Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 15190 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 15190 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
AVV_NOTAIO: COGNOME
Data pubblicazione: 30/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso nr. 18989/2018 proposto da RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio dell’AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE) che, unitamente agli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), NOME COGNOME ( CODICE_FISCALE), e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), la rappresenta e difende;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in Amministrazione Straordinaria, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio degli AVV_NOTAIOti NOME AVV_NOTAIO e NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), che la rappresentano e difendono giusta procura in atti;
– controricorrente- avverso il decreto 5643/2018 del Tribunale di Milano, depositato in data 18/5/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 26 marzo 2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME, letta la requisitoria scritta del sostituto procuratore generale AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1 RAGIONE_SOCIALE (di seguito indicata semplicemente «RAGIONE_SOCIALE») chiese che fosse ammesso al passivo della procedura di Amministrazione Straordinaria della RAGIONE_SOCIALE il credito per la somma di € 29.455.344 con riserva da sciogliersi alla definizione della controversia di cui al nr. R.G. NUMERO_DOCUMENTO promossa dalla RAGIONE_SOCIALE, socia di minoranza della RAGIONE_SOCIALE, nei confronti della RAGIONE_SOCIALE (divenuta RAGIONE_SOCIALE) ed altre persone fisiche, per l’accertamento di condotte di abuso dell’attività di direzione e coordinamento, ai sensi dell’art 2497 1° e 2° comma c.c., in danno della controllata RAGIONE_SOCIALE e la condanna di RAGIONE_SOCIALE (oggi RAGIONE_SOCIALE) in solido con gli responsabili dell’illecito al risarcimento dei danni, da determinarsi in una somma non inferiore ad € 29.455.344, per le dedotte distrazioni da parte di RAGIONE_SOCIALE, oltre all’ulteriore importo per le lesione del diritti di redditività e del valore della partecipazione; si espone quindi in ricorso (pag. 5) che la società
depositò le proprie osservazioni al progetto di stato passivo redatto dai Commissari Straordinari e partecipò all’udienza per l’esame dello stato passivo prospettando ragioni giuridiche e di opportunità che avrebbero giustificato l’ammissione con riserva al pari di una richiesta di ammissione di un credito sottoposto a condizione.
2 Il giudice delegato escluse il credito insinuato « trattandosi di pretesa avente natura contenziosa, allo stato sprovvista di idonea prova sotto il profilo di fatto e di diritto, dell’an e del quantum debeatur »; sull’opposizione di RAGIONE_SOCIALE il Tribunale di Milano con decreto ex art 99 l.fall. ha respinto l’opposizione condannando l’opponente alla refusione delle spese di giudizio.
2.1 Il Giudice dell’opposizione escludeva l’applicabilità sia della disciplina dell’ammissione con riserva, non essendo la fattispecie sussumibile in alcuna delle ipotesi previste dall’art. 96 l.fall, norma operante anche in materia di amministrazione RAGIONE_SOCIALE, che quella della sospensione del giudizio di accertamento dello stato passivo ex art 295 c.p.c. in attesa della decisione della causa incardinata davanti al giudice ordinario atteso che qualsiasi domanda di accertamento di un credito nei confronti del fallito (o del soggetto sottoposto ad amministrazione RAGIONE_SOCIALE) in quanto assoggettata al rito speciale ed esclusivo previsto dagli artt 93 e segg. l. fall. doveva essere dichiarata inammissibile o improcedibile.
2.2 I giudici milanesi reputavano, altresì, inammissibile la domanda, proposta in via gradata, di ammissione al credito senza riserva alcuna, in quanto domanda nuova sia sotto il profilo del petitum (in fase di verifica era stata richiesta l’ammissione con riserva mentre in sede di opposizione la domanda di ammissione era piena) sia sotto quello della causa petendi (in sede di verifica il fatto costitutivo era rappresentato dalla esistenza di un giudizio,
mentre in sede di opposizione venivano fatti valere le ragioni sostanziale del credito).
