Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 22285 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 3 Num. 22285 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/08/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al numero 15197 del ruolo generale dell’anno 2022, proposto da
RAGIONE_SOCIALE in amministrazione straordinaria (C.F.: P_IVA, in persona dei commissari straordinari, legali rappresentanti pro tempore , NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME e difesa dagli avvocati NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE, NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE)
-ricorrente principale – controricorrente- nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE (C.F.: NUMERO_DOCUMENTO, in persona del Presidente del Consiglio di Amministrazione, legale rappresentante pro tempore , NOME COGNOME
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione (C.F.: P_IVA), in persona dei liquidatori, legali rappresentanti pro tempore , NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME rappresentate e difese dagli avvocati NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE e NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE
RAGIONE_SOCIALE (C.F.: P_IVA), in persona del Presidente del C.d.A., legale rappresentante pro tempore , NOME COGNOME
rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOMEC.F.: CRB CODICE_FISCALE e NOME COGNOMEC.F.: CLS RFL CODICE_FISCALE)
-controricorrenti-
RAGIONE_SOCIALE (C.F.: 13032990155), in persona del rappresentante per procura NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocat o NOME COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE
SOCIETÀ PER AZIONI RAGIONE_SOCIALE (C.F.: P_IVA, in persona del rappresentante per procura NOME COGNOME
rappresentata e difesa dall’avvocat o NOME COGNOMEC.F.: CODICE_FISCALE)
-controricorrenti – ricorrenti in via incidentalenonché
RAGIONE_SOCIALE (C.F.: P_IVA, in persona del legale rappresentante pro tempore
-intimato- per la cassazione della sentenza della Corte di Appello di Milano n. 981/2022, pubblicata in data 23 marzo 2022; udita la relazione sulla causa svolta alla pubblica udienza in
data 10 luglio 2025 dal consigliere NOME COGNOME uditi:
il pubblico ministero, in persona del sostituto procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso come da requisitoria scritta in atti, per il rigetto del ricorso principale, con assorbimento dell’esame dei ricorsi incidentali condizionati;
l’avvocato NOME COGNOME l’avvocato NOME COGNOME per delega dell’avvocato NOME COGNOME e l’avvocato NOME COGNOME per delega dell’avvocato NOME COGNOME per la società ricorrente RAGIONE_SOCIALE;
l’avvocato NOME COGNOME per le società controricorrenti RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE;
l’avvocato NOME COGNOME per delega dell’avvocato NOME COGNOME per la società controricorrente Aeroporti di RAGIONE_SOCIALE;
l’avvocato NOME COGNOME per delega dell’avvocato NOME COGNOME per la società controricorrente (e ricorrente in via incidentale) RAGIONE_SOCIALE
Fatti di causa
RAGIONE_SOCIALE in amministrazione straordinaria (in seguito: RAGIONE_SOCIALE ha agito in giudizio nei confronti di RAGIONE_SOCIALE (attualmente RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE (attualmente RAGIONE_SOCIALE, per ottenere la restituzione della somma complessiva di € 4.922.324,48 che assume indebitamente corrisposta alle società convenute, a titolo di rimborso di ‘ airport fee ‘ (per assistenza nei servizi di rifornimento di carburante), nel periodo dal gennaio 1999 al gennaio 2009, trattandosi di royalties riconosciute come illegittimamente determinate dai gestori aeroportuali in base a provvedimenti d ell’ Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM). Le società convenute, nel contestare il fondamento delle domande proposte nei loro confronti, hanno a loro volta evocato in giudizio RAGIONE_SOCIALE Aeroporti di Roma S.p.A.RAGIONE_SOCIALE Aeroporti di Puglia S.p.RAGIONE_SOCIALE e Aeroporto Sant’Anna S.p.ARAGIONE_SOCIALE (quest’ultima dichiarata fallita nel corso del giudizio di merito, proseguito dalla curatela fallimentare), quali soggetti gestori degli scali aerei nei quali erano state fornite le prestazioni di assistenza per il rifornimento di carburante, nonché percettori finali delle somme in contestazione, chiedendo di essere eventualmente manlevate, in caso di soccombenza.
Il Tribunale di Milano: a) con una prima sentenza non definitiva (n. 13631 del 3 dicembre 2015), ha dichiarato prescritto il diritto di Alitalia per il periodo anteriore al 14 maggio 2000 ed ha rigettato tutte le altre eccezioni preliminari e pregiudiziali formulate dalle società convenute e chiamate in causa; b) con
successiva sentenza definitiva (n. 1861 del 27 febbraio 2020), ha parzialmente accolto la domanda principale, condannando RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE alla restituzione in favore di Alitalia della somma di € 932.539,00 , oltre accessori, nonché le domande di manleva di queste ultime nei confronti di Aeroporti di Roma S.p.A. e di SEA S.p.A. ( nei limiti di € 849.087,00 per Aeroporti di Roma S.p.A . e di € 83.452,00 per SEA S.p.A.), mentre ha rigettato la domanda di manleva nei confronti di Aeroporti di Puglia RAGIONE_SOCIALE e dichiarato improcedibile quella nei confronti del Fallimento RAGIONE_SOCIALE
La Corte d’a ppello di Milano, in riforma delle richiamate decisioni di primo grado, ha integralmente rigettato la domanda principale di RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE con assorbimento delle domande di manleva già accolte.
Ricorre Alitalia, sulla base di nove motivi.
Resistono con distinti controricorsi: a) RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE; b) Aeroporti di Puglia RAGIONE_SOCIALE; c) Aeroporti di Roma S.p.A.; d) RAGIONE_SOCIALE
Aeroporti di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE propongono, a loro volta, ricorsi incidentali condizionati, rispettivamente sulla base di un unico motivo e di due motivi.
Resistono ai ricorsi incidentali condizionati: a) RAGIONE_SOCIALE con due ulteriori distinti controricorsi; b) RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE con unico controricorso.
Non ha svolto attività difensiva in questa sede l’intimata curatela del fallimento Aeroporto SantRAGIONE_SOCIALE
È stata disposta la trattazione in pubblica udienza.
RAGIONE_SOCIALE nonché RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE hanno depositato memorie ai sensi dell’art. 378 c.p.c. .
Ragioni della decisione
1. Ricorso principale di RAGIONE_SOCIALE
I primi quattro motivi del ricorso principale, avanzato da Alitalia, hanno ad oggetto la domanda di ripetizione di indebito, quelli dal quinto all’ottavo l’azione risarcitoria .
L ‘ultimo motivo del ricorso non contiene censure avverso la decisione impugnata, ma la sola riproposizione delle questioni rimaste assorbite nel giudizio di merito.
