili indicati. La sentenza impugnata va pertanto cassata con rinvio della causa per un nuovo esame del merito, oltre che per il regolamento delle spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Venezia, in diversa composizione, la quale si atterrà nel decidere ai principi di diritto sopra illustrati.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Venezia, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della 2^ Sezione