Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 13030 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 13030 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 15/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 6111-2021 proposto da:
COGNOME NOME NOME e NOME COGNOME, in proprio e quali costituenti l ‘ ASSOCIAZIONE RAGIONE_SOCIALE, rappresentati e difesi dall ‘ Avvocato NOME COGNOME per procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
FALLIMENTO RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dall’Avvocato NOME COGNOME per procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la SENTENZA n. 3411/2020 della CORTE D ‘ APPELLO DI MILANO, depositata il 18/12/2020;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nell ‘adunanza in c amera di consiglio del 10/4/2025;
FATTI DI CAUSA
1.1. Il tribunale di Pavia, con sentenza del 28/9/2018, ha accolto la domanda proposta dal Fallimento RAGIONE_SOCIALE in
liquidazione ed ha, per l ‘ effetto, dichiarato l ‘ inefficacia, a norma dell ‘ art. 64 l.fall., del pagamento che la società fallita ha eseguito in favore di NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali costituenti l ‘ RAGIONE_SOCIALE, condannando gli stessi alla restituzione, in favore del Fallimento, della somma ricevuta, pari ad €. 9.511,72, oltre interessi legali e spese.
1.2. NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali costituenti l ‘ Associazione RAGIONE_SOCIALE, hanno proposto appello avverso l ‘ indicata sentenza.
1.3. La corte distrettuale, con la pronuncia in epigrafe, ha rigettato l ‘ appello.
1.4. La corte, in particolare, dopo aver rilevato, in fatto, che: – l ‘ Avvocato NOME COGNOME aveva assunto la difesa del presidente e di tre componenti del consiglio di amministrazione della RAGIONE_SOCIALE, imputati in un procedimento penale instaurato innanzi al tribunale di Vigevano e definito con l ‘ assoluzione degli stessi a mezzo di sentenza del 23/5.6/6/2011; -la società poi fallita, con missiva del 14/9/2009, aveva comunicato allo Studio Legale COGNOME RAGIONE_SOCIALE che l ‘ onorario della difesa sarebbe stato assunto dalla stessa; – la F.RAGIONE_SOCIALE COGNOME quindi, nell ‘ anno 2012, aveva provveduto al parziale pagamento versando la somma di €. 9.511,72; ha , in sostanza, ritenuto che: – la predetta missiva, più che come accollo comunicato al creditore, doveva essere qualificato come un ‘ espromissione; – la prestazione eseguita dalla società poi fallita, nei rapporti tra la stessa e i beneficiari, aveva, di conseguenza, natura gratuita.
1.5. Ha rilevato, infatti, la corte che: -‘ la società, nell ‘ assumersi il debito dei propri soci ed amministratori, non lo
ha fatto per estinguere una sua eventuale posizione debitoria nei loro confronti ‘ e, dunque, ‘ non ha tratto alcun concreto vantaggio patrimoniale dall ‘ operazione ‘ ; -il pagamento eseguito dalla società, avendo riguardato un ‘ obbligazione che trovava fonte in un contratto a titolo gratuito, è, allo stesso modo, un atto gratuito, pur se formalmente ricollegabile, in virtù dell’espromissione , ad un debito (anche) proprio.
1.6. Del resto, ha aggiunto la corte, ‘adempiere, ex art. 1180 c.c., ovvero obbligarsi ad adempiere un debito altrui (art. 1272 c.c.) o accollarsi un debito altrui (art. 1273 c.c.), sono negozi che partecipano della medesima natura e hanno il medesimo fine, per cui se compiuti in mancanza di vincoli sottostanti col debitore, sono tutti (per causa concreta) a titolo gratuito ‘ .
1.7. La corte, quindi, ha confermato la sentenza del tribunale, ivi compresa la statuizione relativa alle spese del giudizio di primo grado.
1.8. NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, in proprio e quali costituenti l ‘ Associazione RAGIONE_SOCIALE, con ricorso notificato il 22/2/2021, hanno chiesto, per due motivi, la cassazione della sentenza, documentandone la notificazione in data 22/12/2020.
1.9. Il Fallimento ha resistito con controricorso.
1.10. I ricorrenti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
2.1. Con il primo motivo, i ricorrenti, lamentando la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 64 l.fall. e degli artt. 1272 e 1273 c.c., in relazione all ‘ art. 360 n. 3 c.p.c., hanno censurato la sentenza impugnata nella parte in cui la corte d ‘ appello ha ritenuto che il versamento eseguito dalla società poi fallita doveva essere qualificato, ai fini previsti dall ‘ art. 64 l.fall.,
come atto a titolo gratuito, omettendo, tuttavia, di considerare che tale pagamento, trovando origine dell ‘ adempimento di un obbligo assunto dalla stessa in un accordo di espromissione, non suscettibile di essere impugnato in quanto anteriore al periodo sospetto, doveva essere qualificato come atto a titolo oneroso.
2.2. Il motivo è fondato, con assorbimento del secondo (che riguarda la statuizione relativa alle spese del giudizio di merito).