1.1 Motivi del ricorso principale aventi ad oggetto l’azione di ripetizione di indebito
1.1.1 Con il quarto motivo si denunzia « violazione e falsa applicazione degli artt. 99 e 112 c.p.c. , dell’ art. 2033 c.c. e dei principi generali in tema di collegamento negoziale, nonché dell’ art. 102 TFUE, della Direttiva 96/67/CE, art. 16, del d.lgs. n. 18/1999, art. 10, del D.L. n. 203/2005, art. 11-terdecies, in relazione all’ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. ».
La società ricorrente censura la sentenza impugnata « ove la sentenza medesima dovesse essere intesa affermare la liceità del pagamento delle airport fees, nel rapporto tra la società petrolifera e la compagnia aerea, per esservi stato un corrispondente pagamento dalla società petrolifera ai gestori aeroportuali ».
Il quarto motivo del ricorso principale è logicamente pregiudiziale rispetto agli altri motivi aventi ad oggetto l’azione di ripetizione di indebito (cioè, i primi tre).
Con esso viene censurata la autonoma ratio decidendi su cui si fonda la sentenza impugnata, relativamente a tale azione, in base alla quale la corte d’appello ha escluso in radice la nullità della clausola di rimborso dei costi dei servizi aeropor-tuali (cd. airport fee) pagati dalla compagnia petrolifera per effettuare il rifornimento, avendo ritenuto che tale clausola di per sé non determini alcuna violazione delle norme che disci-plinano le tariffe aeroportuali, limitandosi a prevedere il rim-borso dei relativi costi, di fatto sopportati dalla compagnia petrolifera, che li
ha pagati ai gestori aeroportuali, da parte della compagnia aerea in favore della quale è stato effettua-to il rifornimento.
Non possono esservi dubbi sul fatto che, nell’ottica complessiva della decisione impugnata, quella appena richiamata costituisca una ratio decidendi autonoma e da sola sufficiente ad escludere la fondatezza dell’azione di ripetizione di indebito : le considerazioni svolte dalla corte d’appello sulla validità della clausola in contestazione seguono, infatti, alla premessa che tale azione è fondata sulla nullità della stessa e sono seguite da una serie di considerazioni, che vengono espressamente indicate come meramente ipotetiche, per il solo caso in cui si dovesse, invece, escludere la validità della clausola, sulla mancata prova del quantum dell’eccedenza illegittima.
Ne consegue che, risultando infondato il quarto motivo di ricorso, la statuizione di rigetto del l’azione di ripetizione di indebito sarebbe da ritenere sufficientemente sostenuta dall’indicata ratio decidendi , a prescindere da ogni ulteriore questione relativa alla prova dell’eccedenza illegittima della tariffa aeroportuale, oggetto dei primi tre motivi del ricorso, i quali resterebbero assorbiti.
1.1.2 Secondo la ricorrente Alitalia, la statuizione in esame sarebbe viziata: a) per ultra-petizione, in quanto il tribunale avrebbe implicitamente ritenuto sussistente la nullità della clausola in questione e non sarebbe stato proposto appello sul punto; b) per erronea applicazione dei principi di diritto sul collegamento e sull’illiceità negoziale , nonché delle stesse norme che impongono ai gestori aeroportuali di rapportare le tariffe per i servizi come quello in esame ai costi effettivi.
Il motivo è in parte inammissibile ed in parte infondato.
1.1.3 La censura di ultra-petizione risulta, innanzi tutto, inammissibile perché non adeguatamente sostenuta, in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c., dal puntuale richiamo del contenuto degli atti di causa rilevanti, dai quali si possa
evincere che vi era stata una espressa (o almeno implicita) statuizione del giudice di primo grado in merito alla nullità della clausola controversa e che tale statuizione non era stata oggetto di appello da parte delle società soccombenti.
D’altra parte, per quello che è possibile ricavare dagli atti richiamati nel ricorso e dalla sentenza impugnata, il tribunale non si è affatto pronunciato espressamente sulla validità o meno della clausola controversa, essendosi limitato ad accogliere semplicemente, sia pur parzialmente, la domanda di ripetizione di indebito avanzata da Alitalia nei confronti delle compagnie petrolifere, limitatamente all’importo dei costi da queste addebitati alla prima eccedenti quelli legittimamente imposti dai gestori aeroportuali, senza peraltro chiarire se tale accoglimento si fondasse o meno sulla nullità della relativa clausola.
La pronuncia di accoglimento dell’azione di ripetizione di indebito risulta, in ogni caso, certamente essere stata oggetto di impugnazione da parte delle società soccombenti: in particolare, le compagnie petrolifere, in secondo grado, risultano avere (in via di impugnazione incidentale) chiesto il rigetto integrale proprio della suddetta domanda di ripetizione di indebito, sulla base delle medesime difese e contestazioni già svolte in primo grado, incluse quelle relative alla validità della clausola oggetto di lite, il che imponeva senz’altro alla corte d’appello di rivalutare ex novo il rapporto obbligatorio sottostante, soprattutto in mancanza di una espressa pronuncia sulla questione della eventuale nullità della clausola in questione.
1.1.4 La ricorrente afferma, inoltre, che la clausola per cui è causa prevedeva il pagamento delle cd. airport fees e, precisamente, « non semplicemente un ammontare corrispondente, ma proprio le medesime airport fees applicate dal gestore ed in quanto allo stesso dovute ».
Anche questa censura presenta, in primo luogo, un preliminare profilo di inammissibilità , per violazione dell’art. 366, comma 1,
n. 6, c.p.c., in quanto il testo della clausola in questione non è adeguatamente e puntualmente richiamato nel ricorso, il che impedisce in radice a questa Corte di valutare in concreto la tesi della ricorrente in ordine al suo contenuto.
In ogni caso, non vi è dubbio che la corte d’appello abbia esaminato la clausola ed abbia interpretato la volontà negoziale emergente dalla medesima come avente ad oggetto una previsione di mero rimborso dei costi di fatto sopportati dalla compagnia petrolifera per lo svolgimento delle operazioni di rifornimento, a prescindere, quindi, dalle modalità di determinazione delle relative tariffe da parte dei gestori, e non come riferita, invece, al pagamento dell’importo dell e relative tariffe aeroportuali se ed in quanto correttamente determinate e, cioè, nei limiti della loro legittima imposizione alle compagnie petrolifere. Si tratta di una interpretazione della volontà negoziale emergente dal contratto stipulato tra le parti, certamente non arbitraria, anzi del tutto ragionevole e, come tale, non sindacabile nella presente sede, né, tanto meno, oggetto di specifiche censure fondate sulla deduzione di una eventuale violazione delle norme in tema di ermeneutica negoziale.
