Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 9715 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 9715 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 14/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5565/2023 R.G. proposto da
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in Amministrazione
Straordinaria
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 5378/2022 della Corte d’Appello di Roma, depositata il 23.8.2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10.4.2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE posta in amministrazione straordinaria e dichiarata insolvente, propose un’articolata azione recuperatoria nei confronti di RAGIONE_SOCIALE avente ad oggetto -per la parte che qui ancora interessa -la dichiarazione di inefficacia, ai sensi dell’art. 65 legge fall., di un pagamento di € 212.960 ricevuto dalla convenuta nel l’ultimo biennio antecedente la data di apertura della procedura concorsuale e considerato pagamento anticipato rispetto alla scadenza pattuita, che il contratto tra le parti condizionava all’approvazione degli stati di avanzamento lavori (SRAGIONE_SOCIALE.) sulle prestazioni che RAGIONE_SOCIALE doveva eseguire.
Il Tribunale di Roma accolse la domanda in parte qua con sentenza che venne impugnata dall’attuale ricorrente.
L a Corte d’Appello di Roma rigettò il gravame.
Contro la sentenza di secondo grado RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione articolato in quattro motivi.
RAGIONE_SOCIALE si è difesa con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memoria nel termine di legge precedente la data fissata per la trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso è così rubricato: « Error in procedendo : motivazione apparente. Difetto del minimo costituzionale di motivazione. Nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c. (art. 360 n. 4) ».
Secondo la ricorrente la Corte territoriale non avrebbe preso in alcun modo in considerazione due censure mosse alla sentenza di primo grado: la prima riferita alla previsione, nel contratto, anche di una scadenza per il pagamento a data fissa
(30.11.2012) oltre a quella abbinata all’emissione del S.A.L. ; la seconda relativa all’avvenuta emissione dei S.A.L., la copia dei quali, prodotta in giudizio, non sarebbe stata contestata da RAGIONE_SOCIALE
1.1. Il motivo è infondato.
La Corte d’Appello ha esaminato entrambi gli aspetti menzionati nel ricorso e ha adottato la propria decisione negando sia l’esistenza di un termine contrattuale per il pagamento che fosse diverso dal momento dell’ emissione dei S.A.L., sia il fatto dell’emissione di tali RAGIONE_SOCIALE per la parte relativa ai crediti del cui efficace pagamento qui si discute.
A pag. 14 della sentenza impugnata si annota, infatti, che «dalla lettura dell’art. 5, commi 1 e 5, del contratto di fornitura emergeva che le parti avevano inteso derogare solo in parte al principio della post-numerazione del corrispettivo, prevedendo che lo stesso dovesse esser corrisposto al momento dell’emissione degli stati di avanzamento dei lavori piuttosto che al momento del compimento del servizio previsto … Sulla base della documentazione prodotta nel corso del giudizio di primo grado emerge in modo inequivoco che il pagamento di € 212.960, indicato dalla fattura n. 102 del 16.2.2013, non era ancora esigibile al momento della presentazione del concordato ‘in bianco’ poiché gli stati di avanzamento non erano ancora stati emessi alla data del 5.3.2013, e quindi il pagamento era avvenuto in data anteriore rispetto alla scadenza convenzionale ed era revocabile ai sensi dell’art. 65 legge fall. ».
Le due censure sono state dunque prese in considerazione e rigettate con la motivazione che nel contratto era previsto soltanto il pagamento all’emissione dei S.A.L. e che l’emissione
RAGIONE_SOCIALE ( in parte qua ) non era stata provata. Si tratta di motivazione pertinente e coerente, di cui pertanto non si può affermare la totale assenza -con conseguente violazione dell’art. 132 , comma 2, n. 4, c.p.c. -per il solo fatto che non siano state eventualmente affrontate tutte le argomentazioni poste dall’appellante a sostegno del gravame oppure che non sia stato specificamente menzionato il contenuto di ciascun documento prodotto dalle parti.
Sotto questo profilo, la motivazione della sentenza potrebbe essere tutt’al più insufficiente, il che non concreta giammai un vizio della sentenza censurabile in sede di legittimità, dacché è stato modificato il testo del l’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. (v., per tutte, Cass. S.u. n. 8053/2014). Su ciò concorda evidentemente anche la ricorrente, che infatti non denuncia (in modo inammissibile) un’insufficienza di motivazione, bensì (in modo ammissibile, ma infondatamente) un’asse rita motivazione soltanto apparente, ovverosia la mancanza totale di una motivazione effettiva.
Con il secondo motivo di ricorso si denuncia «Violazione degli artt. 1175 e 1375 c.c. e del principio di buona fede».
La ricorrente sostiene che le prestazioni in favore di RAGIONE_SOCIALE previste dal contratto erano state comunque eseguite, traendone la conseguenza che la committente avrebbe violato l’obbligo di buona fede non emettendo i SRAGIONE_SOCIALE necessari per rendere esigibile il diritto al pagamento del corrispettivo.
