Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 10541 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 10541 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25553/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del rappresentante legale, NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, domicilio digitale ex lege ;
-ricorrente-
contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, domicilio digitale ex lege ;
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE e per essa, quale mandataria, RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE in persona del procuratore speciale, NOME COGNOME rappresentata e difesa
dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, domicilio digitale ex lege ; -controricorrente- e sul ricorso incidentale proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, domicilio digitale ex lege ;
-ricorrente incidentale – avverso la SENTENZA della CORTE d’appello di CATANIA n. 1306/2022, depositata il 16/06/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 21/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con sentenza n. 1457/2019, il Tribunale di Catania accoglieva la domanda di Unicredit Credit Management Bank S.P.A. e dichiarava l’inefficacia nei suoi confronti, ex art. 2901 cod.civ., dell’atto con cui NOME COGNOME (suo debitore) aveva venduto alla RAGIONE_SOCIALE il locale destinato a bottega sito in Catania, INDIRIZZO Ai fini che qui interessano riteneva sussistente l’elemento soggettivo richiesto dall’art. 2901 cod.civ, tenuto conto che l’amministratore della società acquirente e NOME COGNOME erano uniti da legami di parentela, che NOME COGNOME era uno dei soci fondatori di RAGIONE_SOCIALE, che poi aveva ceduto la sua quota allo stesso amministratore e socio NOME COGNOME ed ai suoi fratelli NOME COGNOME e NOME COGNOME lo stesso giorno dell’alienazione della bottega alla RAGIONE_SOCIALE e che, infine, la bottega oggetto dell’atto di cui era stata chiesta la revoca ( insieme con due appartamenti ed una bottega siti in Catania, INDIRIZZO e INDIRIZZO, conferiti dal predetto NOME COGNOME da NOME COGNOME e da NOME COGNOME sempre alla NOME
RAGIONE_SOCIALE con l’atto di costituzione della stessa) rientrava tra i beni pignorati nell’ambito delle procedure riunite 963/06, 1415/96, 400/97, 401/97 R. Es. Imm. (in cui era intervenuta anche la dante causa della creditrice); circostanza questa da cui avrebbe dovuto desumersi che la RAGIONE_SOCIALE non poteva non essere a conoscenza che la vendita della bottega di INDIRIZZO era idonea a compromettere le ragioni di Unicredit Credit Management Bank S.p.A.
La Corte d’appello di Catania, riuniti gli appelli proposti avverso la sentenza del tribunale dal RAGIONE_SOCIALE e da RAGIONE_SOCIALE li ha rigettati entrambi e, per l’effetto, ha confermato la decisione del tribunale.
RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione di detta sentenza, formulando un solo motivo, illustrato con memoria.
NOME COGNOME propone ricorso incidentale, basandosi su quattro motivi.
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso, corredato di memoria.
La trattazione dei ricorsi è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con unico motivo la ricorrente principale denunzia la violazione o falsa applicazione degli artt. 2727 e 2729 cod.civ.
Si duole che la corte d’appello abbia dedotto dai soli vincoli di parentela (relativi esclusivamente ad uno dei debitori che avevano conferito i beni in società), peraltro non <>, cioè non caratterizzati dalla coabitazione tra le medesime parti, la sua partecipatio fraudis , senza considerare che, all’esito del giudizio di primo grado, quando si era appalesata l’esistenza di crediti rimasti insoddisfatti, aveva immediatamente presentato alla Procura della Repubblica di Catania una denunzia querela a carico di NOME COGNOME di NOME COGNOME e di NOME COGNOME lamentando di
essere stata oggetto di condotte fraudolente, artificiose ed infedeli da parte dei suddetti debitori, chiedendone la condanna anche per l’ingente danno patrimoniale subito a causa dell’azione revocatoria. Aggiunge che non era vero che avrebbe dovuto conoscere dell’esistenza del credito (e del relativo intervento) del Banco di Sicilia (dante causa dell’appellata), prendendo visione del fascicolo esecutivo, essendo certo e non contestato che l’intervento della RAGIONE_SOCIALE (poi Banco di Sicilia) risultava cancellato.
Il motivo è inammissibile.
