Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 22138 Anno 2024
Civile Ord. Sez. L Num. 22138 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/08/2024
ORDINANZA
sul ricorso 18183-2023 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– ricorrente principale –
contro
COGNOME, domiciliato in ROMA, INDIRIZZO, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME;
– controricorrente –
ricorrente incidentale –
Oggetto
Agenzia – indennità per patto di non concorrenza
R.G.N.NUMERO_DOCUMENTO
COGNOME.
Rep.
Ud. 12/06/2024
CC
avverso la sentenza n. 137/2023 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositata il 14/03/2023 R.G.N. 91/2022; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 12/06/2024 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
RILEVATO CHE
1. con sentenza 14 marzo 2023, la Corte d’appello di Firenze ha revocato il decreto con il quale NOME COGNOMECOGNOME COGNOME agente di RAGIONE_SOCIALE, aveva ad essa ingiunto il pagamento della somma di € 38.756,05 di cui € 37.801,82 a ti tolo di corrispettivo per l’obbligo di non concorrenza cui tenuto ai sensi del p.to D) del contratto di agenzia, per i due anni successivi alla risoluzione del rapporto e la differenza di € 954,23 per provvigioni dei mesi di maggio e giugno 2018 -e condannato la società preponente al pagamento, in favore dell’ex agente, della somma di € 22.681,09 per il primo titolo, oltre all’importo suindicato per provvigioni, non contestato, per mero errore materiale non inserito nel dispositivo letto in udienza. Essa ha così riformato la sentenza di primo grado, che aveva invece rigettato l’opposizione della società al decreto ingiuntivo;
2. come il Tribunale, la Corte territoriale ha ritenuto possibile l’anticipazione della risoluzione del rapporto, fissata il 6 agosto 2018 (di scadenza del termine semestrale del preavviso dalle dimissioni rassegnate dall’agente il 5 febbraio 2018), al 27 aprile 2018, in virtù della derogabilità dei patti contrattuali per fatti concludenti, tempestivamente dedotta dal predetto, ancorché nelle note difensive finali del 7 gennaio 2022 in primo grado, in quanto mera difesa. E pure provata la concorde volontà d elle parti in tale senso, sulla base dell’argomentato
scrutinio delle risultanze istruttorie. Sicché, ha accertato non avere la società preponente, nel termine convenuto di trenta giorni dalla cessazione del rapporto, esercitato la facoltà di liberare l’agente dall’obbligo biennale di non concorrenza: così dovendogli corrispondere il corrispettivo pattuito.
Essa ha invece negato la rilevanza della circostanza di fatto dello svolgimento della sua attività esclusivamente in favore della preponente, non avendo l’agente documentato i requisiti previsti dall’art. 8 dell’A.E.C. 16 febbraio 2009, ai fini della determinazione del corrispettivo quale plurimandatario e pertanto nella misura ridotta del 20%, liquidata come sopra; 3. con atto notificato il 12 settembre 2023, la società ha proposto ricorso per cassazione con due motivi, cui l’ex agente ha resistito con controricorso, contenente ricorso incidentale con
con un unico motivo, cui la società ha replicato controricorso;
entrambe le parti hanno comunicato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.,
il collegio ha riservato la motivazione, ai sensi dell’art. 380 bis 1, secondo comma, ult. parte c.p.c.
CONSIDERATO CHE
la ricorrente ha dedotto nullità della sentenza per violazione degli artt. 112, 416, secondo comma e 190 c.p.c., per vizio di ultrapetizione, avendo la Corte territoriale -per la deduzione dall’ex agente, per la prima volta nelle seconde note conclusionali del 7 gennaio 2022 autorizzate dal Tribunale (e quindi tardivamente), dell’anticipazione consensuale della risoluzione del rapporto di agenzia alla data del 27 aprile 2018, in esecuzione dell’accordo non scritto 20 aprile 2018 ritenuto la tacita rinuncia al patto della forma scritta convenzionale
(comportante il mancato esercizio dalla società preponente, nel termine di trenta giorni dalla cessazione del rapporto, della facoltà di liberare l’agente dall’obbligo biennale di non concorrenza, con la conseguente corresponsione in suo favore del relativo corrispettivo), così rendendo una pronuncia su eccezione in senso stretto (tale essendo la deduzione in oggetto e non mera difesa) tardivamente formulata (primo motivo);
2. esso è infondato;
