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Pagamenti piano di rientro: revocatoria e termini d’uso

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8384/2025, ha chiarito che i pagamenti effettuati da un’azienda poi finita in amministrazione straordinaria, sulla base di un piano di rientro per debiti pregressi, sono soggetti ad azione revocatoria. Tali pagamenti non rientrano nell’esenzione prevista per le operazioni nei ‘termini d’uso’, poiché non sono corrispettivi di forniture correnti ma mirano a sanare un’insolvenza già manifestata. Viene inoltre precisato che il termine di prescrizione per l’azione, in questo contesto, è di cinque anni e decorre dall’approvazione del programma di cessione aziendale.

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Pagamenti Piano di Rientro: Quando Scatta la Revocatoria Fallimentare

L’ordinanza n. 8384/2025 della Corte di Cassazione affronta un tema cruciale per le imprese: la validità dei pagamenti piano di rientro effettuati da un’azienda in crisi prima dell’apertura di una procedura concorsuale. La decisione chiarisce in modo netto la differenza tra pagamenti eseguiti nei ‘termini d’uso’ e quelli derivanti da un accordo per sanare un debito pregresso, con importanti conseguenze sull’azione revocatoria.

I Fatti di Causa: Dai Pagamenti al Ricorso in Cassazione

Una società, successivamente ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria, aveva eseguito due pagamenti in favore di una sua fornitrice tessile. Tali pagamenti erano avvenuti in esecuzione di un ‘piano di rientro’ concordato tra le parti, dopo che la società debitrice aveva accumulato un’esposizione significativa e non aveva rispettato i termini di pagamento originari (prima 90 e poi 120 giorni).

L’amministrazione straordinaria della società debitrice ha agito in giudizio per ottenere la revoca di tali pagamenti. Sia il Tribunale che la Corte d’Appello hanno accolto la domanda, dichiarando i versamenti inefficaci. La società creditrice ha quindi presentato ricorso in Cassazione, basandosi su tre motivi principali: la presunta prescrizione dell’azione, l’applicabilità dell’esenzione dalla revocatoria per pagamenti nei ‘termini d’uso’ e la mancanza di prova della sua conoscenza dello stato di insolvenza del debitore (scientia decoctionis).

L’Analisi della Corte sulla Revocatoria dei Pagamenti Piano di Rientro

Il cuore della controversia risiede nella qualificazione dei pagamenti piano di rientro. La società creditrice sosteneva che questi pagamenti fossero esenti da revocatoria ai sensi dell’art. 67, comma 3, lett. a), della Legge Fallimentare, in quanto effettuati nell’esercizio dell’attività d’impresa e nei ‘termini d’uso’.

La Cassazione ha respinto categoricamente questa tesi. I giudici hanno chiarito che l’esenzione ha lo scopo di proteggere la continuità aziendale, evitando che il timore della revocatoria interrompa le forniture essenziali. Essa si applica, quindi, ai pagamenti che costituiscono il corrispettivo di beni e servizi che si inseriscono nel ciclo produttivo dell’impresa.

Un piano di rientro, tuttavia, ha una natura completamente diversa. Esso non nasce per regolare una fornitura corrente, ma per gestire un inadempimento già verificatosi. Si tratta di un accordo che modifica le modalità di pagamento originarie a fronte di un debito già scaduto. Di conseguenza, i pagamenti effettuati in sua esecuzione non possono essere considerati ‘normali’ o ‘abituali’, ma sono, al contrario, la manifestazione di una situazione di crisi e di un rapporto commerciale anomalo. Pertanto, non beneficiano dell’esenzione e sono pienamente soggetti all’azione revocatoria.

Prescrizione dell’Azione e Scientia Decoctionis

La Corte ha affrontato anche gli altri due motivi di ricorso, rigettandoli.

* Prescrizione: In caso di amministrazione straordinaria, l’azione revocatoria non si prescrive nel termine triennale previsto dall’art. 69-bis l.fall., bensì nel termine ordinario di cinque anni stabilito dall’art. 2903 c.c. Il termine, inoltre, non decorre dalla dichiarazione di insolvenza, ma dal momento, successivo, in cui viene autorizzata l’esecuzione del programma di cessione dei complessi aziendali. L’azione era quindi tempestiva.

* Scientia Decoctionis: La Corte ha dichiarato inammissibile il motivo relativo alla prova della conoscenza dello stato di insolvenza. La valutazione degli indizi (come il ritardo sistematico nei pagamenti, la necessità di un piano di rientro e una messa in mora formale) è un apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito. La Cassazione non può riesaminare le prove, ma solo controllare la logicità della motivazione, che nel caso di specie è stata ritenuta adeguata.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Suprema Corte si fonda su un principio di diritto chiaro: i pagamenti eseguiti in base a un accordo successivo, volto a sanare un pregresso inadempimento dell’obbligo di pagare il prezzo di forniture già ricevute, non sono riconducibili all’esimente della revocatoria. Questi atti non rientrano nei ‘termini d’uso’ perché rappresentano una deviazione dalla normale prassi commerciale, indotta proprio dalla difficoltà finanziaria del debitore. La stipula di un pagamenti piano di rientro è essa stessa un forte indizio della consapevolezza, da parte del creditore, della situazione di crisi del partner commerciale. L’esenzione è pensata per non interrompere il flusso di forniture vitali per un’impresa in difficoltà, non per ‘sanare’ pagamenti di debiti già scaduti che alterano la par condicio creditorum.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza offre un importante monito per le imprese creditrici. Accettare un piano di rientro da un cliente in difficoltà, sebbene possa sembrare una soluzione pragmatica per recuperare il credito, espone i pagamenti ricevuti a un elevato rischio di revocatoria in caso di successiva procedura concorsuale. La decisione conferma che il sistema legale mira a proteggere la parità di trattamento tra i creditori (par condicio creditorum) e considera anomali gli accordi che, seppur consensuali, sono sintomo di una crisi già conclamata. Le aziende devono quindi valutare con estrema attenzione le condizioni finanziarie dei propri debitori e essere consapevoli che i pagamenti ricevuti al di fuori delle normali pratiche commerciali potrebbero essere successivamente dichiarati inefficaci.

I pagamenti eseguiti in base a un “piano di rientro” sono esenti da revocatoria fallimentare?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che tali pagamenti non sono riconducibili all’esimente prevista per i pagamenti nei “termini d’uso”, perché sono volti a sanare un inadempimento pregresso e a dare esecuzione a un accordo successivo, non a pagare il prezzo di forniture correnti secondo le modalità ordinarie.

Da quando decorre il termine di prescrizione per l’azione revocatoria in caso di amministrazione straordinaria?
Il termine di prescrizione, che è di cinque anni (art. 2903 c.c.), decorre non dalla data della dichiarazione d’insolvenza, ma dal momento successivo in cui il programma di cessione dei beni aziendali è stato approvato e autorizzato, poiché solo da quel momento l’azione può essere concretamente esercitata.

La prosecuzione del rapporto commerciale esclude la conoscenza dello stato di insolvenza del debitore (scientia decoctionis)?
No, la Corte ha ritenuto irrilevante, ai fini di escludere la conoscenza dell’insolvenza, la “prosecuzione del rapporto contrattuale con l’imprenditore poi fallito o divenuto insolvente”, specialmente quando sussistono “plurimi ed univoci elementi convergenti” che dimostrano tale consapevolezza da parte del creditore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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