Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 26856 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 26856 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6412/2023 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME;
-ricorrente-
contro
AMITRANO NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME AVV_NOTAIO NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
-controricorrente-
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, EREDITA’ GIACENTE DI MARCELLO DI MARCANTONIO N 15600/2010;
-intimati-
Avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 2529/2022 depositata il 14/04/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/04/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1. In data 23 febbraio 2008, la società RAGIONE_SOCIALE, nella qualità di mandataria di RAGIONE_SOCIALE, a sua volta mandataria di RAGIONE_SOCIALE (poi incorporata da RAGIONE_SOCIALE), conveniva in giudizio, dinanzi al Tribunale di Roma, i sigg. NOME COGNOME e NOME COGNOME, chiedendo che fosse dichiarata l’inefficacia, ai sensi dell’art. 2901 c.c., dell’atto di cessione immobiliare stipulato tra i convenuti in data 13 marzo 2003, avente ad oggetto un immobile sito in Roma, INDIRIZZO, e trascritto in data 18 marzo 2003.
L’attrice assumeva di essere creditrice del COGNOME in virtù di due decreti ingiuntivi (nn. 3589/02 e 13392/02) emessi dal Tribunale di Roma nei confronti dello stesso e di altri soggetti, in qualità di fideiussori della società RAGIONE_SOCIALE, successivamente fallita. Deduceva che l’atto impugnato aveva determinato un pregiudizio alle proprie ragioni creditorie.
Si costituiva in giudizio la NOME, eccependo, in via preliminare, l’intervenuta prescrizione dell’azione revocatoria e, nel merito, l’infondatezza della domanda. Il procedimento, iscritto al n. 14030/2008 R.G., veniva interrotto a seguito del decesso del sig. COGNOME e successivamente riassunto nei confronti dell’eredità giacente.
Con sentenza n. 5073/2015, il Tribunale di Roma accoglieva la domanda.
Avverso tale sentenza proponeva appello la sig.ra COGNOME, deducendone l’erroneità. Si costituiva nel giudizio di secondo grado RAGIONE_SOCIALE, nella qualità di mandataria di RAGIONE_SOCIALE, cessionaria dei crediti originariamente vantati da RAGIONE_SOCIALE, chiedendo il rigetto del gravame.
2.1. Con sentenza n. 2529 del 27 luglio 2022, la Corte d’Appello di Roma accoglieva l’impugnazione, rigettava la domanda revocatoria e disponeva la compensazione integrale delle spese di entrambi i gradi di giudizio.
Avverso la suindicata pronunzia della corte di merito RAGIONE_SOCIALE, nella qualità di mandataria di RAGIONE_SOCIALE propone ora ricorso per cassazione, affidato a 1 motivo.
3.1. Resiste con controricorso la COGNOME.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con unico motivo di ricorso la ricorrente denuncia la violazione degli artt. 2901 e 2729 c.c., censurando la sentenza impugnata nella parte in cui la Corte d’Appello di Roma ha escluso la sussistenza della participatio fraudis in capo alla COGNOME.
Pur avendo la Corte territoriale riconosciuto la scientia damni del debitore, ha ritenuto insussistente la consapevolezza, da parte del terzo acquirente, del pregiudizio arrecato ai creditori, valorizzando elementi ritenuti inidonei ad integrare la presunzione della partecipazione fraudolenta.
La ricorrente contesta tale valutazione, osservando come la Corte abbia erroneamente ritenuto necessaria la conoscenza specifica del credito in favore della creditrice attrice, laddove è principio consolidato che, ai fini della revocatoria avente ad oggetto un atto successivo al sorgere del credito, è sufficiente la generica consapevolezza, anche solo presuntiva, del pregiudizio arrecato alla
garanzia patrimoniale dei creditori, senza che sia necessaria la prova della collusione o della conoscenza del credito specifico.
Deduce, altresì, che la Corte non ha adeguatamente valorizzato plurimi elementi indiziari gravi, precisi e concordanti idonei a fondare la presunzione della participatio fraudis , tra cui: la sproporzione tra il valore dell’immobile ceduto (pari a € 370.000,00) e il credito vantato dalla sig.ra NOME (pari ad € 41.832,99); la già accertata difficoltà economica del debitore, documentata dall’incapacità di adempiere agli obblighi di mantenimento; l’iscrizione di due ipoteche giudiziali da parte della stessa COGNOME sull’immobile ceduto, in epoca anteriore alla cessione.
