Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 16664 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 16664 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/06/2024
O R D I N A N Z A
sul ricorso n. 25621/21 proposto da:
-) NOME COGNOME , domiciliato ex lege all ‘ indirizzo PEC del proprio difensore, difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME;
– ricorrenti –
contro
-) RAGIONE_SOCIALE, in persona del curatore pro tempore , domiciliato ex lege all ‘ indirizzo PEC del proprio difensore, difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonché
-) RAGIONE_SOCIALE 1 RAGIONE_SOCIALE, volontariamente rappresentata dalla mandataria RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , domiciliato ex lege all ‘ indirizzo PEC del proprio difensore, difeso dall’avvocato NOME COGNOME;
– controricorrente –
nonché
-) RAGIONE_SOCIALE, volontariamente rappresentata dalla RAGIONE_SOCIALE, in persona del curatore pro tempore , domiciliato ex lege all ‘ indirizzo PEC del proprio difensore, difeso dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia 2 aprile 2021 n. 916; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 2 maggio 2024 dal AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
Nel 2005 fallì la società ‘RAGIONE_SOCIALE‘ .
Il RAGIONE_SOCIALE propose domanda di risarcimento del danno nei confronti dell ‘ amministratore NOME COGNOME.
Nel 2007 il Tribunale di Treviso accolse la domanda e condannò NOME COGNOME al pagamento in favore del fallimento (sentenza del Tribunale di Treviso n. 1244 del 2007) della somma di 2.132.000 di euro.
In grado di appello la condanna venne ridotta a 1.354.000 euro (con sentenza della Corte d ‘ appello di Venezia n. 595 del 2014, definitiva a seguito dell’ ordinanza di questa Corte n. 1678/23).
Nel 2012 il RAGIONE_SOCIALE, in forza della sentenza di condanna di primo grado,
iniziò l ‘ esecuzione forzata. Nella procedura intervennero:
-) la RAGIONE_SOCIALE, che in seguito cederà il proprio credito alla RAGIONE_SOCIALE; a fondamento dell ‘ intervento la RAGIONE_SOCIALE invocò un contratto di mutuo ;
-) la RAGIONE_SOCIALE, dichiaratasi cessionaria del credito vantato nei confronti dell ‘ esecutato dalla RAGIONE_SOCIALE, e ad essa pervenuto per effetto di successive operazioni di cessione e cartolarizzazione; a fondamento dell ‘ intervento la RAGIONE_SOCIALE invocò un decreto ingiuntivo fondato su una fideiussione rilasciata a garanzia di un mutuo fondiario.
Nel 2017 NOME COGNOME propose opposizione all ‘ opposizione ex art. 615, secondo comma, c.p.c..
Per quanto ancora rileva in questa sede l ‘ opponente, a fondamento dell ‘ opposizione, dedusse che:
-) il titolo esecutivo posto a fondamento dell ‘ esecuzione iniziata dal RAGIONE_SOCIALE era una sentenza di primo grado riformata in appello nel quantum , contro la quale era stato proposto ricorso per cassazione;
-) il titolo esecutivo posto a fondamento dell ‘ intervento nell ‘ esecuzione svolto dalla RAGIONE_SOCIALE era un contratto di mutuo contenente clausole nulle;
-) il credito posto a fondamento dell ‘ intervento nell ‘ esecuzione svolto dalla RAGIONE_SOCIALE era stato interamente soddisfatto. Con sentenza 14.11.2019 n. 2390 il Tribunale di Treviso rigettò l ‘ opposizione. La sentenza fu appellata da NOME COGNOME.
Con sentenza 2.4.2021 n. 916 la Corte d ‘ appello di Venezia accolse parzialmente il gravame: accertò infatti che il credito vantato dalla RAGIONE_SOCIALE SPV (come detto, cedutole dalla RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE) era in realtà inferiore di 67.000 euro a quanto preteso col precetto.
