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Patto commissorio: vendita con opzione di riacquisto

La Corte di Cassazione ha confermato la nullità di una complessa operazione immobiliare, qualificandola come patto commissorio. Una vendita, collegata a un contratto di locazione e a un’opzione di riacquisto a favore del venditore, è stata ritenuta illegittima perché il suo scopo reale non era il trasferimento di proprietà, ma la garanzia di un finanziamento, in violazione dell’art. 2744 c.c.

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Patto commissorio: quando la vendita immobiliare nasconde un prestito garantito

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale del nostro ordinamento: la nullità del patto commissorio, anche quando mascherato da una serie di contratti apparentemente leciti. Il caso analizzato riguarda una compravendita immobiliare collegata a un contratto di locazione e a un’opzione di riacquisto, un meccanismo complesso che i giudici hanno ritenuto finalizzato ad aggirare il divieto imposto dall’articolo 2744 del Codice Civile. Questa pronuncia offre spunti cruciali per comprendere come la giurisprudenza guardi alla sostanza degli accordi economici, al di là della loro forma giuridica.

I fatti di causa

Un proprietario immobiliare vendeva il proprio immobile a una società per 600.000 euro. Contestualmente, la società acquirente otteneva un mutuo fondiario da un istituto di credito per pagare il prezzo. Pochi giorni dopo la vendita, la stessa società concedeva in locazione l’immobile al precedente proprietario, con un canone annuo pari alla rata del mutuo. Inoltre, al venditore veniva concesso un patto di opzione per il riacquisto dell’immobile entro due anni, previo pagamento di 90.000 euro e l’accollo del mutuo residuo.

Il venditore agiva in giudizio, sostenendo che l’intera operazione costituisse un patto commissorio e chiedendo la dichiarazione di nullità del contratto di compravendita. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello accoglievano la sua domanda. L’istituto di credito, che aveva erogato il mutuo e iscritto ipoteca sull’immobile, ricorreva per cassazione, sostenendo la piena validità dell’operazione e l’assenza di un patto vietato.

L’analisi del patto commissorio e la decisione della Corte

La questione centrale era stabilire se la sequenza di contratti (vendita, mutuo, locazione e opzione di riacquisto) fosse, nel suo insieme, un meccanismo elusivo del divieto di patto commissorio. La ricorrente, la banca, sosteneva che si trattasse di operazioni distinte e legittime. In particolare, evidenziava la differenza temporale tra la vendita e i patti successivi e il fatto che il prezzo fosse stato utilizzato anche per estinguere debiti pregressi del venditore.

La Cassazione ha respinto questa visione formalistica, confermando le decisioni dei giudici di merito. I giudici hanno sottolineato che per individuare un patto commissorio è necessario guardare allo scopo pratico e all’assetto di interessi complessivo voluto dalle parti. Non rileva la natura dei singoli negozi o l’identità dei soggetti coinvolti, ma il loro collegamento funzionale. Se il trasferimento del bene è legato a uno scopo di garanzia di un debito, piuttosto che a una reale funzione di scambio, l’operazione è nulla.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha spiegato che l’intera architettura negoziale era stata costruita per raggiungere il risultato vietato dalla legge. Il venditore, di fatto, non aveva mai perso la disponibilità materiale del bene, continuando ad abitarlo come locatario e pagando un canone che corrispondeva alla rata del mutuo. Il trasferimento di proprietà alla società acquirente era meramente strumentale a ottenere un finanziamento (il cui importo è stato incassato dal venditore) e a garantirne la restituzione. La proprietà sarebbe diventata definitiva in capo all’acquirente solo se il venditore non fosse riuscito a esercitare l’opzione di riacquisto, restituendo di fatto il finanziamento ricevuto più una penale.

La sentenza chiarisce che il trasferimento di un bene per garantire la restituzione di una somma di denaro, con la conseguenza della perdita definitiva della proprietà in caso di inadempimento, costituisce l’essenza del patto commissorio. Questo meccanismo realizza una forma di coercizione illecita sul debitore, costretto ad accettare la perdita di un bene di valore potenzialmente superiore al debito pur di ottenere la liquidità necessaria.

La Corte ha anche respinto l’eccezione secondo cui una precedente convalida di sfratto per morosità avrebbe creato un giudicato sulla proprietà. I giudici hanno ribadito che l’ordinanza di sfratto ha natura sommaria e decide solo sulla risoluzione del contratto di locazione e sul possesso, senza accertare con valore di giudicato il diritto di proprietà del locatore.

Le conclusioni

Questa ordinanza è un’importante conferma dell’approccio funzionale adottato dalla giurisprudenza nell’interpretazione del divieto di patto commissorio. La decisione insegna che non è sufficiente mascherare un’operazione di garanzia dietro una serie di contratti formalmente leciti. I tribunali sono tenuti a indagare la causa concreta dell’intera operazione e l’effettivo interesse perseguito dalle parti. Se emerge che la vendita ha una funzione di garanzia per un prestito, l’operazione è nulla, con tutte le conseguenze del caso, inclusa la potenziale caducazione delle garanzie reali (come l’ipoteca) concesse da terzi in buona fede.

Una vendita immobiliare collegata a una locazione e a un’opzione di riacquisto può essere considerata un patto commissorio nullo?
Sì. La Corte di Cassazione ha stabilito che, se l’assetto complessivo degli interessi dimostra che il trasferimento della proprietà è finalizzato a garantire la restituzione di un debito piuttosto che a realizzare uno scambio, l’intera operazione è nulla per violazione del divieto di patto commissorio, indipendentemente dalla forma dei singoli contratti.

La convalida di uno sfratto per morosità impedisce al conduttore di contestare in un altro giudizio la proprietà dell’immobile in capo al locatore?
No. L’ordinanza di convalida di sfratto non ha valore di giudicato sul diritto di proprietà. Essa preclude solo la discussione sulla risoluzione del contratto di locazione e sul possesso del bene, ma non impedisce un accertamento sulla validità del titolo di proprietà del locatore in un separato giudizio.

Perché il patto commissorio è vietato dalla legge?
La legge vieta il patto commissorio (art. 2744 c.c.) per proteggere il debitore da una coercizione illecita da parte del creditore. Si vuole evitare che il debitore, in stato di bisogno, sia costretto ad accettare preventivamente la perdita della proprietà di un bene, il cui valore potrebbe essere superiore al debito, in caso di inadempimento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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