Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 16632 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 1 Num. 16632 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 21/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. 28559/2019 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (cod. fisc. e P.Iva P_IVA, in persona del legale rappresentante pro tempore avv. NOME COGNOME rappresentata e difesa, giusta procura speciale apposta in calce al ricorso, dall’Avvocato NOME COGNOME con cui elettivamente domicilia in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio del difensore.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (cod. fisc. e P. Iva P_IVA, in persona del legale rappresentante pro tempore il curatore fallimentare Avv. NOME COGNOME rappresentato e difeso, giusta procura speciale apposta in calce al controricorso, da ll’ Avvocato NOME COGNOME con studio in Roma INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso il decreto del Tribunale di Latina, depositato in data 28.8.2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30/4/2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Con il decreto impugnato il Tribunale di Latina ha accolto parzialmente l’opposizione allo stato passivo avanzata ai sensi degli artt. 98 e 99 l. fall. da parte di RAGIONE_SOCIALE nei confronti del RAGIONE_SOCIALE e per l’effetto ha ammesso al passivo fallimentare, in via chirografaria, la società istante per euro 987.045,86.
2.Con domanda di ammissione al passivo la RAGIONE_SOCIALE aveva infatti chiesto di essere ammessa al passivo fallimentare per complessivi euro 3.467.268,10, di cui euro 1.880.768,83, in via chirografaria, ed euro 1.586.499,27, in via ipotecaria.
Il g.d. aveva tuttavia ammesso il credito insinuato in via chirografaria per la minor somma di euro 1.180.334,04, quale saldo del conto corrente di corrispondenza n. 500041844, come da proposta del curatore, escludendo le ulteriori somme richieste in quanto non sufficientemente documentate.
Il Tribunale ha osservato e rilevato, per quanto qui ancora di interesse, che: (i) anche in relazione al credito insinuato per euro 373.486,94 (quale saldo debitore del rapporto di conto corrente n. 500016888), la documentazione prodotta dalla parte opponente non dimostrava la pretesa dell’opponente, in quanto il documento 1, indicato nell’indice come ‘contratto di c/c n. 50001688’, conteneva unicamente la comunicazione del passaggio a sofferenza del conto in esame e le ulteriori evidenze documentali, con particolare riferimento agli estratti conto dal 30.11.1008 al 30.09.2012, si rinvenivano nel documento 9, nel quale erano tuttavia versati anche i documenti riferiti al rapporto n. 1727/58; (ii) tali produzioni documentali non consentivano tuttavia di individuare la data di instaurazione del rapporto bancario oggetto di accertamento (non essendo stato depositato il relativo contratto) e dunque di verificare la completezza della documentazione comprovante la sua movimentazione ed il saldo finale richiesto; (iii) nessuna prova era stata inoltre fornita sulla coincidenza tra i rapporti n. 1727/58
Banca di Roma e n. NUMERO_DOCUMENTO Unicredit, e cioè sul mutamento di denominazione del rapporto e sulla sua sostanziale continuità, nonostante la successione nel contratto realizzatasi in capo all ‘ opponente; (iv) a fronte di tali carenze documentali, non poteva assumere rilievo la lettera di riconoscimento del debito inviata dalla fallita in bonis alla ricorrente in data 13.12.2002, posto che la risalenza di tale documento non consentiva di ritenere dimostrato il credito esistente alla data del fallimento; (v) in relazione, poi, al mutuo ipotecario, la mancata produzione in giudizio della nota di iscrizione della garanzia reale non consentiva, stante la natura costitutiva dell’iscrizione eseguita ai sensi degli artt. 2827 e seg. cod. civ., di ritenere raggiunta la prova dell ‘ esistenza della garanzia stessa; (vi) non potevano venire in soccorso, in relazione alla predetta prova, neanche i documenti tardivamente depositati con le note conclusive, essendo maturata in capo alla parte opponente la decadenza processuale espressamente stabilita dall’art. 99, 2 com ma, n. 4, l. fall.; (v) occorreva pertanto riconoscere al credito insinuato la natura chirografaria, per l’importo di euro 987.045,86, quale differenza tra quanto erogato e quanto ricevuto dalla banca a titolo di restituzione della somma mutuata, somma sulla quale non potevano essere tuttavia riconosciuti gli interessi, non avendo la creditrice depositato il relativo puntuale conteggio.
2.Il decreto, pubblicato il 28.08.2019, è stato impugnato da RAGIONE_SOCIALE s.p.a. con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui il RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo la società ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 cod. civ., sul rilievo che si sarebbe formato il giudicato endofallimentare sulla natura ipotecaria del credito, non essendo stato quest’ultimo profilo oggetto di contestazione da parte della curatela fallimentare, che pertanto non avrebbe neanche potuto sollevare la relativa eccezione in sede di giudizio di opposizione allo stato passivo.
