Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 32787 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 32787 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 16/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 1841/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, e per essa la procuratrice speciale RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME con domicilio digitale EMAIL
ricorrente
contro
COGNOME c.f. CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME con domicilio digitale EMAIL controricorrente
CURATELA DEL FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE già RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE
intimati avverso la sentenza n. 2404/2019 della Corte d’Appello di Firenze, depositata il 10-10-2019,
OGGETTO:
patto commissorio
RG. 1841/2020
C.C. 4-12-2024
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 4-122024 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.NOME COGNOME NOME ha convenuto avanti il Tribunale di Firenze RAGIONE_SOCIALE, chiedendo che fosse dichiarata la nullità del contratto di compravendita d ell’ immobile a uso abitazione sito a Firenze in INDIRIZZO da lui stipulato quale venditore con la convenuta il 30-7-2007 al prezzo di Euro 600.000,00, per violazione del divieto del patto commissorio; contestualmente alla vendita era stato stipulato contratto di mutuo fondiario dalla convenuta con la Cassa di Risparmio di Lucca Pisa e Livorno, a mezzo del quale l’acquirente aveva pagato il prezzo; il 4-8-2007 RAGIONE_SOCIALE aveva concesso a NOME COGNOME l’immobile in locazione, a uso transitorio e con la possibile durata fino a due anni, con canone annuo pari alla rata del mutuo che RAGIONE_SOCIALE doveva versare all’istituto di credito; nella stessa data del 4 -8-2007 veniva concesso da RAGIONE_SOCIALE a NOME COGNOME un patto di opzione per il riacquisto dell’immobile, da esercitarsi entro due anni con il pagamento di Euro 90.000,00 e accollo privativo del residuo mutuo, o comunque pagamento dell’importo necessario all’estinzione del mutuo.
In corso di causa è stato esteso il contraddittorio nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, alla quale la convenuta aveva venduto l’immobile, e interveniva in causa la mutuante Cassa di Risparmio di Lucca Pisa e Livorno s.p.a. chiedendo il rigetto della domanda, al fine di evitare che l’iscrizione ipotecaria a garanzia del mutuo di data 2 -82007 fosse travolta dall’accoglimento della domanda di nullità trascritta in data 1-12-2008, ex art. 2652 cod. civ.
Con sentenza n. 521/2014 depositata il 19-2-2014 il Tribunale di Firenze ha dichiarato la nullità del contratto di compravendita stipulato tra l’attore e la convenuta, per violazione dell’art. 2744 cod. civ.
Avverso la sentenza Banco Popolare RAGIONE_SOCIALE, già Cassa di Risparmio di Lucca Pisa e Livorno s.p.a. ha proposto appello, al quale ha resistito NOME COGNOME, mentre la curatela del fallimento di RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, già RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE sono rimaste contumaci.
Con sentenza n. 2404/2019 depositata il 10-10-2019 la Corte d’appello di Firenze ha integralmente rigettato l’appello.
La sentenza ha rigettato il primo motivo di appello, con il quale il Banco Popolare sosteneva sussistesse il giudicato sulla proprietà in capo a RAGIONE_SOCIALE dell’immobile oggetto della domanda, in ragione della convalida di sfratto per morosità ottenuto dalla stessa RAGIONE_SOCIALE nei confronti del conduttore NOME COGNOME Ha altresì rigettato il secondo motivo di appello, con il quale il Banco Popolare negava sussistesse violazione dell’art. 2744 cod. civ.
2.Banco RAGIONE_SOCIALE, costituita per fusione tra Banco Popolare -Società Cooperativa e Banca di Milano scarl, e per essa la mandataria RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione sulla base di quattro motivi.
NOME COGNOME NOME ha resistito con controricorso, chiedendo anche la condanna della ricorrente ex art. 96 co. 1 e 3 cod. proc. civ., e le altre parti Curatela del fallimento RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE sono rimaste intimate.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex art. 380bis.1 cod. proc. civ. e in prossimità dell’adunanza in camera di consiglio entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa.
All’esito della camera di consiglio del 4-12-2024 la Corte ha riservato il deposito dell’ordinanza.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Preliminarmente si dà atto che, in ragione dell’esito del giudizio, non si pone questione sulle modalità di esecuzione della notificazione
del ricorso per cassazione alle parti rimaste intimate, in applicazione del principio sulla ragionevole durata del processo, che impone di evitare condotte che ostacolino una sollecita definizione del giudizio, tra le quali rientrano quelle che si traducono in un inutile dispendio di attività processuale, non giustificata dalla struttura dialettica del processo (Cass. Sez. 1 11-3-2020 n. 6924 Rv. 657479-01, Cass. Sez. 6-3 17-6-2019 n. 16141 Rv. 654313-01, Cass. Sez. 2 21-5-2018 n. 12515 Rv. 648755-01).