Quanto al resto la Corte d ‘ appello, per i fini che qui ancora rilevano, ritenne che:
-) erano inammissibili, perché tardive, le eccezioni con cui NOME COGNOME aveva contestato la sussistenza della legitimatio ad processum della società RAGIONE_SOCIALE (intervenuta in appello quale cessionaria dei crediti della RAGIONE_SOCIALE) e della RAGIONE_SOCIALE (cessionaria dei crediti ad essa pervenuti per effetto di successive cessioni dalla UniCredit alla RAGIONE_SOCIALE, e da questa alla RAGIONE_SOCIALE 1);
-) con riferimento al credito della RAGIONE_SOCIALE (scaturente da contratto di mutuo):
–) nessuna norma di diritto interno o comunitario impediva al creditore di agire in executivis nei confronti del consumatore sulla base di un titolo esecutivo non definitivo;
–) il contratto di mutuo era valido ed efficace;
-) con riferimento al credito del RAGIONE_SOCIALE (scaturente da sentenza di condanna al risarcimento del danno) la riforma in appello in punto di quantum debeatur della sentenza di primo grado, posta a fondamento dell ‘ esecuzione, non rendeva improcedibile quest ‘ ultima, né onerava il creditore procedente di depositare in atti la sentenza d ‘ appello;
-) con riferimento al credito della RAGIONE_SOCIALE 1 (scaturente da decreto ingiuntivo fondato su fideiussione) l ‘ eccezione di avvenuta estinzione del
debito si sarebbe dovuta far valere nel giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo, ma non nel giudizio di opposizione all ‘ esecuzione.
La sentenza d ‘ appello è stata impugnata per RAGIONE_SOCIALEzione da NOME NOME con ricorso fondato su cinque motivi.
Il RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE 1 hanno resistito con controricorso.
La RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso incidentale fondato su un motivo.
Tutte le parti hanno depositato memoria, ad eccezione della RAGIONE_SOCIALE 1.
Il Collegio ha disposto il deposito della motivazione nel termine di cui all ‘ art. 380 bis, secondo comma, c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Premessa.
Va premesso che la causa può essere decisa sulla base del criterio della ragione più liquida della complessiva reiezione dei ricorsi, vale a dire prescindendosi dalla questione, pure astrattamente rilevabile d’ufficio, relativa alla regolarità formale della copia (notificata) della sentenza gravata, se priva di indicazioni autentiche sul numero di identificazione e sulla data di pubblicazione: infatti, anche se su tale questione questa Corte si è di recente più volte pronunciata (per tutte: Cass. n. 5771 del 24/02/2023; Cass. n. 26597 del 14/09/2023) concludendo nel senso dell’improcedibilità, pure va riconosciuto che tale orientamento non ha acquisito adeguata e definitiva stabilità, tanto che sulla questione è stata disposta la trattazione in pubblica udienza (Cass. nn. 3036 e 3277 del 2024).
1. Il primo motivo del ricorso principale.
1.1. Col primo motivo NOME COGNOME denuncia la violazione degli artt. 99, 100, 101 e 175 c.p.c..
L ‘ illustrazione del motivo può così riassumersi:
-) la RAGIONE_SOCIALE (intervenuta in appello) si è dichiarata cessionaria dei crediti della RAGIONE_SOCIALE; la RAGIONE_SOCIALE si è dichiarata cessionaria del crediti della RAGIONE_SOCIALE;
-) l ‘ odierno ricorrente eccepì il difetto di prova della cessione e quindi della titolarità del credito nella memoria di replica in appello;
-) la Corte d ‘ appello ha dichiarato tardiva, e comunque infondata nel merito, l ‘ eccezione;
-) questa statuizione fu erronea, in quanto: a) l ‘ eccezione di difetto di titolarità del credito non è soggetta a preclusioni e può essere rilevata anche d ‘ ufficio; b) NOME COGNOME, contestando l ‘ ‘inesistenza’ dei suddetti crediti, aveva per ciò solo contestato anche la legittimazione della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE; c) in ogni caso la prova che la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE fossero cessionarie dei crediti già vantati – rispettivamente – della RAGIONE_SOCIALE e dalla RAGIONE_SOCIALE era mancata.
1.1. Nella parte in cui lamenta la violazione degli artt. 100 e 175 c.p.c. il motivo è manifestamente inammissibile, per totale irrilevanza ed inapplicabilità delle norme suddette nel caso di specie.