1.1.5 Le considerazioni sin qui svolte impediscono di valutare l’eventuale rilevanza del dedotto collegamento negoziale tra la clausola di rimborso dei costi aeroportuali di cui si discute e il rapporto contrattuale tra le compagnie petrolifere ed i gestori aeroportuali e, comunque, portano ad escludere che si possa ammettere la rilevanza di un siffatto collegamento nel senso auspicato dal la ricorrente, di modo che l’illegittima determinazione delle tariffe per lo svolgimento dei servizi aeroportuali da parte dei gestori possa determinare l’illegittimità derivata della clausola che prevede il rimborso dei costi sopportati dalle compagnie petrolifere per effettuare il rifornimento.
Trattandosi di semplice previsione del rimborso dei costi effettivi di fatto e in concreto sopportati dalla compagnia petrolifera
al fine di eseguire la prestazione principale dedotta nel contratto (vale a dire il rifornimento di carburante agli aeromobili della compagnia aerea), non assume rilievo, ai fini della sua validità, il rapporto contrattuale intercorrente tra quest’ultima e i gestori degli aeroporti e, in particolare, la legittimità della condotta di questi ultimi nella determinazione delle tariffe imposte per i servizi aeroportuali.
Altra questione è, poi, quella relativa al l’eventuale danno risentito, in via indiretta, dagli acquirenti di prodotti la cui erogazione abbia comportato il pagamento di servizi aeroportuali da parte degli acquirenti diretti di tali servizi, ed ai quali siano stati trasferiti i relativi costi, in virtù della eventuale condotta illecita dei gestori degli aeroporti che abbiano abusato della loro posizione dominante per imporre corrispettivi più elevati di quelli legittimamente esigibili, con violazione delle norme sulla concorrenza: si tratta di una questione che, di per sé, non implica alcuna nullità della clausola di rimborso dei costi aeroportuali effettivamente sostenuti dagli acquirenti diretti dei servizi, ma che potrebbe, al più, dare luogo ad un’azione risarcitoria, anche da parte dell” acquirente indiretto ‘ nei confronti dell’autore della violazione, azione peraltro nella specie non proposta dalle compagnie aeree, le quali, anche dopo la chiamata in giudizio dei gestori aeroportuali, non hanno esteso alcuna delle domande proposte nei confronti di questi.
1.1.6 Secondo Alitalia, i rapporti con le compagnie petrolifere « prevedevano espressamente che Alitalia potesse contestare la validità originaria dell’imposizione e chiederne la restituzione (si vedano sul punto le condizioni IATA, doc. 28 di Alitalia in primo grado, annex III, art. 13.2 e, per l’applicazione delle fees , art. 13.1., espressive delle prassi di mercato e comunque richiamate da Alitalia nei propri ordini, doc. 27 di Alitalia in primo grado, nella formula riportata in ciascuno di essi ‘ all other conditions as per RAGIONE_SOCIALE fuel supply agreement’, il
tutto richiamato anche a pagina 8 della prima comparsa conclusionale depositata da Alitalia in primo grado) ».
Se ben si comprende il senso dell’argomentazione sostenuta dalla ricorrente (esposta in modo per il vero non chiarissimo), si fa riferimento a previsioni estranee al contratto stipulato tra la compagnia aerea e la compagnia petrolifera.
La questione, però, almeno nei termini indicati, non risulta affrontata nelle sentenze di merito, richiede anche accertamenti di fatto e deve ritenersi posta, nei suddetti termini, peraltro anche in modo assolutamente generico, per la prima volta nella presente sede.
D’altra parte, i l richiamo al contenuto degli atti difensivi in cui essa sarebbe stata già posta nel corso del giudizio di appello non può ritenersi sufficientemente specifico, a giudizio della Corte e, pertanto, la censura risulta inammissibile per violazione dell’art . 366, comma 1, n. 6, c.p.c..
1.1.7 Non è fondato neanche l’assunto per cui alla conclusione della nullità della clausola di rimborso dei costi aeroportuali sopportati dalle compagnie petrolifere per effettuare il rifornimento dovrebbe giungersi in base all ‘applicazione delle norme che disciplinano la determinazione della relativa tariffa da parte dei gestori aeroportuali, vietando tali norme l’imposizione di una tariffa superiore a quella riferibile ai costi effettivi.
Si tratta, infatti, di norme dirette a disciplinare i rapporti tra i gestori aeroportuali e le imprese che svolgono servizi commerciali negli aeroporti (nella specie, quello di rifornimento del carburante): ma la clausola che consente alla compagnia petrolifera di addebitare alla compagnia aerea, in aggiunta al prezzo del carburante, l’importo pagato al gestore per lo svolgimento del servizio di rifornimento, non ha direttamente ad oggetto la determinazion e dell’importo pagato a tal fine .
Tale clausola, nei rapporti tra compagnia petrolifera e compagnia aerea, prevede esclusivamente il rimborso di un costo
ulteriore rispetto al corrispettivo pattuito per il rifornimento di carburante, sopportato dalla compagnia petrolifera ed imposto da un terzo, a prescindere dalla sua legittima determinazione. Di conseguenza, come già chiarito, se il costo in questione sia stato determinato illegittimamente, la compagnia aerea potrà eventualmente agire per il risarcimento del danno nei confronti dell’autore dell’illecito (domanda nella specie non proposta direttamente), ma ciò non rende di per sé nulla la clausola di rimborso dei costi ulteriori, nei rapporti tra compagnia petrolifera e compagnia aerea. Questa clausola, come correttamente rilevato dalla corte d’appello, non ha ad oggetto l’importo della tariffa, ma esclusivamente l’addebito alla compagnia aerea della somma effettivamente pagata da quella petrolifera per effettuare i rifornimenti, addebito (o ritrasferimento) che non è, ovviamente, di per sé illecito.
E se anche si potesse, in astratto, ipotizzare la deduzione di una inadempienza della compagnia petrolifera, sul piano contrattuale, per non avere essa stessa contestato la determinazione illegittima della tariffa al gestore aeroportuale, ciò non implicherebbe la nullità della clausola di rimborso dei costi controversa nella presente sede.
In ogni caso, una siffatta domanda non risulta essere stata proposta, né risulta specificamente censurata la decisione della corte d’appello, nella parte in cui afferma che la domanda di ripetizione di indebito è, invece, esclusivamente fondata sulla dedotta nullità della clausola di rimborso dei cd. airport fees : il motivo di ricorso in esame, d’altronde , risulta diretto esclusivamente a sostenere che sussista la predetta nullità, non a sostenere che, anche esclusa tale nullità, vi sarebbero ugualmente i p resupposti per l’azione di ripetizione di indebito.