3 COGNOME ha proposto ricorso per Cassazione affidandosi a due motivi; il Fallimento ha svolto difese mediante controricorso; entrambe le parti hanno depositato memoria ex art 380 bis c.p.c.; il Pubblico ministero, come si è anticipato, ha depositato requisitoria scritta, con la quale ha chiesto il rigetto del ricorso, sull’assunto che il creditore che abbia richiesto l’ammissione con riserva al passivo del fallimento e si sia vista rigettare la domanda dal giudice delegato non può successivamente, con l’opposizione allo stato passivo, chiedere l’ammissione incondizionata dello stesso credito.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1 Il primo motivo di ricorso denuncia violazione e falsa applicazione dell’art 96 3° comma l.fall. in relazione all’art. 360 1° comma c.p.c.; si censura il provvedimento impugnato per avere, nella parte in cui ha rigettato la domanda di ammissione con riserva all’esito di un separato giudizio, escluso l’ammissibilità della riserva sotto il profilo della diversa ipotesi del credito accertato con una sentenza non ancora passata in giudicato, invece di valutarla con riguardo al caso, in tutto analogo, dell’ammissione con riserva del credito condizionato.
1.1. Il motivo è infondato.
1.2 L’art 96 2° comma l.fall., per come riformulato dal d.l. 5/2006, stabilisce che « oltre che nei casi stabiliti dalla legge, sono ammessi al passivo con riserva: 1) i crediti condizionati e quelli indicati nell’ultimo comma dell’art. 55; 2) i crediti per i quali la mancata produzione del titolo dipende da fatto non riferibile al creditore,
salvo che la produzione avvenga nel termine fissato dal giudice; 3) i crediti accertati con sentenza del giudice ordinario o speciale non passata in giudicato pronunciata prima della dichiarazione di fallimento. Il curatore può proporre o proseguire il giudizio di impugnazione ».
1.2 In virtù dell’esplicito rinvio alle altre ammissioni con riserva « nei casi stabiliti dalla legge » è, ormai, opinione pressoché unanime che le ipotesi di ammissione riservata sono tassative (v., tra varie, Cass. 2990/20 e 2991/20), con la conseguente affermazione del principio, già enunciato sotto la vecchia legge (cfr. Cass. 7329/2000 e 11642/97), secondo il quale le riserve «atipiche» non sono consentite e, qualora una riserva atipica sia stata apposta, l’ammissione allo stato passivo deve considerarsi come pura e semplice.
1.3 Un caso paradigmatico di previsione legale dell’ammissione con riserva al di fuori dell’ipotesi espressamente contenute nell’art 96 l.fall. è dato dall’art 88 d.p.r. nr 602/1973 che, con riferimento alle somme iscritte al ruolo, nel caso in cui sorga contestazione, consente l’ammissione con riserva da sciogliersi decorso inutilmente il termine prescritto per la proposizione della controversia davanti al giudice competente ovvero quando il giudizio è stato definito con decisione irrevocabile o risulta altrimenti estinto.
1.4 Siffatto modus procedendi è stato ritenuto estensibile da questa Corte ogniqualvolta si controverta su un credito il cui accertamento nell’an e nel quantum, in deroga alle disposizioni di cui agli artt. 24, 52 e 93 e segg. l.fall., è sottratto alla cognizione del giudice fallimentare (perché quest’ultimo è carente di giurisdizione, o perché sussiste una competenza inderogabile di altro giudice ordinario); in tali ipotesi il giudice delegato deve
ammettere il credito con riserva, in attesa della decisione del giudice speciale, con assimilazione ai crediti condizionati.
