Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 19207 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 19207 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa da ll’ AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’AVV_NOTAIO , in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente-
Contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIO.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME dell’ Avvocatura interna elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo della Funzione Affari legali, in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente –
Avverso la sentenza della Corte di Appello di Milano n. 4599/2019, depositata il 18.11.2019, non notificata.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 4.7.2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Oggetto: pagamento Assegno bancario
1. ─ La RAGIONE_SOCIALE ha convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Varese RAGIONE_SOCIALE, lamentando di aver subito un danno economico per effetto della non diligente negoziazione, da parte della convenuta, di un assegno bancario (n. 9103238513 di importo pari a € 85.000assegno c.d. “di traenza, con clausola di intrasferibilità ‘ ) tratto su un conto corrente dell’attrice, che sarebbe stato pagato a persona diversa dall’effettivo beneficiario.
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE eccepiva di aver pagato il titolo (previa autorizzazione della banca trattaria) a soggetto, che risultava essere l’intestatario dello stesso, cioè NOME, il quale presentatosi, in possesso dell’assegno, lo aveva negoziato tramite versamento su libretto di risparmio postale (non aperto contestualmente). Il suddetto aveva dimostrato di essere titolare della relativa legittimazione cartolare esibendo documenti d’identità che erano stati sottoposti a specifici controlli attraverso ricerche presso le banche dati istituzionali dalla convenuta. In particolare: la patente non era risultata rubata/smarrita, né altrimenti segnalata come documento sospetto; il Codice Fiscale era risultato attribuito e coerente con i dati anagrafici del cliente; l’assegno e i documenti d’identità del cliente non presentavano alcun segno che potesse costituire indice di contraffazione, così che il pagamento nelle mani del presentatore non poteva essere negato. Eccepiva, infine che, in ogni caso, RAGIONE_SOCIALESai non av eva dato prova dell’esistenza effettiva del danno subito.
2 .-Il tribunale di Varese ha rigettato la domanda, senza entrare nel merito della responsabilità contestata dalla RAGIONE_SOCIALESai, ritenendo che non era stata fornita prova sulla effettiva esistenza dell’asserito danno subito dall’attrice. Avverso la sentenza l’attuale ricorrente ha proposto gravame dinanzi alla Corte di Appello di Milano. Con la sentenza qui impugnata la Corte adita ha rigettato il gravame. Per quanto qui di interesse la Corte di merito ha statuito che:
preliminarmente, occo rre stigmatizzare che l’invio per posta ordinaria di assegni, anche di importo rilevante, fa sì che il soggetto si esponga volontariamente ad un rischio, o, comunque alla consapevolezza di porsi in una situazione da cui consegue la probabilità che si produca a proprio danno un evento pregiudizievole; b) tali condotte sono idonee ad integrare una corresponsabilità del danneggiato e a ridurre proporzionalmente, la responsabilità del danneggiante ex art. 1227, comma 1, c.c.;
RAGIONE_SOCIALE ha indicato specificamente tutta la procedura identificativa eseguita prima di pagare al possessore del titolo e, d’altro canto , sul titolo stesso non risultava inserito altro elemento che aiutasse l’identificazione poiché era indicato soltanto il nominativo;
le preliminari eccezioni di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in ogni caso, erano fondate, poiché RAGIONE_SOCIALESai non aveva allegato o provato alcunché sulla pretesa falsità dei documenti esibiti dal negoziatore e sulla effettiva esistenza del danno.
3 . ─ RAGIONE_SOCIALE ha presentato ricorso per cassazione con due motivi, ed anche memoria.
RAGIONE_SOCIALE ha presentato controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorrente deduce :
-Con il primo motivo: Violazione e falsa applicazione degli artt. 43 l.a., 1218, 1176, comma 2, e 2697 c.c. anche in relazione all’art. 115 c.p.c. (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.). La Corte non avrebbe valutato la diligenza di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE prestata nelle operazioni di incasso dell’assegno e avrebbe ritenuto non adempiuto l’onere probatorio della ricorrente sul fatto costitutivo della sua domanda.