1.2. Con riferimento alla posizione della società RAGIONE_SOCIALE il motivo è inammissibile per più ragioni, e comunque infondato.
In primo luogo, è inammissibile perché la RAGIONE_SOCIALE 1 è intervenuta nella procedura esecutiva dichiarando di essere cessionaria della RAGIONE_SOCIALE, a sua volta creditrice in virtù di un decreto ingiuntivo.
Questo decreto ingiuntivo è stato opposto ed il processo si è concluso con ordinanza n. 268/21 di questa Corte, pronunciata tra NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE 1. impugnazione è stata
Tale ordinanza è stata impugnata per revocazione, ma l ‘ rigettata con ordinanza di questa Corte n. 25050/23.
Le suddette ordinanze sono state pronunciate tra NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE. Pertanto, sulla circostanza che la RAGIONE_SOCIALE sia creditrice di NOME COGNOME si è formato il giudicato esterno.
1.3. In secondo luogo – lo si rileva ad abundantiam il motivo è comunque infondato.
La RAGIONE_SOCIALE 1 è intervenuta nella procedura esecutiva dichiarandosi cessionaria del credito già vantato dalla RAGIONE_SOCIALE, fondato su un decreto ingiuntivo.
NOME COGNOME propose opposizione all ‘ esecuzione, deducendo – in buona sostanza – che quel credito era estinto, perché la banca si era soddisfatta
vendendo i titoli presso di essa depositati dal debitore principale (la società ‘RAGIONE_SOCIALE‘) , il che aveva comportato altresì l ‘ estinzione della fideiussione da lui prestata, ex art. 1945 c.c..
Ma eccependo che l ‘ obbligazione del fideiussore si era estinta per avvenuta estinzione dell ‘ obbligazione principale, NOME COGNOME ha per ciò solo tenuto una condotta processuale incompatibile con la volontà di contestare la titolarità del credito in capo alla RAGIONE_SOCIALE 1.
L ‘ estinzione dell ‘ obbligazione di garanzia per avvenuto adempimento dell ‘ obbligazione principale, infatti, non può che essere fatta valere contro chi si riconosce essere il creditore. Se dunque il fideiussore oppone al creditore l ‘ avvenuto pagamento dell ‘ obbligazione principale, per ciò solo ne ammette l ‘ esistenza e la titolarità in capo al creditore.
L ‘ eccezione di difetto di legittimazione della RAGIONE_SOCIALE non poteva dunque essere sollevata per la prima volta in appello, perché NOME COGNOME in primo grado tenne una condotta incompatibile con la volontà di contestare quella legittimazione.
1.4. In terzo luogo, il motivo è infondato, in quanto il giudizio di opposizione all ‘ esecuzione è, per consolidata giurisprudenza di legittimità, circoscritto ai motivi prospettati nel ricorso introduttivo. Ma nel caso di specie l ‘ atto di opposizione nulla osservò circa l ‘ esistenza, l ‘ efficacia, la validità e la prova dell ‘ avvenuta cessione del credito dalla RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE 1.
Correttamente, pertanto, la Corte d ‘ appello ritenne inammissibile l ‘ eccezione di ‘difetto di legittimazione’ (ed in tal senso, ove occorra, deve ritenersi integrata la motivazione della sentenza impugnata).
1.5. Può esaminarsi ora la posizione della RAGIONE_SOCIALE.
Questa società intervenne non nell ‘ esecuzione, ma nel grado di appello del giudizio di opposizione all ‘ esecuzione, dichiarandosi cessionaria del credito azionato dalla RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE.
NOME COGNOME ha eccepito il difetto di legittimazione (sostanziale) nella memoria di replica in appello; e la Corte d ‘ appello ha ritenuto tardiva l ‘ eccezione.
