SENTENZA CORTE DI APPELLO DI BOLOGNA N. 1284 2025 – N. R.G. 00000279 2023 DEPOSITO MINUTA 15 07 2025 PUBBLICAZIONE 15 07 2025
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO CORTE D’APPELLO DI BOLOGNA Sezione Seconda Civile
Composta dai Signori Magistrati:
dott.ssa NOME COGNOME Presidente dott.ssa NOME COGNOME Consigliere dott. NOME COGNOME Giudice NOME Rel. ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nella causa civile di II grado iscritta a rg.n.279/2023
promossa da
, , , , tutti elettivamente domiciliati in Savignano (FC), INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che li rappresenta e difende in virtø di procura in calce all’atto di appello
– Appellante –
Contro elettivamente domiciliato in Verucchio (RN), INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e difende in virtø di procura in calce alla comparsa di costituzione del presente grado di giudizio
Appellato –
CONCLUSIONI
Le parti hanno concluso come da rispettivi atti che si intendono richiamati e illustrati in motivazione SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione ritualmente notificato, , , , tutti n.q. di eredi di , hanno proposto opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c., avverso il decreto ingiuntivo n. 2651/07 emesso dal Tribunale di Rimini con il quale era stato ingiunto al padre deceduto e dante causa, , il pagamento in favore dell’avv. della somma di € 6.748,76 oltre accessori, chiedendone la revoca, sia ai sensi dell’art. 644 c.p.c., sia in ragione dell’infondatezza della pretesa azionata e dell’intervenuta prescrizione del credito; in via riconvenzionale gli opponenti hanno chiesto la condanna dell’opposto alla refusione delle spese legali versate dal proprio dante causa ad per la somma di € 8.282,46, nonché la condanna ex art. 96 c.p.c.
A sostegno delle pretese azionate gli opponenti hanno allegato che il ricorso monitorio ed il decreto ingiuntivo erano stati notificati in luogo diverso da quello di residenza di ; che in ogni caso il credito azionato era prescritto, anche con applicazione del termine di prescrizione ordinaria; che risultava definitivamente accertato che l’importo di cui al decreto ingiuntivo opposto non fosse dovuto nei rapporti fra , in proprio, e l’opposto; che l’opposto non aveva espletato la propria prestazione professionale con diligenza.
Si è regolarmente costituito in giudizio l’avv. con comparsa con la quale ha eccepito l’inammissibilità dell’opposizione in ragione dell’effettiva residenza di nel luogo ed al tempo della notificazione, come attestato dalla dichiarazione resa all’Ufficiale Giudiziario da , qualificatasi figlia convivente; ha contestato altresì la fondatezza della domanda riconvenzionale spiegata.
Con sentenza n. 1115/2022 il Tribunale di Rimini, all’esito dell’espletata istruttoria, consistita nella sola disamina della documentazione in atti, ha rigettato la proposta opposizione e dichiarato l’intervenuto passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo opposto con la seguente motivazione:
‘In via pregiudiziale deve essere ritenuta l’inammissibilità dell’opposizione: invero, pur ammettendo l’irregolarità della notifica denunciata da parte opponente, si osserva che la giurisprudenza di legittimità ha da tempo chiarito che ‘In tema di opposizione tardiva a decreto ingiuntivo, la ‘ratio’ dell’art. 650 terzo comma cod. proc. civ., secondo cui il termine decorre dal primo atto di esecuzione, va ravvisata nel fatto che la relativa notifica è di per sé idonea a porre la parte, che assuma di non avere avuto conoscenza dell’ingiunzione per difetto di notifica, di venire a conoscenza della stessa, e ciò indipendentemente dalla nullità di cui sia affetto il pignoramento – sempreché la stessa non dipenda a sua volta da un vizio di notifica che impedisca alla parte di giungere alla cognizione dell’ingiunzione – giacché la parte non può più ignorare l’esistenza del decreto ingiuntivo emesso nei suoi confronti’ (cfr. Cass. 2864/06) con la precisazione, formulata dal Supremo Collegio a Sezioni Unite, che ‘Ai fini della legittimità dell’opposizione tardiva a decreto ingiuntivo (di cui all’art. 650 cod. proc. civ.) non è sufficiente l’accertamento dell’irregolarità della notificazione del provvedimento monitorio, ma occorre, altresì, la prova – il cui onere incombe sull’opponente – che a causa di detta irregolarità egli, nella qualità di ingiunto, non abbia avuto tempestiva conoscenza del suddetto decreto e non sia stato in grado di proporre una tempestiva opposizione. Tale prova deve considerarsi raggiunta ogni qualvolta, alla stregua delle modalità di esecuzione della notificazione del richiamato provvedimento, sia da ritenere che l’atto non sia pervenuto tempestivamente