Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 2469 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 2469 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11264/2020 R.G. proposto da: ING BANK NV, in persona del legale rappresentante pro tempore, quale incorporante la ING LEASE SPA, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO (EMAIL) che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (EMAIL) e COGNOME NOME, giusta procura speciale in calce al ricorso.
–
ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del curatore, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO. COGNOME NOME (EMAIL) che lo rappresenta e difende unitamente all’AVV_NOTAIO COGNOME NOME (EMAIL), giusta procura speciale in calce al controricorso. controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE IN RAGIONE_SOCIALE ed IN CONCORDATO.
–
intimata – e contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del curatore, elettivamente domiciliato in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO
(EMAIL), giusta procura speciale in calce al controricorso.
-controricorrente e ricorrente incidentale- avverso la sentenza della Corte d’Appello di Milano n. 4343/2019 depositata il 29/10/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12/10/2023 dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME.
SVOLFIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso affidato a sette motivi la società RAGIONE_SOCIALE impugna per cassazione la sentenza n. 4343 del 29 ottobre 2019 resa dalla Corte d’Appello di Milano, con cui è stata confermata la sentenza del 6 luglio 2017 del Tribunale di Monza, che ha accertato la nullità sia del contratto di compravendita stipulato tra RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE sia del contratto di leasing stipulato tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE; ha accertato la proprietà in capo a RAGIONE_SOCIALE del complesso immobiliare descritto in atti; ha dichiarato inammissibile la domanda di nullità del contratto di locazione per immobili ad uso industriale stipulato tra RAGIONE_SOCIALE nonché la domanda di
restituzione dei canoni di locazione nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, conferitaria da NOME del ramo di azienda; ha dichiarato l’intervenuta improcedibilità delle domande di restituzione somme e risarcimento danni proposte nei confronti di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Resiste con controricorso contenente ricorso incidentale condizionato il RAGIONE_SOCIALE.
Resiste con controricorso il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Sebbene intimata, RAGIONE_SOCIALE in liquidazione in concordato non ha svolto attività difensiva.
La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale ai sensi dell’art. 380 -bis.1, cod. proc. civ.
Il solo RAGIONE_SOCIALE COGNOME ha depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente denuncia <>.
Deduce che la corte di merito non spiega per quale ragione il giudicato endofallimentare, determinatosi a seguito dell’ammissione allo stato passivo del fallimento RAGIONE_SOCIALE del credito vantato per canoni di locazione (sino alla data della dichiarazione di fallimento) e di indennità di occupazione (sino alla data della liberazione dell’immobile), sul presupposto dell’esistenza, validità ed efficacia del contratto di locazione concluso tra RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, non possa esplicare effetti in relazione al giudizio di cui è causa.
Con il secondo motivo la ricorrente denuncia <>.
Lamenta che la corte di merito ha omesso di considerare che si è formato il giudicato endofallimentare sulla validità del contratto di locazione commerciale a suo tempo concluso tra RAGIONE_SOCIALE ed NOME (quale utilizzatore in leasing dell’immobile locato) ed è pertanto erroneamente pervenuta a dichiarare la nullità del contratto di compravendita e del contratto di leasing, che sono l’antecedente logico della locazione commerciale, sulla cui validità è sceso il giudicato, dal momento che senza il leasing NOME nn avrebbe potuto concedere l’immobile in locazione a Meta lvern e senza il contratto di compravendita RAGIONE_SOCIALE non avrebbe potuto concedere in leasing a NOME l’immobile poi locato a RAGIONE_SOCIALE.
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia <>.
Lamenta che la Corte d’Appello di Milano ha omesso di motivare, ovvero, in subordine, ha motivato solo apparentemente, circa il rigetto del secondo motivo d’appello, in punto di simulazione e di sale and lease back .
Con il quarto motivo la ricorrente denuncia <>.
Lamenta, anche richiamando precedenti di legittimità, che erroneamente la corte territoriale ha applicato l’art. 2744 cod. civ. ad un’ipotesi di compravendita non caratterizzata dalla provvisorietà del trasferimento, nel senso che nel senso che, adempiendo, il debitorevenditore possa recuperare la proprietà del bene, mentre – in caso contrario – la perda definitivamente; nel caso di specie la corte non ha invece verificato come RAGIONE_SOCIALE avrebbe potuto (ri)acquistare la proprietà dell’immobile da ING ed ha erroneamente valorizzato una clausola contenuta nel contratto di locazione commerciale, non opponibile a ING che non ne è parte, ed una clausola del contratto di leasing, che non è n alcun modo collegata al contratto di locazione commerciale.