Ebbene:
-) a parte la scorrettezza di sollevare una eccezione di rilievo solo nella memoria di replica, quando l ‘ altra parte nulla può più controdedurre;
-) a parte il rilievo che NOME COGNOME contesta nella presente sede la legitimatio ad causam d ‘ una società (la RAGIONE_SOCIALE) da lui stesso individuata quale legittimo contraddittore nell ‘ ennesima opposizione agli atti esecutivi da lui proposta, conclusa con l ‘ ordinanza di questa Corte n. 12961 del 2023 (che ha dichiarato inammissibile il ricorso avverso il provvedimento collegiale dichiarativo di inammissibilità del reclamo ex art. 669-terdecies cod. proc. civ. avverso l ‘ ordinanza 591 ter c.p.c.);
a parte tutto questo, quel che rileva è che la Corte d ‘ appello ha ritenuto dimostrata in facto la titolarità, in capo a RAGIONE_SOCIALE, del credito messo in esecuzione. E tale accertamento, concernendo una questione di puro fatto, non è censurabile in questa sede.
1.6. L ‘ osservazione da ultimo compiuta basta a confutare le ulteriori deduzioni svolte alle p. 15-18 del ricorso, complessivamente considerate, con cui si censura la valutazione delle prove.
2. Il secondo motivo del ricorso principale.
Col secondo motivo è denunciata la violazione dei princìpi affermati dalla CGUE 10.9.2014 in causa C-34/13.
Il ricorrente deduce che tale sentenza avrebbe introdotto nel nostro ordinamento la regola secondo cui nelle esecuzioni forzate immobiliari proposte nei confronti di un consumatore, la procedura può fondarsi solo su un titolo esecutivo ‘definitivo’, cioè immodificabile.
Non è chiaro se il motivo sia rivolto contro il RAGIONE_SOCIALE, contro la RAGIONE_SOCIALE, contro la RAGIONE_SOCIALE 1, o contro tutti e tre.
In ogni caso:
nei confronti del RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE 1 il motivo è inammissibile, perché i titoli esecutivi giudiziali posti dall ‘ uno e dall ‘ altra a fondamento dell ‘ esecuzione sono passati in giudicato. La sentenza azionata dal RAGIONE_SOCIALE è passata in giudicato per effetto della pronuncia di questa Corte Sez. 1,
Ordinanza n. 1678 del 2023; il decreto ingiuntivo azionato dalla RAGIONE_SOCIALE 1 è divenuto inoppugnabile per effetto della pronuncia di questa Corte Sez. 3, Ordinanza n. 268 del 2021;
b) in ogni caso, il motivo è infondato, in primo luogo perché poggia su un presupposto indimostrato, cioè che NOME COGNOME fosse un consumatore. NOME COGNOME, condannato per bancarotta fraudolenta con sentenza divenuta definitiva per effetto di Cass. pen. Sez. 5, Sentenza n. 16746 del 2018, ha contratto tutti e tre i crediti messi in esecuzione come amministratore d ‘ una società o come garante della stessa;
c) infine, l’interpretazione del ricorrente del principio di diritto della pronuncia della Corte sovranazionale è fantasiosa. La sentenza pronunciata da CGUE 10.9.2014 in causa C-34/13 ha stabilito che la Direttiva comunitaria sulla tutela del consumatore ‘ non osta ad una normativa nazionale (…) che consente il recupero di un credito, fondato su clausole contrattuali eventualmente abusive, attraverso la realizzazione stragiudiziale di una garanzia costituita sul bene immobile dato in garanzia dal consumatore, qualora tale normativa non renda praticamente impossibile o eccessivamente difficile la salvaguardia dei diritti che tale direttiva conferisce al consumatore, il che deve essere verificato dal giudice del rinvio’.
Vanamente, dunque, nel decisum della Corte di Lussemburgo si cercherebbe il principio invocato dal ricorrente: quella sentenza infatti, con ogni evidenza, implica esclusivamente che al consumatore sia garantita la salvaguardia dei suoi diritti (ciò che, a prescindere da ogni indagine sulla malagevolmente configurabile qualità di consumatore in capo a soggetto condannato per reato fallimentare proprio, è manifestamente accaduto anche nella specie), ma in alcun modo si rinviene nelle espressioni letterali adoperate dalla Corte di giustizia la statuizione di preclusione delle azioni esecutive contro il consumatore fino alla definitiva pronuncia sulle sue contestazioni.
3. Il terzo motivo del ricorso principale.
Col terzo motivo è denunciata la violazione degli artt. 474 e 475 c.p.c..