2.Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione ex art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ. dell’art. 2909 cod. civ., per essere stata respinta la sua eccezione di giudicato sull’esistenza del diritto di proprietà in capo a RAGIONE_SOCIALE dell’immobile oggetto del contratto di compravendita. Sostiene che la convalida dello sfratto per morosità ottenuta da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di NOME COGNOME comporti il giudicato sul fatto che RAGIONE_SOCIALE era la proprietaria dell’immob ile concesso in locazione, che il contratto di locazione fosse legittimo e non affetto da nullità conseguente alla nullità della precedente compravendita e che perciò nel giudizio successivo non potesse essere sindacata la legittimità dell’atto di acquisto di RAGIONE_SOCIALE Evidenzia che la questione della proprietà del bene era stata dedotta, almeno implicitamente, in quel giudizio, in quanto nell’intimazione di sfratto RAGIONE_SOCIALE si era di chiarata proprietaria e all’udienza di convalida NOME COGNOME NOME aveva fatto presente la pendenza della lite sulla domanda di nullità della compravendita.
2.1.Il motivo è infondato.
E’ acquisito il principio che l’ordinanza di convalida di sfratto per morosità costituisce giudicato tra le parti sulla risoluzione del contratto e sul possesso di fatto della cosa locata (Cass. Sez. 3 11-7-2017 n. 17049 Rv. 644962-01, Cass. Sez. 3 24-5-2013 n. 12994 Rv. 626739-
01 e precedenti ivi richiamati) . Quindi, l’ordinanza di convalida di sfratto preclude la successiva proposizione di ogni questione in merito alla risoluzione del contratto di locazione e al possesso di fatto della cosa locata, ma non preclude l’accertamento in diverso giudizio della proprietà dell’immobile oggetto della locazione in capo al locatore. E’ stato più volte affermato dalla Corte di Cassazione che il rapporto che nasce dal contratto di locazione e che si instaura tra locatore e conduttore ha natura personale, con la conseguenza che chiunque abbia la disponibilità di fatto del bene, in base a titolo non contrario a norme di ordine pubblico, può validamente concederlo in locazione, onde la relativa legittimazione è riconoscibile anche in capo al detentore di fatto, a meno che la detenzione non sia stata acquistata illecitamente (Cass. Sez. 3 22-10-2014 n. 22346 Rv. 633069-01, Cass. Sez. 3 4-3-2005 n. 4764 Rv. 579742-01, Cass. Sez. 3 10-12-2004 n. 23086 Rv. 578710-01). Non vi è ragione per non applicare il principio al caso nel quale il titolo in capo al locatore del bene fosse un contratto di trasferimento della proprietà che, seppure affetto da nullità, aveva comportato il trasferimento all’acquirente della disponibilità del bene, considerando che nel giudizio di convalida di sfratto per morosità non è stato eseguito alcun accertamento sulla qualità di proprietario dell’attore, ma solo sull’esistenza del contratto di locazione e sul fatto che sussistesse la morosità.
3.Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione ex art. 360 co. 1 n. 3 cod. proc. civ. dell’art. 2744 cod. civ., sostenendo che il contratto di vendita del 30-7-2007 non abbia violato il divieto del patto commissorio. Sostiene che, diversamente da quanto ritenuto dalla sentenza impugnata che ha confuso il mutuo che il creditore apparente acquirente eroga al debitore apparente venditore con il mutuo che l’acquirente RAGIONE_SOCIALE aveva stipulato dopo l’acquisto, l’esistenza del patto di retrovendita escludeva il patto commissorio. Aggiunge che la
differenza temporale tra la compravendita, stipulata il 30-7-2007, e il patto di retrovendita e la locazione, stipulati il 4-8-2007, indica che le pattuizioni precedenti erano state rinunciate e quelle successive erano nuovi impegni avulsi dai precedenti, secondo il principio per il quale le pattuizioni contenute in contratto preliminare o proposta di acquisto accettata si intendono rinunciate se non riportate nel contratto definitivo. Rileva altresì che, diversamente da quanto ritenuto dalla sentenza impug nata, l’utilizzazione del prezzo per pagare debiti scaduti, anche verso terzi, come in questo caso, esclude l’applicazione dell’art. 2744 cod. civ., trattandosi di vendita effettiva e non di prestito con concessione di garanzia reale illegittima; infine evidenzia che erroneamente la sentenza impugnata non ha considerato neppure il fatto che il patto di retrovendita era limitato nel tempo e non coincideva né con la durata del mutuo, né con la durata del contratto di locazione.
3.1.Il motivo è infondato.