1.1.8 A sostegno delle conclusioni sin qui esposte può essere richiamato, infine, anche un precedente di questa Corte (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 13158 del 30/06/2020, pronuncia
segnalata dal P.G.), reso in sede di opposizione allo stato passivo proposta da una compagnia petrolifera ( Total ) creditrice di Alitalia proprio per il riconoscimento del rimborso dei costi di servizi aeroportuali. In tale arresto (sebbene con un obiter dictum ), nel cassare la decisione che aveva rigettato l’opposizione avverso il provvedimento del giudice delegato, che non aveva ammesso la compagnia petrolifera al passivo di Alitalia, questa Corte ha affermato, tra l’altro , che « poiché i destinatari della normativa in materia sono, per l’appunto, i gestori aeroportuali e non certo i soggetti che usufruiscono dei servizi, non si comprende in qual modo l’eventuale illegittimità delle tasse e delle commissioni pretesi dai primi avrebbe potuto comportare il venir meno del diritto di Total ad ottenere il rimborso delle somme agli stessi versate per tali titoli ».
1.1.9 Sulla base delle considerazioni che precedono, il quarto motivo del ricorso va rigettato.
Restano, di conseguenza, assorbiti tutti gli ulteriori motivi aventi ad oggetto l’azione di ripetizione di indebito (cioè, i primi tre motivi), in quanto l’ulteriore ratio decidendi alla base della statuizione di rigetto dell’azione di ripetizione di indebito, relativa alla mancata prova dell’illegittimità in concreto dei costi addebitati dai gestori aeroportuali, nonché della misura della pretesa eccedenza illegittima (oggetto delle censure formulate con tali motivi), diventa irrilevante, una volta esclusa in radice la nullità della clausola.
Più in particolare: con il primo motivo del ricorso principale si denunzia « violazione e falsa applicazione dell’ art. 102 TFUE, dell’ art. 2697 c.c. , dell’ art. 2033 c.c. in relazione all’ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. » (la società ricorrente censura la sentenza impugnata « laddove afferma erroneamente che gli accertamenti contenuti nei provvedimenti antitrust sono rilevanti solo nelle azioni risarcitorie e non in altre azioni civili, come l’azione di ripetizione di indebito »); con il secondo motivo si
denunzia « violazione e falsa applicazione della Direttiva 96/67/CE, art. 16, del d.lgs. n. 18/1999, art. 10, della Delibera CIPE 86/2000, del D.L. n. 203/2005, art. 11-terdecies, e della Delibera CIPE n. 38/2007, nonché degli artt. 2697 c.c., 2033 c.c. e 2043 c.c. , in relazione all’ art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. » (la società ricorrente censura la sentenza impugnata « per avere erroneamente attribuito l’onere della prova dei costi effettivamente sostenuti dai gestori aeroportuali, per consentire il rifornimento di carburante, ad una parte (Alitalia) diversa da quella invece gravata da tale onere, giusta il divieto legale al gestore aeroportuale e alle compagnie petrolifere di addebitare royalties sulla fornitura di carburante per l’uso di beni comuni e delle infrastrutture centralizzate non effettivamente connesse ai costi necessari per lo svolgimento del singolo servizio, risultanti sulla base di contabilità separata e trasparente »; con il terzo motivo si denunzia « violazione e falsa applicazione degli artt. 1226 c.c., 2033 c.c. e 2697 c.c., nonché degli artt. 61 c.p.c. e 191 c.p.c. , in relazione all’ art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.; omessa considerazione di fatti decisivi , in relazione all’ art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. » (la società ricorrente censura la sentenza impugnata « per avere ritenuto che il giudice di prime cure non potesse determinare l’esatto ammontare delle somme indebitamente corrisposte in base al criterio equitativo e che le conclusioni del CTU esaurissero gli spazi di valutazione del Tribunale; nonché per omesso esame di fatti decisivi della controversia ed in particolare dei dati indicati dai provvedimenti AGCM, dai provvedimenti di ENAC e dall’assenza di contabilità analitica »).
Come già chiarito, si tratta di motivi di ricorso aventi tutti ad oggetto la mancata prova dell’illegittimità in concreto delle tariffe imposte dai gestori aeroportuali, nonché della misura della pretesa eccedenza illegittima, che restano, quindi, tutti assorbiti in virtù del rigetto del quarto motivo.
1.2 Motivi del ricorso principale aventi ad oggetto l’azione risarcitoria
1.2.1 Con il quinto motivo si denunzia « violazione e falsa applicazione degli artt. 2697 c.c. e 2043 c.c. , del principio di ‘vicinanza della prova’, della Direttiva 96/67/CE, art. 16, del d.lgs. n. 18/1999, art. 10; omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’ art. 360, comma 1, n. 3 e n. 5 c.p.c. ».
La società ricorrente censura la sentenza impugnata per avere « la Corte territoriale attribuito l’onere probatorio circa la mancata traslazione del danno subito da Alitalia sui consumatori del servizio di trasporto aereo (vale a dire sui passeggeri) alla stessa Alitalia, che non ne poteva essere gravata, trattandosi altrimenti di una prova c.d. negativa ».
Con il sesto motivo si denunzia « omesso esame di un fatto decisivo della controversia ed in particolare che il trasferimento delle airport fees da parte di Alitalia a valle sui consumatori finali non si è verificato (in relazione all’ art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.). Travisamento delle prove documentali prodotte e delle risultanze della consulenza tecnica espletata in primo grado (in relazione all’ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.) ».
La società ricorrente deduce « l’omesso esame di un fatto decisivo della controversa ed in particolare che il trasferimento delle airport fees da parte di Alitalia a valle sui consumatori finali non si è verificato, come ricavabile dalla corretta valutazione del materiale istruttorio, delle risultanze probatorie ed in particolare della relazione peritale depositata nell’ambito della consulenza tecnica disposta dal Tribunale di Milano ».
Con il settimo motivo si denunzia « violazione e falsa applicazione dell’ art. 2697 c.c. e dell’ art. 2729 c.c., della Direttiva 96/67/CE, art. 16, del d.lgs. n. 18/1999, art. 10 (in relazione all’ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.) ».
La società ricorrente censura la sentenza impugnata « per avere la Corte territoriale fatto ricorso a presunzioni generiche non
ammissibili nel caso di specie e comunque contrarie alle evidenze istruttorie puntuali acquisite nel corso del giudizio e in assenza dei relativi presupposti di gravità, precisione e concordanza ».