5. Con il quinto motivo la ricorrente denuncia <>.
Lamenta che la corte di merito si è limitata a denunciare l’esistenza del collegamento funzionale tra i diversi negozi senza indicare specificamente sulla base di quali fatti atti o documenti lo abbia ritenuto esistente e formulando quindi un’affermazione apodittica tale da rendere
la motivazione al limite della mera apparenza.
Con il sesto motivo la ricorrente denuncia <>.
Lamenta che la dichiarazione di nullità del contratto di leasing è intervenuta non per vizi inerenti il contratto stesso -di per sé perfettamente valido -ma perché la corte territoriale ha ritenuto che il medesimo fosse essere considerato in collegamento con il patto di retrocessione contenuto nel contratto di locazione commerciale, che integrerebbe il patto commissorio. Ciò senza considerare che l’art. 2744 cod. civ. sanziona con la nullità il ‘patto’, mentre nulla prevede con riferimento all’atto/atti contenenti il medesimo e/o con riferimento alle parti non direttamente coinvolte e/o beneficiate.
Deduce che nel caso di specie l’operazione di vendita e di locazione dell’immobile è stata progettata dallo studio di consulenza al quale la stessa RAGIONE_SOCIALE si era rivolta e che non risulta alcuna partecipazione di ING, rimasta completamente estranea.
Con il settimo motivo la ricorrente denuncia <>.
Lamenta che la corte territoriale ha rigettato la censura mossa alla sentenza di primo grado in relazione alla liquidazione delle spese di lite, erroneamente poste ad esclusivo carico di ING RAGIONE_SOCIALE, malgrado la soccombenza anche di COGNOME e di COGNOME.
Il primo motivo è infondato.
Questa Corte ha già avuto modo di affermare che la mancanza di motivazione, quale causa di nullità della sentenza, va apprezzata, tanto nei casi di sua radicale carenza, quanto nelle evenienze in cui la stessa si dipani in forme del tutto inidonee a rivelare la ratio decidendi posta a fondamento dell’atto, poiché intessuta di argomentazioni fra loro logicamente inconciliabili, perplesse od obiettivamente incomprensibili, tali da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio, e quindi tali da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. (tra le tante: Cass., 07/04/2023, n. 9549; Cass., 15/03/2022, n. 8293; Cass., 15/02/2021, n. 3867; Cass., 04/01/2022, n. 11).
Orbene, dalla lettura della sentenza impugnata, e precisamente della p. 16, emerge che il giudice di appello non ha affatto omesso di motivare sul tema del cd. giudicato endofallimentare, e tanto basta per ritenere priva di fondamento la censura di omessa motivazione.
8.1 Parimenti infondata è l’ulteriore doglianza del ricorrente, secondo la motivazione, pur graficamente esistente, sarebbe apparente.
La censura presuppone espressamente che sia stata riconosciuta la validità del contratto di locazione e si duole del fatto che la considerazione di tale validità non abbia indotto la corte di merito a ritenere validi anche i contratti di vendita e di leasing .
Tuttavia, in disparte il non marginale rilievo per cui la censura pare più riferirsi alla sentenza di prime cure che non a quella di appello, va rilevato che la corte territoriale (v. p. 16) espressamente afferma, confermando la sentenza di prime cure, che <>.
La corte di merito motiva espressamente in ordine alla efficacia limitata, ed appunto circoscritta alla procedura fallimentare, del provvedimento che rende esecutivo lo stato passivo, donde non a caso si parla di giudicato endofallimentare.
Una siffatta motivazione risulta scevra da vizi logico-giuridici, in
quanto confortata anche dal disposto dell’art. 204, comma 5, del CCII, secondo cui il decreto che rende esecutivo lo stato passivo produce effetti solo al fine del concorso ed ha portata limitata all’accertamento dei crediti (e non anche dei titoli).
8.2 Di recente, poi, questa Corte ha avuto modo di affermare che il decreto di approvazione dello stato passivo, dotato di vis imperativa e indisponibilità per le parti, ha natura di giudicato endofallimentare e si connota come regola del caso concreto nel circoscritto ambito concorsuale, il che, comportandone l’assimilabilità agli elementi normativi della fattispecie, postula che per la sua interpretazione non debba farsi ricorso ai criteri ermeneutici dettati per le manifestazioni di volontà negoziale, bensì, in via analogica, ai principi dettati dall’art. 12 e ss. disp. prel. cod. civ., alla luce dei quali s’impone la ricerca del significato oggettivo della regola o del comando di cui il provvedimento è portatore (Cass., 30/06/2023, n. 18591; Cass., 16/10/2020, n. 22611; Cass., 03/12/2020, n. 27709; Cass., 27/10/2017, n. 25640), e dalla lettura della sentenza impugnata risulta che la corte di merito ha fatto buon governo dei suindicati principi, applicandoli al caso deciso.