1.5 In particolare, è stato riconosciuto il potere del giudice fallimentare di ammettere con riserva il credito, da sciogliersi dopo la definizione del processo dinanzi al giudice competente, e in relazione all’esito di tale giudizio, nelle controversie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (cfr. Cass. 789/1999), della Corte dei Conti (cfr. Cass. S.U. 12371/2008 e 6628/2023), delle Commissioni Tributarie (ora Corti di Giustizia Tributaria) per i crediti di natura tributaria (Cass. n. 23001/2004; 7579/1996) e del Giudice del Lavoro nelle cause di accertamento della legittimità del licenziamento (Cass. 19017/2017); infine è stata di recente individuata una ulteriore ipotesi di ammissione con riserva, nell’ambito di una procedura di amministrazione RAGIONE_SOCIALE, in un caso in cui era invocata da un’autorità amministrativa l’ammissione al passivo del credito correlato all’irrogazione di una sanzione pecuniaria, da ritenersi “condizionale” rispetto all’esito del procedimento accertativo dell’illecito (Cass. 21813/2023).
1.6 Nel caso in esame non si versa in alcuno dei casi, previsti dall’art. 96 2 comma nr 3 l.fall., in cui un credito può essere ammesso con riserva allo stato passivo e neppure ricorrono le ipotesi di eccezione alla regola del concorso (il credito di risarcimento danni per abusiva attività di direzione e coordinamento vantato nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE, sottoposta alla procedura di amministrazione RAGIONE_SOCIALE, deve essere fatto valere davanti al Tribunale Fallimentare come, del resto, confermato dalla pronuncia di improcedibilità resa sul punto dal Tribunale di Milano, contro la quale la società riferisce in memoria (punto 4.4.) di non aver proposto appello.
Né si può prospettare, come vorrebbe la ricorrente, l’assimilazione del caso in esame al credito condizionato, poiché «l’ammissione con riserva ex art. 96 legge fall. riguarda i diritti condizionati e non anche le azioni, non potendo la domanda principale essere subordinata all’esito di una identica domanda proposta in altra sede» (Cass. 7297/2015).
Il motivo è rigettato.
2 Col secondo motivo, col quale si deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 93, 94, 98 e 99 l.fall., in relazione all’art 360 comma 1° nr 3 c.p.c., viene censurato il capo del decreto che ha ritenuto nuova, e quindi, inammissibile la domanda di accertamento del credito risarcitorio per effetto della condotta di abuso di direzione e coordinamento; in particolare la ricorrente sostiene che la domanda di ammissione incondizionata al passivo non sia altro che la stessa domanda di ammissione con riserva per l’ipotesi che il Tribunale fallimentare, come è in effetti accaduto, avesse ritenuto che la vis attractiva della procedura rendesse improcedibile il giudizio promosso in via ordinaria; evidenzia, quindi, RAGIONE_SOCIALE che, in ragione della medesimezza del petitum (era stato chiesto lo stesso bene della vita) e della causa petendi (ossia l’accertamento di esercizio abusivo dell’attività di direzione e coordinamento ex art. 2497 c.c. in danno del socio di minoranza), la domanda di ammissione ben avrebbe potuto essere qualificata pura e semplice in alternativa alla qualificazione con riserva; operazione questa compiuta dal Giudice Delegato il quale aveva escluso il credito non in quanto la domanda era inammissibile, ma perché la pretesa creditoria non era stata reputata sufficientemente provata.
2.1 Il motivo è fondato per quanto di ragione.
2.2 E’ pur vero che secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità, dal quale questo Collegio non
intende discostarsi, « nell’ambito del procedimento di opposizione allo stato passivo disciplinato dalla l.fall., art. 99 sono inammissibili domande dell’opponente nuove rispetto a quelle spiegate nella precedente fase, senza che possa trovare applicazione il principio dell’ammissibilità, nel giudizio di primo grado, entro il primo termine di cui all’art. 183 c.p.c., comma 6, della mutatio di uno o entrambi gli elementi oggettivi della domanda, petitum e causa petendi, sempre che essa, così modificata, risulti comunque connessa alla vicenda sostanziale dedotta in giudizio» (cfr. Cass. 6279/2022; nel senso che la domanda di ammissione al passivo fallimentare, pur potendo essere precisata attraverso le osservazioni scritte di cui all’art. 95, comma 2, l.fall., anche nella fase che precede la formazione dello stato passivo non può essere modificata attraverso un ampliamento del “petitum” o una variazione della “causa petendi”, cfr. Cass. 37802/22).
