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Giurisprudenza Civile

Progressione economica: valutazione titoli e buona fede

Un dipendente pubblico ha contestato l’esito di una selezione interna per una progressione economica, lamentando la mancata valutazione di alcuni titoli. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, sottolineando che, sebbene il datore di lavoro pubblico debba agire secondo buona fede, il lavoratore ha l’onere di provare in modo specifico le proprie doglianze. La Corte ha inoltre chiarito che un incarico di coordinamento non equivale automaticamente a mansioni di livello superiore.

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Perdita di chance: risarcimento e giurisdizione

Una lavoratrice del settore pubblico ha ottenuto un risarcimento per perdita di chance dopo che un ritardo nell’inquadramento le ha impedito di partecipare a una selezione per una posizione superiore. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, rigettando il ricorso dell’Amministrazione. L’ordinanza chiarisce importanti aspetti sulla giurisdizione del giudice ordinario in materie connesse a precedenti giudizi amministrativi e sulla corretta riproposizione delle domande in appello.

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Sospensione cautelare: quando è illegittima a scuola

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 6168/2025, ha stabilito l’illegittimità della sospensione cautelare di un dipendente scolastico se non preceduta dall’avvio di un procedimento disciplinare. Il caso riguardava un provvedimento di sospensione emesso da un dirigente scolastico, annullato in primo e secondo grado. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso del Ministero, chiarendo che la sospensione cautelare facoltativa è uno strumento accessorio e non può essere adottata in autonomia, ma deve necessariamente collegarsi a un procedimento disciplinare già esistente, come previsto dalla contrattazione collettiva.

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Minimale contributivo: appello inammissibile

Un ente previdenziale contesta a una società il mancato versamento del minimale contributivo. La Corte di Cassazione dichiara l’appello inammissibile perché l’ente introduce una questione nuova, diversa da quella discussa nei gradi di merito, violando i principi processuali.

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Sospensione cautelare illegittima: le conseguenze

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un’Amministrazione Pubblica, confermando l’illegittimità di una sanzione disciplinare espulsiva. La decisione si fonda sul fatto che una sospensione cautelare illegittima rende nullo il periodo di sospensione, causando la scadenza dei termini per irrogare la sanzione finale e generando il diritto al risarcimento del danno per responsabilità contrattuale.

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Verifica negativa dipendente: la valutazione a 360°

Un ricercatore di un ente pubblico si è visto negare una progressione economica a causa di una verifica negativa dipendente. La valutazione contestava non solo ritardi nella produzione scientifica, ma anche una generale mancanza di collaborazione. L’interessato ha sostenuto che la valutazione dovesse limitarsi ai risultati scientifici documentati. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che la verifica dell’attività lavorativa deve essere ‘a tutto tondo’, includendo quindi la regolarità complessiva della prestazione, la collaborazione e l’adempimento dei doveri d’ufficio, non solo la qualità tecnica della ricerca.

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Sanzione disciplinare tardiva: no a risarcimento danni

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 6171/2025, ha stabilito un principio fondamentale: una sanzione disciplinare tardiva, sebbene illegittima dal punto di vista procedurale, non dà automaticamente diritto al risarcimento del danno. Se i fatti contestati al dipendente sono fondati e il datore di lavoro ha agito in adempimento di un dovere, viene esclusa la sua responsabilità. Il caso riguardava un dipendente pubblico che, dopo aver ottenuto l’annullamento di una sospensione per un vizio di forma (la tardività), aveva chiesto i danni all’amministrazione. La sua richiesta è stata respinta in tutti i gradi di giudizio, poiché è stata accertata la veridicità dei fatti che avevano dato origine alla sanzione.

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Cessazione materia contendere: accordo e fine processo

Due dirigenti di un’azienda sanitaria pubblica impugnavano una sanzione disciplinare. Dopo le decisioni negative nei primi due gradi di giudizio, le parti hanno raggiunto un accordo transattivo durante il ricorso in Cassazione. La Corte Suprema, prendendo atto dell’accordo, ha dichiarato la cessazione della materia del contendere, ponendo fine alla controversia e compensando le spese legali.

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Giudicato interno: la Cassazione chiarisce i limiti

La Corte di Cassazione interviene su una complessa vicenda giudiziaria durata decenni, relativa allo scioglimento di una società di fatto. L’ordinanza chiarisce i limiti del ricorso per revocazione avverso le proprie decisioni, ribadendo la distinzione tra errore percettivo (revocatorio) ed errore di valutazione (non revocatorio). Viene inoltre affermata la forza del giudicato interno, formatosi su sentenze non definitive precedenti, che cristallizza determinati punti della controversia, impedendo che vengano riesaminati nelle fasi successive del giudizio. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso per revocazione e rigettato sia il ricorso principale che quello incidentale, consolidando le decisioni dei gradi inferiori sulla base del principio di definitività delle statuizioni già passate in giudicato.

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Sospensione cautelare: limite di 5 anni per tutti i casi

Una dipendente pubblica, sospesa in via cautelare in attesa di un processo penale e poi assolta, ha ottenuto un risarcimento per l’eccessiva durata del provvedimento. La Corte di Cassazione ha stabilito che il limite massimo di cinque anni per la sospensione cautelare si applica alla durata complessiva, sommando sia i periodi di sospensione obbligatoria che quelli di sospensione facoltativa, affermando un principio di garanzia fondamentale per il lavoratore.

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Motivazione per relationem: quando è nulla la sentenza?