9. Il secondo motivo è infondato per le stesse ragioni del primo.
Giova preliminarmente riportare quanto deciso dalla corte d’appello sul punto: <> (cfr. pag. 16 della Sentenza della Corte d’Appello).
Orbene, così motivando la corte di merito, come già rilevato nello
scrutinio del primo motivo, fa buon governo dei principi, posti da questa Suprema Corte, per cui il verbale di accertamento dello stato passivo ha sì valore incontrovertibile e di giudicato, ma limitatamente alla sede fallimentare (è infatti <> fallimentare) e quindi, diversamente da quanto pretende la società ricorrente, non ne può essere invocata una efficacia ed una portata tale da coprire il dedotto ed il deducibile.
10. Il terzo motivo è infondato.
Come si è detto, sussiste vizio di motivazione apparente della sentenza, allorquando giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento restando il sindacato di legittimità sulla motivazione circoscritto alla sola verifica della violazione del minimo costituzionale richiesto dall’art. 111, 6 comma, Cost. (Cass. 15/11/2022, n. 33649; Cass., 6 settembre 2023, n. 26009).
Orbene, la ricorrente estrapola e censura soltanto alcuni passaggi dell’impugnata sentenza.
La considerazione della motivazione nel suo complesso consente invece di ritenere che la corte di merito, come già il giudice di primo grado, ha posto a fondamento della propria decisione il collegamento negoziale tra i diversi negozi oggetto di causa (e cioè compravendita, leasing e locazione), prescindendo dalla applicazione al caso di specie sia dei principi in materia di simulazione sia dell’istituto del sale and lease back , dal momento che ha espressamente escluso, con motivazione scevra da vizi logico-giuridici e che resiste al sindacato di legittimità, per un verso, la simulazione del contratto di compravendita e, per altro verso, la sussunzione della operazione in concreto realizzata nello schema del sale and lease back (v. pp. da 17 a 19 della sentenza impugnata).
11. Il quarto motivo è inammissibile.
Va anzitutto rilevata la novità della critica che lo compone, per cui, nel silenzio della gravata decisione sul punto, parte ricorrente avrebbe dovuto
indicare se, come e quando la stessa fu proposta nei precedenti gradi di giudizio, correttamente e compiutamente localizzandola.
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare, in tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito ma anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto in virtù del principio di autosufficienza del ricorso, come codificato nell’art. 366, n. 6, cod. proc. civ. Infatti i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità , questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito né rilevabili d’ufficio (Cass., 11/07/2022, n. 21945; Cass., Cass., 09/08/2018, n. 20694).
Nel caso di specie parte ricorrente non ha provveduto alle indicazioni prescritte, che nel ricorso risultano del tutto omesse (v. pp. da 47 a 55) ed in memoria illustrativa sono solo genericamente formulate.
11.1. Il motivo è anche inammissibile in riferimento all’invocazione del vizio di omesso esame ex art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ. anzitutto in ipotesi ‘doppia conforme’ prevista dall’art. 348 ter , comma 5, cod. proc. civ. (posto che il ricorrente in cassazione, per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360 c.p.c., n. 5, deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse: Cass., 09/08/2022, n. 24508; Cass., 10/03/2014, n. 5528).
Il vizio viene inoltre dedotto al di fuori dei principi posti da questa Corte (Cass., Sez. Un., 07/04/2014, n. 8053 e n. 8054; Cass., Sez. Un., 22/09/2014, n. 19881), secondo cui deve essere proposto in relazione all’omesso esame di un fatto storico, il che appunto richiede l’indicazione di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo
della sentenza (rilevanza del dato testuale) o dagli atti processuali (rilevanza anche del dato extratestuale), che abbia costituito oggetto di discussione e abbia carattere decisivo (cioè che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia), rimanendo invece escluso che l’omesso esame di elementi istruttori, in quanto tale, integri la fattispecie prevista dalla norma, là dove il fatto storico rappresentato sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché questi non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie astrattamente rilevanti.
E’ stato inoltre precisato che il mancato esame di elementi probatori, contrastanti con quelli posti a fondamento della pronunzia, costituisce vizio di omesso esame di un punto decisivo solo se le risultanze processuali non esaminate siano tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l’efficacia probatoria delle altre risultanze sulle quali il convincimento è fondato, onde la ratio decidendi venga a trovarsi priva di fondamento (Cass., 17/02/2022, n. 571; Cass., 14/01/2019, n. 640; Cass., 24/10/2013, n. 24092; Cass., 12/07/2007, n. 15604; Cass., 21/04/2006, n. 9368).
