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Patto commissorio: nullo il preliminare di vendita

La Corte di Cassazione ha stabilito che un contratto preliminare di vendita, utilizzato per garantire la restituzione di un debito pregresso, è nullo perché dissimula un patto commissorio vietato dall’art. 2744 c.c. L’ordinanza chiarisce che la nullità assoluta è sempre rilevabile d’ufficio dal giudice, anche in appello, superando i limiti procedurali sulle nuove domande. La Corte ha cassato la sentenza di merito che aveva erroneamente dichiarato inammissibile l’eccezione, rinviando per un esame nel merito del collegamento tra il preliminare e il debito sottostante.

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Patto Commissorio: Anche un Preliminare di Vendita Può Essere Nullo

Un contratto preliminare di vendita immobiliare può sembrare un’operazione standard, ma a volte può nascondere un accordo illecito. La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale: un preliminare di vendita che serve a garantire un debito è nullo perché dissimula un patto commissorio, vietato dalla legge. Questa decisione sottolinea l’importanza di guardare alla sostanza degli accordi, non solo alla loro forma, e chiarisce i poteri del giudice nel rilevare tali nullità.

I Fatti del Caso

Tutto ha origine da un primo contratto preliminare del 2005, con cui una coppia di promittenti venditori si impegnava a vendere un immobile a un promissario acquirente. L’acquirente aveva versato una caparra confirmatoria di 100.000 euro. Tuttavia, la vendita non si era mai conclusa e i venditori non avevano restituito la caparra, adducendo difficoltà economiche.
Per rimediare a questo inadempimento, nel 2012 le parti stipulano un secondo contratto preliminare, questa volta relativo a due diversi appartamenti di proprietà dei venditori. Il prezzo di vendita viene fissato esattamente a 100.000 euro, cifra corrispondente al debito derivante dalla mancata restituzione della caparra del primo affare.
Quando i venditori si rifiutano nuovamente di procedere alla vendita, l’acquirente si rivolge al Tribunale per ottenere una sentenza che trasferisca coattivamente la proprietà degli immobili, ai sensi dell’art. 2932 c.c.

Il Percorso Giudiziario e la Nullità del Patto Commissorio

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello danno ragione all’acquirente. I venditori, durante il processo d’appello, sostengono che il secondo contratto preliminare fosse nullo, in quanto mascherava un patto commissorio. Essi affermano che l’accordo non era una vera vendita, ma un modo per garantire il debito di 100.000 euro: se non avessero restituito la somma, avrebbero perso la proprietà degli immobili.
La Corte d’Appello, però, ritiene questa argomentazione una domanda nuova e quindi inammissibile, rifiutandosi di esaminarla nel merito. La questione arriva così dinanzi alla Corte di Cassazione.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ribalta la decisione dei giudici di merito, accogliendo il ricorso dei venditori. Le motivazioni sono cruciali e toccano principi cardine del diritto civile e processuale.

La Rilevabilità d’Ufficio della Nullità

Il punto centrale è che il divieto di patto commissorio, sancito dall’art. 2744 c.c., dà origine a una nullità assoluta. Questo tipo di nullità, secondo l’art. 1421 c.c., può e deve essere rilevata dal giudice in ogni stato e grado del processo, anche d’ufficio, cioè di sua spontanea iniziativa. La Corte d’Appello ha quindi sbagliato a dichiarare la questione inammissibile solo perché sollevata in quella sede. Avrebbe dovuto, invece, esaminare la fondatezza dell’eccezione, convertendo la domanda (inammissibile) in un’eccezione (ammissibile).

L’Interpretazione Funzionale del Patto Commissorio

La Cassazione ricorda che per individuare un patto commissorio non bisogna fermarsi all’apparenza formale del contratto (un preliminare di vendita), ma occorre un’interpretazione funzionale. Bisogna cioè capire quale sia il vero scopo dell’accordo. Se la causa concreta dell’operazione è quella di fornire una garanzia reale a un creditore, consentendogli di appropriarsi del bene in caso di inadempimento, allora l’accordo è nullo, a prescindere dal nome o dalla forma utilizzati.
Nel caso di specie, il collegamento tra il debito pregresso di 100.000 euro e il prezzo di vendita identico del secondo preliminare era un indizio forte che la vera funzione dell’accordo fosse di garanzia e non di compravendita.

Le Conclusioni

L’ordinanza della Corte di Cassazione è un importante monito: la nullità derivante dalla violazione di norme imperative, come il divieto di patto commissorio, è un vizio talmente grave da poter essere fatto valere in qualsiasi momento del processo. I giudici hanno il dovere di guardare oltre la forma degli atti per scoprirne la reale funzione economica e sociale.
Questa sentenza tutela il debitore da forme di coercizione illecita da parte del creditore e riafferma il principio che gli strumenti di garanzia sono solo quelli previsti dalla legge. La causa è stata quindi rinviata alla Corte d’Appello, che dovrà riesaminare il caso tenendo conto di questi principi e verificando se il preliminare del 2012 fosse effettivamente un patto commissorio dissimulato.

Un contratto preliminare di vendita può nascondere un patto commissorio vietato?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, anche un contratto preliminare di compravendita può dissimulare un patto commissorio se la sua funzione concreta è quella di garantire la restituzione di una somma di denaro, prevedendo il trasferimento della proprietà in caso di inadempimento del debitore.

La nullità per patto commissorio può essere fatta valere per la prima volta in appello?
Sì. Trattandosi di una nullità assoluta che viola norme imperative, può essere rilevata d’ufficio dal giudice in ogni stato e grado del procedimento. Pertanto, anche se una parte la solleva per la prima volta in appello, il giudice è tenuto a esaminare la questione nel merito.

Cosa deve fare il giudice d’appello se una parte solleva la questione di nullità per la prima volta?
Il giudice d’appello non può dichiarare la questione inammissibile. Anche se la parte la formula come una ‘domanda’ nuova (inammissibile in appello), il giudice deve convertirla in un”eccezione’ di nullità (ammissibile) e procedere a valutarne la fondatezza, esaminando il merito della vicenda processuale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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