Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 30281 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 30281 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10201/2018 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimato- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 3968/2017 depositata il 03/10/2017;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
-Dagli atti di causa risulta che in data 10-11.9.2009 la società RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME cedette a RAGIONE_SOCIALE
(di seguito Banca) il credito di € 301.252,75 portato dalle fatture n. 3 del 31.1.2009 (€ 85.312,85), n. 7 del 28.2.2009 (€ 120.670.41), n. 9 del 30.4.2009 (€ 73.750,24) e n. 11 del 30.6.2009 (€ 21.519,25), tutte emesse nei confronti del debitore ceduto RAGIONE_SOCIALE, che la banca cessionaria avrebbe incassato « a mano a mano che lo stesso si renderà esigibile sulla base delle anzicitate fatture », in soddisfazione delle obbligazioni derivanti dal saldo di due rapporti di finanziamento e due rapporti di c/c.
1.1. -La cedente RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME venne dichiarata fallita in data 5.4.2011 e il curatore fallimentare, sulla base della documentazione acquisita tramite ricorso ex art. 700 c.p.c. contro la banca cessionaria, appurò che quest’ultima, dopo aver ricevuto a settembre-dicembre 2009 il pagamento integrale delle fatture n. 3 e n. 7, solo in data 22.2.2011 aveva incassato l’ulteriore somma di € 86.619,50 in acconto sulle fatture n. 8 (per € 130.822,82) -la quale però non era stata oggetto di cessione -e n. 9 (per € 73.750,24) , come da disposizione del debitore ceduto.
1.2. -Di conseguenza, promosse contro la Banca: in via principale, azione di ripetizione di indebito per la somma di € 86.619,50 quale acconto sulla fattura n. 8, mai ceduta, in applicazione dell’art. 1193, comma 2, c.c.; in via gradata, azione revocatoria dello stesso pagamento ex art. 67, comma 1, n. 2 l.fall. (in quanto atto anomalo), ovvero ex art. 67, comma 2, l.fall., (quale pagamento di debito liquido ed esigibile effettuato poco più di un mese prima del fallimento).
1.3. -Il Tribunale di Benevento, accertata la scientia decoctionis della Banca, accolse la domanda revocatoria sotto entrambi i profili , ritenendola ‘assorbente’ rispetto alla domanda di ripetizione di indebito, e condannò la Banca a restituire al RAGIONE_SOCIALE la somma di € 86.619,50 oltre interessi ex d.lgs. 231/02.
1.4. -Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d’appello di Napoli ha accolto il gravame della Banca, rigettando le domande revocatorie e ritenendo, quanto alla domanda principale dichiarata assorbita: i) che l’art. 1193 c.c. non è applicabile, in quanto i criteri di imputazione dei pagamenti ivi disciplinati riguardano « il caso del
pagamento di più debiti in favore di un unico creditore, laddove nella fattispecie sarebbero presenti due diversi creditori, la BancApulia spa (per la fattura cedutale n. 9) e la curatela fallimentare (per la fattura n. 8 non oggetto di cessione) »; ii) che, essendo stato il pagamento « imputato solo genericamente a pagamento in acconto delle fatture n 8 e n. 9, la banca (…) ha legittimamente incamerato l’importo a deconto della intera fattura cedutale n. 9 di € 73.750,24 », con conseguente indebito da restituire alla curatela « limitato alla differenza di € 12.869,26 »; iii) che tuttavia si è trattato semplicemente di un ‘errore materiale’, come « si desume dalla comunicazione dello stesso debitore ceduto dell’1.8.2012, con cui veniva indicato che il pagamento in oggetto era avvenuto a fronte delle fatture n. 9 e 11, e si chiedeva di conoscere chi avesse effettivamente incassato il relativo importo », comunicazione da ritenersi opponibile in quanto l’art. 45 l.fall. riguarda solo le « disposizioni patrimoniali lesive della par condicio creditorum »; iv) che correttamente la Banca ha incamerato anche l’importo di € 12.869,26 imputandolo a parziale pagamento della fattura ceduta n. 11, anche alla luce della clausola del contratto di cessione per cui le somme incassate sarebbero state « portate ad estinzione o decurtazione, a giudizio della banca stessa, di una o più obbligazioni garantite, come individuate in precedenza ».
-Il RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME impugna la suddetta sentenza con ricorso per cassazione affidato ad un solo motivo, illustrato da memoria. La Banca non svolge difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Preliminarmente va dato atto che il ricorso per cassazione avverso la sentenza d’appello, depositata il 3.10.2017, comunicata in pari data e non notificata, è stato ritualmente notificato in data 28.3-4.4.2018 al difensore della Banca costituito in secondo grado, presso la cancelleria della Corte d’appello ove risultava domiciliata (come indicato nella sentenza impugnata), mentre è irrilevante l’ulteriore notifica tentata presso il suo studio in Bari, ove è risultato irreperibile (cfr. Cass. 11008/2006, 9693/2019).
Al riguardo va anche ricordato che l’indirizzo di p.e.c. integra un’informazione di carattere aggiuntivo , finalizzata alle comunicazioni di cancelleria, che è destinata a surrogarsi, anche agli effetti della notifica degli atti, ad una domiciliazione mancante, ma resta recessiva rispetto ad una domiciliazione che il difensore abbia volontariamente effettuato, trattandosi di scelta volontaria destinata a prevalere anche nel caso di elezione di domicilio ex lege presso la cancelleria del giudice adito, in conformità dell’art. 82, R.D. n. 37 del 1934.