Con l’ottavo motivo si denunzia « omesso esame di un fatto decisivo della controversia ed in particolare della condizione deficitaria di Alitalia come preclusione al trasferimento dei costi e traslazione del danno subito (in relazione all’ art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.) ».
1.2.2 I motivi dal quinto all’ottavo hanno tutti ad oggetto l’azione risarcitoria che sia il tribunale che la corte d’appello, interpretando le difese svolte dalla ricorrente nel giudizio di merito e qualificando le relative domande, hanno ritenuto essere stata da questa proposta, unitamente all’azione di ripetizione di indebito.
È opportuno precisare che, in ordine a tale interpretazione e qualificazione delle domande proposte da Alitalia, non sono svolte specifiche censure nella presente sede.
Neanche sono svolte specifiche censure, nella presente sede, da nessuna delle parti, in ordine alla espressa affermazione della corte d’appello per cui -nonostante Alitalia non abbia esteso la domanda risarcitoria nei confronti dei gestori aeroportuali, i quali risultano esclusivamente evocati in giudizio, a titolo di garanzia impropria, dalle società in origine convenute -le compagnie petrolifere « … che hanno direttamente pagato ad RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE le suddette tariffe aeroportuali, loro illecitamente imposte p er poter svolgere l’attività di rifornimento di carburante in favore dei vettori aerei all’interno degli aeroporti, avendo, pacificamente, integralmente ribaltato sui vettori aerei, e, per quanto interessa su Alitalia, l’illecita tariffa aeroportuale, loro imposta da RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE e da loro pacificamente pagata, sono concorrenti con RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE nel comportamento illecito e quindi sono solidalmente responsabili con queste ultime
nei confronti della danneggiata per il risarcimento del danno da questa subito ».
Tale specifica circostanza -espressamente enunciata, a significativa differenza di casi consimili decisi dalla stessa corte territoriale con sentenze oggetto di separati ricorsi per cassazione trattati nell’odierna udienza , nei quali invece manca alcun passaggio argomentativo esplicito al riguardo -impedisce di rilevare, in questa sede, l’eventuale difetto di legittimazione di Alitalia a proporre l’azione risarcitoria nei confronti dell e proprie controparti contrattuali (cioè, le compagnie petrolifere), non responsabili dell’illegittima determinazione de lle tariffe aeroportuali.
Tanto premesso, i motivi di ricorso in esame risultano connessi, sia logicamente che giuridicamente, per cui possono essere esaminati congiuntamente.
Essi sono in parte inammissibili ed in parte infondati.
1.2.3 La domanda risarcitoria di Alitalia è stata, invero, rigettata dalla corte d’appello, in accoglimento dell’eccezione di avvenuto trasferimento sugli utenti finali, da parte di quest’ultima, del danno derivante dal pagamento alle compagnie petrolifere della tariffa illegittimamente determinata dai gestori aeroportuali per il servizio di rifornimento.
In proposito, la motivazione della sentenza impugnata va, peraltro, rettamente intesa.
A giudizio di questa Corte, al di là delle concrete e non propriamente lineari modalità espositive, tale motivazione deve ritenersi fondata su due autonome e distinte rationes decidendi , ognuna delle quali idonea a reggere da sola la statuizione finale di rigetto dell’azione risarcitoria . Essa va allora interpretata, precisata, integrata e finanche corretta, ove necessario, in tal senso, essendo comunque conforme a diritto il suo dispositivo finale.
La corte d’appello, infatti:
a) da una parte, ha affermato che sarebbe a carico del danneggiato (nella specie, Alitalia) l’onere della prova del mancato trasferimento sugli utenti finali del danno derivante dal pagamento alle compagnie petrolifere di una tariffa per i servizi aeroportuali illegittimamente determinata dai gestori, in violazione del diritto della concorrenza, anteriormente all’entrata in vigore del l’art. 13 della direttiva sovranazionale dell’Unione Europea n. 104/2014/UE, recepito in Italia con l’art. 11 del d.lgs. n. 3/2017, onere non soddisfatto dalla società attrice;
b) dall’altra parte, ha, peraltro, comunque accertato -sulla base di ampia, dettagliata ed esaustiva motivazione -una « chiara presunzione, in generale e in modo specifico nella presente controversia, della sussistenza, dei due seguenti fatti : … … A) che RAGIONE_SOCIALE, come tutti gli operatori che agiscono sul piano della razionalità economica, a fronte di un aumento dei costi non abbia deliberatamente escluso dal meccanismo di formazione del prezzo di vendita sul mercato dei propri prodotti e/o servizi uno specifico costo per mantenerne a proprio carico l’ammontare, come esplicitamente rilevato dal Consulente tecnico ; … … B) … … che, a fronte dell’avvenuto trasferimento sul prezzo del volo aereo del costo della airport fee, non si è o non si sarebbe verificata alcuna riduzione del numero dei passaggi aerei venduti da Alitalia ai consumatori finali (e quindi non si è o non si sarebbe verificata alcuna riduzione dei ricavi) »; ha ritenuto, cioè, sussistere una serie di elementi presuntivi tali da integrare una vera e propria prova posi tiva dell’avvenuto trasferimento del danno sugli utenti finali.
È vero che, con riguardo a tale seconda ratio decidendi , la stessa corte territoriale ha precisato, in modo (solo apparentemente, come si vedrà) contraddittorio, che « le suddette presunzioni non costituiscono prova piena del fatto che Alitalia abbia effettivamente trasferito sul prezzo del passaggio aereo il costo della airport fee sopportata (o meglio dell’eccedenza
rispetto ai costi dell’importo della airport fee, imposta dalle imprese petrolifere), né che tale trasferimento, qualora attuato, non abbia comportato alcuna diminuzione del numero dei passaggi aerei venduti, ma rendono ragionevole ritenere che il soggetto asseritamente danneggiato (sul quale, secondo i principi generali, grava interamente l’onere di provare l’esistenza e l’entità del danno subito) sia tenuto anche a provare sia di non aver trasferito sul prezzo del passaggio aereo, richiesto al consumatore finale, il costo della tariffa aeroportuale (o meglio dell’eccedenza di tale importo rispetto ai costi sostenuti dai gestori aeroportuali) sia che il suddetto trasferimento avrebbe determinato una diminuzione del numero dei passaggi aerei venduti ».
L’apparente contraddittorietà, sul piano logico e giuridico, di tale ultima affermazione è dovuta al semplice ma insuperabile rilievo che la sussistenza di elementi di prova presuntiva di determinati fatti può essere ritenuta sufficiente o meno alla dimostrazione di tali fatti, in concreto e nel caso di specie, ma non può certo avere alcun rilievo sull’ astratto assetto normativo che disciplina l’onere della prova di quei fatti .