E’ stato più volte enunciato il principio secondo il quale il patto commissorio è ravvisabile rispetto a più negozi tra loro collegati, qualora l’assetto di interessi complessivo sia tale da fare ritenere che il trasferimento di un bene sia effettivamente collegato, piuttosto che alla funzione di scambio, a uno scopo di garanzia a prescindere sia dalla natura meramente obbligatoria o traslativa o reale del contratto, sia dal momento temporale in cui l’effetto traslativo è destinato a verificarsi, nonché dagli strumenti negoziali destinati alla sua attuazione e, persino, da ll’identità dei soggetti che abbiano stipulato i negozi collegati, complessi o misti, sempre che tra le diverse pattuizioni sia ravvisabile un rapporto di interdipendenza e le stesse risultino funzionalmente preordinate allo scopo finale di garanzia (Cass. Sez. 3 25-1-2024 n. 2469 Rv. 670068-01, Cass. Sez. 2 8-10-2021 n. 27362 Rv. 662360-01, Cass. Sez. 2 27-10-2020 n. 23553 Rv. 659604-01, Cass. Sez. 2 19-5-2004 n. 9466 Rv. 572938-01).
La sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione di questi principi, confermando la sentenza di primo grado che aveva accertato che il contratto di compravendita del 30-7-2007 tra il venditore RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE condizionava il mutuo acceso da RAGIONE_SOCIALE al trasferimento alla stessa dell’immobile di proprietà di RAGIONE_SOCIALE con ulteriore stipula di contratto di locazione a favore di RAGIONE_SOCIALE per la durata eventuale di due anni per un canone di importo pari alla rata del mutuo e ulteriore esercizio nello stesso termine di due anni del diritto di opzione di riacquisto del bene da parte di Gucci, previa restituzione della somma ricevuta. La sentenza ha altresì e specificamente evidenziato che l’opzione di riacquisto prevedeva l’accollo del mutuo per Euro 600.000,00 , oltre al pagamento della somma di Euro 90.000,00; ha evidenziato che la vendita del bene, neppure consegnato all’acquirente perché immediatamente oggetto di locazione in favore del venditore, costituiva la garanzia di restituzione dell’intera somma residua d ata a mutuo, oltre alla penale. Ha altresì considerato il fatto che tra la vendita e la locazione erano intercorsi cinque giorni, evidenziando come la circostanza non avesse significato, in quanto le parti si erano già impegnate alla stipula del contratto di locazione già dall’accettazione del la proposta irrevocabile di acquisto ed erano perciò obbligate alla stipula dei due atti; ha considerato che la metà della somma mutuata a RAGIONE_SOCIALE era stata destinata al pagamento d ei debiti del venditore e l’altra metà per Euro 300.000,00 gli era stata materialmente consegnata e ha evidenziato come questo dato non escludesse che, al fine di ottenere la retrocessione del bene, il venditore avrebbe dovuto restituire l’intera somma, costituendo il bene una evidente garanzia del pagamento dell’intero debito.
Le diverse deduzioni della ricorrente propongono la lettura degli accordi secondo un criterio formalistico e frazionato inapplicabile alla fattispecie in quanto, come esposto, l’art. 2744 cod. civ. deve essere
interpretato in maniera funzionale, per cui in forza della sua previsione risulta colpito da nullità qualsiasi tipo di convenzione che venga impiegata per conseguire il risultato concreto e vietato dell’illecita coercizione del debitore a sottostare alla volontà del creditore, accettando preventivamente il trasferimento della proprietà del suo bene quale conseguenza della mancata estinzione del suo debito (Cass. Sez. 2 14-5-2024 n. 13210 Rv. 671129-01). Nella fattispecie, seppure le parti avessero concluso patto di retrovendita, seppure il contratto di locazione con il patto di retrovendita sia stato concluso alcuni giorni dopo la compravendita e seppure una parte della somma mutuata sia stata destinata al pagamento di debiti pregressi del venditore, rimane insuperabile il dato che l’intero meccanismo negoziale è stato costruito per conseguire il risultato concreto vietato dall’art. 2744 cod. civ. E’ evidente che NOME COGNOME NOMECOGNOME trasferendo la proprietà dell’immobile di cui era proprietario a Logica RAGIONE_SOCIALE, ha ottenuto la somma che RAGIONE_SOCIALE si era procurata a mutuo; continuando a utilizzare l’immobile, mai consegnato all’acquirente, in forza del contratto di locazione e pagando i ratei del mutuo corrispondenti ai canoni di locazione, RAGIONE_SOCIALE avrebbe potuto riottenere il trasferimento della proprietà dell’immobile soltanto alla condizione che, entro la data prevista nel patto di retrovendita, avesse pagato a RAGIONE_SOCIALE l’intero importo del mutuo residuo, oltre all’ulteriore somma di Euro 90.000,00. In questo modo è stato perseguito il risultato concreto vietato dall’art. 2744 cod. civ. dell’illecita coercizione del debitore alla volontà del creditore, in quanto NOME COGNOME NOME ha accettato preventivamente la definitiva perdita della proprietà del suo bene quale conseguenza della mancata estinzione del suo debito; ciò in quanto il trasferimento della proprietà dell’immobile ha costituito lo strumento per ottenere da RAGIONE_SOCIALE il prestito dell’importo di Euro 600.000,00 e per garantirne a RAGIONE_SOCIALE la restituzione, mentre il venditore RAGIONE_SOCIALE
NOME ha continuato a godere dell’immobile pagando i ratei del mutuo a titolo di canoni di locazione; il trasferimento di proprietà sarebbe divenuto irretrattabile soltanto nel caso in cui NOME non fosse stato in grado di esercitare il patto di retrovendita restituendo la somma mutuata residua a quella data, oltre all’importo di Euro 90.000,00.