La corte d’appello ha ritenuto sussistente la partecipatio fraudis dell’odierna ricorrente non già sulla scorta della mera ricorrenza di un lontano vincolo di parentela tra NOME COGNOME e NOME COGNOME (sebbene abbia sottolineato che detto elemento non poteva essere sminuito, specie considerando che la sussistenza di detto rapporto era stato negato, salvo poi essere confermato dalla produzione documentale dell’appellata), ma sulla scorta di un accertamento che ha riguardato NOME COGNOME all’epoca dei fatti suo amministratore unico, basato su plurimi elementi indiziari: NOME COGNOME, insieme con altri suoi parenti, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, aveva costituito nel 2009 la RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME era stato nominato amministratore unico; già all’epoca tutto il patrimonio immobiliare di NOME COGNOME (composto da un appartamento in INDIRIZZO dalla piena proprietà sulla metà indivisa di una bottega sita nello stesso fabbricato, dalla bottega sita in INDIRIZZO NOME INDIRIZZO) risultava pignorato; nella società NOME COGNOME aveva conferito tutti i suoi beni, ad eccezione della bottega di INDIRIZZO e la società si era accollata il pagamento di quasi tutti i crediti vantati dai creditori intervenuti nella procedura esecutiva che, in data 6.6.2009, veniva dichiara estinta; il pignoramento trascritto sulla bottega di INDIRIZZO veniva annotato di cancellazione; tra i creditori intervenuti e pagati non vi era (la dante causa di) Unicredit Credit Management Bank
S.p.A.RAGIONE_SOCIALE la quale prima proponeva reclamo al collegio avverso la dichiarazione di estinzione della procedura e poi, stante il rigetto, proponeva appello che veniva accolto con sentenza n. 422/2011; il 14.2.2012 NOME COGNOME, riassunta la procedura esecutiva, vendeva la bottega in questione (unico bene rimasto di sua proprietà) alla RAGIONE_SOCIALE (di cui, fino alla stessa data, era socio), che la acquistava con il suo legale rappresentante NOME COGNOME; detta vendita era intervenuta il 14.1.2012 appena dieci mesi dopo la pronuncia della corte territoriale (del 29.3.2011), sicché l’atto dispositivo era stato realizzato da NOME COGNOME il quale non poteva non sapere che nell’ambito della procedura esecutiva, in cui risultavano pignorati anche i beni pervenuti alla società dagli altri soci, era stata pignorata anche la bottega di INDIRIZZO e che esisteva un creditore, la Unicredit Credit Management Bank S.p.A., che era rimasto insoddisfatto, in quanto il suo credito non era tra quelli il cui pagamento la società si era accollata, con la consapevolezza di impedire, in tal modo, che l’appellata potesse fare valere le sue ragioni creditorie sul bene in questione.
Né ha rilievo la contestazione secondo cui se persino il giudice dell’esecuzione e il tribunale in sede di reclamo non si erano avveduti dell’erronea dichiarazione di cancellazione dell’intervento di RAGIONE_SOCIALE.aRAGIONE_SOCIALE/Banco di Sicilia, tanto che la corte d’appello era dovuta intervenire, con la sentenza n. 422/2011, per rilevare che da parte del creditore procedente non vi era stata rinunzia agli atti, in considerazione del fatto che la vendita dell’immobile era avvenuta dieci mesi dopo detta pronuncia della corte d’appello, quando comunque NOME COGNOME aveva piena consapevolezza delle ragioni di credito di Unicredit Management Bank S.p.A.
In conclusione, la statuizione impugnata resiste alle critiche della odierna ricorrente, essendosi il giudice d’appello attenuto alla giurisprudenza di questa Corte che ha sottolineato che la corretta
applicazione dell’art. 2729 cod.civ. presuppone un apprezzamento degli elementi acquisiti in giudizio, dai quali inferire quello ignoto, che riconosca ad essi efficacia probatoria, <>, se risultino <>, ovvero <> (Cass. 16/07/2018, n. 18822), e ciò in quanto <> (Cass. 13/03/2014, n. 5787); il che vale a privare di decisività la censura dell’odierna ricorrente nella parte in cui svaluta l’efficacia indiziaria del rapporto di parentela.
In aggiunta, deve considerarsi che il ragionamento presuntivo, per vero, costituisce <> (così, in motivazione, Cass. 22/06/2020, n. 1218) e che <>, essendo, invece, <> (così Cass. 21/01/2020, n. 1163; Cass. 6/02/2019, n. 3513).