nella sfera di conoscibilità del destinatario. Ove la parte opposta intenda contestare la tempestività dell’opposizione tardiva di cui all’art. 650 cod. proc. civ., in relazione alla irregolarità della notificazione così come ricostruita dall’opponente, sulla stessa ricade l’onere di provare il fatto relativo all’eventuale conoscenza anteriore del decreto da parte dell’ingiunto che sia in grado di rendere l’opposizione tardiva intempestiva e, quindi, inammissibile’ (cfr. Cass.SS.UU.14572/07) e successivamente in senso conforme Cass.10386/12). Nel caso di specie si rileva come parte opposta abbia documentato la conoscenza legale in capo agli odierni opponenti del provvedimento monitorio qui opposto già dal giorno 11 gennaio 2018 (cfr. doc. 13 di parte opposta) con la conseguenza che l’opposizione, proposta con atto di citazione notificato in data 8 ottobre 2019, risulta tardiva rispetto al termine per l’impugnazione dalla conoscenza legale dell’esistenza del titolo opposto. Ne discende che le ragioni preliminari (prescrizione ed inefficacia ex art. 644 c.p.c.) e di merito (infondatezza e difetto di solidarietà dell’obbligazione) svolte da parte opponente non possono essere esaminate. Ne discende ulteriormente che deve essere accertato il passaggio in giudicato fra le parti della statuizione di condanna di cui al decreto ingiuntivo tardivamente opposto in questa sede.
Quanto alla domanda riconvenzionale si osserva che, come già evidenziato nell’ordinanza in data 18 maggio 2020, i Procuratori delle parti non hanno chiesto i termini di cui all’art. 183 sesto comma c.p.c. e, dunque, non hanno formulato mezzi istruttori ulteriori rispetto a quelli articolati negli atti introduttivi: con specifico riferimento alla domanda riconvenzionale (da qualificarsi in termini di domanda principale alla luce dell’inammissibilità dell’opposizione) si osserva che parte opponente, che pur era gravata del relativo onere probatorio, si è limitata a produrre documentazione dalla quale emerge che, nei rapporti
diretti fra il sig. e l’odierno opposto, è stata definitivamente accertata la non debenza dell’importo rivendicato dal secondo nei confronti del primo con il decreto ingiuntivo qui opposto e passato in cosa giudicata per le considerazioni sopra esposte. Si ritiene che tale documentazione, pur valutata in maniera integrata, non possa essere considerata sufficiente al fine di comprovare la fondatezza della domanda riconvenzionale svolta, che si sostanzia in una domanda di risarcimento del danno per negligenza professionale: in proposito, infatti, la Corte di Cassazione ha evidenziato che ‘In materia di azione di responsabilità nei confronti di un professionista, l’agente è tenuto a provare sia di aver sofferto un danno, sia che questo sia stato causato dalla insufficiente o inadeguata o negligente attività del professionista, e cioè dalla sua difettosa prestazione professionale. In particolare, trattandosi dell’attività del difensore, l’affermazione della sua responsabilità implica la valutazione positiva che alla proposizione di una diversa azione, o al diligente compimento di determinate attività sarebbero conseguiti effetti più vantaggiosi per l’assistito, non potendo viceversa presumersi dalla negligenza del professionista che tale sua condotta abbia in ogni caso arrecato un danno, come pure, in caso di omesso svolgimento di un’attività professionale (nella specie, violazione del dovere di informazione) va provato non solo il danno subito, ma anche il nesso eziologico tra esso e la condotta del professionista, in quanto non è ravvisabile alcuna essenziale diversità tra l’ipotesi di inesatto adempimento del professionista e l’ipotesi di adempimento mancato’ (cfr. Cass. 11901/02; recentemente in senso conforme Cass. 13873/18 ed in precedenza in senso conforme Cass. 25112/17 e Cass. 2638/13). L’applicazione del richiamato principio di diritto alla presente fattispecie impone la reiezione della domanda riconvenzionale per difetto di allegazione e prova in ordine alla probabilità di accoglimento della domanda azionata mediante intervento adesivo da parte del dante causa degli odierni opponenti.
L’inammissibilità dell’opposizione e la reiezione della domanda riconvenzionale impongono la reiezione della domanda di condanna ex art. 96 c.p.c. formulata da parte opponente.’.
Avverso detta sentenza hanno proposto appello
,
,
,
, , fondato su tre motivi Con il primo motivo, si dolgono del fatto che il Giudice di prime cure, pure ammettendo l’irregolarità della notifica del decreto ingiuntivo opposto, ha comunque ritenuto che gli appellanti avessero avuto conoscenza di detto titolo in forza della diffida stragiudiziale, loro notificata dall’avv. in data 11.01.2018.
Sostengono che la comunicazione di detta diffida, nella quale erano meramente citati gli estremi del decreto ingiuntivo (numeri di riferimento e date) senza allegazione di detto atto, neppure in copia, non può costituire ‘ conoscenza legale ‘ del decreto ingiuntivo.
Ribadiscono che, copia del provvedimento monitorio comprensivo della relata, è stato depositato per la prima volta nel 2019 dall’avv. nel giudizio di opposizione al precetto, da questi proposto nei confronti di (doc. 9-10 fascicolo di primo grado).
Rilevano che, secondo la giurisprudenza, per il decorso del termine dei quaranta giorni, seppure ‘ differito ‘ ex art. 650 c.p.c., è necessario che vi sia stata un’effettiva conoscenza dell’atto, ovvero la ricezione in qualunque maniera, del provvedimento monitorio e non semplicemente la conoscenza dei suoi estremi con una comunicazione stragiudiziale.
Ribadiscono, al riguardo, che il decreto ingiuntivo non era stato mai notificato a , in quanto consegnato, a mezzo del servizio postale, ad un indirizzo non corrispondente alla sua residenza, come peraltro rilevato anche dal Tribunale.
Difatti risiedeva, da almeno vent’anni, presso l’abitazione sita in Borghi (FC), INDIRIZZO (come risulta dal certificato di residenza storico, doc. 11 fascicolo di primo grado e dall’ulteriore documentazione depositata nel corso del precedente grado di giudizio, doc.19-24).
Aggiungono che, la mera circostanza che la relata di notifica attesti il ritiro del plico da parte di persona dichiaratasi familiare convivente, non vale a sanare il vizio della notifica, ciò in quanto il luogo del ritiro non era la residenza del destinatario ( ).
Richiamano sul punto giurisprudenza secondo la quale ‘ La notifica a mani di un familiare del destinatario, eseguita presso la residenza del primo, che sia diversa da quella del secondo, non determina l’operatività della presunzione di convivenza non meramente occasionale tra i due, con conseguente nullità della notificazione medesima, non sanata dalla conoscenza “aliunde” che ne abbia il destinatario, ove non accompagnata dalla sua costituzione ‘ (Cass.n.7267/2020).
Con il secondo motivo rilevano che, avendo il Tribunale erroneamente dichiarato l’inammissibilità della opposizione tardiva di cui all’art.650 c.p.c., ha poi conseguentemente omesso di provvedere sulle ulteriori domande in rito (prescrizione ed inefficacia ex art.644 c.p.c.) e di merito (infondatezza e difetto di solidarietà nella obbligazione) che sono invece meritevoli di accoglimento.
Sulla prescrizione osservano che, stante la nullità della notifica del decreto ingiuntivo, è certamente decorso, senza alcun atto interruttivo, il termine di dieci anni decorrenti dalla data di emissione di detto decreto e il primo atto con il quale gli eredi hanno avuto notizia della domanda di pagamento da parte dell’avv. ovvero la diffida stragiudiziale del 11.01.2018.
Sul merito, richiamano il precedente giudicato intervenuto tra le parti e avv. sentenza Trib. di Rimini n. 855/2013 e sentenza Corte di Appello di Bologna n.2850/2018 a definizione dell’interposto gravame) e sostengono che:
a) il compenso richiesto è illegittimamente comprensivo, in via solidale, di spese per la difesa di altro soggetto, , sulla cui mancata solidarietà è già sorto giudicato; non possono quindi essere richieste agli eredi di le poste che non siano solo a lui specificatamente afferenti e dunque devono essere escluse tutte quelle che appaiono indistinte e sulle quali non vi sia certezza circa l’attribuzione alla difesa dell’uno o dell’altro cliente o );
b) le singole voci richieste non sono state nella gran parte svolte, o quanto meno nei confronti di , come specificato nell’atto di appello (pag. 26-28);
c) l’attività di intervento adesivo/petizione di eredità è stata del tutto negligente e imperita (con conseguente fondatezza dell’eccezione ex art. 1460 c.c.), come riconosciuto dal Tribunale di Rimini, tanto da essere dichiarata inammissibile; pertanto, non avendo il ricorrente dimostrato di aver diligentemente svolto la prestazione, questa non deve essere retribuita;
d) non può essere richiesta agli eredi di il rimborso di spese riguardanti l’avv. COGNOME in quanto non domiciliatario, ma co-difensore e ciò priva l’avv. della legittimazione attiva alla richiesta (vedi Trib. di Rimini n. 855/2013, passata in giudicato).
Con il terzo motivo, si dolgono del fatto che il Giudice di prime cure abbia ritenuto insufficiente la documentazione prodotta a sostegno della domanda riconvenzionale di natura risarcitoria per la responsabilità professionale dell’avv. che ha comportato la condanna del de cuius al pagamento delle spese legali nei confronti di (controparte in detto giudizio).
Ribadiscono che la domanda di intervento autonomo di è stata totalmente respinta, non già in quanto dichiarata infondata, ma perché ritenuta del tutto inammissibile con la seguente motivazione ‘ È evidente che la proposizione, in via incidentale, della querela di falso volta ad accertare la falsità del testamento olografo e, dunque, la possibilità per l’attore di invocare in suo favore il disposto
dell’art. 1146 c.c., non può giustificare un allargamento del petitum e della causa pretendi a domande del tutto estranee rispetto all’oggetto del giudizio già in corso e non dipendenti dal titolo. Vanno dunque dichiarate inammissibili nel presente giudizio le domande proposte in via autonoma dall’interveniente ‘ (V. sentenza Trib. Rimini del 2013 – doc. 16, fasc. I grado).
Concludono quindi per l’accoglimento dei motivi di appello con il favore delle spese del grado di giudizio, con condanna dell’opposto , anche ai sensi dell’art. 96 cpc, in ragione del fatto che l’avv. ha agito sulla base di un credito, già giudicato illegittimo (vedi sentenze doc.ti 3-4 fascicolo di primo grado), seppure nei confronti di altro obbligato in solido e ciò senza neppure depurare la relativa richiesta da quegli aspetti di conclamata illegittimità del credito, già oggetto del citato giudicato.
Si è costituito in giudizio l’avv. con comparsa di costituzione con la quale ha chiesto dichiararsi il rigetto del proposto appello per le seguenti ragioni.
Riepiloga i precedenti giudiziari intercorsi tra le parti e rileva che le pronunce scaturite dal giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, proposto dal solo avverso il decreto ingiuntivo n. 2651/2007 del 19.12.2007 ottenuto dall’avv. che lo vedeva obbligato, in solido con il padre , al pagamento dei compensi professionali maturati, se da un lato hanno confermato l’accoglimento della spiegata opposizione, dall’altro lato hanno lasciato ferma la posizione di , coobbligato in solido che non aveva proposto alcuna opposizione.
In seguito alla notifica dell’atto di precetto formulato per conto di con cui si intimava il pagamento della somma di €.5.277,24 l’avv. ha notificato atto di opposizione ex art.615 c.p.c. chiedendo riconoscersi il diritto a compensare il credito portato nel decreto ingiuntivo notificato a
, padre e de cuius di , deceduto il 19.06.2010, mai opposto. Quindi, la difesa di parte appellante ha proposto opposizione tardiva ex art.650 c.p.c. in data 08.10.2019 asserendo di aver avuto conoscenza del provvedimento monitorio solo a seguito della notifica dell’atto di opposizione ex art. 615 c.p.c.
Sostiene che, correttamente, il Tribunale ha rigettato l’opposizione tardiva ex art.650 cpc e ribadisce, al riguardo, che il decreto ingiuntivo n.2651/2007 del Tribunale di Rimini rg.n.5924/2007, emesso in data 21.12.2007, prevedeva quali obbligati in solido e ; quest’ultimo, in due gradi di giudizio, ha proposto opposizione, con esito positivo, avverso detto decreto, mentre il padre
si è del tutto disinteressato delle sorti del provvedimento che nel frattempo (03.07.2013), in carenza di opposizione, è divenuto esecutivo ex art.647 c.p.c. nei suoi confronti.
, e quindi ora i suoi eredi, sono tenuti a pagare all’avv. uanto indicato nel decreto ingiuntivo.
Pertanto, l’unica questione da dirimere, è quella relativa alla dedotta irregolarità della notifica originaria indirizzata al padre e la conseguente impossibilità per gli eredi di venire a conoscenza del contenuto del provvedimento monitorio se non con l’opposizione a precetto, svolta in sede esecutiva dall’avv. che prevedeva, fra le varie allegazioni, il decreto notificato al loro padre.
Ciò premesso, sul primo motivo di appello, osserva che il decreto ingiuntivo è stato notificato a
in INDIRIZZO a Borghi (FC), tramite il servizio postale. All’indirizzo indicato sulla busta (che non coincide con quello anagrafico del destinatario), l’agente postale in data 22.01.2008 ha rinvenuto (odierna appellante) anch’essa non residente in INDIRIZZO ma dichiaratasi anagraficamente coabitante con il padre, la quale ha ricevuto il plico, firmato il registro delle notifiche e la ricevuta di ritorno (modello 23L).
Il medesimo decreto, notificato a , è stato contestualmente notificato dall’agente postale sempre in INDIRIZZO a Borghi (FC) a mani di , anch’essa oggi appellante, che lo ha ricevuto qualificandosi come sorella convivente.
