Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 15654 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 15654 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/06/2025
Oggetto: Preliminare di vendita – Sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c.
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23474/2020 R.G. proposto da
COGNOME anche per COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME
-controricorrente – avverso la sentenza n. 1988/2020, depositata il 5/6/2020 e notificata il 15/7/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 26 marzo 2025 dalla dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
Con atto di citazione notificato il 19/06/2013, NOME COGNOME convenne in giudizio, davanti al Tribunale di Napoli, NOME COGNOME e
NOME COGNOME affinché venisse pronunciata sentenza costitutiva dell’obbligo di contrarre, ai sensi dell’art. 2932 cod. civ., in relazione al contratto preliminare di compravendita del 31/07/2012, col quale aveva promesso di acquistare gli immobili siti in Napoli, INDIRIZZO
Con sentenza n. 5411/16, resa ex art. 281sexies cod. proc. civ. all’udienza del 28 aprile 2016, il Tribunale di Napoli accolse la domanda.
Il giudizio di gravame, instaurato da COGNOME Lucia e COGNOME Domenico con atto d’appello notificato il 05/08/2016, si concluse, nella resistenza di NOME COGNOME con la sentenza n. 1988/2020, pubblicata il 05/06/2020, con la quale la Corte d’Appello di Napoli respinse l’appello.
Contro la predetta sentenza, COGNOME NOME, anche per COGNOME LuciaCOGNOME propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi. NOME NOME si difende con controricorso.
Considerato che :
Con il primo motivo di ricorso, si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2744, 1343, 1344, 1362, 1414, 1417, 1418, 1419 e 1421 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 2, cod. proc. civ., per avere i giudici di merito interpretato erroneamente il contratto preliminare del 31/7/2012, in base al quale era stato chiesto il trasferimento forzoso ai sensi dell’art. 2932 cod. civ., in quanto si erano limitati a ritenere nuova e dunque inammissibile ex art. 345 cod. proc. civ., alla stregua di criteri ermeneutici meramente formali, la domanda di simulazione proposta, senza tener conto né del collegamento del preliminare esaminato con altro contratto preliminare del 30/12/2005, ivi espressamente richiamato, né della sussistenza di tutti gli elementi
idonei a decretarne la nullità in quanto dissimulante un patto commissorio.
Il ricorrente ha, infatti, evidenziato come il contratto del 2012 fosse stato concluso in quanto sia lui che NOME si erano resi inadempienti agli obblighi assunti con il contratto del 2005, rifiutandosi di prestare il consenso alla vendita e omettendo di restituire la caparra confirmatoria di euro 100.000,00, versata dal promissario acquirente, perché privi delle necessarie risorse economiche, inadempimento quest’ultimo al quale si intendeva rimediare con la promessa di vendita dei due appartamenti nel 2012.
I giudici non avevano, dunque, considerato né che quest’ultimo preliminare, in quanto avente finalità di garanzia, dissimulava un patto commissorio vietato, come arguibile dai suoi stessi contenuti – nella parte in cui ricollegava la stipula alla garanzia di un credito del promissario acquirente, presumibilmente sorto dall’inadempimento del contratto del 2005 -, dal collegamento negoziale tra le due scritture (del 2005 e del 2012) e dal prezzo di vendita, corrispondente alla cifra che i promissari venditori avrebbero dovuto corrispondere per effetto dell’inadempimento del contratto funzionalmente collegato, né che il patto commissorio era nullo ex art. 2744 cod. civ. anche quando ad effetti obbligatori (come in caso di preliminare di vendita), né che la nullità ex lege del patto commissorio avrebbe dovuto essere rilevata d’ufficio in quanto volta a tutelare il debitore, assicurando la par condicio creditorum e contrastando l’attuazione di strumenti di garanzia diversi da quelli legali.
Con il secondo motivo di ricorso, si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2744, 1421 cod. civ. e 345 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 2, cod. proc. civ., per avere i giudici di merito ritenuto nuova la deduzione sulla nullità del
preliminare di vendita del 2012 in quanto riconducibile ad un patto commissorio, siccome proposta in appello, senza considerare che, alla stregua dell’art. 1421 cod. civ., la nullità assoluta, con eccezione di quella di protezione relativa, è sempre rilevabile d’ufficio dal giudice ed è, dunque, svincolata dai termini ex art. 345 cod. proc. civ.
