Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 2589 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 2589 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 03/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso 14562-2023 proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 898/2023 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI, depositata il 05/05/2023 R.G.N. 1382/2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/11/2024 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
Oggetto
R.G.N. 14562/2023
COGNOME
Rep.
Ud. 19/11/2024
CC
Con sentenza nr. 390 del 2014, la Corte di appello di Campobasso, in riforma della pronuncia resa dal locale Tribunale, accoglieva la domanda proposta da NOME COGNOME nei confronti di Banca Mediolanum S.p.A. e dichiarava il diritto del primo a ricevere, a titolo di benefici aggiuntivi previsti dal contratto di agenzia, la somma di euro 162.161,22 oltre accessori dal 20.4.2010.
A fondamento del decisum , la Corte di appello osservava che la Banca, con lettera del 2 luglio 2002, aveva esercitato il diritto di recedere dal patto di non concorrenza postcontrattuale; tuttavia, con la medesima comunicazione, aveva modificato il precedente regolamento negoziale, quanto al riconoscimento dei benefici economici aggiuntivi, stabilendo, come presupposto per l’erogazione degli stessi, condizioni più rigorose di quanto in precedenza pattuito (nello specifico, manteneva, a detti fini, il divieto di concorrenza postcontrattuale, ma ne stabiliva un contenuto maggiormente limitativo della libertà contrattuale nei riguardi di terzi). La Corte territoriale riteneva che tale variazione integrasse una clausola vessatoria, contenuta in un documento assimilabile al formulario; per tale ragione, in quanto non specificamente sottoscritta dall’Agente, era da ritenersi nulla ed inefficace.
A seguito della proposizione di ricorso per cassazione da parte della Banca, questa Corte, con sentenza n. 5623/2019, cassava la sentenza impugnata, poiché le caratteristiche del contratto, pur risultando lo stesso predisposto da uno dei contraenti escl udevano l’applicazione delle norme di cui agli artt. 1341 e 1342 cod.civ., potendo l’altro contraente, del tutto legittimamente, richiedere ed apportare le necessarie modifiche dopo averne liberamente apprezzato il contenuto.
La Corte d’Appello di Napoli, adita in riassunzione, con sentenza n. 898 del 5/5/2023 ha quindi confermato la sentenza del Tribunale di Campobasso, compensando le spese di tutti i gradi di giudizio.
Per la cassazione della predetta sentenza propone ricorso il COGNOME, affidato a tre motivi, cui resiste con controricorso la Banca; entrambe le parti hanno depositato memoria; al termine della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposi to dell’ordinanza.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c., per omessa pronuncia da parte della Corte d’Appello di Napoli su una questione decisiva relativa alla violazione e/o elusion e dell’art. 1751 -bis c.c. da parte di Banca Mediolanum nella lettera del 4 luglio 2002.
In particolare, il ricorrente si duole che la Corte d’Appello avrebbe erroneamente dichiarato inammissibile l’impugnazione per presunta mancata proposizione nell’atto di appello della questione relativa alla violazione dell’art. 1751 -bis c.c., mentre la relativa questione sarebbe stata invece sollevata sia nelle motivazioni (pp. 713 dell’atto di appello) sia nelle conclusioni dell’appello stesso (pp. 71 -72), con deduzione della nullità e/o inefficacia della clausola contrattuale impugnata.
Con il secondo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., in via subordinata al mancato accoglimento del primo motivo, il ricorrente denuncia l’error in procedendo in cui sarebbe incorsa la Corte d’Appello di Napoli per viola zione dell’art. 112 c.p.c., omettendo di pronunciarsi su una questione decisiva, relativa alla nullità e/o inefficacia del
patto aggiuntivo contenuto nel terzo paragrafo della lettera del 4 luglio 2002, sollevata in via principale nell’atto di appello, ossia la questione relativa alla illegittimità della condotta della Banca che, mentre aveva esercitato unilateralmente il recesso (facendo così venire meno il patto di non concorrenza con la lettera del 4 luglio 2002) – aveva poi fatto rivivere il patto di non concorrenza, ormai estinto surrettiziamente, subordinando i benefici economici aggiuntivi (art. 6, lett. D, del contratto di agenzia) al rispetto del patto di non concorrenza.
8 . Con il terzo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., il ricorrente denuncia la violazione degli artt. 1362, 1175, 1375 e 1749 c.c., in cui sarebbe incorsa la corte nell’interpretare il patto del 4 luglio 2002 limitandosi al senso letterale delle parole, senza indagare la comune intenzione delle parti e il comportamento complessivo della Banca e ignorando il corretto approccio indicato dalla Cassazione nella sentenza n. 21794/2021
9. ll ricorso è infondato.
