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Patto di prelazione: la prova scritta è necessaria?

Analisi di una sentenza della Corte d’Appello di Roma su un presunto patto di prelazione immobiliare. La Corte ha negato il risarcimento del danno per la mancata prova scritta dell’accordo, ritenendo insufficienti le testimonianze e le comunicazioni informali.

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Patto di Prelazione Verbale: Quando la Parola Non Basta

Il patto di prelazione è uno strumento giuridico che garantisce a un soggetto di essere preferito rispetto a terzi, a parità di condizioni, nella conclusione di un futuro contratto. Ma cosa succede se questo accordo, specialmente in ambito immobiliare, non viene messo per iscritto? Una recente sentenza della Corte di Appello di Roma offre un chiaro monito: in materia di compravendita di immobili, le promesse verbali e le intese informali non hanno valore legale. La decisione sottolinea l’importanza cruciale della forma scritta per tutelare i propri diritti.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine dal desiderio di un uomo di acquistare l’intera proprietà di una prestigiosa villa al mare, dove risiedeva sin dagli anni ’80 con la sua famiglia. La villa era stata divisa in tre appartamenti. Il padre dell’uomo aveva già acquistato il piano terra e una quota del seminterrato. L’uomo aspirava ad acquistare anche il primo piano e la restante quota del seminterrato, di proprietà di un’altra persona, per riunificare l’intero complesso immobiliare.

Secondo il ricorrente, nel corso degli anni era sorto un patto di prelazione a suo favore per l’acquisto del primo piano. A suo dire, questo accordo era stato confermato in diverse occasioni, anche in relazione a lavori di ristrutturazione che egli stesso aveva seguito. Tuttavia, nel 2014, la proprietaria vendeva l’immobile a un terzo soggetto, ignorando il presunto diritto di prelazione. L’uomo, sentendosi tradito e danneggiato, citava in giudizio la venditrice per ottenere un cospicuo risarcimento del danno.

La Decisione di Primo Grado e l’Appello

Il Tribunale di primo grado aveva respinto la domanda, ritenendo che l’attore non fosse riuscito a fornire una prova adeguata dell’esistenza del patto. La questione è quindi approdata dinanzi alla Corte di Appello, che è stata chiamata a riesaminare le prove e a stabilire se un accordo verbale o informale potesse essere sufficiente a fondare un diritto al risarcimento.

Le Motivazioni della Corte d’Appello sul Patto di Prelazione

La Corte di Appello ha confermato integralmente la sentenza di primo grado, rigettando l’appello e fornendo motivazioni nette e rigorose sulla necessità della forma scritta per il patto di prelazione immobiliare.

La Necessità della Forma Scritta

Il punto centrale della decisione è l’affermazione secondo cui il patto di prelazione relativo alla vendita di beni immobili deve avere la forma scritta per essere valido (ad substantiam). I giudici hanno spiegato che, sebbene diverso dal contratto preliminare, anche il patto di prelazione vincola la disponibilità del bene. Pertanto, per analogia con quanto previsto dagli articoli 1350 e 1351 del Codice Civile per i contratti che trasferiscono la proprietà immobiliare, anche l’accordo che ne vincola la futura vendita deve essere redatto per iscritto. Senza un documento scritto, l’accordo è da considerarsi nullo e, di conseguenza, non può produrre alcun effetto giuridico, inclusa la pretesa di risarcimento.

L’Insufficienza delle Prove Fornite

La Corte ha poi analizzato le prove portate dall’appellante, giudicandole del tutto insufficienti a dimostrare l’esistenza di un valido accordo.

1. I Documenti Scritti: Gli atti scritti prodotti (una scrittura privata del 2004 e una promessa di vendita del 2003) non contenevano alcun riferimento a una prelazione sul primo piano, ma disciplinavano la compravendita di un’altra porzione dell’immobile (il seminterrato).
2. Le Testimonianze: Le deposizioni dei testimoni a favore dell’appellante sono state considerate inattendibili perché “de relato”, ovvero basate su racconti fatti dallo stesso appellante e non su conoscenza diretta dei fatti. La Corte ha ribadito che sentire qualcuno parlare di un accordo non equivale a essere testimoni della sua conclusione.
3. Le Comunicazioni Elettroniche: Anche una e-mail inviata dalla nipote della proprietaria, in cui si affermava che all’appellante “sarà senz’altro riconosciuto il diritto di prelazione”, è stata ritenuta irrilevante. Secondo la Corte, tale frase rappresentava una mera manifestazione di intenti futuri e non un’assunzione di un’obbligazione attuale e vincolante. Inoltre, è stato evidenziato che la nipote non aveva il potere di vincolare legalmente la proprietaria.

Le Conclusioni

La sentenza della Corte di Appello di Roma stabilisce un principio fondamentale per chiunque si approcci a trattative immobiliari: un patto di prelazione deve essere formalizzato in un contratto scritto. Le intese verbali, le promesse generiche e le testimonianze indirette non offrono alcuna tutela legale. Questa decisione serve da importante promemoria: per evitare future delusioni e contenziosi, ogni accordo che riguarda la disposizione di un bene immobile deve essere messo nero su bianco, con chiarezza e precisione, definendo in modo inequivocabile gli obblighi delle parti. Affidarsi alla sola parola o a documenti ambigui espone al rischio di veder sfumare i propri sogni e di non poter far valere i propri presunti diritti in un’aula di tribunale.

Un patto di prelazione per la vendita di un immobile deve essere fatto per iscritto?
Sì. Secondo la sentenza, il patto di prelazione relativo a beni immobili richiede la forma scritta per la sua validità, in applicazione analogica delle norme previste per i contratti che trasferiscono la proprietà immobiliare, come il contratto preliminare.

La testimonianza di una persona che ha “sentito dire” dell’esistenza di un patto di prelazione è una prova sufficiente in tribunale?
No. La Corte ha stabilito che le testimonianze cosiddette “de relato”, basate cioè su fatti appresi da altri (in questo caso, dalla parte stessa che agiva in giudizio), non sono sufficienti a dimostrare l’esistenza di un simile accordo, in quanto non derivano da una conoscenza diretta dei fatti.

Un’email in cui si promette di riconoscere un diritto di prelazione in futuro è legalmente vincolante?
No. La Corte ha ritenuto che una comunicazione via email, in cui si affermava che il diritto “sarà senz’altro riconosciuto”, costituisce una mera manifestazione di intenti futuri e non l’assunzione di un’obbligazione giuridicamente vincolante, specialmente se proviene da un soggetto senza potere di rappresentanza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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