Si tratta di una contraddittorietà che può, peraltro, essere adeguatamente superata considerando che, in realtà, l’unico effettivo senso logico che può essere attribuito a tale affermazione (anche eventualmente correggendo la motivazione in tal senso, ove necessario) è quello per cui la corte territoriale ha, in realtà, ritenuto che gli elementi presuntivi di prova esaminati e valutati fossero bensì, di per sé, sufficienti a dimostrare l’avvenuto trasferimento del danno sugli utenti finali (senza incidenza sul numero dei passaggi aerei complessivamente venduti), pur non costituendo essi una ‘ piena prova ‘ di tale circostanza di fatto, cioè non costituendone una dimostrazione insuscettibile di prova contraria. Ma tanto è, del resto, normale in caso di prova meramente presuntiva, restando sempre possibile per la
danneggiata Alitalia superare tale presunzione dimostrando eventualmente il contrario, sulla base di altri, diversi e puntuali elementi di prova, dotati della medesima efficacia di quelli valorizzati dal giudice del merito.
Solo in tale limitato senso la corte d’appello ha, pertanto, ritenuto gravare sulla danneggiata l’onere di fornire la eventuale dimostrazione dell ‘o messo trasferimento del danno sugli utenti finali: in via di fatto e non di diritto, dunque e, segnatamente, per la sussistenza, in concreto, di una prova presuntiva (come tale sempre suscettibile di prova contraria, però, appunto, non fornita ) dell’avvenuto trasferimento .
1.2.4 Sulla scorta delle precisazioni sin qui svolte, deve, in definitiva, affermarsi che la statuizione di rigetto dell’azione risarcitoria avanzata dalla ricorrente Alitalia nei confronti delle (sole) compagnie petrolifere è fondata su una duplice argomentazione, che integra, nella sostanza, una duplice e autonoma ratio decidendi .
La corte d’appello, infatti, pur affermando, in astratto ed in linea di principio di diritto , che fosse l’attrice danneggiata a dover provare il fatto negativo del l’ omesso trasferimento sugli utenti finali del danno (derivante dalla violazione anticoncorrenziale posta in essere dai gestori aeroportuali), ha poi, comunque, in concreto, ritenuto non solo non essere stata raggiunta tale prova ma addirittura sussistere una prova presuntiva, in positivo, dell’avvenuto trasferimento di tale danno, non superata dagli elementi di prova in senso contrario allegati dalla stessa attrice.
La ricorrente contesta sia l’affermazione sull’astratto assetto dell’onere della prova in ordine al trasferimento del danno (in particolare, con il quinto motivo del ricorso), sia la valutazione degli elementi istruttori in proposito, ritenuti dalla corte d’appello tali da integrare la prova presuntiva positiva dell’avvenuto
trasferimento di detto danno, in concreto (in particolare, con i motivi sesto, settimo e ottavo).
Le censure volte a contestare tale ultima valutazione concreta non possono, peraltro, trovare accoglimento, per le ragioni che saranno di seguito esposte: di conseguenza, restano assorbite le censure che riguardano la prima astratta affermazione, in quanto una volta confermata la sussistenza di una sufficiente prova positiva (sia pur presuntiva) in ordine al fatto storico dell’avvenuto trasferimento del danno, in base al principio di acquisizione probatoria, non ha alcun rilievo stabi lire l’assetto , in astratto, dell’onere probatorio relativamente a tale fatto .
1.2.5 La corte d’appello ha svolto (da pag. 43 a pag. 46 della motivazione della decisione impugnata) una analitica e dettagliata indicazione e la puntuale valutazione degli elementi presuntivi emersi a favore della sussistenza di una vera e propria prova positiva dell’avvenuto trasferimento sugli utenti finali, da parte di Alitalia, del danno derivante dalla violazione anticoncorrenziale posta in essere dai gestori aeroportuali, nonché della assenza di conseguenze negative sul numero di passaggi aerei venduti, in conseguenza di tale trasferimento.
La motivazione è articolata sull’affermazione della sussistenza di una « chiara presunzione, in generale e in modo specifico », in relazione a due fatti storici: a) che Alitalia abbia riversato sul prezzo di vendita dei propri servizi sul mercato il maggior costo pagato alle compagnie petrolifere per i servizi aeroportuali; b) che il trasferimento sul prezzo dei biglietti del maggior costo di tali servizi non abbia ridotto il numero dei passaggi aerei venduti ai consumatori finali.
In particolare, la prima presunzione è fondata sugli accertamenti risultanti dalla relazione del consulente tecnico di ufficio, sul rilievo che anche altre componenti variabili del costo del carburante risultano espressamente trasferite da Alitalia sui costi dei biglietti aerei (senza che vi siano elementi tali da
giustificare una diversa opzione per il costo di cui si discute), nonché sulle emergenze di un documento denominato ‘ Valutazione del Piano Industriale Alitalia 2004 -2006 -Requisiti di sistema ‘ , dal quale emerge , secondo la corte d’appello, « … chiaramente come la politica dei prezzi di Alitalia mirasse a trasferire, come è logico attendersi, nel prezzo del biglietto tutte le componenti del costo del carburante, compresa la airport fee ».
La seconda presunzione è fondata sul rilievo dell’avvenuto trasferimento, da parte delle compagnie petrolifere, del maggior costo dei servizi aeroportuali sul prezzo del carburante, senza alcuna preoccupazione per un eventuale impatto sul numero complessivo dei passaggi aerei, nonché sul rilievo della trascurabile incidenza di detto costo sul prezzo effettivo finale dei biglietti aerei, tale da escludere un significativo impatto sul numero di biglietti venduti.
Si tratta di una ragionevole valutazione delle prove, sostenuta da adeguata motivazione, non meramente apparente, né insanabilmente contraddittoria sul piano logico, come tale non sindacabile nella presente sede.
1.2.6 A fronte di tale motivazione, le censure di omesso esame di fatti decisivi e di travisamento delle prove, formulate, in particolare, con il sesto motivo del ricorso, devono ritenersi in parte inammissibili ed in parte infondate.
1.2.6.1 È appena il caso di ribadire, in proposito, che, secondo il consolidato indirizzo di questa Corte, « l’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, prin cipale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe
determinato un esito diverso della controversia); ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, comma 1, n. 6, e 369, comma 2, n. 4, c.p.c., il ricorrente deve indicare il ‘fatto storico’, il cui esame sia stato omesso, il ‘dato’ , testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il ‘come’ e il ‘quando’ tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua ‘decisività’, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie » (Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014; Sez. U, Sentenza n. 8054 del 07/04/2014; Sez. 6 – 3, Sentenza n. 25216 del 27/11/2014; Sez. 3, Sentenza n. 9253 del 11/04/2017; Sez. 2, Ordinanza n. 27415 del 29/10/2018; Sez. 2, Ordinanza n. 17005 del 20/06/2024).
Nella specie, n on vi è dubbio che la corte d’appello, contrariamente a quanto sostenuto dalla società ricorrente, abbia preso in esame e puntualmente valutato i fatti storici rilevanti e, in particolare, abbia preso in considerazione le risultanze della relazione di consulenza tecnica di ufficio, nonché l’allegata documentazione, in ordine alla questione del trasferimento dei maggiori costi dei servizi aeroportuali danno sugli utenti finali, come emerge incontestabilmente dalla stessa motivazione della decisione impugnata, giungendo peraltro, proprio sulla base della valutazione di tali elementi istruttori, alle conclusioni di merito più sopra esposte.
Né vi sono dubbi sul fatto che la valutazione dei suddetti elementi istruttori sia sostenuta da una motivazione più che adeguata ed esaustiva, onde non potrebbe attribuirsi alcun rilievo alla circostanza che nella sentenza non si sia dato specificamente conto di tutte le ulteriori risultanze probatorie,
evidentemente non ritenute decisive, in senso contrario alle conclusioni raggiunte.
1.2.6.2 Deve, d’altra parte, certamente escludersi la sussistenza di una ipotesi di cd. travisamento della prova, tale da costituire violazione dell’art. 115 c.p.c.: non è, infatti, dedotta una svista concernente il fatto probatorio in sé, contestandosi, al più, il processo di verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio, peraltro al di fuori dei presupposti di cui all’art. 360, comma 1, n. 4 e 5, c.p.c. (cfr., in proposito, Cass., Sez. U, Sentenza n. 5792 del 05/03/2024). In definitiva, le censure formulate con il motivo di ricorso in esame finiscono per risolversi nella contestazione di insindacabili accertamenti di fatto operati dai giudici del merito sulla base di adeguata motivazione, nonché nella richiesta di una nuova e diversa valutazione delle prove, il che non è consentito in sede di legittimità.
1.2.7 Anche le censure di violazione delle disposizioni in materia di distribuzione dell’ onere della prova e di presunzioni, formulate in particolare con il settimo motivo del ricorso, devono ritenersi in parte inammissibili ed in parte infondate.
1.2.7.1 È certamente da escludere la dedotta violazione dell’art. 2697 c.c., sotto il profilo prospettato nel motivo, per le ragioni già esposte.
L a corte d’appello ha ritenuto , in particolare, sussistere agli atti la prova presuntiva dell’avvenuto trasferimento del danno sugli utenti finali.
Di conseguenza, sulla base del principio di acquisizione probatoria, tale prova deve ritenersi fornita in via positiva, il che esclude che (almeno relativamente al profilo in esame, attinente alla valutazione degli elementi di prova presuntiva) possa considerarsi verificata una violazione della norma invocata, non potendo, in concreto, ritenersi la decisione fondata su una,
eventualmente erronea, attribuzione dell’onere della prova del fatto in questione ad una o all’altra delle parti in causa .
1.2.7.2 Neanche può ritenersi sussistere alcuna violazione delle disposizioni di cui all’art. 2729 c.c. (e, tanto meno, delle altre disposizioni richiamate nella rubrica del motivo di ricorso in esame), risultando, al contrario, operata una corretta applicazione dei principi alla base delle stesse, che ha semplicemente condotto ad un risultato valutativo di merito diverso da quello preteso dalla ricorrente.
È, d’altra parte, appena il caso di ribadire i principi di diritto affermati costantemente da questa Corte, che il ricorso non offre ragioni idonee ad indurre a rimeditare, secondo i quali, « in tema di prova per presunzioni, la valutazione della ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c. e dell’idoneità degli elementi presuntivi dotati di tali caratteri a dimostrare, secondo il criterio dell'”id quod plerumque accidit’, i fatti ignoti da provare, costituisce attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito » (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 27266 del 25/09/2023; Sez. L, Ordinanza n. 22366 del 05/08/2021), mentre « la denuncia, in cassazione, di violazione o falsa applicazione del citato art. 2729 c.c., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., può prospettarsi quando il giudice di merito affermi che il ragionamento presuntivo può basarsi su presunzioni non gravi, precise e concordanti ovvero fondi la presunzione su un fatto storico privo di gravità o precisione o concordanza ai fini dell’inferenza dal fatto noto della conseguenza ignota e non anche quando la critica si concreti nella diversa ricostruzione delle circostanze fattuali o nella mera prospettazione di una inferenza probabilistica diversa da quella ritenuta applicata dal giudice di merito o senza spiegare i motivi della violazione dei paradigmi della norma » (Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 9054 del 21/03/2022), ciò in quanto « la censura per vizio di motivazione
in ordine all’utilizzo o meno del ragionamento presuntivo non può limitarsi ad affermare un convincimento diverso da quello espresso dal giudice di merito, ma deve fare emergere l’assoluta illogicità e contraddittorietà del ragionamento decisorio, restando peraltro escluso che la sola mancata valutazione di un elemento indiziario possa dare luogo al vizio di omesso esame di un punto decisivo » (Cass., Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 5279 del 26/02/2020; in senso analogo: Sez. L, Sentenza n. 18611 del 30/06/2021, Rv. 661649 -01, secondo cui « la critica deve concentrarsi sull’insussistenza dei requisiti della presunzione nel ragionamento condotto nella sentenza impugnata, mentre non può svolgere argomentazioni dirette ad infirmarne la plausibilità, criticando la ricostruzione del fatto ed evocando magari altri fatti che non risultino dalla motivazione »).
Non vi è dubbio che, nella specie, le censure formulate dalla società ricorrente non sono tali da evidenziare una effettiva insussistenza dei requisiti legali delle presunzioni utilizzate dalla corte territoriale ovvero una contraddittorietà sul piano logico del ragionamento decisorio: esse si risolvono, invece, in una diversa ricostruzione delle circostanze fattuali e/o nella prospettazione di una inferenza probabilistica diversa da quella ritenuta dal giudice di merito, il che non è consentito nella presente sede.
1.2.8 Infine, è da ritenere inammissibile, prima ancora che infondato, l’ottavo motivo del ricorso, con il quale viene posta una questione che richiede anche accertamenti di fatto e che non risulta direttamente affrontata nella decisione impugnata.