3. in via di premessa, giova ribadire che, in relazione all’opzione difensiva del convenuto consistente nel contrapporre alla pretesa attorea fatti ai quali la legge attribuisca autonoma idoneità modificativa, impeditiva o estintiva degli effetti del rapporto sul quale la predetta pretesa si fondi, occorre distinguere il potere di allegazione da quello di rilevazione. Mentre il primo compete, infatti, in via esclusiva alla parte e deve essere esercitato nei tempi e nei modi previsti dal rito in concreto applicabile (così soggiacendo alle relative preclusioni e decadenze), il secondo spetta alla parte (ed è soggetto, perciò, alle preclusioni stabilite per le attività di parte) solo qualora la manifestazione della sua volontà sia prevista strutturalmente quale elemento integrativo della fattispecie difensiva (come nell’ipotesi di eccezioni corrispondenti alla titolarità di un’azione costitutiva, quale in particolare la convalida tacita del contratto, ai sensi dell’art. 1444 c.c., in quanto sostanziale rinuncia all’azione di annullamento: Cass. 8 marzo 2017, n. 4794, citata dalla ricorrente), ovvero quando singole disposizioni espressamente indichino come indispensabile l’iniziativa di parte; in ogni altro caso, si deve ritenere che i fatti modificativi, impeditivi o estintivi, risultanti dal materiale probatorio legittimamente acquisito, siano rilevabili d’ufficio senza che, peraltro, ciò comporti un superamento del divieto di scienza
privata del giudice o delle preclusioni e decadenze imposte, atteso che il generale potere-dovere di rilievo d’ufficio delle eccezioni spettante al giudice si traduce nella semplice attribuzione di rilevanza, ai fini della decisione di merito, a determinati fatti; purché la richiesta della parte non sia strutturalmente necessaria o espressamente prevista, essendo in entrambe le situazioni però necessario che i predetti fatti modificativi, impeditivi o estintivi risultino legittimamente acquisiti al processo e provati (Cass. 29 ottobre 2018, n. 27405; Cass. 26 luglio 2019, n. 20317; Cass. 18 agosto 2020, n. 17216). Ed è noto che le eccezioni vietate in appello, ai sensi dell’art. 345, secondo comma c.p.c., siano soltanto quelle in senso proprio, ovvero ‘non rilevabili d’ufficio’ e non tutte le difese indiscriminatamente, comunque svolte dalle parti per resistere alle pretese o alle eccezioni di controparte, potendo i fatti su cui esse si basano e risultanti dalle acquisizioni processuali essere rilevati d’ufficio dal giudice alla stregua delle eccezioni ‘in senso lato’ o ‘improprie’ (Cass. 19 maggio 2011, n. 11015; Cass. 20 marzo 2017, n. 7107);
3.1. nel caso di specie, la deduzione in questione nelle note difensive finali del ricorrente non integra un’eccezione in senso stretto, sicché deve esserne esclusa la preclusione per tardività. Essa ha veicolato, infatti, argomentazioni giuridiche integranti difese (o eventualmente eccezioni in senso lato anche rilevabili d’ufficio), ma non allegazione di fatti nuovi, invece tempestivamente avvenuta nel procedimento monitorio e nell’opposizione ad esso (come risulta dagli ultimi tre capoversi di pg. 2 e dal terzo di pg. 3 della sentenza), con il pieno dispiegamento del contraddittorio tra le parti;
la ricorrente ha poi dedotto violazione o falsa applicazione dell’art. 1352 c.c., per avere la Corte d’appello erroneamente
ritenuto modificabile (in via di anticipazione) la data di scadenza del rapporto di agenzia (anziché il 6 agosto) al 27 aprile 2018, per effetto di comportamenti concludenti (comunicazione dall’agente all’RAGIONE_SOCIALE della data di risoluzione del rapporto del 27 aprile 2018, affiancamento al predetto nella zona a lui assegnata di un nuovo agente e mancato disconoscimento dalla preponente della propria firma in calce all’accordo del 20 aprile 2018), nonostante la previsione dell’art. 2 del contratto di agenzia tra le parti di pattuizione di ‘eventuali modifiche al presente accordo … per iscritto’ , quale forma legale costitutiva, esigente la rinunzia bilaterale alla forma convenzionale solo per iscritto e non verbalmente né tacitamente (secondo motivo);
esso è in parte inammissibile e in parte infondato;
6. secondo l’insegnamento di questa Corte, la clausola negoziale che imponga alle parti l’adozione di forme convenzionali espresse per la conclusione, ovvero per la successiva modificazione, del contratto da esse stipulato non può ritenersi automaticamente estesa, in via analogica, a tutte le ulteriori vicende contrattuali in essa non specificamente contemplate (Cass. 24 giugno 1997, n. 5639, in fattispecie in cui una clausola apposta ad un contratto cinematografico imponeva, per la ipotesi di modificazioni apportate successivamente al medesimo, l’adozione di particolari forme ed il giudice di appello aveva, ciononostante, ritenuto di poterne pronunciare lo scioglimento per mutuo consenso, desunto da univoci comportamenti concludenti delle parti). E pertanto, allorché un contratto non richieda la forma scritta ad substantiam , la clausola negoziale che imponga alle parti l’adozione della forma scritta per la modificazione del contratto non preclude – salvo patto contrario – la risoluzione per mutuo consenso tacito, riprendendo a riguardo vigore il principio della libertà delle