Con il primo motivo i ricorrente in via incidentale Percolla denunzia violazione o falsa applicazione ai sensi dell’art.360, 1° comma, nn. 3, 4 e 5 cod.proc.civ. e dell’art.111 cod.proc.civ.
Attinta da censura è la statuizione reiettiva del primo motivo di gravame con cui aveva sostenuto che, in forza della cessione del credito pro soluto da parte di Unicredit Credit Management Bank S.p.A. RAGIONE_SOCIALE intervenuta in corso di causa, la prima, essendosi spogliata del suo diritto, aveva perduto interesse ex art. 100 cod.proc.civ. alla pronuncia, con conseguente necessità di dichiarazione di cessazione della materia del contendere, mentre, in relazione alla seconda, il cui intervento nel giudizio di primo grado non avrebbe potuto essere ricondotto alla fattispecie prevista dall’art. 111, comma 3, cod.proc.civ., avrebbe dovuto dichiararsene il difetto di legittimazione perché, nella causa avente ad oggetto l’esercizio dell’azione revocatoria, il diritto controverso oggetto di successione a titolo particolare non è il diritto di credito a tutela del quale la stessa è esperita -limitatamente al quale succede il cessionario del credito -bensì quello di ottenere la declaratoria di inefficacia dell’atto pregiudizievole, come chiarito da Cass. 12/12/ 2017, n. 29637.
Aggiunge che l’assenza della produzione del contratto di cessione non conferma neanche la riconducibilità del credito in oggetto in capo alla succitata cessionaria e invoca la giurisprudenza di questa Corte secondo cui <> (Cass. 31/01/2019 n. 2780).
Il motivo è infondato.
Quanto alla mancata prova che il credito per cui è causa facesse parte di quelli oggetto di cessione in blocco, va rilevato che la più recente giurisprudenza di questa Corte – Cass. 22/06/2023, n. 17944; Cass. 5/04/2023, n. 9412; Cass. 22/03/2024, n. 7688 – ha chiarito che la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della cessione in blocco esonera la cessionaria dal notificare la cessione al titolare del debito ceduto ed è un adempimento che si pone sullo stesso piano di quelli prescritti in via generale dall’art. 1264 cod.civ., ma non esonera la parte che agisce affermandosi successore a titolo particolare del creditore originario, in virtù di un’operazione di cessione in blocco secondo la speciale disciplina di cui al D.Lgs. n. 385 del 1993, art. 58, dall’onere di dimostrare l’inclusione del credito per cui agisce in detta operazione; dimostrazione che -quando non sia contestata l’esistenza del contratto di cessione in sé -può dirsi soddisfatta tramite l’indicazione delle caratteristiche dei crediti ceduti, contenuta nell’avviso della cessione pubblicato dalla società cessionaria nella Gazzetta Ufficiale, là dove tali indicazioni siano sufficientemente precise e consentano, quindi, di ricondurlo con certezza tra quelli compresi nell’operazione di trasferimento in blocco, in base alle sue caratteristiche concrete; con la conseguenza che ove tale riconducibilità non sia desumibile con certezza dalle suddette indicazioni sarà necessaria la produzione del contratto e/o dei suoi allegati, ovvero sarà necessario fornire la prova della cessione dello specifico credito oggetto di controversia in altro modo.
Non risulta che vi sia stata da parte dell’odierno ricorrente alcuna contestazione né in merito alla cessione in blocco né in merito alla inclusione del credito ceduto tra quelli ceduti in blocco. Valendo il principio di non contestazione, in mancanza di contestazioni specificamente dirette a negare la inclusione del credito tra quelli ceduti, detta inclusione non deve essere affatto dimostrata (in
quanto i fatti non contestati devono considerarsi al di fuori del cd. thema probandum ): Cass. 22/06/2023, n.17944.
Anche l’altro ordine di censure non merita accoglimento, avendo la corte d’appello deciso in conformità con la giurisprudenza di questa Corte. È da considerarsi pressoché consolidato il principio enunciato da Cass. 23/06/2022, n. 20315, secondo cui la sentenza di accoglimento dell’azione revocatoria <>; tale conclusione trova il suo fondamento in plurime indicazioni normative: i) nell’art. 2902 cod.civ., a mente del quale il creditore, per effetto dell’accoglimento della domanda di revocazione d’un atto dispositivo, <> nei confronti dell’avente causa del debitore, atteso che se <>; ii) nell’art. 1263 cod.civ., il quale prevede che per effetto della cessione si trasferiscono i “privilegi”, senza distinzione. <> ; iii) nell’art. 2755 cod.civ. che annovera tra i crediti privilegiati le spese di giustizia per atti conservativi, atteso che i privilegi, come già detto, si trasferiscono per effetto di cessione del credito; non può escludersi che il cessionario d’un credito benefici degli effetti dell’azione revocatoria proposta dal cedente, perché altrimenti si dovrebbe ammettere che il credito ceduto conservi privilegio per le spese dell’azione revocatoria, ma non possa giovarsi degli effetti dell’azione revocatoria, dato che il
pignoramento è un vincolo preordinato all’esecuzione che, come l’ actio pauliana , evita la dispersione della garanzia patrimoniale; detto principio è stato ripetutamente enunciato dalla Terza Sezione civile di questa Corte – cfr. senza pretesa di esaustività, Cass. 17/2/2023, n. 5162; Cass. 23/02/2023, n. 5649; Cass. 31/05/2023, n. 1540; Cass. 29/08/2023 n. 25424; Cass. 3/11/2023, n. 30506; Cass. 26/02/2024, n. 5085; Cass. 21/11/2024, n. 30105 -tanto da potersi considerare in via di consolidamento.
La corte d’appello ha correttamente applicato detto indirizzo, secondo cui: a) il cessionario, successore a titolo particolare nel diritto controverso, è legittimato non solo a proporre l’azione revocatoria, ma anche ad intervenire nel giudizio promosso dal cedente, in quanto “portatore di interesse attuale e concreto ad un risultato utile e giuridicamente rilevante” (Cass. 14/03/2018, n. 6130 ); b) in tema di azione revocatoria, qualora la parte attrice ceda il proprio credito durante la controversia, il cessionario può intervenire nel processo ai sensi dell’art. 111 cod.proc.civ. quale successore nel diritto affermato in giudizio, poiché con la domanda ex art. 2901 cod.civ. si esplica la facoltà del creditore – che costituisce contenuto proprio del suo diritto di credito (presupposto e riferimento ultimo dell’azione esercitata) – di soddisfarsi su un determinato bene nel patrimonio del debitore (Cass. 23/02/2023, n. 5649).
E’ opportuno sottolineare che la pronuncia n. 20315/2022 ha chiarito perché nel caso di specie non siano pertinenti né i principi enunciati da Cass. 04/12/2014, n. 25660, ripresi da Css. 12/12/2017, n. 29637 (evocata da parte ricorrente) secondo cui <>: a) non si discuteva della legittimazione a proporre l’azione pauliana o a beneficiare dei
suoi effetti, ma della legittimazione a resistere alla suddetta azione, ed opporvisi con l’appello; b) a circolare per effetto di cessione in quel caso – al contrario del caso oggi in esame – non fu il credito garantito dalla revocatoria, ma il credito impugnato con la revocatoria; c) non si trattava di stabilire se la revocatoria accolta producesse effetto rispetto al cessionario del credito, ma se un soggetto estraneo all’atto revocando potesse impugnare la sentenza di accoglimento dell’azione revocatoria, sostenendo per la prima volta in appello di essere divenuto, per effetto di cessione, titolare del credito oggetto di revocazione, e non già titolare del credito che si intese conservare con l’azione pauliana -né quelli enunciati da Cass. n. 29637 del 12.12.2017 -che non si era occupata della estensibilità degli effetti dell’azione revocatoria -.
Con il secondo motivo parte ricorrente si duole della violazione ovvero falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, 1° comma, nn. 3 e 5 cod.proc.civ., dell’art.112 cod.proc.civ.
Attinto da censura è l’accertamento da parte della corte d’appello dell’esistenza del credito a cui tutela era stata formulata la domanda revocatoria.
Il giudice a quo ha ritenuto, innanzitutto, che le ragioni creditorie si evincessero dai due decreti ingiuntivi emessi in favore della RAGIONE_SOCIALE in a.s. n. 583/96 e 575/96: il primo nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali fideiussori della RAGIONE_SOCIALE dichiarata fallita in data 19.7.1996, ed il secondo nei confronti di NOME COGNOME e di NOME COGNOME, quali fideiussori di RAGIONE_SOCIALE, non opposti, con cui erano stati cristallizzati i crediti in relazione ai quali la RAGIONE_SOCIALE era intervenuta nelle procedure esecutive immobiliari riunite n. 963/96, 1415/97, 400/97 e 401/97 (intraprese a seguito di pignoramenti effettuati, rispettivamente, da Banca Commerciale Italiana S.p.A., da Banca di Credito Popolare e
da RAGIONE_SOCIALE S.p.A.RAGIONE_SOCIALE; crediti ceduti al Banco di Sicilia -Divisione Sicilcassa S.p.A. e poi nuovamente ceduti prima ad Unicredit Credit Management Bank S.p.A. ed infine a RAGIONE_SOCIALE
In secondo luogo, anche sulla base della sentenza della Corte di Appello n. 422 del 29.3.2011 che aveva revocato l’ordinanza di estinzione della procedura esecutiva n. 963/96 e di quelle ad essa riunite (confermata in sede di reclamo), ravvisandone l’erroneità proprio perché detta ordinanza aveva ritenuto che fosse intervenuta rinuncia agli atti da parte del creditore procedente e di tutti i creditori intervenuti, in essi ricompresa proprio Unicredit Credit Management Bank S.p.A., ha escluso che per le due partite creditorie suindicate RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE dante causa della RAGIONE_SOCIALE avesse rinunciato agli atti.
In aggiunta, ha reputato che: i) detto ultimo accertamento non potesse essere messo in discussione dal mero estratto cronologico degli interventi nella procedura esecutiva, trattandosi, come già ritenuto dalla corte d’appello nella sentenza n. 422/2011, di elenco non regolarmente tenuto dal cancelliere, ai sensi dell’art. 36 disp. att. cod.proc.civ., a fronte dell’esistenza dei due decreti ingiuntivi spediti in forma esecutiva, dell’intervento nella procedura del creditore e della mancanza di atti di rinuncia da parte del predetto; ii) la comunicazione del 7.7.2008 fosse irrilevante, in quanto non riferibile alle ragioni di credito per cui è causa, riguardando un terzo estraneo, la RAGIONE_SOCIALE S.r.L.
Il ricorrente riferisce che in appello aveva eccepito che entrambi i debitori principali di cui esso era garante erano stati ammessi al concordato in cui i crediti chirografari vantati dal Banco di Sicilia S.p.A. erano stati soddisfatti dedotta la falcidia concordataria, che con la comunicazione del 7.7.2008 Unicredit Credit Management Bank S.p.A., preannunciando che avrebbe depositato atto di
rinuncia agli interventi spiegati nelle procedure esecutive suindicate, aveva dimostrato che i crediti per cui è causa si erano estinti, che l’elenco dei creditori intervenuti nelle procedure esecutive, anche se non regolarmente tenuto dal cancelliere, comunque fosse rilevante <> e si duole delle ragioni su cui il giudice a quo ha basato il rigetto di dette censure: a) l’eventuale pagamento con falcidia dei debiti del debitore principale non escludeva affatto, giusta quanto stabilito dall’art. 135, comma 2, L. Fall., che il creditore conservasse inalterata l’azione per l’intero credito nei confronti dei fideiussori odierni appellanti; b) a fronte di credito giudizialmente riconosciuto con decreto ingiuntivo per la soddisfazione del quale era stato proposto intervento nell’ambito di procedura esecutiva, soltanto la rinuncia effettuata nei termini e con le forme previste dagli artt. 629, 3° comma, e 306 cod.proc.civ. avrebbe potuto rilevare; c) il debitore doveva ritenersi consapevole della sua posizione debitoria, non potendo fare affidamento sulla estinzione della procedura esecutiva intrapresa in suo danno in base alle sole risultanze dell’elenco degli interventi, fermo restando che se anche gli appellanti si fossero intimamente convinti che il creditore intervenuto avesse rinunciato agli atti, detto convincimento non avrebbe potuto avere effetto estintivo.