1.2.8.1 La ricorrente sostiene di avere già posto detta questione nel corso del giudizio di merito « … ex multis, pag. 29 comparsa conclusionale in primo grado, pag. 12 della comparsa di costituzione in appello », ma non trascrive né richiama adeguatamente il preciso contenuto di tali atti, né precisa
adeguatamente la loro collazione nel fascicolo processuale, in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 6, c.p.c..
È, comunque, assorbente, in proposito, la considerazione che il fatto storico rilevante, e cioè l’avvenuto trasferimento sugli utenti finali, da parte di Alitalia, del danno derivante dalla violazione anticoncorrenziale posta in essere dai gestori aeroportuali, è certamente stato preso in esame dalla corte d’appello che, sulla base della valutazione delle emergenze documentali e delle risultanze della consulenza tecnica di ufficio, lo ha ritenuto sufficientemente provato, onde, per le ragioni già chiarite con riguardo al sesto motivo del ricorso (cui si fa rinvio, per quanto occorra), non era necessario che desse conto delle eventuali altre emergenze probatorie evidentemente non ritenute decisive, in senso contrario rispetto alla conclusione raggiunta in proposito.
1.2.8.2 In ogni caso, si osserva altresì, in concreto, anche a fini di completezza di esposizione, che la circostanza che Alitalia fosse in situazione deficitaria non esclude affatto, di per sé, che essa fosse ancora operativa sul mercato e, dunque, emettendo biglietti aerei, potesse trasferire il costo dei servizi aeroportuali sui clienti.
1.2.9 Nella presente controversia, lo sviluppo argomentativo della gravata sentenza, peculiare rispetto ad altri casi oggetto di ricorsi pure discussi all’odierna udienza, consente la appena vista correzione della motivazione: la quale, d’altro lato, determina l’irrilevanza, ai fini della decisione, della ulteriore questione relativa alla corretta ricostruzione dell’assetto dell’onere probatorio (oggetto del quinto motivo del ricorso che resta, pertanto, assorbito) relativamente all’eccezione di trasferimento sugli utenti finali dei danni derivanti dalla violazione delle norme sulla concorrenza, nei rapporti tra l’autore della violazione, gli imprenditori che hanno direttamente contrattato con
lo stesso, quelli che hanno successivamente contrattato con questi ultimi e gli utenti finali del prodotto o del servizio.
Ci si deve, pertanto, limitare a rilevare, in proposito -a soli fini di completezza espositiva -che la soluzione in diritto fatta propria dalla corte d’appello, ha una portata in qualche modo ‘ residuale ‘, riguardando esclusivamente il regime anteriore all’entrata in vigore delle disposizioni attualmente vigenti, introdotte dalla direttiva unionale n. 104/2014/UE (in particolare, l’art. 13), recepita in Italia con il decreto legislativo n. 3 del 19 gennaio 2017 (in particolare, l’ art. 11).
Si tratta , d’altra parte, di una soluzione quanto meno opinabile, in diritto, ma sulla quale non è possibile pronunciarsi espressamente nella presente sede, trattandosi di questione assorbita. È, pertanto, opportuno riservare a future occasioni, in cui essa assuma concreto rilievo, la valutazione se -pur essendo, in linea di principio, certamente da escludere che, sulla sola base del cd. principio di ‘ vicinanza della prova ‘ , si possa derogare alla espressa previsione di cui all’art. 2697 c.c., secondo la quale spetta alla parte che eccepisce fatti impeditivi, estintivi o modificativi del diritto fatto valere in giudizio (e del quale siano stati provati i fatti costitutivi) l’onere della prova dei medesimi (si veda, in proposito, in motivazione, Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 15033 del 11/05/2022) -possa eventualmente essere, comunque, dirimente -almeno in certi casi -il rilievo per cui, pur senza giungere a sostenere che il mancato trasferimento del suddetto danno possa addirittura configurarsi come un fatto costitutivo del diritto al risarcimento del danno stesso (la cui prova negativa spetterebbe, dunque, al danneggiato) e non come un fatto impeditivo o estintivo di esso, potrebbe, più semplicemente, ammettersi che, anche prima dell’espressa previsione, per via normativa, della possibilità di proporre l’eccezione di trasferimento del danno (introdotta in virtù degli art. 13 della direttiva n. 104/2014/UE e dell’art. 11 del decreto
legislativo n. 3 del 19 gennaio 2017), tale eccezione, se avanzata dall’autore della violazione, potesse essere riconosciuta in via interpretativa e, addirittura, che il trasferimento del danno da illecito anticoncorrenziale sugli utenti finali potesse essere oggetto di una presunzione in via di fatto, in determinate specifiche situazioni e circostanze.
1.3 Ultimo motivo del ricorso principale
Con il nono motivo del ricorso principale, la società ricorrente si limita, in realtà, a riproporre le questioni rimaste assorbite nel giudizio di secondo grado e, in particolare, i motivi di appello incidentale, che dichiara di voler riproporre anche nell’auspicato giudizio di rinvio.
Non si tratta, dunque, di un vero e proprio motivo di ricorso: in ogni caso, le questioni oggetto di esso rimangono assorbite in virtù dell’esito negativo del ricorso stesso.
2. Ricorsi incidentali condizionati di Aeroporti di Roma S.p.ARAGIONE_SOCIALE e di RAGIONE_SOCIALE
Aeroporti RAGIONE_SOCIALE hanno proposto ricorsi incidentali solo in via condizionata, in caso di accoglimento del ricorso principale.
Tali ricorsi restano, quindi, assorbiti, in virtù del rigetto del ricorso principale e non è, di conseguenza, neanche necessario illustrare il loro contenuto.
3. Conclusioni
Il ricorso principale è rigettato, con conseguente assorbimento di quelli incidentali condizionati.
Le spese del giudizio di legittimità possono essere integralmente compensate tra tutte le parti, sussistendo motivi sufficienti a tal fine, sia in considerazione dell’alterno andamento del giudizio di merito, sia per la sostanziale novità di alcune delle questioni di diritto poste a base della decisione gravata. Deve darsi atto della sussistenza dei presupposti processuali (nella specie, rigetto del solo ricorso principale) di cui all’art.
13, co. 1 quater , del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, co. 17, della legge 24 dicembre 2012 n. 228 .
per questi motivi
La Corte:
-rigetta il ricorso principale, assorbiti gli incidentali condizionati;
-dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali di cui all’art. 13, comma 1 quater , del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012 n. 228, per il versamento al competente ufficio di merito, da parte della ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso (se dovuto e nei limiti in cui lo stesso sia dovuto), a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Ci-