Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 4146 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 4146 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 15/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29876/2020 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
– controricorrente –
avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di VERONA n. 1365/2020 depositata il 10/09/2020.
Udita la relazione della causa, svolta nella camera di consiglio del 18/12/2023, dal Consigliere relatore NOME COGNOME,
Rilevato che
RAGIONE_SOCIALE inviò , nell’anno 2006, un assegno bancario di traenza per oltre quattromila e cinquecento euro (€ 4.700,00) a mezzo del servizio postale ordinario, in favore di tal NOME COGNOME;
l’assegno venne pagato da RAGIONE_SOCIALE, tramite l’ufficio di Bussolengo, a soggetto che successivamente risultò essere persona diversa dalla detta NOME COGNOME;
RAGIONE_SOCIALE , nell’anno 2018, affermando di avere dovuto pagare una seconda volta la somma di cui al detto assegno bancario di traenza, convenne in giudizio RAGIONE_SOCIALE dinanzi al Giudice di pace di Verona;
il Giudice di pace rigettò la domanda;
RAGIONE_SOCIALE propose appello e il Tribunale di Verona, nel ricostituito contraddittorio delle parti, con sentenza n. 1365 del 10/09/2020, ha accol to l’impugnazione ed ha, conseguentemente, condannato RAGIONE_SOCIALE al pagamento della somma portata dall’assegno, oltre interessi legali ;
avverso la detta sentenza d’appello propone ricorso per cassazione con due motivi RAGIONE_SOCIALE;
risponde con controricorso RAGIONE_SOCIALE, che ha altresì depositato memoria per l’adunanza camerale del 18/12/2023, alla quale il ricorso è stato depositato per la decisione.
Considerato che
Ritiene parte ricorrente che la sentenza impugnata abbia errato:
1) per violazione e (o) falsa applicazione dell’art. 43 del r.d. n. 1736 del 21/12/1933 in relazione agli artt. 1176, comma 2, 1992 cod. civ. e 115 cod. proc. civ., nella parte in cui asserisce la
negligenza del pagatore nell’identificazione di chi si è presentato all’incasso, sulla base di regole di diligenza non rintracciabili neanche negli standard valutativi di matrice sociale e che inoltre era provato che l’ente pagatore a veva seguito la procedura c.d. Oracolo e che la falsificazione non fosse rinvenibile a colpo d’occhio (ictu oculi); quanto al danno, che non era stata provata né la sua esistenza né il suo ammontare;
2) per violazione e(o) falsa applicazione degli artt. 38, 100 e 105 del d.P.R. n. 655 del 29/05/1982 e del d.m. del 26/02/2004, «Carta di qualità del servizio pubblico postale», nonché dell’allegato A recante «Condizioni generali di servizio per l’espletamento del servizio universale postale di RAGIONE_SOCIALE», della delibera AGICOM n. 385/13/Cons., in relazione agli artt. 1227, commi 1 e 2, cod. civ. e 43 legge assegni e 40 e 41 cod. pen., nella parte in cui non riconosce la responsabilità del mittente dell’assegno per averlo inviato incautamente mediante posta ordinaria e dunque in assenza di prova di un’effettiva ricezione dello stesso nelle mani del legittimo destinatario;
il primo motivo è infondato, posto che le allegazioni difensive di cui al ricorso sono una mera riproposizione delle difese espletate in primo grado e sulle quali la sentenza impugnata ha affermato, con accertamento di fatto non inciso dalla prospettazione delle censure, che i profili di negligenza di RAGIONE_SOCIALE risultavano dimostrati: dalla mancata osservanza della procedura di cui alla circolare ABI del 7/05/2001, «cogente per qualsiasi soggetto esplicante attività bancaria e quindi anche per RAGIONE_SOCIALE», nella mancata dimostrazione da parte di RAGIONE_SOCIALE di avere applicato la procedura «Oracolo» e nel mancato rilievo dell’erroneità , come comprovato da RAGIONE_SOCIALE mediante la produzione di esito di consultazione anagrafica, del codice fiscale fornito dalla persona che aveva riscosso l’assegno
bancario, il che costituiva prova ulteriore della mancata applicazione della richiamata procedura «Oracolo»;