2.1. Questo motivo è inammissibile, poiché pone una questione nuova, di cui nemmeno si afferma che fosse stata prospettata e discussa nel giudizio di merito. Questione che non
è di puro diritto, ma mista di fatto e di diritto, trattandosi di apprezzare il comportamento concreto delle parti nel contesto di una situazione data, per poi confrontarlo con le norme di diritto che regolano il dover e di buona fede nell’esecuzione del contratto e dell’obbligazione, oltre alle conseguenze dell a eventuale violazione di quel dovere ai fini della decisione sull’oggetto della presente controversia ( azione di accertamento dell’ inefficacia del pagamento di un debito non scaduto).
In altri termini, la «violazione … del principio di buona fede» non può essere un vizio della sentenza emessa all’esito di un processo in cui non risulta che quella violazione fosse stata prospettata.
Il terzo motivo censura «violazione del principio deducibile dall’art. 1359 c.c. ».
Con questo motivo la ricorrente sostiene che il termine per il pagamento da lei ricevuto dovesse intendersi virtualmente scaduto in base alla norma per cui «La condizione si considera avverata qualora sia mancata per causa imputabile alla parte che aveva interesse contrario all ‘ avveramento di essa» (art. 1359 c.c.).
3.1. Il motivo è inammissibile.
In questo caso non perché si tratti di questione nuova rispetto a quanto discusso e prospettato nel giudizio di merito (è infatti menzionata a pag. 13 della sentenza impugnata), bensì perché si tratta di questione attinente alla valutazione del fatto, che non può essere sindacata in sede di legittimità.
La fictio iuris dell’avveramento della condizione presuppone l’accertamento della « causa imputabile alla parte
che aveva interesse contrario all ‘ avveramento di essa»; accertamento che a sua volta richiederebbe u n’indagine sul le concrete modalità di svolgimento del rapporto contrattuale.
Inoltre la censura, in quanto invoca una disposizione di legge concernente la «condizione nel contratto», non è pertinente rispetto alla materia del contendere e alla ratio decidendi , che sono limitate al l’individuazione d el «termine» per l’adempimento e non riguardano la subordinazione dell’efficacia del contratto a un avvenimento futuro e incerto (art. 1353 c.c.).
Infine, il quarto motivo prospetta « error in procedendo -Travisamento della prova. Violazione dell’art. 115 c.p.c. ».
Si imputa ai giudici del merito di non avere «tenuto conto del doc. n. 15 prodotto dalla difesa di RAGIONE_SOCIALE, ovvero dello stato di avanzamento dei lavori eseguiti al 27.2.2013, da cui risulta inequivocabilmente che il credito era maturato in data antecedente al 5.2.2013».
4.1. Il motivo è inammissibile, perché schiettamente diretto a censurare l’accertamento del fatto da parte della Corte d’Appello e, in particolare, la valutazione di una singola prova, alla quale si pretende di attribuire, in termini generici, un significato e un valore inequivocabile ovverosia -si sottintende -un valore tale da prevalere su qualsiasi altra fonte di prova e da assorbire in sé tutto il potere e dovere del giudice di prudente apprezzamento del materiale istruttorio.
Sennonché, in tema di ricorso per cassazione, una censura relativa alla violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. non può porsi per una (pretesa) erronea valutazione del materiale istruttorio compiuta dal giudice di merito, ma solo se si alleghi che egli abbia posto a base della sua decisione prove non dedotte dalle parti, ovvero prove
disposte d ‘ ufficio al di fuori dei limiti legali, oppure se abbia disatteso, valutandole secondo il suo prudente apprezzamento, prove legali, ovvero, al contrario, se abbia considerato come facenti piena prova, recependole senza apprezzamento critico, prove soggette invece al prudente apprezzamento ( ex multis , Cass. nn. 6774/2022; 1229/2019; 27033/2018; 9356/2017).
L’attribuzione a un documento di un valore inequivocabile non riconosciuto dal giudice del merito è pur sempre una critica al prudente apprezzamento della prova da parte del giudice medesimo, dal momento che non si prospetta che il valore probatorio di quel documento sia predeterminato dalla legge (prova legale) e in tal modo sottratto alla prudente valutazione del giudice.
Si aggiunga che la censura non coglie il fulcro della ratio decidendi della sentenza impugnata, che non consiste nel l’esecuzione o meno di determinate prestazioni ad una certa data, ma nel l’assenza di emissione dei S.A.L. a quella medesima data.
Rigettato il ricorso, le spese legali del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Si dà atto che, in base all’esito del ricorso, sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 6.500 per compensi, oltre alle spese generali al 15%, a € 200 per esborsi e agli accessori di legge;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 -bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima