Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 9452 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 9452 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28668/2017 R.G. proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME elettivamente domiciliata in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE,
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in Liquidazione Coatta Amministrativa, elettivamente domiciliata in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, controricorrente-
avverso la sentenza del Tribunale di Milano n. 11075/2017 depositata il 04/11/2017. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Milano con sentenza del 4/11/2017 dichiarava inammissibile l’opposizione ex art 87 d.lvo 385/1993 (di seguito TUB) proposta da COGNOME NOMECOGNOME in qualità di erede testamentaria di NOME COGNOME la quale si era vista denegare l’ammissione al passivo nella procedura di liquidazione coatta amministrativa della Banca Network Investimenti Spa del credito per l’importo di € 250.000, pari alla somma investita, oltre interessi e rivalutazione monetaria, previa declaratoria di nullità del contrattoordine di investimento nell’obbligazione Net People.
1.1 Il Tribunale riteneva che il procedimento di opposizione allo stato passivo di una banca sottoposta alla procedura di l.c.a., disciplinato dall’ art 87 comma 3, imponeva all’opponente la costituzione, mediante deposito del ricorso regolarmente notificato a controparte, almeno cinque giorni prima dell’udienza altrimenti l’opposizione si reputava abbandonata.
1.2 Rimarcavano i giudici milanesi che l’opponente non aveva provveduto al deposito del ricorso notificato ai Commissari entro il termine, previsto dalla norma citata e prescritto dal decreto del Giudice Istruttore del 24/6/2013, di cinque giorni prima dell’udienza fissata in data 6/5/2014; il ricorso notificato a controparte era stato depositato solo in udienza.
COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a sette motivi, illustrati con memoria, la procedura ha svolto difese con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I mezzi di impugnazione possono così riassumersi:
primo motivo: violazione e falsa applicazione dell’art. 87, comma 3 TUB, 98 99 l.fall.: la ricorrente, premesso di essersi costituita con il deposito in Cancelleria del ricorso in data 6/5/2013 in quanto in quell’occasione, oltre all’ iscrizione della causa al ruolo , fu versato il contributo unificato e furono offerti in comunicazione la procura e tutti di documenti comprovanti la pretesa creditoria azionata, sostiene che non troverebbe applicazione l’art. 87, comma 3, TUB ma la disciplina contenuta negli artt. 98 e 99 l.fall. così come modificati dalla l. 5/2006;
secondo e terzo motivo: violazione dell’art . 87, comma 3, TUB, precedente alla modifica di cui al d.lvo 181/2015, in relazione all’art 360, comma 1, nr. 3 e 4 c.p.c., per essere il Tribunale caduto in un formalismo eccessivo ed aberrante non avendo tenuto conto del fatto che già con la costituzione dell’opposta, avvenuta in data 22/4/2014, e, quindi, non cinque ma quattordici giorni prima dell’udienza, erano stati depositati in Cancelleria, oltre all’originale del ricorso, alla procura ed ai documenti anche il ricorso notificato versato in atti dall’opposta;
quarto e quinto motivo: violazione e falsa degli artt. 165 e 156 c.p.c 87 TUB, in relazione all’art. 360, comma 1, nr. 3 e 4 c.p.c. per non avere il Tribunale applicato il principio costantemente affermato anche dalla Corte di legittimità che i vizi e difetti meramente formali possano essere sanati dal deposito in udienza del ricorso notificato o dalla costituzione di controparte;
sesto motivo: violazione e falsa applicazione degli artt. 111 Cost. e degli artt. 6 part. 1 1 e 13 della Convenzioni dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali : il Tribunale nel prediligere la soluzione formalistica ed in rito si sarebbe posto in contrasto con i principi
costituzionali del giusto processo e quelli espressi dalla CEDU e dalle Sezioni Unite di questa Corte, in materia di produzione della copia autentica delle sentenze, della effettività della tutela giudiziaria che non tollera limitazioni e restrizioni all’accesso alla giustizia per motivi di ordine processuali;
settimo motivo: violazione e falsa applicazione degli artt. 92 c.p.c. in relazione all’art 360, comma 1 nr 3, c.p.c. per non avere il Tribunale disposto la compensazione delle spese in presenza di gravi ed eccezionali ragioni.
2 Il primo motivo è infondato.
2.1 L’art. 3, comma 6 prima parte, del d.lvo 181/2015 stabilisce.: « Per gli aspetti non disciplinati negli articoli richiamati nei commi 4 e 5, alle procedure di liquidazione coatta amministrativa in corso alla data di entrata in vigore del presente decreto si continuano ad applicare le disposizioni del titolo IV del decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385, nel testo vigente prima dell’entrata in vigore del presente decreto » .
Tale norma va coordinata con quella contenuta nel comma 2 del medesimo articolo a tenore del quale: « Salvo quanto previsto dai commi 3, 4, 5, 6 e 7, il presente decreto legislativo si applica alle procedure di amministrazione straordinaria e di liquidazione coatta amministrativa avviate successivamente alla sua entrata in vigore ».
2.2 Sulla scorta di tali disposizioni transitorie, va seguito, come giustamente ha fatto il Tribunale, il procedimento disciplinato dall’art 87 TUB nella sua primigenia versione , essendo pacifico che la procedura di l.c.a era in corso al momento dell’entrata in vigore del d.lvo 181/2015.
3 Il secondo, terzo, quarto, quinto e sesto motivo, da esaminarsi congiuntamente in quanto intimamente connessi, sono inammissibili ex art 360 bis c.p.c. atteso che il provvedimento impugnato ha deciso la questione di diritto in modo conforme alla
giurisprudenza di questa Corte e le censure non propongono valide e convincenti ragioni per disattendere tale indirizzo interpretativo.
3.1 L’art 87 TUB, comma 3 ultima parte, nella sua originaria formulazione, applicabile ratione temporis alla controversia in esame come sopra spiegato, prevedeva che « Il presidente del tribunale assegna a un unico giudice istruttore tutte le cause relative alla stessa liquidazione. Nei tribunali divisi in più sezioni il presidente assegna le cause a una di esse e il presidente di questa provvede alla designazione di un unico giudice istruttore. Il giudice istruttore fissa con decreto l’udienza in cui i commissari e le parti devono comparire davanti a lui, dispone la comunicazione del decreto alla parte opponente almeno quindici giorni prima della data fissata per l’udienza e assegna il termine per la notificazione del ricorso e del decreto ai commissari e alle parti. L’opponente deve costituirsi almeno cinque giorni liberi prima dell’udienza, altrimenti l’opposizione si reputa abbandonata ».
3.2 La norma nella parte qui di interesse riproduce il testo dell’art. 98, comma 3, l.fall. prima delle modifiche apportate dalla l. 5/2006.
3.3 Orbene, con riferimento a tale disposizione un consolidato indirizzo giurisprudenziale afferma che se l’art. 152 c.p.c. dispone che i termini stabiliti dalla legge sono ordinatori, salvo che questa li dichiari espressamente perentori; nulla tuttavia vieta di indagare se, a prescindere dal dettato della norma, un termine – per lo scopo che persegue e la funzione che adempie -debba esser rigorosamente osservato, e sia quindi perentorio, come deve ritenersi, pur non essendo dichiarato tale dalla legge, per il suddetto termine di cinque giorni prima dell’udienza ex art. 98, comma 3, l. fall., in considerazione delle esigenze di certezza e celerità del procedimento di verifica dello stato passivo fallimentare, senza che possa avere efficacia sanante la circostanza che il curatore si sia costituito all’udienza, anche solo al fine di
rilevare l’intervenuta decadenza dell’opponente (cfr. Cass. 15036/2016, 1860/1999, 5074/1997, 5908/1995 e 1862/1975).
3.4 E stato anche precisato che nei procedimenti, come quello di opposizione allo stato passivo, che iniziano con ricorso, il rapporto delle parti tra loro e quello delle parti con il giudice subisce un’inversione logica e cronologica rispetto al caso in cui la domanda è proposta con citazione, in quanto si determina per primo – e per il solo fatto della presentazione del ricorso – il rapporto cittadinogiudice, mentre solo in un momento successivo, a seguito della notifica del ricorso e del decreto, si instaura un rapporto tra le parti. Spetta al cancelliere, dopo il deposito del ricorso introduttivo effettuato entro il termine perentorio di legge, formare il fascicolo d’ufficio in cui introdurre suddetto atto, recante ovviamente la procura alla lite, e, laddove il creditore li abbia depositati, i documenti comprovanti il credito. Le modalità della costituzione non si consumano, però, con il solo deposito del ricorso introduttivo, ma devono articolarsi in un’ulteriore attività d’impulso processuale che, in assenza di espressa previsione di una specifica formalità esecutiva, mutua il suo regime dalla norma ordinaria prevista dall’art. 165 c.p.c., secondo cui il ricorrente deve inserire nel suo fascicolo, oltre all’atto introduttivo, anche la sua copia recante il pedissequo decreto del g.d., corredata della relata di notifica al curatore, e, se non vi ha già provveduto, i documenti giustificativi del credito offerti in comunicazione alla curatela, entro il termine perentorio di cinque giorni.
Si tratta di principio già altre volte affermato, dal quale non si ha ragione di discostarsi.
3.5 In conclusione, la costituzione dell’opponente, in base al suddetto schema procedimentale, si realizza secondo una scissione articolata in due adempimenti, di cui il primo – il deposito del ricorso – determina l’introduzione del giudizio a contraddittorio differito, l’altro, che la perfeziona e completa, consente al Tribunale
adito di verificare la corretta instaurazione del contraddittorio stesso e la stessa sussistenza dell’interesse ad agire dell’opponente.
Nel caso infatti in cui il creditore non si costituisca rispettando entrambe le suddette prescritte modalità, l’opposizione s’intende abbandonata ( cfr Cass.1495/2005, 14061/2007 e 8757/2011).
3.6 Nella fattispecie in esame è pacifico che l’opponente ha provveduto al tempestivo deposito dell’atto d’opposizione in data 6/5/2013, corredato anche della procura, e dunque alla prima formalità prescritta per la sua costituzione. È però documentalmente accertato, nonché pacificamente ammesso dalla stessa ricorrente, l’omesso deposito, nella forma dell’omessa allegazione al fascicolo di parte inserito nel fascicolo d’ufficio che essa assume già formato dal cancelliere, della copia del ricorso notificato al Commissario, entro il termine di giorni cinque dall’udienza.
3.7 L’opponente non può ritenersi quindi che si fosse costituito in giudizio.
3.8 È inoltre irrilevante la costituzione della controparte, che non sana la causa di improcedibilità del ricorso.
3.9 Con riferimento all'”eccessivo formalismo” della Corte di merito, asseritamente lesivo dei principio del diritto di difesa e del giusto processo dettati anche da norme sovranazionali, va rilevato che, come affermato dalla giurisprudenza di questa Corte a proposito dell’art 348 c.p.c . , norma di contenuto sostanzialmente simile all’art 87, comma 3 TUB, « è in discussione una norma processuale dell’ordinamento nazionale, rientrante nel margine discrezionale dello Stato italiano (cfr. anche CEDU 06.12.2022 richiamata nella sentenza impugnata e dallo stesso ricorrente). L’art. 348 citato disciplina lo svolgimento del processo, ossia regola anche le modalità di esercizio di difesa, ed è stata più volte dichiarata da questa Corte manifestamente infondata la questione
dell’illegittimità costituzionale dell’art. 348 cod. proc. civ. in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione, poiché la predetta norma, lungi dall’ostacolare o impedire il diritto di difesa, ne sollecita l’esercizio colpendo la inosservanza delle norme che disciplinano il compimento di attività processuali (Cass. 796/1968; Cass. 3214/1973). La sanzione processuale dell’improcedibilità è infatti diretta a colpire l’inattività della parte (Cass. 5012/1979), con la finalità di garantire, in conformità a quanto prescritto dall’art.111 Cost., il giusto processo e dunque la sua ragionevole durata, sollecitando il regolare e tempestivo esercizio del diritto di difesa (cfr. anche in generale sulla portata applicativa della norma in questione Cass. S.U. 10864/2011; Cass. 33601/2022; Cass. 9269/2023; Cass.8951/2023 ).’ ( cfr. Cass. 28505/2024).
4 Il settimo motivo è infondato in quanto il Tribunale ha correttamente applicato il criterio della soccombenza senza evidentemente ritenere, con accertamento in fatto insindacabile in questa sede, sussistenti i gravi motivi per compensare le spese.
In conclusione il ricorso va rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
PQM
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che si liquidano complessivamente in € 6.200, di cui € 200 per esborsi, oltre Iva Cap e rimborso forfettario al 15%.
Dà atto, ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del d.P.R. del 30.05.2002 n.115, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, se dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.
Così deciso nella Camera di Consiglio tenutasi in data 25 febbraio