-Con il secondo motivo: Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.). La Corte ha ritenuto onerata la ricorrente della prova dell’esistenza del danno e non onerata RAGIONE_SOCIALE
RAGIONE_SOCIALE della prova di aver adempiuto alla prestazione secondo i previsti parametri di correttezza e buona fede.
5.1 -Il primo e il secondo motivo possono essere trattati unitariamente poiché il secondo mezzo ripropone le medesime critiche formulate nel primo sotto una valutazione di omesso esame del comportamento di RAGIONE_SOCIALE. Va premesso che la decisione impugnata fa un’ampia esposizione dei fatti, inquadrandoli nei principi elaborati da questa Corte sull’invio per posta ordinaria dei titoli ai fini della configurabilità della corresponsabilità ex art. 1227, comma 1, c.c. (p.4-5) e riporta dettagliatamente tutta la procedura di RAGIONE_SOCIALE per l’identificazione del possessore (p.2). Ciononostante, ritiene che le prove sull’effettivo secondo pagamento al presunto beneficiario e quelle sull’effettiva ed accertata mancata ricezione del titolo da parte dello stesso non siano sufficienti. La motivazione esibita al riguardo non è inadeguata sotto il profilo logico-giuridico, e la valutazione, nel merito, non può essere sindacata in sede di legittimità.
La ricorrente espone due diversi profili di contestazione:
ritiene di aver fornito prova adeguata dell’avvenuto secondo pagamento anche perché la contestazione svolta sulla documentazione da RAGIONE_SOCIALE sarebbe stata generica e, quindi, il fatto assumerebbe la connotazione di non contestato senza la necessità di prova ulteriore.
La censura non coglie la ratio decidendi sul punto, poiché la Corte, ed anche prima il tribunale, hanno autonomamente valutato l’inidoneità probatoria del documento esibito da RAGIONE_SOCIALESai al fine di provare l’effettivo avvenuto duplice pagamento. La valutazi one sul documento è stata svolta autonomamente da entrambi i giudicanti e rispetto a tale valutazione la valutazione di genericità formulata sulle contestazioni svolte da RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non ha un ruolo in alcun modo incidente; meno che mai ha l’effetto di determinare la caratteristica del presunto pagamento come fatto non contestato.
b) ritiene inoltre che la Corte abbia delineato un onere probatorio a suo carico sulla falsità dei documenti esibiti dal possessore del titolo.
Ancora una volta va sottolineato che la Corte d’appello con una generale premessa sulla configurabilità di corresponsabilità della ricorrente per l’invio per posta ordinaria di un titolo di importo rilevante e per l’omissione sul titolo di ulteriori elementi identificativi (ad es. la data DATA_NASCITA), ha poi ri tenuto che l’assunto del pagamento a persona diversa dall’effettivo beneficiario non siano fatti ‘certi e pacificamente provati’, così come il ricorrente assume. La motivazione è ancora una volta fondata sulla valutazione degli elementi probatori a carico della ricorrente circa l’accadimento effettivo dei cd. ‘fatti certi e pacificamente provati’. In tale direzione la Corte ritiene che la denuncia resa ai CC di Roma «non è idonea allo scopo, in quanto semplice dichiarazione di un soggetto terzo resa senza alcun obbligo di veridicità, prodotta dalla stessa parte che intende avvalersene e non confortata da ulteriori elementi, quali, ad esempio, gli accertamenti eseguiti dai CC. , l’esito della querela spo rta, le azioni intraprese nei confronti di NOME nato a Taranto l’ DATA_NASCITA e residente a INDIRIZZO, che ha negoziato il titolo, la verificata falsità dei documenti di identificazione da costui esibiti».
Le censure così non colgono la ratio decidendi e non formulano adeguate critiche alla stessa.
-Per quanto esposto, il ricorso va dichiarato inammissibile con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente, al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità che liquida in € 7.000 per compensi e € 200 per esborsi oltre spese generali, nella misura del 15% dei compensi, ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30.5.2002, n.115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Prima Sezione