12. Il quinto motivo è inammissibile per le stesse ragioni dedotte nello scrutinio del quarto motivo, e cioè a causa dell’omessa specifica indicazione del se, come e quando la questione del collegamento negoziale sia stata trattata nei precedenti gradi di giudizio, indicazione fornita peraltro solo genericamente in memoria illustrativa.
12.1. Va inoltre rilevato che questa Corte ha già avuto modo di affermare che il patto commissorio è <> (Cass., 22/02/2021, n. 4664; Cass., 27/10/2020, n. 23553; Cass., 19/05/2004, n. 9466).
Al fine, peraltro, di verificare se una specifica operazione di sale and lease back -ma il ragionamento è più in generale applicabile anche al collegamento negoziale- sia in concreto diretta ad aggirare, o meno, il disposto dell’art. 2744 cod. civ., si è prefigurato, da parte di questa Corte, una sorta di <>, ed è stato affermato che l’operazione contrattuale può definirsi fraudolenta nel caso in cui si accerti, con una indagine che è tipicamente di fatto, sindacabile in sede di legittimità soltanto sotto il profilo della correttezza della motivazione, la compresenza delle seguenti circostanze, ritenute sintomatiche della frode alla legge: <> (Cass., 22/02/2021, n. 4664; Cass., 14/03/2006, n. 5438; Cass., 21/10/ 2008, n. 25552, non massimata; Cass., 12/07/2018, n. 18327).
Orbene, l’impugnata sentenza mostra di far buon governo di questi principi, dal momento che, dalla pagina 17 alla pagina 20, motiva analiticamente in ordine allo schema di collegamento negoziale tra il contratto di compravendita, quello di leasing e quello di locazione della sentenza impugnata, valorizzando con congrua motivazione la <> (p. 20 della sentenza impugnata), e pervenendo così alla conferma della decisione di primo grado in punto nullità del contratto di compravendita e del contratto di leasing.
12.2. L’ulteriore censura che compone il motivo, secondo cui la corte territoriale non ha verificato la trasferibilità della proprietà del bene da NOME a NOME, unico presupposto affinché potesse ritenersi integrata la violazione dell’art. 2744 cod. civ., è parimenti inammissibile, alla luce del consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui, in tema di collegamento negoziale cd. funzionale, l’accertamento del giudice di merito ai fini della qualificazione giuridica di tale situazione negoziale deve investire l’esistenza, l’entità, la natura, le modalità e le conseguenze del collegamento realizzato dalle parti mediante l’interpretazione della loro volontà contrattuale e se, come nel caso di specie emerge dalla impugnata sentenza, condotto nel rispetto dei criteri di logica ermeneutica e di corretto apprezzamento delle risultanze di fatto, si sottrae al sindacato di legittimità (Cass., 07/08/2018, n. 20634).
13. Il sesto motivo è infondato.
Come questa Corte ha già avuto modo di affermare con riferimento al divieto del patto commissorio, qualunque negozio, anche se astrattamente lecito, è colpito da integrale nullità perché in frode alla legge, quando le parti abbiano voluto conseguire i risultati proibiti dall’art. 2744 cod. civ. (Cass., 11/07/2019, n. 18680; Cass., 29/08/1998, n. 8624).
In altre parole, quindi, al di là del suo letterale tenore, l’art. 2744 cod. civ. deve essere interpretato in maniera funzionale, per cui in forza della sua previsione risulta colpito da nullità non solo il <> ivi descritto, ma qualunque tipo di convenzione stipulata tra debitore e creditore che miri al raggiungimento del risultato vietato dal legislatore (v. ancora Cass., 30/09/2013, n. 22314: <>).
13.1. Va infine rilevato che il decreto ingiuntivo per canoni di locazione di leasing, non opposto, prodotto dall’odierna società ricorrente al fine di
dimostrare la validità del contratto di locazione finanziaria, costituisce produzione nuova ed inammissibile ex art. 372 cod. proc. civ., in disparte il pur non marginale rilievo secondo il quale la produzione suddetta è finalizzata a sollecitare a questa Corte una parimenti inammissibile rivalutazione del materiale probatorio.
Il settimo motivo è inammissibile.
Si tratta di ‘non motivo’, atteso che auspica un effetto che suppone l’accoglimento di alcuno dei motivi precedenti.
All’inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso.
Il ricorso incidentale condizionato di RAGIONE_SOCIALE rimane conseguentemente assorbito.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo in favore di ciascuna parte controricorrente, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 6.200,00, di cui euro 6.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori di legge, in favore del controricorrente RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME; in complessivi euro 5.200,00, di cui euro 5.000,00 per onorari, oltre a spese generali ed accessori di legge, in favore del controricorrente RAGIONE_SOCIALE in liquidazione.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione il 12 ottobre 2023.
Il Presidente NOME COGNOME