Rileva quindi che dalla lettura delle norme regolanti la materia delle notifiche a mezzo posta ed in particolare dell’art.7 comma 2 della legge 890/1982, si ricava che al notificante non è richiesta l’indicazione della residenza anagrafica del destinatario, ma si fa riferimento semplicemente al luogo indicato sulla busta; se anche in via interpretativa si volesse fare riferimento all’art.139 c.p.c. in merito alle notificazioni di persona nella residenza nella dimora o nel domicilio, si giungerebbe alle medesime conclusioni.
Il secondo comma che contiene appunto la disciplina della notifica a persona di famiglia, non fa alcun riferimento alla residenza anagrafica, parlando di ‘ persona di famiglia…addetta alla casa, all’ufficio, all’azienda ‘.
L’unico fattore che realmente conta è il rapporto di convivenza fra le parti, che fa presumere la conoscenza legale dell’atto in capo al destinatario e, in questo caso, il rapporto di convivenza è stato espressamente dichiarato dalle persone cui è stato notificato l’atto.
La dichiarazione della figlia di essere ‘ convivente ‘ con il destinatario (il padre ) non è mai stata messa in dubbio la veridicità.
Evidenzia che, come correttamente rilevato dal Tribunale, anche a volere ravvisare (in via del tutto ipotetica) una nullità della notifica del decreto ingiuntivo, ciò non sarebbe sufficiente a ritenere ammissibile l’opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c., in quanto occorre dare prova del fatto che, tale irregolarità della notifica, ha comportato la mancata conoscenza e l’impossibilità di proporre tempestiva opposizione, in quanto l’atto non è pervenuto nella sfera di conoscibilità del destinatario.
Sostiene quindi che, la prova della mancata conoscenza del decreto ingiuntivo, non solo non è stata data dagli appellanti, ma è del tutto smentita dal fatto che l’avv. ha provato di avere notificato una diffida stragiudiziale in data 11.01.2018 (contenente tutti gli estremi del decreto ingiuntivo), con conseguente improcedibilità della opposizione tardiva proposta in data 08.10.2019.
Evidenzia ancora che certamente, , almeno due degli appellanti ben prima del decesso del padre avvenuta nel 2010, avevano avuto conoscenza del provvedimento monitorio.
figlio del defunto , il quale aveva ricevuto lo stesso decreto ingiuntivo destinato al padre e che lo vedeva obbligato, in solido con quest’ultimo, al pagamento degli onorari dell’avv. e che aveva proposto opposizione a detto decreto.
, figlia del defunto che, nel 2008, in compagnia della sorella aveva ricevuto in INDIRIZZO a Borghi la visita dell’Ufficiale Postale, che aveva provveduto alla notifica di due plichi identici, contenenti lo stesso decreto ingiuntivo indirizzato a due diversi destinatari.
Ribadisce che il Tribunale di Rimini ha affermato un principio del tutto semplice e noto ovvero ‘ pur ammettendo l’irregolarità della notifica del decreto ingiuntivo ‘ gli opponenti non sono stati in grado di dimostrare che tale irregolarità abbia loro impedito di fatto di proporre tempestiva opposizione, considerato che risulta dimostrato, con onere della prova in questo caso assolto da parte opposta, che l’atto sia effettivamente giunto nella sfera di conoscibilità dei destinatari, tramite la diffida notificata nel gennaio 2018 a mezzo Ufficiale Giudiziario del Tribunale di Forlì, contenente tutte le indicazioni necessarie ad individuare il provvedimento.
Sul secondo motivo, sull’eccepita prescrizione, rileva che la notifica originaria del decreto ingiuntivo è perfettamente valida ed efficace, essendosi perfezionata nel rispetto delle norme regolanti la materia e sul presupposto, mai contestato, della convivenza con il destinatario della figlia la quale
ha firmato per ricezione la ricevuta di ritorno e il registro di consegna in uso all’Ufficiale Postale in data 22.01.2008.
Considerato che la prescrizione del titolo ed in particolare del decreto ingiuntivo decorre dalla notifica del medesimo e necessita per spiegare effetto del passaggio di 10 anni e 40 giorni senza alcun atto interruttivo, ha valore certamente interruttivo la diffida stragiudiziale notificata dall’ di Forlì in data 11.01.2018, che, peraltro, ha fatto seguito ad altri validi atti interruttivi quali il telegramma inviato agli appellanti il 17.01.2018 e la diffida dell’avv. COGNOME del 20.12.2017.
Aggiunge ancora che, pur volendo ipoteticamente privare di ogni efficacia la notifica del decreto ingiuntivo ad evitare ogni effetto prescrittivo del credito vantato dal l’art. 1310 c.c. prevede testualmente che: ‘ Gli atti con i quali il creditore interrompe la prescrizione contro uno dei debitori in solido, oppure uno dei creditori in solido interrompe la prescrizione contro il comune debitore, hanno effetto riguardo agli altri debitori o agli altri creditori ‘.