forme (Cass. 7 agosto 2013, n. 18757). Sicché, le parti che abbiano convenuto l’adozione della forma scritta per un determinato atto, nella loro autonomia negoziale possono successivamente rinunciarvi, anche tacitamente, mediante comportamenti incompatibili con il suo mantenimento, costituendo la valutazione in ordine alla sussistenza o meno di una rinuncia tacita un apprezzamento di fatto incensurabile in sede di legittimità, qualora sia sorretto da una motivazione immune da vizi logici, coerente e congruente (Cass. 15 febbraio 2019, n. 4539, che, in applicazione del predetto principio, ha confermato la sentenza di merito che aveva ritenuto che, pur a fronte di una clausola di rinnovo espresso di un contratto di affitto di azienda, la prosecuzione di fatto del contratto alle medesime condizioni palesasse ‘per fatti concludenti’ la volontà delle parti di rinunciare alla forma scritta per il rinnovo e di proseguire il rapporto alle medesime condizioni). E ancora, il patto di adottare la forma scritta per un determinato atto può essere revocato anche tacitamente, mediante comportamenti incompatibili col suo mantenimento, in quanto nel sistema contrattuale vige la libertà della forma, per cui, al di fuori dei casi tassativi di forma legale, i contraenti sono liberi di eleggere una forma e poi rinunciarvi (Cass. 22 marzo 2012, n. 4541); 6.1. nel caso di specie, la forma scritta convenzionalmente assunta dalle parti anche per ‘le eventuali modifiche’ del contratto di agenzia, che neppure la esige ad substantiam bensì ad probationem (art. 1742, secondo comma c.c.), è ben derogabile dalle parti medesime, che nella loro autonomia negoziale possono successivamente rinunciarvi, anche tacitamente, mediante comportamenti incompatibili con il suo mantenimento: come appunto ha accertato la C orte d’appello con un apprezzamento di fatto incensurabile in sede di
legittimità, in quanto sorretto da una motivazione immune da vizi logici, coerente e congrua nell’argomentazione (per le ragioni esposte all’ultimo capoverso di pg. 5, fino al sesto alinea di pg. 6 della sentenza);
il controricorrente ha a propria volta, in via di ricorso incidentale, dedotto nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. ed omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, quale non essersi l’agent e avvalso dell’art. 8 dell’A.E.C. 16 febbraio 2009, né documentato i relativi requisiti prescritti ai fini della determinazione del corrispettivo quale plurimandatario, avendo egli invece a tale prescrizioni adempiuto, pure documentandolo nel procedimento monitorio e nella costituzione nel conseguente giudizio di opposizione, in base a perizia, ivi allegata, fondata sulle fatture e sui registri Iva (unico motivo);
8. esso è fondato;
al di là della sua rubrica, che enuncia in via cumulativa i vizi di omessa pronuncia e di omesso esame di fatto decisivo, tra loro indubbiamente contraddittori (Cass. 18 giugno 2014, n. 13866; Cass. 5 marzo 2021, n. 6150), il motivo deve essere preliminarmente ritenuto ammissibile, essendo inequivocabilmente il suo tenore concentrato sul solo secondo vizio;
9.1. esso ha, d’altro canto, rispettato il paradigma deduttivo previsto dal novellato testo dell’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., secondo cui il ricorrente deve indicare il ‘fatto storico’, il cui esame sia stato omesso, il ‘dato’, testuale o extratestu ale, da cui esso risulti esistente, il ‘come’ e il ‘quando’ tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua ‘decisività’ (Cass. S.U. 7 aprile 2014, n. 8043; Cass. 11 aprile 2017, n. 9253; Cass. 29 ottobre 2018, n. 27415).
A ciò il ricorrente incidentale ha, infatti, puntualmente adempiuto in riferimento agli specifici atti di deduzione del fatto storico ( sub p.ti da 28 a 30 di pgg. 7 e 8 del controricorso con ricorso incidentale), ossia di essersi l’agente avvalso dell’art. 8 dell’A.E.C. 16 febbraio 2009 con il ricorso al procedimento monitorio esibendo la documentazione prescritta, inviata con PEC anche alla società preponente (e dalla medesima oggetto di riscontro: al secondo capoverso di pg. 7 del controricorso a ricorso incidentale e parimenti della memoria finale).
Ebbene, tale circostanza non è stata affatto esaminata dalla Corte d’appello, che ha anzi perentoriamente affermato che ‘COGNOME non si è mai avvalso … né ha preteso di avvalersi dell’art. 8 dell’Accordo economico collettivo 16 febbraio 2009 nella parte in cui dà diritto all’agente al corrispettivo nella misura prevista per il monomandatario, se prova di aver promosso affari per la preponente per la gran pare del suo fatturato’ (così al secondo periodo del secondo capoverso di pg. 6 della sentenza). Ed essa è certamente decisiva ai fini dell’esatto computo del corrispettivo per l’obbligo di non concorrenza, cui l’agente era tenuto ai sensi del p.to D) del contratto di agenzia;
pertanto, il ricorso principale deve essere rigettato, l’incidentale accolto, con la cassazione della sentenza impugnata in relazione ad esso e rinvio, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione, con raddoppio del contributo unificato per la ricorrente principale, ove spettante nella ricorrenza dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20 settembre 2019, n. 23535)
P.Q.M.
La Corte
rigetta il ricorso principale; accoglie il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata in relazione ad esso e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Firenze in diversa composizione.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella Adunanza camerale del 12 giugno 2024