2.3 Non è il caso, per non appesantire la motivazione del presente provvedimento, di ripercorrere l’evoluzione giurisprudenziale sulla questione mutatio libelli e soffermarsi sulle ragioni e sulle molteplici argomentazioni, diffusamente esposte nei citati precedenti di questa Corte, per le quali il giudizio di opposizione per la sua peculiarità e la sua natura impugnatoria non consente la modifica dei fatti allegati e delle richieste formulate nella precedente fase dell’accertamento dello stato passivo.
2.4 Il Tribunale milanese, nel ritenere che la domanda di ammissione, originariamente proposta con riserva, avanzata per la prima volta nel giudizio di opposizione allo stato passivo comportasse una inammissibile mutatio della causa petendi e del petitum, non ha tuttavia correttamente calibrato tali principi al caso di specie.
2.5 Va innanzitutto rimarcato che quanto affermato a pagina tre dell’impugnato decreto e cioè che « in sede di insinuazione al
passivo …l’opponente si è limitata ad affermare, che essendo in corso un giudizio, tra l’altro nei confronti della società in amministrazione RAGIONE_SOCIALE, il credito avrebbe dovuto essere ammesso con riserva in attesa della definizione di quel giudizio. Solo in sede di opposizione al passivo, invece, la parte opponente ha dedotto quei fatti che, a suo dire giustificherebbero la pretesa azionata chiedendo l’ammissione incondizionata del proprio credito » trova smentita nelle risultanze degli atti processuali che questa Corte può esaminare, poiché si trova al cospetto della denuncia di un error in procedendo pur essendo stata la censura rubricata sotto l’art 360 1 comma nr 3 e non nr 4 cpc.
Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, dal quale questo Collegio non ha ragione di discostarsi, «l’erronea intitolazione del motivo di ricorso per cassazione non osta alla riqualificazione della sua sussunzione in altre fattispecie di cui all’art. 360, comma 1, c.p.c, né determina l’inammissibilità del ricorso, se dall’articolazione del motivo sia chiaramente individuabile il tipo di vizio denunciato» (cfr. Cass. nn. 25557/2017, 26310/2017, 4036/2014).
2.6 Come emerge dalla lettura dell’ originario atto di insinuazione allo stato passivo (prodotto anche nel presente giudizio ai sensi dell’art. 369 2° comma nr 4 c.p.c) la ricorrente aveva in quella sede chiarito il thema decidendum, inquadrando i fatti su cui si basava la domanda risarcitoria (distrazioni a favore di RAGIONE_SOCIALE, oltre alla lesione del diritto alla redditività ed al valore della partecipazione sociale) con un rimando per relationem al contenuto dell’atto di citazione e degli altri atti del processo ordinario che venivano allegati alla domanda di insinuazione.
2.7 Le conclusioni dell’atto di opposizione allo stato passivo trascritte nel corpo del ricorso per Cassazione, contrariamente a quanto opinato dal Tribunale, sono quindi fondate sulle medesime
circostanze di fatto, pur succintamente esposte, in sede di ammissione.
2.8 La circostanza che COGNOME abbia sin dall’atto con il quale chiedeva la partecipazione al riparto dell’attivo esposto i fatti e gli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda trova, del resto, significativa conferma nella decisione del Giudice delegato che ha escluso il credito « trattandosi di pretesa avente natura contenziosa allo stato sprovvista di idonea prova sotto il profilo di fatto e di diritto, dell’an e del quantum debeatur ».
2.9 Il Tribunale milanese in sede di accertamento dello stato passivo ha, quindi, statuito sulla domanda piena, respingendola, non perché inammissibile, ma in quanto non ritenuta provata, reputando, evidentemente, mal posta e tamquam non esset la richiesta ammissione con riserva, stante la vis attractiva del giudice fallimentare.
