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Pagamento a soggetto non legittimato: la diligenza

La Corte di Cassazione si è pronunciata sul caso di un pagamento a soggetto non legittimato, effettuato da un intermediario finanziario a un truffatore in possesso di un documento falso. La Corte ha rigettato il ricorso della società ordinante, stabilendo che l’intermediario ha agito con la dovuta diligenza professionale verificando un solo documento d’identità, il codice fiscale e la password, conformemente alle prassi e alle condizioni contrattuali. La mancata produzione della copia del documento in giudizio non costituisce, di per sé, prova di negligenza.

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Pagamento a soggetto non legittimato: la diligenza dell’intermediario

L’ordinanza in esame affronta un tema di grande attualità e rilevanza pratica: la responsabilità dell’intermediario finanziario in caso di pagamento a soggetto non legittimato. La Corte di Cassazione, con la pronuncia n. 12802/2024, chiarisce quali siano gli standard di diligenza richiesti all’operatore di sportello per l’identificazione del beneficiario di un bonifico domiciliato, soprattutto quando il pagamento viene riscosso da un truffatore munito di documenti falsi.

I Fatti di Causa

Una compagnia assicurativa disponeva un bonifico domiciliato di 800 euro a titolo di risarcimento danni a favore di una sua cliente. L’operazione, gestita tramite un noto istituto di pagamento nazionale, prevedeva che la beneficiaria potesse riscuotere la somma in contanti presso qualsiasi ufficio territoriale.

Tuttavia, la legittima beneficiaria non riceveva mai il denaro. Si scopriva in seguito che un soggetto terzo, presentatosi allo sportello con un documento d’identità contraffatto riportante le generalità della beneficiaria, aveva già incassato la somma. La compagnia assicurativa, dopo aver nuovamente risarcito la propria cliente, citava in giudizio l’istituto di pagamento, accusandolo di negligenza nell’identificazione del percipiente e chiedendo la restituzione della somma.

Mentre il Giudice di Pace accoglieva la domanda della compagnia, il Tribunale, in grado d’appello, ribaltava la decisione, ritenendo che l’istituto avesse agito con la dovuta diligenza. La questione giungeva così all’esame della Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte sul pagamento a soggetto non legittimato

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso della società assicurativa, confermando la sentenza d’appello. Secondo i giudici di legittimità, l’istituto di pagamento non può essere ritenuto responsabile, in quanto ha adempiuto correttamente ai propri obblighi di identificazione secondo la diligenza professionale richiesta dall’art. 1176, comma 2, del Codice Civile.

La Corte ha stabilito che, in assenza di specifiche previsioni contrattuali o di circostanze palesemente sospette, la verifica di un solo documento d’identità, unita al controllo di altri elementi di sicurezza come il codice fiscale e una password, è sufficiente a integrare un comportamento diligente.

Le Motivazioni della Sentenza

Il ragionamento della Corte si snoda attraverso tre punti fondamentali:

1. Lo standard di diligenza applicabile: La Corte chiarisce che la responsabilità dell’intermediario in questo contesto è di natura contrattuale e va valutata sulla base della diligenza professionale (art. 1176 c.c.), non applicando per analogia le norme più severe previste per il pagamento di assegni non trasferibili. Il servizio di bonifico domiciliato si configura come una delegazione di pagamento, regolata dal mandato e dalle condizioni generali di contratto pattuite tra le parti.

2. L’identificazione del beneficiario: Il punto cruciale è che, secondo la prassi e la legge (D.P.R. 445/2000), l’identificazione di una persona avviene normalmente tramite il riscontro di un solo documento di identità personale. Non sussiste un obbligo generalizzato per l’operatore di richiedere due documenti, a meno che non sia espressamente previsto dal contratto o che emergano elementi di palese sospetto. Nel caso di specie, l’operatore aveva verificato la corrispondenza dei dati anagrafici sul documento con quelli dell’ordine telematico e aveva controllato il codice fiscale e la password. Questo comportamento è stato ritenuto sufficientemente diligente.

3. L’onere della prova: La compagnia assicurativa lamentava che l’istituto di pagamento non avesse prodotto in giudizio la copia del documento falso. La Corte ha respinto questa censura, qualificandola come una mera omissione probatoria e non come un fatto che dimostri di per sé la negligenza. Il giudice di merito, infatti, ha correttamente desunto la prova della diligenza da altri elementi, come l’annotazione degli estremi del documento sulla quietanza di pagamento. L’istituto ha quindi assolto al suo onere probatorio dimostrando, tramite presunzioni, di aver tenuto una condotta conforme agli standard richiesti.

Conclusioni: Diligenza nel pagamento a soggetto non legittimato

Questa ordinanza offre un importante chiarimento sui confini della responsabilità degli intermediari finanziari. La Corte di Cassazione stabilisce un principio di equilibrio: pur essendo tenuto a un elevato standard di diligenza professionale, l’intermediario non è gravato da un obbligo di risultato che lo renderebbe responsabile per ogni frode subita. Se l’intermediario dimostra di aver seguito le procedure standard di identificazione previste dal contratto e dalla prassi comune (verifica di un documento apparentemente valido e di altri dati di sicurezza), non può essere ritenuto responsabile per il pagamento a soggetto non legittimato. La decisione sottolinea che la mancata conservazione della copia del documento, sebbene non sia una best practice, non inverte l’onere della prova né implica un’automatica ammissione di colpa, potendo la diligenza essere provata anche con altri mezzi.

Quando un istituto di pagamento è responsabile per un pagamento a soggetto non legittimato?
L’istituto è responsabile se non dimostra di aver agito con la diligenza professionale richiesta dall’art. 1176, comma 2, c.c. Deve provare di aver eseguito le procedure di identificazione previste dal contratto e dalla prassi (es. verifica di un documento, codice fiscale, password) in modo accurato. La responsabilità non è oggettiva, ma basata sulla colpa.

È sempre necessario richiedere due documenti d’identità per verificare l’identità di un beneficiario?
No. Secondo la Corte, in assenza di una specifica previsione contrattuale o di palesi motivi di sospetto, l’identificazione tramite un solo documento d’identità personale, socialmente e legalmente riconosciuto come sufficiente, non costituisce una condotta negligente.

La mancata produzione in giudizio della copia del documento d’identità del truffatore dimostra automaticamente la colpa dell’istituto di pagamento?
No. La mancata produzione della copia del documento è considerata un’omissione probatoria, non un fatto sostanziale che dimostra di per sé la negligenza. Il giudice può desumere la prova dell’avvenuta diligente verifica da altri elementi, come le annotazioni fatte sulla quietanza di pagamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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