Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 9262 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 9262 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19514/2021 r.g., proposto
da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , elett. dom.to in INDIRIZZO Roma, rappresentato e difeso dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME.
ricorrente
contro
COGNOME NOME , elett. dom.to in presso la Cancelleria di questa Corte, rappresentato e difeso dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME.
contro
ricorrente
avverso la sentenza della Corte d’Appello di Bologna n. 628/2020 pubblicata in data 18/01/2021, n.r.g. 440/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del giorno 30/01/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1.NOME COGNOME era stato dirigente dipendente di RAGIONE_SOCIALE dall’01/08/1995 al 21/12/2015, data in cui le parti avevano risolto consensualmente il rapporto di lavoro ed avevano stipulato un patto di non concorrenza, della durata di diciotto mesi, per le zone del Nord America, dell’Europa e della Russia, a fronte di un corrispettivo di euro 75.000,00.
OGGETTO:
patto di non concorrenza individuazione dell’attività vietata dal patto -interpretazione del patto –
RAGIONE_SOCIALE (che produce e vende macchinari, anche di terzi, per il packaging alimentare) assumeva che l’ex dipendente aveva violato il patto, poiché subito dopo la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro aveva costituito una società volta alla commercializzazione degli stessi macchinari, dandone pubblicità a tutti i clienti di essa società . Aggiungeva che nell’aprile 2016 l’RAGIONE_SOCIALE aveva partecipato alla fiera del settore di San Diego in USA all’interno dello stand della RAGIONE_SOCIALE, azienda che collaborava con RAGIONE_SOCIALE, ed aveva altresì tenuto rapporti professionali anche con altre società, quali RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, che operavano nello stesso settore di RAGIONE_SOCIALE, ed aveva promosso i loro prodotti nelle zone oggetto del patto di non concorrenza.
Pertanto RAGIONE_SOCIALE adìva il Tribunale di Bologna per ottenere l’accertamento della violazione del patto di non concorrenza da parte dell’Evangelisti, la sua condanna alla restituzione della somma corrispostagli a titolo di corrispettivo e al pagamento della somma di euro 20.000,00 pattuita a titolo di penale.
2.- Costituitosi il contraddittorio, il Tribunale rigettava le domande, ritenendo che le società indicate come ‘in concorrenza’ con RAGIONE_SOCIALE in realtà realizzassero macchinari completamente diversi da quelli di RAGIONE_SOCIALE ed anzi erano a loro volta clienti di RAGIONE_SOCIALE, che da loro comprava i predetti macchinari poi posti a valle dei propri macchinari utilizzati per il confezionamento primario, sicché la collaborazione prestata da COGNOME con quelle società non poteva essere qualificata come ‘attività in concorrenza’ alla luce del patto di non concorrenza, che definisce come attività in concorrenza ogni attività di produzione e vendita identica o analoga a quelle svolte da RAGIONE_SOCIALE
3.Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte d’Appello rigettava il gravame interposto da RAGIONE_SOCIALE
Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno della sua decisione la Corte territoriale affermava:
gli elementi interpretativi testuali valorizzati dal Tribunale trovano conforto sia nell’intenzione delle parti desumibile da alcuni elementi di contorno, sia nel comportamento precedente e successivo delle parti;
prima della stipulazione del patto vi è stato fra le parti uno scambio di corrispondenza, con cui Evangelisti proponeva alcune modifiche poi effettivamente recepite nel testo finale, nel quale è definita attività in concorrenza ogni attività di produzione e vendita identica o analoga a quelle svolte da RAGIONE_SOCIALE, dalla sua filiale in USA e dalla partner RAGIONE_SOCIALE, ossia produzione e vendita di macchine automatiche con caratteristiche identiche o analoghe a quelle attualmente prodotte e vendute da RAGIONE_SOCIALE dalla sua filiale in USA e da RAGIONE_SOCIALE;
l’eliminazione della voce ‘commercio’ e la congiunzione ‘e’ utilizzata fra le espressioni ‘produzione’ e ‘vendita’ induce a ritenere che le parti abbiano voluto limitare il patto a quanto, venduto da ICA, fosse dalla stessa anche prodotto;
a margine della bozza oggetto di corrispondenza fra le parti compare anche un’annotazione dell’Evangelisti, secondo cui fra le macchine costruite e vendute da ICA non rientrano le ‘astucciatrici’;
la tesi della società, secondo cui quell’annotazione era meramente unilaterale ed il fatto di non aver poi precisata nel testo del patto la esclusione delle ‘ astucciatrici ‘ dimostra che quella esclusione non vi era, è rimasta priva di prova;
viceversa l’interpretazione secondo buona fede induce a ritenere che la rimodulazione del testo fosse proprio intesa a dare seguito all’intenzione espressa dall’Evangelisti nella nota a margine, da ritenersi condivisa dalla società;
già ad aprile 2016, ricevuta la nota di RAGIONE_SOCIALE in cui si adombravano possibili attività in concorrenza, COGNOME rispondeva senza alcuna remora di avere in atto collaborazioni con le società poi indicate come proprie concorrenti;
ma non è possibile che tali affermazioni siano state rese con tale schiettezza confessoria ed ancor meno plausibile è il fatto che la società, a fronte di tale confessione, non abbia immediatamente reagito stragiudizialmente e giudizialmente;
anche il compenso pattuito per diciotto mesi, pari a circa un quarto dell’effettiva redditività dell’occupazione presso ICA (fatto pacifico),
induce a ritenere che il perimetro del patto di non concorrenza fosse circoscritto e quindi non tale da comprimere del tutto l’attività dell’Evangelisti nel senso voluto dalla società;
anche l’eliminazione dell’inciso ‘a titolo esemplificativo e non esaustivo’ di cui al paragrafo B) del patto depone per la comune volontà di circoscrivere in modo netto l’area di non concorrenza, sicché una lettura estensiva o analogica contrasterebbe anche con la volontà delle parti, oltre che con il noto principio di diritto, secondo cui il patto di non concorrenza va interpretato in senso restrittivo (Cass. n. 8641/1990);
le prove chieste in primo grado non sono rilevanti, in quanto volte a dimostrare circostanze estranee alla sfera di operatività del patto come sopra ricostruita; le attività dedotte dalla società come in concorrenza in realtà non integrano la violazione del patto;
anche con riguardo alla costituzione di una nuova società e alla sua immediata pubblicizzazione, dai documenti non si ricava alcuna indicazione di attività rientranti nel perimetro del patto come sopra ricostruito.
4.- Avverso tale sentenza RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
5.- NOME NOME ha resistito con controricorso.
6.- Entrambe le parti hanno depositato memoria
7.- Il collegio si è riservata la motivazione nei termini di legge.
CONSIDERATO CHE
1.Con il primo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n n. 3), 4) e 5), c.p.c. la ricorrente lamenta ‘violazione e falsa applicazione’ degli artt. 112, 113, 115, 116, 132, co. 2, n. 4), c.p.c., 2697, 2727 e 2729 c.c. per avere la Corte territoriale omesso di pronunziare su un fatto decisivo ovvero motivato in modo apparente su una circostanza fondamentale: l’aver l’Evangelisti avviato un’attività concorrenziale mediante l’apertura di una propria società, la RAGIONE_SOCIALE, con comunicazione e-mail inviata ai clienti di RAGIONE_SOCIALE, informandoli che presso tale sua società lo avrebbero potuto contattare per ogni esigenza legata all’attività di vendita dei macchinari che sino al momento di stipulazione del patto aveva venduto per RAGIONE_SOCIALE.
Precisa di aver dedotto questa circostanza nel ricorso introduttivo, a pag. 4, e di averlo documentato con i docc. nn. 4 e 7 prodotti in primo grado. Aggiunge che COGNOME non aveva mai contestato che RAGIONE_SOCIALE operasse nello stesso settore di attività di RAGIONE_SOCIALE
Il motivo è infondato.
La Corte territoriale ha espressamente esaminato quella circostanza -che aveva formato oggetto del primo motivo di appello -ed ha ritenuto che dai documenti prodotti non si ricavasse alcuna indicazione del fatto che la società fondata da RAGIONE_SOCIALE svolgesse attività rientranti nel perimetro del patto di non concorrenza (v. sentenza impugnata, p. 7 ult. cpv.). Infine ha affermato che ‘ per contro, proprio la diffusione della notizia a mezzo di una sorta di ‘circolare’ a tutti i soggetti che ancora potevano avere contatti con ICA denota la convinzione dell’Evangelisti di operare nel rispetto delle pattuizioni da poco intercorse ‘ (v. sentenza impugnata, pp. 7 -8).
Dunque non sussiste né l’omessa pronunzia, né l’omessa motivazione.
2.Con il secondo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n. 3), c.p.c. la ricorrente lamenta ‘violazione e/o falsa applicazione’ degli artt. 1362, 1366 e 1369 c.c., 112 e 113 c.p.c. per avere la Corte territoriale male interpretato il patto di non concorrenza. In particolare deduce che, chiamata ad interpretare un patto per il quale l’art. 2125 c.c. prevede la forma scritta a pena di nullità, non poteva procedere ad un’interpretazione basata sulla valutazione del comportamento delle parti che vada oltre il testo scritto.
Il motivo è infondato.
La limitazione -ritenuta dalla Corte territoriale -dell’oggetto del patto ai soli macchinari ‘prodotti e venduti’ da RAGIONE_SOCIALE, con esclusione, quindi, di quelli solo venduti da RAGIONE_SOCIALE, che previamente li acquista da terzi, si giustifica in relazione al criterio letterale, evidenziato dai giudici d’appello, secondo cui l’eliminazione della voce ‘commercio’ dalle attività oggetto del patto di non concorrenza aveva proprio la funzione di limitare il patto alla vendita (oltre che alla produzione) di macchinari prodotti da ICA, con conseguente esclusione -dal suo ambito applicativo -della vendita di macchinari prodotti da terzi, che ICA si limitava a commercializzare. L’attività commerciale, infatti, per definizione è quella di chi acquista dal produttore per poi rivendere sul mercato.
Questa interpretazione è conforme al criterio letterale e al significato logico-giuridico dei termini adoperati e trasfusi nel testo scritto, nel rispetto del l’onere della forma ad substantiam imposto dall’art. 2125 c.c.
Sotto questo profilo l’annotazione dell’Evangelisti a margine della corrispondenza, evidenziata dalla Corte territoriale, è un comportamento meramente confermativo di questa interpretazione, che si presenta strettamente aderente alla lettera del patto. In tali limiti è stato considerato dai giudici d’appello, in modo quindi conforme a diritto e alla forma scritta ad substantiam prevista dall’art. 2125 c.c.
Per il resto il motivo è inammissibile, perché la ricorrente si limita a contrapporre una propria interpretazione a quella -plausibile e conforme ai criteri legali di ermeneutica negoziale -della Corte territoriale.
3.Con il terzo motivo, proposto ai sensi dell’art. 360, co. 1, n n. 3), 4) e 5), c.p.c. la ricorrente lamenta ‘violazione e falsa applicazione’ degli artt. 112, 113, 115, 116, 132, co. 2, n. 4), c.p.c., per avere la Corte territoriale omesso di pronunziare su un fatto decisivo ovvero motivato in modo apparente su una circostanza fondamentale: nelle sue funzioni produttive l’avvolgimento del prodotto alimentare in un film di plastica non è sempre presente, perché anzi è assente ad esempio per i sacchetti di farina, per le scatole di biscotti e per qualsiasi altra confezione di alimenti in carta o cartone.
Il motivo è infondato.
Con la sua complessiva motivazione la Corte territoriale ha mostrato di considerare quella circostanza irrilevante ai fini della decisione. Dunque vi è stato un rigetto implicito del secondo motivo di appello, con cui la società si doleva del fatto che il Tribunale avesse ricostruito l’attività di essa società solo in termini di packaging realizzato con avvolgimento del prodotto alimentare in un film di plastica.
Il motivo è altresì infondato perché strettamente connesso al primo ed espressamente volto a denunziare l’asserita erroneità dell’interpretazione della Corte territoriale circa l’oggetto del patto, non comprensivo anche della vendita di macchinari prodotti da terzi e che la ICA si limita a vendere. L’infondatezza del primo motivo comporta inevitabilmente l’infondatezza anche del terzo.
4.Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a rimborsare al controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in euro 7.500,00, oltre euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali e accessori di legge.
Dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, d.P.R. n. 115/2002 pari a quello per il ricorso a norma dell’art. 13, co. 1 bis, d.P.R. cit., se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione lavoro, in