2.3. Non v ‘ è dubbio, come le Sezioni Unite di questa Corte hanno da tempo affermato (sentenza n. 6538 del 2010), che: – ai fini della dichiarazione d ‘ inefficacia degli atti a titolo gratuito, ai sensi dell ‘ art. 64 l.fall., la valutazione di gratuità od onerosità d ell’atto impugnato dev’essere operata con esclusivo riguardo alla causa concreta, costituita dallo scopo pratico del negozio, e cioè dalla sintesi degli interessi che lo stesso è concretamente diretto a realizzare quale funzione individuale della singola e specifica negoziazione, al di là del modello astratto utilizzato; – la relativa classificazione non può, dunque, fondarsi sull ‘ esistenza o meno di un rapporto sinallagmatico e corrispettivo tra le prestazioni sul piano tipico ed astratto ma dipende necessariamente dall ‘ apprezzamento dell ‘ interesse sotteso all ‘ intera operazione da parte del solvens , quale emerge dall ‘ entità dell ‘ attribuzione, dalla durata del rapporto, dalla qualità dei soggetti e soprattutto dalla prospettiva di subire un depauperamento collegato o non collegato ad un sia pur indiretto guadagno o ad un risparmio di spesa; – in caso di pagamento da parte di un terzo, poi fallito, di un ‘ obbligazione preesistente cui lo stesso sia estraneo, pertanto, l ‘ atto solutorio può dirsi gratuito, agli effetti dell ‘ art. 64 cit., solo quando dall ‘ operazione che esso conclude (sia essa a struttura semplice perché esaurita in un unico atto, sia a struttura complessa, in
quanto si componga di un collegamento di atti e di negozi), il terzo non ne trae nessun concreto vantaggio patrimoniale ed abbia inteso così recare un vantaggio al debitore; – la ragione deve considerarsi, invece, onerosa tutte le volte in cui il terzo riceva un vantaggio per questa sua prestazione dal debitore, dal creditore o anche da altri, così da recuperare anche indirettamente la prestazione adempiuta ed elidere quel pregiudizio, cui l ‘ ordinamento pone rimedio con l ‘ inefficacia ex lege (conf., Cass. n. 23140 del 2020; Cass. n. 20886 del 2024, per cui, in tema di dichiarazione di inefficacia degli atti a titolo gratuito ex art. 64 l.fall., deve ritenersi che il pagamento del debito altrui da parte del terzo successivamente fallito integri un atto compiuto gratuitamente, salvo prova contraria che lo stesso sia stato compiuto perseguendo un interesse economicamente apprezzabile del solvens , come nel caso in cui il pagamento abbia riguardato un debito di pertinenza di un soggetto creditore del solvens ).
2.4. Resta, nondimeno, il fatto che soltanto in caso di atto di adempimento di un debito cui il solvens , poi fallito, sia (rimasto) estraneo può porsi la questione della sua qualificazione giuridica, alla luce dei criteri esposti, come atto gratuito ovvero oneroso: non anche, evidentemente, nel caso in cui lo stesso abbia eseguito il pagamento di un debito che, a seguito di un accordo di assunzione, come l ‘ espromissione, abbia fatto giuridicamente proprio, trattandosi, in tali ipotesi, di un atto di adempimento in senso proprio, riconducibile come tale alla norma dell ‘ art. 67 l.fall., ove ne sussistano i presupposti, e non a quella prevista dall ‘ art. 64 l.fall.
2.5. L ‘ assunzione da parte della società fallita dell ‘ obbligo di corrispondere il compenso versato ai convenuti, infatti, escludendone l ‘ estraneità al rapporto obbligatorio, consente, in
effetti, di ravvisare nel relativo pagamento l ‘ adempimento di un debito proprio e, quindi, un atto a titolo oneroso, con la conseguente inapplicabilità dell ‘ art. 64 l.fall. (Cass. n. 19726 del 2015, in motiv.).
2.6. Resta ferma, naturalmente, la possibilità che: – il debito sia stato giuridicamente assunto dal terzo, poi fallito, con un atto (come un’espromissione, un accollo esterno o una delegatio solvendi ) utilmente impugnabile dal Fallimento nei modi previsti da ll’ art. 64 ovvero degli artt. 66 ss. l.fall. (a seconda che si tratti di un atto a titolo gratuito o di un atto a titolo oneroso); – il pagamento conseguentemente operato dal (nuovo) debitore, nella misura in cui sia rimasto (in conseguenza dell’utile esperimento dell’azione d’inefficacia dell’atto di assunzione del relativo debito) privo di causa giustificativa, dev’essere, per l’effetto, restituito, a titolo d’ indebito oggettivo ob causam finitam , al Fallimento del debitore che l’ aveva eseguito nel periodo sospetto rispettivamente previsto dalle norme di cui agli artt. 64 ss. cit.
2.7. La corte d’appello non ha prestato la dovuta osservanza ai principi in precedenza esposti: lì dove ha ritenuto che il pagamento operato dalla società poi fallita era inefficace nei confronti del relativo Fallimento a norma dell’art. 64 l.fall. in quanto atto a titolo gratuito posto in essere dalla stessa nel biennio anteriore alla dichiarazione di fallimento, senza considerare, per contro, che, in realtà, si è trattato di un atto che, in quanto eseguito nell’adempimento di un debito giuridicamente assunto dalla stessa a mezzo dell’espromissione in precedenza stipulata con i creditori poi soddisfatti, non poteva che essere qualificato, una volta esclusa la sua estraneità al rapporto obbligatorio, se non come l’adempimento di un debito
proprio e, quindi, come un atto a titolo oneroso, con la conseguente inapplicabilità dell’art. 64 l.fall. .
2.8. Il ricorso dev’essere, quindi, accolto: e la sentenza impugnata, per l’effetto, cassata con rinvio, per un nuovo esame, alla corte d’appello di Milano che, in differente composizione, provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte così provvede: accoglie il primo motivo di ricorso e dichiara assorbito il secondo, e, per l’effetto, cassa la sentenza impugnata con rinvio, per un nuovo esame, alla corte d’appello di Milano che, in differente composizione, provvederà anche sulle spese del presente giudizio.
Così deciso a Roma, nella camera di consiglio della Prima