1.1 Il motivo così articolato presenta contemporaneamente profili di infondatezza e di inammissibilità, quest’ultimi ai sensi dell’art. 360 bis cod. proc. civ.
1.1.1 Quanto ai profili di infondatezza non è pertinente discorrere di formazione di un giudicato endofallimentare. Trattandosi di riferimento a un credito che non era stato comunque ammesso al passivo, è evidente che la mancata ammissione assorbiva naturalmente ogni ulteriore questione in punto di qualificazione del credito quale credito ipotecario ovvero chirografario.
1.1.2 Quanto all’ulteriore profilo di violazione del divieto di ius novorum , sollevato in relazione alla denunciata impossibilità di proporre, in sede di giudizio di opposizione allo stato passivo, contestazioni ed eccezioni da parte della curatela sulla natura ipotecaria del credito, va ricordato che costituisce principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte (cui la ricorrente non ha, peraltro, contrapposto ulteriori argomentazioni contrarie) quello secondo cui, nel giudizio di opposizione allo stato passivo non opera, nonostante la sua natura impugnatoria, la preclusione di cui all’art. 345 cod. proc. civ. in materia di “ius novorum”, con riguardo alle nuove eccezioni proponibili dal curatore, in quanto il riesame, a cognizione piena, del risultato della cognizione sommaria proprio della verifica, demandato al giudice dell’opposizione, se esclude l’immutazione del “thema disputandum” e non ammette l’introduzione di domande riconvenzionali della curatela, non ne comprime tuttavia il diritto di difesa, consentendo, quindi, la formulazione di eccezioni non sottoposte all’esame del giudice delegato (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 19003 del 31/07/2017; Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 21490 del 06/10/2020; Cass. Sez. 6-1, Ordinanza n. 27902 del 04/12/2020).
Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., degli artt. 101 e 115 cod. proc. civ., sul rilievo che sarebbe erronea la statuizione del Tribunale di Latina circa la tardività della documentazione depositata in sede di giudizio di opposizione. Sostiene di aver depositato la detta documentazione nella prima
difesa utile, successiva alla costituzione in giudizio della curatela, che per la prima volta aveva sollevato l ‘ eccezione di insussistenza della garanzia ipotecaria solo nel giudizio di opposizione allo stato passivo.
2.1 Anche il secondo motivo di censura è infondato.
2.1.1 Osserva il Collegio che, avendo la ricorrente chiesto l’ammissione al passivo del credito in contestazione con il riconoscimento dell’invocata garanzia ipotecaria e costituendo quest’ultima un fatto costitutivo della richiesta qualificazione del credito nei termini anzidetti, la società istante avrebbe dovuto depositare, sin dal primo atto introduttivo del giudizio di opposizione allo stato passivo, la documentazione idonea a dimostrare la fondatezza della propria pretesa (nota di iscrizione della garanzia ipotecaria), anche con riferimento alla natura del credito, e ciò in ossequio alla prescrizione di natura processuale prevista dall’art. 99, secondo comma, n. 4, l. fall., che onera la parte opponente di indicare i mezzi di prova di cui intende dispo rre ed i documenti già nell’atto introduttivo del giudizio.
2.1.2 Ad ogni buon conto, dalla lettura del provvedimento impugnato è emerso che l’istituto di credito non aveva depositato tale documento neanche nella prima difesa utile, dopo la contestazione della curatela contenuta nella memoria di costituzione in giudizio, e cioè in sede di prima udienza nel giudizio di opposizione, ma solo come allegato alle note conclusionali, con ciò rendendosi ancora più evidente la tardività nella produzione in giudizio della predetta documentazione.
Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione degli artt. 1842, 2697 cod. civ. e degli artt. 117 e 117bis d.lvo n. 385/1993, sul rilievo che il diniego di ammissione del credito relativo al rapporto di conto corrente n. 500016888 sarebbe stato erroneo in quanto il credito sarebbe stato documentalmente provato.
3.1 Le doglianze così articolate sono inammissibili. E lo sono sia perché le stesse, sotto l’egida applicativa del vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 3, pretendono un nuovo apprezzamento della quaestio facti , con particolare riferimento al profilo della contestazione della sufficienza o meno della documentazione prodotta a dimostrare la fondatezza del credito insinuato
(così, Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019; cfr. anche Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 24155 del 13/10/2017;Sez. 1, Ordinanza n. 640 del 14 /01/2019) e sia perché le censure neanche si confrontano con la ratio decidendi del provvedimento impugnato che, quanto alla dedotta ricognizione di debito, aveva ritenuto non probante tale documento in ragione della risalenza nel tempo dello stesso.
Ne consegue il complessivo rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore del fallimento controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 15.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 30 aprile 2025