Quindi, almeno con la notifica del decreto ingiuntivo a , avvenuta in data 22 gennaio 2008, mai contestata, l’avv. ha interrotto la prescrizione anche contro . Rileva poi che, tenuto conto del passaggio in giudicato conseguente al decreto ingiuntivo non opposto ex art.647 c.p.c., è del tutto infondata l’eccezione di carenza di solidarietà fra le parti originariamente destinatarie della ingiunzione.
Osserva che tale eccezione doveva essere fatta valere nel giudizio di opposizione che ritenendosi non obbligato in solido, avrebbe dovuto proporre; la stessa sentenza di primo grado del Tribunale di Rimini, richiamata dagli appellanti ribadisce che le statuizioni ivi contenute riguardano solo il rapporto fra l’opponente e l’avv.to
Sul terzo motivo rileva che non sussiste alcuna responsabilità professionale e ciò perché:
1) si era costituito con atto di intervento nel giudizio intentato contro il figlio da , e detto intervento, pur autonomo, aveva principalmente finalità adesive, perché, nella causa nella quale hiedeva a la restituzione della proprietà agricola indicata in atti per averla usucapita contro , aveva assunto il ruolo di garante, per averla venduta pochi anni prima al figlio (doc. n.18 fasc. I grado appellato); era quindi intervenuto spontaneamente nel giudizio per aderire alla posizione del figlio, che contestava la presunta usucapione da parte dell’ d aiutarlo nella difficile ricostruzione possessoria; 2) la circostanza della soccombenza sulla domanda di petizione di eredità, non è prova della ‘ negligenza’ dell’avv. anche per il fatto che ha omesso di impugnare la sentenza del Tribunale di Forlì innanzi alla Corte d’Appello di Bologna, dove la tesi avrebbe potuto trovare certo accoglimento. 3) la sentenza del Tribunale di Forlì (doc. n. 17 fasc. I grado appellato) , afferma: ‘ rileva il Collegio che lo stesso intervento di debba essere dichiarato inammissibile, nella parte in cui ha proposto autonome domande, del tutto estranee al thema decidendum ‘; da ciò si evince che, invece, nella parte in cui il ha svolto domanda adesiva a quella del convenuto principale, l’intervento era stato ritenuto ammissibile e, quindi, accolto, insieme all’accoglimento delle conclusioni del figlio .
Sulla domanda di condanna ex art.96 cpc osserva che nella precedente sentenza del Tribunale di Rimini, tra e avv. si legge quanto segue ‘ il Tribunale di Rimini definitivamente decidendo nella causa avente ad oggetto opposizione a decreto ingiuntivo, promossa da nei confronti dell’avv. , con atto di citazione notificato il 7 marzo 2008: revoca, limitatamente alla posizione di , il decreto ingiuntivo n. 2651/07 del 19/21 dicembre 2007, emesso da questo Tribunale ‘.
Evidenzia quindi che il decreto ingiuntivo è stato revocato ‘ limitatamente alla posizione di ‘ mentre è rimasto in vigore nei confronti di e, quindi, contro lo stesso e contro i suoi eredi continuerà a spiegare tutti gli effetti che poteva spiegare inizialmente anche contro , sia quanto all’esistenza del credito, sia quanto alla sua natura solidale.
Conclude quindi per il rigetto dell’appello con il favore delle spese del grado.
Quindi sulla scorta di dette conclusioni precisate dalle parti all’udienza del 18.06.2024, tenutasi con modalità cartolare, la causa è stata trattenuta in decisione.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il proposto appello non è meritevole di accoglimento.
Non è fondato il primo motivo per le seguenti ragioni.
Il Tribunale ha correttamente richiamato consolidata giurisprudenza di legittimità sul punto (Cass. SS.UU.14572/07 e successivamente, in senso conforme, Cass.10386/12) secondo la quale ‘ Ai fini della legittimità dell’opposizione tardiva a decreto ingiuntivo (di cui all’art. 650 cod. proc. civ.) non è sufficiente l’accertamento dell’irregolarità della notificazione del provvedimento monitorio, ma occorre, altresì, la prova – il cui onere incombe sull’opponente – che a causa di detta irregolarità egli, nella qualità di ingiunto, non abbia avuto tempestiva conoscenza del suddetto decreto e non sia stato in grado di proporre una tempestiva opposizione. Tale prova deve considerarsi raggiunta ogni qualvolta, alla stregua delle modalità di esecuzione della notificazione del richiamato provvedimento, sia da ritenere che l’atto non sia pervenuto tempestivamente nella sfera di conoscibilità del destinatario. Ove la parte opposta intenda contestare la tempestività dell’opposizione tardiva di cui all’art. 650 cod. proc. civ., in relazione alla irregolarità della notificazione così come ricostruita dall’opponente, sulla stessa ricade l’onere di provare il fatto relativo all’eventuale conoscenza anteriore del decreto da parte dell’ingiunto che sia in grado di rendere l’opposizione tardiva intempestiva e, quindi, inammissibile”.