-Con l’ unico motivo di ricorso il RAGIONE_SOCIALE denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1193 e 1260 c.c., 56 l.fall., 115 e 116 c.p.c. (ex art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c.), nonché l’omesso esame di fatto decisivo (ex art. 360 co. 1 n. 5 c.p.c.).
Sostiene a tal fine: i) che l’art. 1193 c.c. sarebbe applicabile anche in via analogica; ii) che la facoltà di imputazione dei pagamenti in presenza di plurimi rapporti obbligatori tra le parti è riservata in prima battuta al debitore, il quale però può esercitarla solo all’atto del pagamento e non in un momento successivo; iii) che a tal fine nessuna rilevanza può avere la comunicazione fatta dal debitore ceduto dopo la dichiarazione di fallimento, anche perché, se avesse ammesso di aver erroneamente pagato la fattura non ceduta (n. 8), avrebbe dovuto rinnovarne il pagamento in favore della curatela e poi agire per l’indebito nei confronti della banca cessionaria; iv) che, in mancanza di imputazione, valgono i criteri legali ex art. 1193 c.c., in base ai quali l’intero pagamento di € 86.619,50 va imputato alla fattura n. 8 (non ceduta), in quanto debito più antico, con conseguente restituzione dell’importo al RAGIONE_SOCIALE, poiché «incamerato illegittimamente» dalla Banca; v) che nessun rilievo avrebbe la clausola della cessione su cui si basa la decisione impugnata, in realtà riferita alla fase successiva di imputazione dei pagamenti ricevuti dalla Banca alle obbligazioni della cedente.
4.1. -Il motivo è fondato, nei termini che si vanno a precisare.
-L’affermazione della corte d’appello circa l’inapplicabilità dell’art. 1193 c.c. è corretta.
Invero, la disciplina dettata dall’art. 1193 c.c. circa i criteri di imputazione dei pagamenti si applica solo in presenza di una pluralità di autonomi e distinti rapporti obbligatori esistenti tra le stesse parti, avendo lo scopo di eliminare l’incertezza sulla loro sorte, e segnatamente evitare che a ciascun atto di pagamento non segua l’effetto solutorio di una ben determinata obbligazione, sicché tale disposizione non è applicabile -e di conseguenza la questione dell’imputazione del pagamento non viene in rilievo -né quando si tratta di parti diverse (come nel caso in esame, con riguardo alle due fatture de quibus ), né quando tra le stesse parti sussista un unico debito ( ex multis , da ultimo, Cass. 19536/2024, 31837/2022, 27076/2022, 18002/2020).
5.1. -Anche l’affermazione circa l’esistenza di ‘due diversi creditori’, è corretta, ma porta per logica, prima ancora che in diritto, a conseguenze diverse da quelle divisate dal giudice a quo .
Invero, è pacifico che con il versamento della somma di € 86.619,50 del 22.2.2011 il debitore ceduto ha inteso pagare alla banca cessionaria -‘in acconto’ -le fatture n. 8 (di € 130.822,82) e n. 9 (di € 73.750,24).
E’ pacifico anche che la fattura n. 8 non era oggetto di cessione, sicché il debitore ceduto l’avrebbe dovuta pagare non alla banca cessionaria, ma alla società (cedente), sua diretta creditrice, la quale, poco più di un mese dopo, è stata dichiarata fallita.
Si tratta allora, per la fattura n. 8, di un indebito oggettivo ex art. 2033 c.c. ( sub specie di indebito soggettivo ex latere accipientis ).
Per l’effetto, l’eventuale errore del solvens non rileva, dato che questi avrebbe potuto -fermo restando il valido pagamento della fattura n. 9, invece oggetto di cessione -ripetere dalla Banca l’importo residuo di € 12.869,26, in quanto non imputabile al pagamento della fattura n. 8 (esclusa dalla cessione), esercitando la cd. condictio indebiti (cfr. Cass. 12885/2021 in diversa fattispecie di delegazione di pagamento titolata).
5.2. -Non è quindi condivisibile l’affermazione della corte territoriale per cui il diritto del RAGIONE_SOCIALE alla restituzione (quantomeno) dell’importo di € 12.869,26 sarebbe escluso in forza
di un ‘errore materiale’ commesso dalla Banca consistito «nell’imputare il pagamento alla fattura n. 8, non ceduta, rispetto alla fattura n. 11, ceduta» -e ciò non solo per l’irrilevanza di un eventuale errore, ma anche perché i giudici di secondo grado lo hanno desunto da due elementi che non appaiono conducenti (cfr. Cass. 20052/2024).
E cioè, in primo luogo, l’equivoca e tardiva comunicazione effettuata dal debitore (ceduto), quasi un anno e mezzo dopo la dichiarazione di fallimento del suo creditore (cedente), la quale, pur non integrando in effetti una ‘formalità’ necessaria per rendere opponibile il pagamento alla procedura, ai sensi dell’art. 45 l.fall. , costituisce comunque un atto di data certa successiva al fallimento con cui quel debitore ha inteso ‘correggere il tiro’ di un pagamento mal effettuato, trattandosi di credito (portato dalla fattura n. 8), acquisito alla massa attiva, dando una diversa interpretazione al pagamento già indebitamente effettuato.
In secondo luogo, una clausola del contratto di cessione di credito inequivocabilmente riferita alla facoltà della Banca di imputare i pagamenti ricevuti ai vari titoli dei rapporti in essere con la cedente (finanziamenti, c/c) e non certo alle varie fatture oggetto della cessione.
-Segue la cassazione della sentenza impugnata con rinvio, anche per la statuizione sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia al la Corte d’appello di Napoli, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 16/10/2024.