a prescindere dalla vincolatività della circolare ABI del 7/05/2001 (sul punto delle circolari emanate dall’ABI si veda, per l’esclusione della loro efficacia normativa, la risalente giurisprudenza di questa Corte e segnatamente Cass. n. 2582 del 07/12/1970 Rv. 348951 – 01), potendo, semmai esse concorrere a determinare il contenuto del contrato, secondo l’accertamento del giudice di merito (Cass. n. 5815 del 15/06/1994 Rv. 487080 – 01), il profilo, incontestato, del mancato rilievo dell’erroneità del codice fiscale è dirimente, poiché ciascun soggetto di diritto ne ha uno irripetibile, in quanto determinato sulla base di parametri (consonanti del cognome e del nome, data, luogo di nascita) insuscettibili di verificarsi più di una volta e inoltre, sulla base della detta erroneità del codice fiscale del soggetto cui era stato effettuato il pagamento la sentenza impugnata ha, coerentemente, tratto la conseguenza della prova della mancata osservanza della procedura «Oracolo», senza che il motivo di ricorso abbia alcunché dedotto sul punto;
il profilo del concorso di colpa del mittente dell’assegno, ossia di RAGIONE_SOCIALE, di cui al secondo motivo di ricorso, non risulta essere stato validamente devoluto al Tribunale, quale giudice dell’impugnazione di merito, cosicché in ordine a esso si è formato giudicato, in quanto la difesa di RAGIONE_SOCIALE ha omesso di comprovare che la questione, da essa asseritamente dedotta in primo grado, fosse stata mantenuta viva anche in fase d’impugnazione;
dalla sentenza impugnata, a pag. 3, secondo capoverso, risulta che, sebbene la questione fosse stata considerata assorbita dal Giudice di Pace, in primo grado, RAGIONE_SOCIALE, quale appellante, aveva ribadito che non poteva considerarsi sussistente un proprio
concorso di colpa per essersi essa avvalsa della spedizione postale ordinaria per l’invio dell’assegno bancario , laddove il pagamento dello stesso era imputabile alla negligenza di RAGIONE_SOCIALE nell’identificazione della persona alla quale effettuare il pagamento;
RAGIONE_SOCIALE nulla risulta avere obiettato sul punto in fase d’impugnazione di merito;
la difesa di RAGIONE_SOCIALE, inoltre, si è limitata, nel proporre il ricorso per cassazione, a ribadire la sussistenza del concorso di colpa della società assicuratrice, ma non ha in alcun specificato in quale degli atti di causa, della fase di appello, la detta questione, considerata come già detto assorbita, fosse stata ritualmente riproposta o comunque devoluta al giudice dell’impugnazione;
sulla questione (dell’assenza) di concorso di colpa è, dunque, calato il giudicato, e in carenza di dimostrazione di un’i donea impugnazione incidentale e comunque di riproposizione, su di essa non vi può essere sindacato di legittimità, posto che come di recente ribadito (Cass. n. 4770 del 15/02/2023 Rv. 666764 – 01) «la rilevabilità d’ufficio del concorso di colpa della vittima di un fatto illecito, di cui all’art. 1227, comma 1, cod. civ., non è incondizionata, dovendo coordinarsi con gli oneri dell’allegazione e della prova; ne discende che la questione del concorso colposo è rilevabile d’ufficio, in primo grado, allorché risultino prospettati gli elementi di fatto dai quali sia desumibile la sussistenza d’una condotta colposa del danneggiato, che abbia concausato il danno e, in grado di appello, se in primo grado ne sia stato omesso il rilievo, ove la parte interessata abbia impugnato la sentenza che non ha provveduto sull’eccezione ovvero la abbia riproposta quando la questione sia rimasta assorbita»;
l’allegazione del concorso di colpa della società che ha inviato l’assegno a mezzo posta ordinaria è, dunque, insuscettibile di
essere esaminata in quanto non rilevata sin dal primo grado del giudizio (Cass. n. 1164 del 21/01/2020 Rv. 656634 – 01);
il primo motivo è infondato e il secondo è inammissibile;
il ricorso è rigettato;
le spese di lite di questa fase di legittimità seguono la soccombenza della ricorrente e, tenuto conto dell’attività processuale espletata, in relazione al valore della controversia, sono liquidate come da dispositivo;
la decisione di rigetto dell’impugnazione comporta che deve attestarsi, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13, se dovuto;
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 1.000,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di