Tali circostanze, a giudizio della ricorrente, avrebbero dovuto indurre la Corte territoriale a riconoscere, quantomeno in via presuntiva, la consapevolezza del pregiudizio arrecato alle ragioni creditorie, rilevante ai fini dell’art. 2901 c.c.
5. Il motivo è infondato.
La questione devoluta concerne l’interpretazione dell’art. 2901 c.c., con particolare riferimento al requisito soggettivo della participatio fraudis in capo al terzo acquirente, in relazione ad atto di disposizione patrimoniale successivo al sorgere del credito.
Nel caso di specie, la Corte d’Appello di Roma, pur avendo accertato la scientia damni in capo al debitore, ha escluso la sussistenza della consapevolezza del pregiudizio da parte della terza beneficiaria dell’atto dispositivo sig.ra NOME -negando così la configurabilità dell’elemento soggettivo richiesto per l’accoglimento dell’azione revocatoria ordinaria.
Secondo l’orientamento costante di questa Corte, ai fini dell’azione revocatoria ordinaria di cui all’art. 2901 c.c., l’elemento soggettivo della consapevolezza del pregiudizio ( participatio fraudis ) può essere desunto anche da elementi presuntivi, ai sensi dell’art. 2729 c.c., senza che sia necessario provare una collusione tra le parti o
la conoscenza specifica del credito per il cui soddisfacimento viene proposta l’azione. È sufficiente, infatti, che il terzo sia a conoscenza -o avrebbe potuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza della lesione che l’atto arreca alla garanzia patrimoniale generica dei creditori del disponente (cfr. Cass. civ., Sez. III, 15 ottobre 2021, n. 28423);
la prova presuntiva è un mezzo di prova critica in relazione al quale è rimessa al prudente apprezzamento del giudice la formulazione dell’inferenza dal fatto noto a quello ignoto; più specificamente, affinché si possa conseguire la prova del fatto ignoto, l’art. 2729 cod.civ. richiede che gli elementi presuntivi siano gravi, precisi e concordanti, venendo meno, in caso contrario, la garanzia di ragionevole certezza circa la verità del fatto stesso; in assenza di tali requisiti deve escludersi la correttezza del ragionamento logico che dal fatto noto risale a quello ignoto;
nella giurisprudenza di questa Corte è consolidata la definizione dei suddetti requisiti: la gravità è indice di un elevato grado di attendibilità della presunzione in relazione al convincimento che essa è in grado di produrre in capo al giudice, che non deve tradursi in certezza ma nella probabilità che l’esistenza del fatto ignoto sia maggiore di quella della sua inesistenza;
la precisione evoca la non equivocità, implica, cioè, l’erroneità del ragionamento presuntivo ove da esso derivino conclusioni contraddittorie e non univocamente riferibili al fatto da provare; la concordanza esprime la convergenza di più indizi (Cfr. Cass. 4874/2021);
il che non significa, però, che il ragionamento inferenziale non possa farsi se non quando esso si basi su una pluralità di indizi -con la conseguenza che un solo elemento indiziario renda illegittimo il ragionamento logico-deduttivo condotto dal giudicante -ma che il ragionamento presuntivo basato su un solo indizio richiede che quest’ultimo si configuri come grave e preciso (cfr., ex
aliis, Cass. 15/02/2023, n. 4784; Cass. 21/03/2022, n. 9054; Cass. 29/01/2019, n. 2482 del 2019) e che la motivazione che il giudice adduce per spiegare perché da detto unico indizio sia risalito al fatto noto sia adeguata (cfr. Cass. n. 4784/2023, cit.; Cass. 28/10/2019, n. 27457 del 2019);
Ora, nel caso di specie, il motivo di ricorso si concretizza nella prospettazione di inferenze probabilistiche semplicemente diverse da quelle applicate dal giudice di merito e quindi sollecitano un controllo sulla motivazione relativa alla ricostruzione della quaestio facti .
La Corte d’Appello, infatti, ha valorizzato una serie di elementi indiziari, gravi, precisi e concordanti che erano inidonei a fondare la presunzione della consapevolezza, da parte della beneficiaria, del pregiudizio arrecato ai creditori (Cfr. pag. 3 e 4 sentenza impugnata).
Alla luce di tali principi risulta giuridicamente corretta l’affermazione della corte territoriale secondo cui nella specie la partecipatio fraudis è stata esclusa in mancanza di prova della conoscenza da parte della COGNOME dello specifico credito della società attrice verso l’ex coniuge.
6. Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente, seguono la soccombenza.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi euro 7.200,00 ( di cui euro 7.000,00 per onorari ), oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari
a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione in data 29 aprile 2025.
Il Presidente NOME COGNOME