3.1 I due motivi, che possono essere trattati congiuntamente in ragione della stretta connessione, sono fondati.
Occorre, innanzitutto, osservare come i giudici di merito abbiano chiarito, nella sentenza, quali fossero i contenuti della scrittura privata del 2012 posta a fondamento della domanda avanzata da NOME COGNOME ai sensi dell’art. 2932 cod. civ., sostenendo che nella premessa si fosse dato conto che, con scrittura privata del 30/12/2005, i coniugi COGNOMECOGNOME avevano promesso di vendere a NOME NOME un altro immobile, che quest’ultimo aveva all’uopo versato a titolo di acconto sul prezzo la somma di euro 100.000,00 e che i promittenti venditori, essendosi rifiutati di addivenire al definitivo senza, però, restituire la somma ricevuta in quanto mancanti di liquidità, si erano impegnati a vendere al medesimo promissario acquirente i due appartamenti al prezzo complessivo di euro 100.000,00, dando atto del suo pregresso versamento in occasione del precedente preliminare, e abbiano poi respinto la censura con cui gli appellanti avevano lamentato l’erroneità della decisione assunta dal Tribunale per non avere considerato la nullità e simulazione del preliminare del 2012 siccome stipulato in violazione dell’art. 2744 cod. civ., sostenendo che la denuncia di simulazione fosse nuova perché formulata solo in appello e che gli appellanti non avessero censurato le due rationes decidendi con cui il Tribunale aveva respinto le medesime deduzioni, ossia l’asserita tardività delle eccezioni sollevate dai convenuti e la mancata dimostrazione della precedente dazione di
denaro da parte dell’attore, stante l’intestazione a soggetti diversi dalle parti in causa degli assegni prodotti, essendosi limitati a reiterare la denuncia di violazione del divieto di patto commissorio.
3.2 Orbene, la motivazione della Corte territoriale non appare conforme a diritto.
Si osserva in primo luogo che l’appello, nei limiti dei motivi di impugnazione, non soltanto è un giudizio sul rapporto controverso e non sulla correttezza della sentenza impugnata (Cass., Sez. 3, 24/4/2019, n. 11197), ma è anche un mezzo di gravame con carattere devolutivo pieno, non limitato al controllo di vizi specifici, ma rivolto ad ottenere il riesame della causa nel merito, sicché il principio della necessaria specificità dei motivi – previsto dall’art. 342, primo comma cod. proc. civ. -prescinde da qualsiasi particolare rigore di forme, essendo sufficiente che al giudice siano esposte, anche sommariamente, le ragioni di fatto e di diritto su cui si fonda l’impugnazione, ovvero che, in relazione al contenuto della sentenza appellata, siano indicati, oltre ai punti e ai capi formulati, anche, seppure in forma succinta, le ragioni per cui è chiesta la riforma della pronuncia di primo grado, con i rilievi posti a base dell’impugnazione, in modo tale che restino esattamente precisati il contenuto e la portata delle relative censure (Cass., Sez. 2, 25/1/2023, n. 2320; Cass., Sez. 3, 11/10/2006, n. 21745 ).
Ciò vale a maggior ragione quando la doglianza verta, come nella specie, su un motivo di invalidità del contratto.
Infatti, la Corte d’Appello, nonostante il giudizio del Tribunale di tardività della domanda di nullità per violazione dell’art. 2744 cod. civ., avrebbe dovuto comunque esaminare la questione, riproposta col motivo d’appello, essendo tenuta a rilevare d’ufficio, ai sensi dell’art. 1421 cod. civ., una causa di nullità negoziale, che non conosce, né consente alcuna limitazione di grado.
Soccorrono a questo riguardo i principi affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 26243 del 12/12/2014, allorché hanno chiarito che il giudice d’appello e quello di cassazione hanno sempre facoltà di procedere al rilievo d’ufficio di una nullità contrattuale, quand’anche non vi abbia provveduto il giudice di primo grado, e che, nonostante l’inammissibilità, ai sensi dell’art. 345, primo comma, cod. proc. civ., di una domanda di accertamento della nullità proposta per la prima volta in appello, il giudice del gravame, proprio in quanto tenuto a rilevare d’ufficio ogni possibile causa di nullità, può convertire la stessa ed esaminarla come eccezione di nullità legittimamente formulata dall’appellante, giusta il disposto di cui al secondo comma del ridetto art. 345 cod. proc. civ., purché ne dia notizia alle parti instaurando all’uopo il contraddittorio ai sensi dell’art. 101, secondo comma, cod. proc. civ. (in questi termini anche Cass., Sez. 3, 27/10/2015, n. 21775).