Il primo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente si duole della omessa pronuncia da parte della Corte d’appello di Napoli in relazione alla violazione dell’articolo 1751 bis cod. civ è infondato.
Ed infatti la Corte di appello ha dichiarato inammissibili le doglianze relative alla nullità per pretesa violazione dell’art. 1751-bis c.c., ritenendo che il Tribunale avesse già esaminato tale profilo, e che lo stesso non fosse specificamente censurato in appello, se gnatamente osservando: ‘Va, invero, precisato che, come evidenziato dalla Banca, il Tribunale ha escluso qualsiasi violazione dell’art. 1751 -bis c.c. e la sussistenza della frode alla legge e sul punto nell’atto di appello non vi è alcuna spec ifica censura’.
Il ricorrente, per censurare tale pronuncia riporta parti dell’atto di appello, al fine di dimostrare di avere investito la corte della relativa questione, tuttavia gli ampi stralci riportati, contrariamente a quanto dedotto dal ricorrente, non danno contezza della proposizione della domanda fondata sulla violazione dell’articolo 1751 bis e non paiono a questa corte idonei a configurare l’autonoma riproposizione della questione dinanzi al giudice d’appello; questione peraltro infondata nel merito, come si evince dalla giurisprudenza di questa corte che l’ha affrontata in analoghe controversie relative alla medesima vicenda contrattuale (cfr. Cass. N. 4190 del 19/02/2020, e n. 3471 del 6/02/2019) escludendo nel merito la violazione dell’art. 1751 -bis c.c. e ravvisando nella condotta delle parti, nell’esercizio dell’autonomia contrattuale, una rimodulazione degli obblighi contrattuali.
Il secondo motivo di ricorso formulato in via subordinata al mancato accoglimento del primo motivo, relativo alla dedotta omessa pronuncia sulla nullità e/o inefficacia del patto aggiuntivo contenuto nel terzo paragrafo della lettera del 4 luglio 2002, soll evata in via principale nell’atto di appello, è infondato.
Ed infatti la Corte d’Appello, richiamando una sentenza resa in analogo caso da altra Corte di appello, si è espressamente pronunciata sulla legittimità del patto, evidenziando che la rinuncia unilaterale al patto di non concorrenza non estingueva l’onere, bensì ne modificava il presupposto, rendendolo funzionale alla fruizione di benefici discrezionali. Tale decisione è conforme alla citata giurisprudenza di questa corte resa in casi analoghi che ha escluso l’illegittimità del patto (cfr. tra le varie, Cass. N. 3471/2019)
Anche il terzo motivo di ricorso, che denuncia la violazione degli artt. 1362, 1175, 1375 e 1749 c.c., nonché l’abuso del
diritto, in cui sarebbe incorsa la Corte d’Appello interpretando il patto del 4 luglio 2002 limitandosi al senso letterale delle parole, non è fondato. Ed infatti, la Corte d’Appello, richiamando la sentenza della Corte di Appello di Bari n. 97/2019, ha ritenuto che l’accordo fosse chiaro e trasparente, senza profili di ambiguità interpretativa. Ha inoltre evidenziato che il patto rispettava i principi di buona fede e correttezza, essendo finalizzato a bilanciare gli interessi delle parti. L’interpretazione fornita dalla corte appare conforme ai canoni ermeneutici codicistici e alla giurisprudenza consolidata, anche di questa corte, che, come evidenziato, hanno affrontato la medesima questione relativa alla vicenda in esame. ( Cfr., 5623/2019, Cass. n. 4190/2020 )
Peraltro, con la sentenza rescindente, nell’escludere il carattere vessatorio della pattuizione in parola, la questione della legittimità della clausola risulta definita, non risultando suscettibile di riesame e non potendo essere riproposta in sede di appello, sia pure con diversa veste.
Risulta dunque corretta la pronuncia della Corte di appello che, nel perimetro del giudizio di rinvio, si è pronunciata sui diversi profili non oggetto della pronuncia di legittimità
Il ricorso deve quindi essere respinto.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02, nel testo risultante dalla legge 24.12.2012 n. 228, ricorrendone i presupposti processuali, deve provvedersi alla condanna del ricorrente al pagamento del raddoppio del contributo unificato, sempre come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese
forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del DPR n. 115/02 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio, il 19 novembre