Secondo quanto prospetta il ricorrente, la corte d’appello non avrebbe preso in considerazione la circostanza principale e, cioè, che la produzione in corso di giudizio dell’elenco cronologico degli interventi dimostrava l’assenza delle ragioni di credito, in quanto detto elenco non era stato regolarmente tenuto dal cancelliere e trattandosi del documento che ha la funzione di rendere edotto il
debitore del numero di creditori, e di crediti, esistenti in seno alla procedura esecutiva immobiliare, su di esso aveva fatto legittimo affidamento.
Il motivo è inammissibile.
La corte d’appello ha infatti preso in considerazione la circostanza dedotta, ma, come si è riferito, l’ha ritenuta irrilevante, con una motivazione che le critiche del ricorrente non hanno scalfito. Va altresì aggiunto che la censura non supera la preclusione di cui all’art. 348 ter , ult. comma, cod.proc.civ. nel testo ratione temporis applicabile (il cui contenuto è comunque sostanzialmente riprodotto nel nuovo testo dell’art. 360, 1° comma, n. cod.proc.civ.), secondo cui quando la sentenza di appello sia conforme in facto (fondata sulle stesse ragioni, inerenti alle questioni di fatto, poste a base della decisione impugnata) a quella di prime cure non è deducibile il vizio di cui all’art. 360, n. 5, coc.proc.civ. Il ricorrente per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, 1° comma, n. 5, cod.proc.civ. deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. 28/02/2023, n. 5947).
Gli altri vizi denunciati (v. epigrafe del motivo) non sono stati neppure illustrati.
4) Con il terzo motivo parte ricorrente imputa al giudice a quo la violazione ovvero falsa applicazione, ai sensi dell’art.360, 1° comma, nn. 3, 4 e 5 cod.proc.civ., dell’art. 2946 cod.civ. in relazione all’art.112 cod.proc.civ.
La Corte d’appello di Catania, muovendo dall’assunto che il tribunale aveva escluso che il credito potesse dirsi prescritto, essendo stato accertato che il processo esecutivo nell’ambito del quale era intervenuto il creditore, dante causa dell’appellata, era stato da quest’ultima riassunto dopo che la sentenza n. 422/2011 aveva revocato l’ordinanza con cui lo stesso era stato dichiarato
estinto, sul falso presupposto che tutti i creditori intervenuti avessero rinunciato agli atti, vista l’efficacia interruttiva permanente riconducibile all’intervento e considerato che la procedura esecutiva non poteva ritenersi estinta essendo piuttosto la stessa ancora in corso, ha disatteso la riproposizione dell’eccezione di prescrizione ritenendola inammissibile, perché essa era stata formulata senza alcuna critica alla statuizione con cui il tribunale aveva ritenuto che il termine di prescrizione del credito non fosse decorso.
Il ricorrente censura detta statuizione, perché la corte d’appello non avrebbe tenuto in considerazione la circostanza che, per effetto del combinato disposto dell’art. 2945, 2° comma cod.civ., a mente del quale <> e del 3° comma, il quale dispone che <>, con notifica dell’atto di riassunzione aveva iniziato a decorrere un nuovo termine prescrizionale, perché l’estinzione del processo elimina l’effetto permanente dell’interruzione della prescrizione prodotto dalla domanda giudiziale ai sensi dell’art. 2942, 2° comma, cod.civ., ma non incide sull’effetto interruttivo istantaneo della medesima, con la conseguenza che la prescrizione ricomincia a decorrere dalla data di detta domanda (Cass. 13/04/2010, n. 8720; Cass. 08/03/2010 n.5570).
Il motivo è, in parte, inammissibile, in parte, infondato.
Le ragioni di inammissibilità sono da ravvisare nella riproposizione delle stesse argomentazioni già disattese dal giudice a quo senza un efficace confronto con la ratio decidendi della statuizione di rigetto.
L’infondatezza deriva, invece, dal fatto che il tribunale aveva fatto corretta applicazione della giurisprudenza di questa Corte secondo cui l’efficacia interruttiva permanente determinata dall’introduzione del processo esecutivo si protrae, ex art. 2945, 2° comma, cod.civ., fino al momento in cui la procedura abbia fatto conseguire al creditore procedente, in tutto o n parte, l’attuazione coattiva del suo diritto o, in alternativa, fino alla chiusura anticipata del procedimento determinata da una causa non imputabile a creditore (Cass. 24/03/2021, n. 8217).