Il Tribunale ha affermato che, nel caso in esame, l’avv. aveva provato e documentato ‘la conoscenza legale in capo agli odierni opponenti del provvedimento monitorio qui opposto già dal giorno 11 gennaio 2018 (cfr. doc. 13 di parte opposta) con la conseguenza che l’opposizione, proposta con atto di citazione notificato in data 8 ottobre 2019, risulta tardiva rispetto al termine per l’impugnazione dalla conoscenza legale dell’esistenza del titolo’ .
Gli appellanti sostengono che la comunicazione della diffida del gennaio 2018, contenente solo gli estremi del decreto ingiuntivo (numeri di riferimento e date), ma non anche l’allegazione di detto atto, non avrebbe valore di ‘ conoscenza legale ‘ del decreto ingiuntivo.
Ebbene tale affermazione non può essere condivisa in quanto, come sopra rilevato, la consolidata giurisprudenza, l’opposizione tardiva a decreto ingiuntivo ex art. 650 c.p.c., richiede che gli opponenti (odierni appellanti), diano prova non solo della irregolarità della notifica, ma anche del fatto che, a causa di detta irregolarità, non hanno potuto avere conoscenza del decreto ingiuntivo e quindi non hanno potuto proporre una tempestiva opposizione.
Tuttavia, dalla disamina della documentazione in atti, emerge la prova che, nonostante l’asserita irregolarità della notifica, l’atto era certamente pervenuto nella sfera di conoscibilità dei destinatari (opponenti/appellanti).
Difatti il decreto ingiuntivo è stato notificato, in data 22.01.2008, a in INDIRIZZO a Borghi (FC), tramite il servizio postale (doc.3 fasc. I grado appellato).
All’indirizzo indicato sulla busta (che non coincide con quello anagrafico del destinatario), l’agente postale ha rinvenuto (odierna appellante), dichiaratasi anagraficamente coabitante con
il padre, la quale ha ricevuto il plico, firmato il registro delle notifiche e la ricevuta di ritorno (modello 23L, doc.3 fasc. I grado appellato, cit.)
Il medesimo decreto, indirizzato a quale debitore in solido, è stato contestualmente notificato dall’agente postale, sempre in INDIRIZZO a Borghi (FC), a mani di , anch’essa oggi appellante, che lo ha ricevuto qualificandosi come sorella convivente (doc.3 fasc. I grado appellato, cit.). Quindi, sostanzialmente: a) , figlio del defunto , ha ricevuto lo stesso decreto ingiuntivo destinato al padre, quale obbligato in solido al pagamento degli onorari dell’avv. (ed ha poi altresì proposto opposizione avverso detto decreto, con esito favorevole); b) , figlia del defunto , in data 22.01.2008 , dichiaratasi familiare convivente, ha ricevuto in INDIRIZZO a Borghi (FC), la notifica del decreto ingiuntivo indirizzato al padre; c) , sorella di ( e degli altri appellanti), nella stessa data del 22.01.2208, dichiaratasi familiare convivente, ha ricevuto in INDIRIZZO a Borghi, notifica del decreto ingiuntivo indirizzato al fratello. Pertanto, si deve ragionevolmente ritenere che il decreto ingiuntivo opposto fosse pervenuto tempestivamente nella sfera di conoscibilità dei destinatari (inclusi anche gli altri opponenti/appellanti, e ) e, in ogni caso, tutti gli appellanti non hanno provato il fatto che, a causa
dell’asserita irregolarità della notifica al de cuius , non avevano avuto tempestiva conoscenza del decreto ingiuntivo e quindi non avevano potuto proporre opposizione nei termini di legge.
L’atto di diffida notificato tramite Ufficiale Giudiziario in data 11.01.2018 (doc.13 fasc. I grado appellato), richiamato dal Tribunale, rappresenta un’ulteriore conferma dell’avvenuta conoscenza del decreto ingiuntivo ben prima dell’opposizione ex art. 650 cpc, proposta solo con atto di citazione notificato in data 08.10.2019.
Si richiama al riguardo giurisprudenza (Cass. ordinanza n. 23955/2022) secondo la quale ‘… la parte intimata, una volta appresa in qualunque modo l’esistenza del decreto ingiuntivo che assume non essergli stato notificato, ha l’onere di proporre l’opposizione tardiva di cui all’art. 650 c.p.c., entro il termine di quaranta giorni dalla conoscenza dell’esistenza del decreto, comunque acquisita, come ripetutamente affermato, e da tempo, da questa Corte (innanzitutto da Sez. U, Sentenza n. 9938 del 12/05/2005, Rv. 582807 – 01, e comunque, ex per multis, Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 7560 del 08/03/2022, Rv. 664561 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 2608 del 02/02/2018, Rv. 647922 01; sino a risalire a Sez. 1, Sentenza n. 1648 del 20/07/1965, Rv. 313147 01’.