4 .Con il terzo motivo la ricorrente deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, con motivazione mancante o apparente, contraddittoria e incomprensibile , in relazione all’art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ., per non avere la sentenza impugnata considerato che il patto di retrovendita era stato successivo alla stipula del contratto di compravendita; sostiene che tale fatto, se considerato, avrebbe portato a escludere la natura commissoria della compravendita e ripropone gli argomenti in ordine al fatto che le pattuizioni successive superavano le precedenti. Aggiunge che nella motivazione della sentenza non vi sia alcun elemento idoneo a fare emergere il collegamento negoziale.
5.Con il quarto motivo la ricorrente ulteriormente deduce ex art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ. l’omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, con motivazione mancante o apparente, contraddittoria e incomprensibile, con riguardo al fatto che l’immobile era stato venduto a RAGIONE_SOCIALE al prezzo di mercato; sostiene che il fatto che il prezzo fosse stato congruo portava di per sé a escludere l’esistenza del patto commissorio, a meno che lo stesso non risultasse da altri elementi.
6.Il terzo e il quarto motivo in primo luogo sono inammissibili ai sensi dell’art. 348-ter ult. co. cod. proc. civ. ratione temporis vigente, in quanto il giudizio di appello è iniziato prima dell’11 -2-2012 e il giudizio di cassazione prima del 28-2-2023 e la sentenza di appello ha integralmente confermato la sentenza di primo grado.
Deve altresì escludersi che sussista un qualche vizio della motivazione che ne comporti la nullità, in quanto sulla base dell’attuale formulazione dell’art. 360 co. 1 n. 5 cod. proc. civ. il sindacato di legittimità è limitato al rispetto del minimo costituzionale (Cass. Sez. U 7-4-2014 n. 8053 Rv. 629830-01, Cass. Sez. 3 12-10-2017 n. 23940 Rv. 645828-01, Cass. Sez. 1 3-3-2022 n. 7090 Rv. 664120-01, per tutte). Nella fattispecie, con il contenuto già esposto, la sentenza soddisfa pienamente il predetto requisito, perché ha ricostruito l’intera operazione negoziale in termini tali da fare emergere in modo chiaro la funzione propria del patto commissorio, ha considerato il fatto che la locazione era successiva alla vendita e ha spiegato la ragione per cui tale dato non comportava il superamento della precedente pattuizione -in quanto le parti si erano impegnate alla stipulazione della locazione già al mom ento dell’accettazione della proposta d’acquisto -; a fronte di tutti gli elementi esposti, in forza dei quali ha ritenuto la violazione dell’art. 2744 cod. civ., la sentenza non aveva ragione di soffermarsi sul dato che il prezzo di vendita fosse corrispondente al prezzo di mercato dell’immobile , in quanto elemento che di per sé non avrebbe potuto escludere l’esistenza del patto commissorio vietato .
7.In conclusione il ricorso è interamente rigettato e, in applicazione del principio della soccombenza, la ricorrente deve essere condannata alla rifusione a favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, in dispositivo liquidate in conformità alla nota spese prodotta, con distrazione a favore del difensore dichiaratosi antistatario. Non si ravvisano i presupposti per la condanna della ricorrente ex art. 96 cod. proc. civ. chiesta dal controricorrente.
In considerazione dell’esito del ricorso, ai sensi dell’art. 13 c o. 1quater d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 si deve dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente,
di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso;
condanna la ricorrente alla rifusione a favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 7.000,00 per compensi, oltre 15% dei compensi a titolo di rimborso forfettario delle spese, iva e cpa ex lege, con distrazione a favore dell’avv. NOME COGNOME dichiaratosi antistatario .
Sussistono ex art.13 co.1-quater d.P.R. 30 maggio 2002 n.115 i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del co.1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della seconda sezione