2.10 In tal modo il giudice delegato si è uniformato ad un precedente di questa Corte che, in una ipotesi di riserva correlata ad un credito condizionato, ha affermato che « l’apposizione della (esatta) condizione all’ammissione del credito è potere officioso del giudice di merito: come egli può accogliere una domanda di ammissione pura a semplice apponendovi d’ufficio la condizione eventualmente prevista dalla legge e risultante dagli atti, così può rettificare l’indicazione della circostanza condizionante eventualmente indicata in maniera erronea dal creditore» (cfr. Cass. 24539/2013). Tale posizione, del resto, è coerente con la costante giurisprudenza di questa corte, secondo la quale, poiché l’art. 95 l. fall. contiene una previsione specifica dei tipi di credito che possono essere ammessi con riserva al passivo, così da non lasciare margini ad interventi additivi per equipollenza, le eventuali riserve diverse da quelle previste devono ritenersi come non apposte e l’ammissione del credito al passivo deve considerarsi
come pura e semplice (in questo senso, Cass. 7329/2000 e 3397/2004 e, da ultimo, 20191/17, in motivazione; 19170/23, punto 14; n. 17955/23, punto 2.7). Coerentemente si è stabilito che per l’eliminazione della riserva atipica o anomala non è necessario proporre opposizione ex art. 98 l.fall. (Cass. 18678/17).
2.11 Ed è avverso la pronuncia che, considerando non apposta la riserva, ha ritenuto infondato il credito, che COGNOME ha proposto opposizione reiterando la richiesta di riserva e proponendo comunque quella di ammissione piena ed incondizionata.
2.12 Ha, quindi, errato il Tribunale nel sottrarsi deliberatamente alla revisione, sollecitata dall’opponente, del giudizio di infondatezza della domanda compiuto dal Giudice delegato sull’erroneo presupposto della asserita inammissibile modifica della causa petendi e del petitum immediato (dapprima individuato nell’ammissione con riserva e successivamente nell’ammissione incondizionata del credito).
Così operando, il giudice dell’opposizione, da un lato, ha correttamente ritenuto non configurabile la riserva costituita dalla pendenza in primo grado di un processo ordinario (la domanda proposta in quel giudizio risulta essere stata dichiarata improcedibile con sentenza del Tribunale di Milano confermata dalla Corte d’Appello), statuendo, quindi, che a decidere dell’accertamento del credito risarcitorio fatto valere da COGNOME fosse il Tribunale fallimentare in virtù della vis attractiva prevista dall’art 24 l.fall.; ma, dall’altro lato, ha escluso la possibilità dell’accertamento della fondatezza o meno della domanda, i cui fatti costitutivi erano stati specificati nell’atto di insinuazione, così denegando alla ricorrente la possibilità che la richiesta di accertamento del credito e di conseguente partecipazione all’attivo fallimentare potesse essere scrutinata nel merito nella sede dallo stesso Tribunale ritenuta appropriata.
2.13 In realtà nessuna emendatio libelli, e tantomeno nessuna mutatio può predicarsi nel caso di specie, in quanto il ricorrente, come più volte rimarcato, ha esposto sin dall’atto di insinuazione le ragioni sostanziali, in fatto e in diritto, del credito, pur avendo dedotto una ipotesi di riserva extra ordinem che il Giudice delegato ha, implicitamente, considerato come non apposta, compiendo un accertamento sulla insussistenza del credito siccome non provato, e ha, infine, impugnato con il rimedio previsto dall’art 98 l.fall. la decisione assunta dal G.D formulando, tra le altre richieste, anche quella volta all’ ammissione del credito pura ed incondizionata, in riforma della decisione del giudice delegato.
2.14 In accoglimento del secondo motivo l’impugnato decreto va cassato con rinvio al Tribunale di Milano, in diversa composizione, per l’esame nel merito della domanda di ammissione e per la regolamentazione delle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il secondo motivo, rigettato il primo, cassa l’impugnato decreto con rinvio della causa, per il profilo accolto, al Tribunale di Milano, in diversa composizione, cui demanda la liquidazione delle spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 26 marzo 2024.