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Patto di prelazione: no all’esecuzione in forma specifica

Un imprenditore, titolare di un diritto di prelazione per la locazione di un bar in uno stadio, si è visto negare dalla Cassazione la possibilità di ottenere una sentenza che tenesse luogo del contratto non concluso. La Corte ha ribadito la netta distinzione tra patto di prelazione e contratto preliminare, sottolineando che la violazione del primo dà diritto al solo risarcimento del danno e non all’esecuzione in forma specifica (art. 2932 c.c.), poiché non crea un obbligo a contrarre.

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Patto di Prelazione: Limiti e Tutele secondo la Cassazione

Il patto di prelazione è uno strumento contrattuale molto diffuso, ma le sue implicazioni e le tutele che offre sono spesso confuse con quelle del contratto preliminare. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sulla distinzione cruciale tra queste due figure, chiarendo che la violazione di un patto di prelazione volontaria non consente di ricorrere all’esecuzione in forma specifica dell’obbligo di contrarre, prevista dall’art. 2932 c.c. Analizziamo insieme la vicenda e le importanti conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti del Caso

La controversia nasce da un accordo di conciliazione giudiziale tra un imprenditore e una società di gestione di uno stadio. L’accordo prevedeva, tra le altre cose, un diritto di prelazione a favore dell’imprenditore per la locazione di un nuovo spazio commerciale (un bar) all’interno dello stadio, una volta completati i lavori di ristrutturazione.

Quando la società ha comunicato all’imprenditore (denuntiatio) di aver ricevuto una proposta di locazione da un terzo, fissando un termine per l’esercizio della prelazione, l’imprenditore ha accettato. Tuttavia, al momento di firmare il contratto, ha rifiutato il testo proposto dalla società perché prevedeva una durata di un solo anno, ritenuta “transitoria”, mentre egli pretendeva la durata minima di sei anni prevista per le locazioni commerciali.

Di fronte al diniego della società di modificare il contratto e al conseguente divieto di accesso ai locali, l’imprenditore ha agito in giudizio chiedendo al Tribunale di emettere una sentenza che producesse gli effetti del contratto di locazione non concluso, ai sensi dell’art. 2932 c.c. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno rigettato la sua domanda.

La Questione Giuridica: Il Patto di Prelazione non è un Preliminare

Il nodo centrale della questione riguarda la natura giuridica dell’accordo tra le parti. L’imprenditore ha basato la sua intera strategia processuale sul presupposto che, una volta esercitato il diritto di prelazione, fosse sorto un vero e proprio obbligo a contrarre, simile a quello che deriva da un contratto preliminare, e quindi tutelabile con l’azione ex art. 2932 c.c.

La Corte di Cassazione, nel dichiarare inammissibile il ricorso, ha smontato questa tesi, riaffermando con chiarezza la differenza fondamentale tra le due figure contrattuali:

* Contratto Preliminare: Obbliga una o entrambe le parti a stipulare il contratto definitivo. In caso di inadempimento, la parte adempiente può chiedere al giudice una sentenza costitutiva che tenga luogo del contratto.
* Patto di Prelazione: Obbliga una parte (il concedente) a preferire un’altra (il prelazionario), a parità di condizioni, se e solo se deciderà di stipulare un certo contratto. Non crea un obbligo a concludere il contratto, ma solo un obbligo a offrire la conclusione al prelazionario prima che a chiunque altro.

L’accettazione della denuntiatio non trasforma automaticamente il patto di prelazione in un contratto preliminare. Di regola, non fa sorgere né l’obbligazione di stipulare il contratto, né la conclusione del contratto stesso, a meno che non sia stato espressamente previsto dalle parti.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto il ricorso dell’imprenditore inammissibile per difetto di specificità. In sostanza, il ricorrente ha fondato tutte le sue doglianze su una premessa giuridica errata, senza confrontarsi criticamente con la corretta qualificazione del rapporto come patto di prelazione volontaria operata dai giudici di merito.

La Corte ha spiegato che dal patto di prelazione volontaria deriva unicamente un diritto a essere preferiti. La sua violazione (ad esempio, se il concedente stipula con un terzo senza interpellare il prelazionario) non dà diritto all’esecuzione in forma specifica, ma solo al risarcimento del danno. L’ordinamento, per la prelazione volontaria, non appresta rimedi ‘reali’ come il diritto di riscatto, previsto solo per specifiche ipotesi di prelazione legale.

Inoltre, la Corte ha evidenziato come le argomentazioni del ricorrente fossero contraddittorie, poiché da un lato sosteneva di aver accettato la proposta, ma dall’altro aveva rifiutato di firmare il contratto chiedendone la modifica. Questo comportamento, secondo i giudici di merito, equivaleva a una rinuncia all’esercizio del diritto di prelazione.

Conclusioni

L’ordinanza in esame è un importante promemoria sulla necessità di qualificare correttamente gli accordi contrattuali e di comprendere la portata delle tutele che ne derivano. Confondere un patto di prelazione con un contratto preliminare può portare a intraprendere azioni legali destinate all’insuccesso. La decisione riafferma un principio consolidato: la prelazione volontaria attribuisce un diritto a essere preferiti, non un diritto a concludere forzatamente un contratto. La tutela per il prelazionario leso è di natura risarcitoria e non può concretizzarsi nell’ottenimento di una sentenza che si sostituisca al contratto mai stipulato.

Qual è la differenza fondamentale tra un patto di prelazione e un contratto preliminare?
Il contratto preliminare obbliga le parti a stipulare un futuro contratto definitivo. Il patto di prelazione, invece, obbliga solo una parte a preferire l’altra qualora decida, in futuro, di stipulare un contratto, ma non la obbliga a stipularlo.

Se il concedente viola un patto di prelazione volontaria, si può ottenere una sentenza che tenga luogo del contratto non concluso (art. 2932 c.c.)?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la violazione di un patto di prelazione volontaria non consente il ricorso all’esecuzione in forma specifica ex art. 2932 c.c. L’unico rimedio a disposizione del beneficiario leso è l’azione per il risarcimento del danno.

L’accettazione della proposta (denuntiatio) da parte del beneficiario di una prelazione fa sorgere automaticamente un obbligo a contrarre?
Di regola, no. L’accettazione della denuntiatio non determina né la conclusione del contratto definitivo né la nascita di un obbligo a contrarre (tipico del preliminare), a meno che ciò non sia stato espressamente previsto dalle parti nell’accordo di prelazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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