I giudici d’appello non potevano allora fermarsi alla sostanziale declaratoria di inammissibilità della questione (in ciò risolvendosi l’asserita mancata aggressione delle due rationes decidendi del giudice di primo grado), ma dovevano, in ragione della conversione della domanda (inammissibile) in eccezione (ammissibile) di accertamento della causa di nullità prospettata dalla parte dinanzi a loro, esaminare il merito della vicenda processuale, posto che la rilevazione ex officio di un diverso vizio di nullità negoziale non contrasta né con l’originario petitum , né con la causa petendi , ossia il negozio ovvero il collegamento negoziale di cui si assume la nullità (vedi sul punto Cass., Sez. 3, 27/10/2015, n. 21775, cit.).
Né rileva il fatto che nel giudizio di primo grado la nullità per violazione dell’art. 2744 cod. civ. fosse stata ricollegata alla precedente dazione di un mutuo, cui si ricollega la parte della decisione sulla mancata dimostrazione della dazione di assegni
intestati ai promittenti venditori, e non, come evidenziato in questa sede, alla precedente stipulazione di un preliminare attestata nello stesso preliminare del 2012, atteso che, come evidenziato da Cass., Sez. 3, 27/10/2015, n. 21775, cit., la domanda di nullità afferisce ad un diritto autodeterminato ed è quindi individuata a prescindere dello specifico vizio ( rectius , titolo) dedotto in giudizio, sicché la relativa decisione (il thema decidendum e il correlato giudicato) sarà, così, definitiva e a tutto campo indipendentemente da quali e quanti titoli di nullità siano stati fatti valere dall’attore.
Peraltro, deve ritenersi che il ricorrente abbia, nella specie, rispettato il principio secondo cui, in tema di nullità negoziali, ove in sede di legittimità ne venga contestato il mancato rilievo ufficioso – come pure nel caso in cui si censuri la declaratoria della tardività della relativa domanda – occorre dedurre, a pena di inammissibilità della censura per difetto di specificità, anche l’emersione, nel corso del giudizio di merito, degli elementi che avrebbero dovuto indurre il giudice a ravvisare la nullità (Cass., Sez. 1, 3/11/2023, n. 30505), risultando sia dal ricorso, sia dalla stessa sentenza impugnata, la sottoposizione al giudizio della Corte di merito e, prima ancora, del Tribunale, della questione afferente al collegamento del contratto preliminare del 2012 con l’obbligo, gravante sui ricorrenti, di pagamento al promissario acquirente di somme di denaro derivante dal preliminare del 2005, situazione questa coerente con i principi affermati da questa Corte in tema di nullità ex art. 2744 cod. civ..
E’ stato in proposto chiarito, infatti, che il patto commissorio, posto dalla citata disposizione, da interpretarsi non secondo un criterio formalistico e strettamente letterale, ma secondo un criterio ermeneutico e funzionale, finalizzato ad una più efficace tutela del debitore e ad assicurare la par condicio creditorum , sì da contrastare l’attuazione di strumenti di garanzia diversi da quelli
legali (Cass., Sez. 2, 19/5/2004, n. 9466), riguarda qualunque tipo di convenzione, quale ne sia il contenuto, che venga impiegata per conseguire il risultato concreto, vietato dall’ordinamento giuridico, dell’illecita coercizione del debitore a sottostare alla volontà del creditore, accettando preventivamente il trasferimento della proprietà di un suo bene quale conseguenza della mancata estinzione di un suo debito (Cass., Sez. 2, 14/05/2024, n. 13120; Cass., Sez. 3, 25/01/2024, n. 2469), sicché anche un contratto preliminare di compravendita può dissimulare un mutuo con patto commissorio, ancorché non sia previsto il passaggio immediato del possesso del bene, qualora la promessa di vendita abbia la funzione di garantire la restituzione, entro un certo termine, della somma precedentemente o coevamente mutuata dal promittente compratore, purché sia dimostrato il nesso di strumentalità tra i due negozi (Cass., Sez. 6-2, 09/10/2017, n. 23617; Cass., Sez. 2, 23/10/1999 , n. 11924). In detta ipotesi, peraltro, la simulazione costituisce soltanto causa petendi , cioè il fatto rivelatore del vietato patto commissorio, posto a base dell’azione di nullità del contratto, sicché la prova della simulazione relativa del contratto preliminare può essere data, ove diretta a far valere l’illiceità del negozio, anche per testimoni o per presunzioni, in conformità all’art. 1417 cod. civ. (Cass., Sez. 6 -2, 09/10/2017, n. 23617; Cass., Sez. 2, 23/10/1999 , n. 11924; Cass., Sez. 2, 16/8/1990, n. 8325).
In ragione di quanto detto, le censure devono trovare accoglimento.
In conclusione, dichiarata la fondatezza dei due motivi, il ricorso deve essere accolto e la sentenza cassata, con rinvio alla Corte d’Appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello di Napoli, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 26 marzo 2025.