Onde sostenere l’ipotesi inversa, cioè l’interruzione istantanea, ai sensi dell’art. 2945, 3° comma, cod.proc.civ., sarebbe stato necessario dedurre condotte inerziali, inattive e rinunciatarie da parte del creditore procedente. Detta deduzione -ha precisato la corte territoriale, con una ulteriore ratio decidendi , di cui parte ricorrente si è disinteressata -volta a dimostrare che l’appellata si era dimostrata inerte perché aveva omesso di tentare la vendita della villa a Trecastagni di proprietà dei coniugi COGNOME e che non aveva rinnovato la trascrizione del pignoramento ai sensi dell’art. 2668 ter cod.civ., è stata considerata tardiva.
5) Con il quarto motivo il ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, 1° comma, n. 3 cod.proc.civ., dell’art.2901 cod.civ. in relazione agli artt. 112, 115 e 116 cod.proc.civ., perché la corte d’appello avrebbe erroneamente ritenuto sussistente l’ eventus damni e la scientia damni .
La circostanza che nessun debito residuava in capo al deducente al momento della stipula dell’atto di compravendita avrebbe dovuto dimostrare che nessuna consapevolezza vi fosse, in capo alle parti contraenti, di ledere i diritti della Unicredit Credit Management Bank.
Peraltro, la corte d’appello avrebbe omesso di considerare la sentenza del tribunale civile di Catania n. 1455/2019, confermata
nel dispositivo dalla sentenza n. 642/2021 in atti, che, in accoglimento dell’azione revocatoria promossa dall’originaria creditrice Unicredit Credit Management Bank S.p.A. con l’intervento, da ultimo della società odierna appellata aveva dichiarato l’inefficacia del fondo patrimoniale costituito da NOME COGNOME e da NOME COGNOME, ampiamente satisfattivo delle pretese riconosciute in capo a controparte.
Anche le censure introdotte con questo motivo sono le stesse disattese con ampia motivazione dalla corte d’appello, alle pp. 12 e ss.: a) il pignoramento era stato cancellato con ordinanza revocata perché erronea; b) il patrimonio, peraltro eventuale, dei cofideiussori e del debitore principale è irrilevante ai fini dell’accertamento dell’ eventus damni ; c) plurimi elementi indiziari inducevano a presumere la consapevolezza che l’atto dispositivo avrebbe arrecato pregiudizio alle ragioni creditorie.
Con i motivi di ricorso per cassazione la parte non può limitarsi a riproporre le tesi difensive svolte nelle fasi di merito e motivatamente disattese dal giudice dell’appello, senza considerare le ragioni offerte da quest’ultimo, poiché in tal modo si determina una mera contrapposizione della propria valutazione al giudizio espresso dalla sentenza impugnata che si risolve, in sostanza, nella proposizione di un non motivo, come tale inammissibile, ex art. 366, 1° comma, n. 4, cod.proc.civ. (Cass. 24/09/2018, n. 22478; Cass. 25/08/2000, n. 11098; Cass. 17/11/2003, n. 17402; Cass. 23/09/2003, n. 12632).
All’inammissibilità dell’unico motivo consegue l’inammissibilità del ricorso principale; all’inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso incidentale del Percolla.
Attesa la reciproca soccombenza, va disposta la compensazione delle spese del giudizio di cassazione tra la ricorrente principale e il ricorrente incidentale.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo in favore della controricorrente società RAGIONE_SOCIALE e poste a solidale carico dei ricorrenti -principale e incidentale- seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale; rigetta il ricorso incidentale. Compensa tra i ricorrenti, principale e incidentale, le spese del giudizio di cassazione. Condanna i ricorrenti, principale e incidentale, al solidale pagamento delle spese del giudizio di cassazione, che liquida in complessivi euro 7.200,00, di cui euro 7.000,00 per onorari, oltre a spese generali e accessori di legge, in favore della controricorrente società RAGIONE_SOCIALE
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, come modif. dalla l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente principale e del ricorrente incidentale all’ufficio del merito competente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per i rispettivi ricorsi, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto
Così deciso nella Camera di Consiglio del 21 marzo 2025 dalla