Non è fondato il secondo motivo per le seguenti ragioni.
Come già sopra rilevato, la notifica originaria del decreto ingiuntivo si è regolarmente perfezionata nel rispetto delle norme regolanti la materia e sul presupposto, mai contestato, della convivenza – con il defunto destinatario – della figlia la quale ha firmato per ricezione la ricevuta di ritorno e il registro di consegna in uso all’Ufficiale Postale in data 22.01.2008.
Ebbene, considerato che la prescrizione del credito di cui al decreto ingiuntivo opposto decorre dalla notifica del medesimo e necessita per spiegare effetto del passaggio di 10 anni e 40 giorni senza alcun atto interruttivo (Cass.n.15117/2017), ha certamente valore interruttivo la diffida stragiudiziale notificata dall’ di Forlì in data 11.01.2018 (doc.13 fasc. I grado appellato, cit.).
In ogni caso ai sensi dell’art. 1310 c.c. ‘ Gli atti con i quali il creditore interrompe la prescrizione contro uno dei debitori in solido, oppure uno dei creditori in solido interrompe la prescrizione contro il comune debitore, hanno effetto riguardo agli altri debitori o agli altri creditori ‘.
Pertanto, almeno con la notifica del decreto ingiuntivo a , avvenuta in data 22 gennaio 2008, mai contestata, l’avv. ha interrotto la prescrizione anche contro .
Si osserva poi che, dall’intervenuto giudicato formatosi a seguito della mancata opposizione al decreto ingiuntivo da parte di , consegue l’infondatezza anche dell’eccezione di carenza di solidarietà fra le parti originariamente destinatarie della ingiunzione.
È infine infondato il terzo motivo in quanto, come correttamente rilevato dal Tribunale, gli appellanti non hanno né allegato, né provato il nesso di causalità fra la condotta del legale e i danni lamentati e quindi il probabile esito favorevole della domanda azionata mediante intervento adesivo da parte del dante causa degli odierni opponenti.
Difatti secondo la pacifica e consolidata giurisprudenza ‘ l’affermazione di responsabilità del prestatore di opera intellettuale nei confronti del proprio cliente per negligente svolgimento dell’attività professionale implica una valutazione prognostica positiva – non necessariamente la certezza – circa il probabile esito favorevole del risultato della sua attività se la stessa fosse stata correttamente e diligentemente svolta; con la conseguenza che la mancanza di elementi probatori, atti a giustificare una valutazione prognostica positiva circa il probabile esito dell’attività del prestatore d’opera, induce ad escludere l’affermazione della responsabilità del legale, in quanto, la responsabilità dell’esercente la professione forense non può affermarsi per il solo fatto del mancato corretto adempimento dell’attività professionale, occorrendo verificare se, qualora l’avvocato avesse tenuto la condotta dovuta, il suo assistito avrebbe conseguito il riconoscimento delle proprie ragioni, difettando altrimenti la prova del necessario nesso eziologico tra la condotta del legale ed il risultato derivatone ‘ (Cass.17414/2019).
Per tali motivi l’appello deve essere rigettato, con integrale conferma dell’impugnata sentenza.
Le spese processuali del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e, pertanto, sono poste a carico degli appellanti, in solido tra loro, e liquidate come in dispositivo, tenuto conto del valore della controversia, con riferimento ai parametri di cui al DM 55/2014 e s.m., nonché del grado di complessità della controversia, dell’attività svolta (con fase istruttoria limitata in grado di appello, in difetto di istruzione probatoria) e delle questioni esaminate.
Si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento da parte degli appellanti, in solido tra loro, dell’ulteriore contributo unificato di cui all’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte, ogni contraria istanza disattesa e respinta, definitivamente pronunciando, così decide:
– rigetta l’appello
– condanna , , , , , in solido tra loro, a rifondere a le spese di lite del presente grado di giudizio che si liquidano in complessivi in € 4.888,0 per onorari, oltre al rimborso spese generali del 15%, IVA e CPA.
Si dà atto che sussistono i presupposti per il versamento da parte degli appellanti, in solido tra loro, dell’ulteriore contributo unificato di cui all’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115. Così deciso in Bologna, nella Camera di Consiglio della seconda sezione civile, il giorno 03.04.2025.
Il Presidente dott.ssa NOME COGNOME
Il Giudice NOME COGNOME dott. NOME COGNOME