Un’azienda sanitaria ha impugnato con successo una sentenza della Corte d’Appello che riconosceva differenze retributive a una dipendente. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione perché la sua motivazione si basava su un semplice rinvio a precedenti sentenze, senza spiegare il nesso con il caso specifico. Questo vizio, definito ‘carenza di motivazione’, ha comportato la nullità della sentenza e il rinvio del caso a un nuovo giudice.

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Motivazione per relationem: nullità della sentenza

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza della Corte d’Appello in una causa di lavoro pubblico relativa a differenze retributive. Il motivo principale è la carenza di motivazione: i giudici d’appello si erano limitati a richiamare precedenti sentenze senza spiegare come si applicassero al caso specifico. Tale pratica, nota come motivazione per relationem, è stata ritenuta insufficiente, portando alla nullità della decisione e al rinvio del caso per un nuovo esame.

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Abuso contratto a termine: la condanna del Comune

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna di un ente comunale al risarcimento dei danni a favore di alcuni lavoratori, impiegati formalmente come Lavoratori Socialmente Utili (LSU) ma di fatto utilizzati per mansioni stabili e subordinate. La Corte ha ritenuto inammissibile il ricorso del Comune, sottolineando che l’abuso contratto a termine è provato dalla natura delle mansioni svolte e non dalla mera esistenza formale di un progetto di utilità collettiva. Anche se nel pubblico impiego non è permessa la conversione in un rapporto a tempo indeterminato, l’abuso deve essere risarcito.

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Mobilità straordinaria docenti: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di una docente, assunta dalle Graduatorie ad Esaurimento (GAE), che contestava la sua assegnazione di sede nell’ambito della mobilità straordinaria docenti per l’anno 2016/2017. La Corte ha stabilito che la normativa e la contrattazione collettiva hanno legittimamente dato priorità, in alcune fasi della mobilità, ai docenti vincitori del concorso 2012 rispetto a quelli provenienti dalle GAE, senza violare i principi di parità di trattamento o merito.

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Recesso da cooperativa: limiti e durata del vincolo

La Corte di Cassazione si è pronunciata sul caso di alcuni soci di una cooperativa agricola che intendevano esercitare il recesso a seguito di una sospensione della raccolta del latte. La Corte ha rigettato il ricorso dei soci, confermando la decisione della Corte d’Appello e la validità del lodo arbitrale. È stato stabilito che le clausole statutarie che prevedono un vincolo associativo di lunga durata sono legittime e limitano il diritto di recesso da cooperativa, non potendo essere equiparate a un vincolo a tempo indeterminato che consentirebbe il recesso libero. La Corte ha inoltre dichiarato inammissibili i motivi volti a ottenere una nuova interpretazione delle clausole contrattuali.

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Ore buco: quando sono retribuite a scuola?

Un docente ha richiesto la retribuzione per le cosiddette “ore buco” e un risarcimento per la presunta violazione della Legge 104/1992. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che le ore buco non sono retribuibili se il lavoratore non dimostra di essere rimasto a disposizione del datore di lavoro. Inoltre, ha chiarito che l’assegnazione a una sede distaccata dello stesso istituto scolastico non costituisce un trasferimento ai fini della tutela prevista per i caregiver.

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Contratto integrativo: l'onere della produzione in giudizio

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso del Ministero dell’Istruzione contro una docente riguardo le procedure di mobilità. Il caso verteva sull’interpretazione di un contratto integrativo per l’assegnazione delle sedi. La Corte ha stabilito che, a differenza dei contratti nazionali, il testo integrale del contratto integrativo deve essere obbligatoriamente depositato agli atti dalla parte che lo invoca. La mancata produzione del documento ha impedito alla Corte di valutare il merito del ricorso, confermando la decisione favorevole alla docente.

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Responsabilità amministratori: danno da discriminazione

Un ex socio di una cooperativa edilizia ha citato in giudizio gli amministratori per un comportamento discriminatorio, consistito nel rifiuto di rilasciare una garanzia fideiussoria a lui concessa ad altri soci. La Corte di Cassazione ha stabilito che la responsabilità degli amministratori per discriminazione sussiste anche se il rapporto sociale viene successivamente dichiarato nullo con effetto retroattivo. Tuttavia, ha annullato la precedente sentenza per carenza di motivazione sulla quantificazione del danno, che non può essere automaticamente equiparata alle somme versate alla cooperativa, ma deve derivare direttamente dalla mancata offerta della garanzia.

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Cessione del credito volo: quando è valida?

Un’ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce indirettamente i contorni della cessione del credito volo per indennizzi da ritardo aereo. Il caso, originato dalla richiesta di una società di recupero crediti nei confronti di una compagnia aerea, si è concluso con l’estinzione del giudizio per rinuncia al ricorso. Tuttavia, il provvedimento riporta la decisiva motivazione della corte d’appello, la quale aveva stabilito che la cessione del credito non costituisce attività di finanziamento illecita se il passeggero viene pagato solo dopo l’effettiva riscossione del credito dalla compagnia aerea, rendendo così l’operazione legittima.

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Minimale Contributivo: quale CCNL applicare? La Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di due società cooperative contro una richiesta di pagamento di differenze contributive. Il caso verteva sulla corretta individuazione del CCNL da applicare per il calcolo del minimale contributivo. La Corte ha confermato la decisione dei giudici di merito, secondo cui va utilizzato il contratto collettivo stipulato dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale. Il ricorso è stato respinto per motivi procedurali, tra cui la genericità delle contestazioni e l’applicazione del principio di “doppia pronuncia conforme”, che impedisce di riesaminare i fatti già accertati in modo concorde nei primi due gradi di giudizio.

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