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Passing-on defense: Cassazione sul danno antitrust

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una compagnia aerea che chiedeva la restituzione di “airport fees” e il risarcimento del danno a delle società petrolifere. La Corte ha stabilito che la clausola contrattuale di rimborso dei costi è valida anche se i costi sottostanti sono illegittimi. Inoltre, ha confermato il rigetto della domanda di risarcimento applicando la passing-on defense, poiché la compagnia aerea aveva trasferito tali costi sui biglietti dei passeggeri, non subendo quindi un danno effettivo.

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Passing-on Defense: Quando il Danno da Illecito Antitrust Non è Risarcibile

Un’azienda subisce un costo che si rivela illegittimo. Invece di assorbirlo, lo trasferisce interamente sui propri clienti aumentando i prezzi. Successivamente, agisce in giudizio per farsi risarcire quel costo. Ha diritto al risarcimento? A questa domanda cruciale risponde la Corte di Cassazione, consolidando il principio della passing-on defense nel contesto delle azioni di risarcimento per danno da illecito antitrust. La sentenza in esame chiarisce che chi non subisce un’effettiva diminuzione patrimoniale, perché ha scaricato il sovrapprezzo a valle, non può pretendere di essere risarcito.

I Fatti di Causa: Una Catena di Costi dagli Aeroporti ai Passeggeri

Una nota compagnia aerea ha citato in giudizio due importanti società petrolifere per ottenere la restituzione di quasi 5 milioni di euro. Tale somma era stata corrisposta, in un arco temporale di dieci anni, a titolo di “airport fee”, ovvero un corrispettivo per i servizi di rifornimento di carburante negli scali aerei.

La compagnia aerea sosteneva che queste tariffe fossero illegittime, in quanto basate su royalties imposte in violazione delle norme sulla concorrenza da parte dei gestori aeroportuali, come accertato dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM). Le società petrolifere, a loro volta, avevano chiamato in causa i gestori aeroportuali.

La Corte d’Appello aveva integralmente rigettato le domande della compagnia aerea, portando quest’ultima a ricorrere in Cassazione.

L’Analisi della Domanda di Restituzione

Il primo punto affrontato dalla Cassazione riguarda la richiesta di restituzione delle somme (tecnicamente, un’azione di ripetizione di indebito). La compagnia aerea sosteneva che la clausola contrattuale che la obbligava a rimborsare le “airport fees” alle società petrolifere fosse nulla, poiché il presupposto (le tariffe aeroportuali) era illegittimo.

La Corte ha respinto questa tesi. Ha chiarito che il contratto tra la compagnia aerea e i fornitori di carburante era distinto e autonomo dal rapporto tra questi ultimi e i gestori aeroportuali. La clausola contestata si limitava a prevedere il rimborso di un costo effettivamente sostenuto dalla società petrolifera per poter erogare il servizio di rifornimento. La validità di tale clausola di mero rimborso non dipende dalla legittimità del costo imposto a monte. L’eventuale illecito dei gestori aeroportuali, secondo la Corte, potrebbe fondare un’azione di risarcimento del danno, ma non rende nullo il patto di rimborso tra le parti contrattuali dirette.

La Passing-on Defense e l’Azione di Risarcimento

Il cuore della sentenza risiede nell’analisi della domanda di risarcimento del danno. La Corte d’Appello aveva respinto la richiesta basandosi su una duplice e autonoma ratio decidendi:

1. Onere della prova: Ha affermato che spetta all’attore (la compagnia aerea danneggiata) provare di non aver trasferito il danno sui consumatori finali.
2. Prova positiva del trasferimento: Ha comunque accertato, sulla base di prove presuntive, che la compagnia aerea aveva di fatto trasferito l’intero sovrapprezzo sui passeggeri, includendolo nel prezzo dei biglietti.

Questo secondo punto si fonda sul principio della passing-on defense: il convenuto si difende sostenendo che l’attore non ha diritto al risarcimento perché, di fatto, non ha subito alcun danno, avendo recuperato il costo illecito dal mercato.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto che la decisione della Corte d’Appello fosse giuridicamente corretta e adeguatamente motivata. Anche senza entrare nel merito del complesso dibattito sull’onere della prova (il primo punto), la Cassazione ha sottolineato come la seconda ratio decidendi fosse di per sé sufficiente a sorreggere la decisione di rigetto.

La Corte d’Appello, infatti, aveva svolto una valutazione di merito, basata su elementi concreti come la consulenza tecnica d’ufficio e documenti aziendali, giungendo alla conclusione che esisteva una “chiara presunzione” dell’avvenuto trasferimento del costo. In particolare, era emerso che la politica dei prezzi della compagnia aerea mirava a trasferire nel prezzo del biglietto tutte le componenti del costo del carburante, inclusa la contestata “airport fee”.

Questo accertamento di fatto, essendo supportato da una motivazione logica e non contraddittoria, non è sindacabile in sede di legittimità. Di conseguenza, una volta provato che la compagnia aerea ha riversato il maggior costo sui suoi clienti, viene a mancare il presupposto fondamentale dell’azione risarcitoria: l’esistenza di un danno effettivo e attuale nel patrimonio del richiedente.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia offre importanti spunti operativi per le imprese che si trovano a fronteggiare costi imposti illegittimamente. Le conclusioni principali sono due:

1. Distinzione delle azioni: È fondamentale distinguere l’azione di restituzione (ripetizione di indebito) da quella di risarcimento. La prima è legata alla validità del titolo contrattuale, mentre la seconda all’esistenza di un danno effettivo.
2. Centralità del danno effettivo: Per ottenere un risarcimento, non è sufficiente dimostrare di aver pagato un costo illegittimo. È necessario provare di aver subito una corrispondente perdita patrimoniale. Se l’impresa ha neutralizzato tale costo aumentandone i prezzi di vendita, la passing-on defense può portare al rigetto della domanda, poiché il danno è stato, in ultima analisi, sopportato dal consumatore finale.

Una clausola contrattuale che prevede il rimborso di un costo può essere nulla se quel costo si rivela illegittimo?
No, non necessariamente. La Corte di Cassazione ha chiarito che una clausola che si limita a prevedere il rimborso di un costo effettivamente sostenuto dal fornitore è, di per sé, valida. L’eventuale illegittimità del costo originario non invalida automaticamente il successivo patto di rimborso, ma può dar luogo a una diversa azione (risarcitoria) contro chi ha imposto il costo illecito.

Cos’è la ‘passing-on defense’ in un’azione di risarcimento danni?
È un’argomentazione difensiva con cui il presunto responsabile del danno sostiene che l’attore non ha diritto al risarcimento perché non ha subito una perdita economica effettiva. Questo avviene quando l’attore è riuscito a trasferire (‘pass on’) l’intero costo illecito sui propri clienti, ad esempio aumentando i prezzi di vendita del prodotto o servizio finale.

Chi deve provare che un costo illecito è stato trasferito sui consumatori finali?
La sentenza evidenzia che la Corte d’Appello ha risolto il caso basandosi sulla prova positiva, anche se presuntiva, che il trasferimento del costo è effettivamente avvenuto. Basandosi sulle risultanze di una consulenza tecnica e su documenti interni della società ricorrente, i giudici hanno concluso che la politica aziendale era quella di includere tutti i costi del carburante nel prezzo del biglietto, neutralizzando così il danno.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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