Nell ‘ illustrazione del motivo è formulata una tesi così riassumibile:
-) la sentenza messa in esecuzione dal fallimento fu riformata in melius in grado di appello, in quanto la condanna fu ridotta da 2 milioni a 1.350.000 euro;
-) la sentenza d ‘ appello, pertanto, si sostituì al titolo esecutivo originario, e doveva essere depositata nel fascicolo dell ‘ esecuzione quale titolo esecutivo, ma non lo fu;
-) ergo , la Corte d ‘ appello nel ritenere irrilevante tale circostanza ha violato gli artt. 474 e 475 c.p.c..
3.1. Il motivo è infondato.
Una riforma in appello del quantum debeatur stabilito dalla sentenza di primo grado può avvenire in aumento o in diminuzione.
Nel primo caso il creditore, per ampliare l ‘ oggetto della procedura già intrapresa, deve intervenire, per la parte residuale, in base al nuovo titolo esecutivo costituito dalla sentenza di appello (così Sez. 3, Sentenza n. 7111 del 30/07/1997; Sez. 3, Sentenza n. 2406 del 07/04/1986; Sez. 3, Sentenza n. 101 del 16/01/1985).
Nel secondo caso, invece, vale il principio c.d. di effetto sostitutivo con efficacia ex tunc del titolo esecutivo: vale a dire che il processo esecutivo non resta caducato, ma prosegue senza soluzione di continuità, nei limiti fissati dal nuovo titolo con persistente efficacia, entro gli stessi, anche degli atti anteriormente compiuti (Sez. 3, Sentenza n. 9161 del 16/04/2013, in motivazione; Sez. 3, Sentenza n. 6072 del 18/04/2012).
4. Il quarto motivo del ricorso principale.
Col quarto motivo è denunciata la violazione degli artt. 174, 175, 474 e 484 c.p.c..
Il motivo riguarda la sola posizione di RAGIONE_SOCIALE 1 (successore di RAGIONE_SOCIALE).
Nella illustrazione si sostiene che:
-) la fideiussione posta a fondamento del decreto ingiuntivo, a sua volta posto a fondamento dell ‘ esecuzione, era nulla per l ‘ avvenuta estinzione dell ‘ obbligazione principale;
-) erroneamente il giudice dell ‘ esecuzione, venendo meno al poteredovere di accertare l ‘ esistenza del credito messo in esecuzione, non ha tenuto conto della suddetta circostanza;
-) erroneamente la Corte d ‘ appello ha ritenuto non deducibile nel giudizio di opposizione all ‘ esecuzione la suddetta circostanza, in quanto esigere un credito già estinto sarebbe ‘contrario all’ordinamento comunitario’.
4.1. Il motivo è infondato.
Che il credito della RAGIONE_SOCIALE fosse tuttora esistente od invece già estinto era circostanza che si sarebbe dovuta far valere nel giudizio di opposizione al decreto, non in sede di opposizione all ‘ esecuzione.
Divenuto inoppugnabile il decreto, la relativa sentenza exaequavit quadrata rotundis .
5. Il quinto motivo di ricorso principale.
Col quinto motivo è denunciata la violazione degli artt. 61, 62, 134, 183 c.p.c., nonché dell ‘ art. 2697 c.c..
Tale motivo concerne unicamente la posizione della RAGIONE_SOCIALE.
L ‘ illustrazione del motivo può essere riassunta come segue:
-) l ‘ esecuzione coltivata da NOME SPV scaturisce da un contratto di mutuo concesso dalla RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE, garantito da NOME COGNOME con fideiussione;
-) con l ‘ atto di opposizione all ‘ esecuzione l ‘ odierno ricorrente aveva dedotto che questo mutuo era affetto da molteplici ragioni di nullità ed in particolare:
–) al contratto non era stato allegato il piano di ammortamento,
–) il contratto non indicava in modo chiaro il saggio degli interessi;
–) gli interessi concretamente applicati erano usurari;
–) la banca aveva illegittimamente praticato l ‘ anatocismo;
–) il contratto rinviava per la misura del saggio degli interessi al tasso ‘Euribor’, rivelatosi manipolato da un pool di banche e quindi illegittimo;
–) il contratto prevedeva un tasso minimo dovuto in ogni caso (c.d. clausola ‘ Floor’ ), previsione ritenuta dalla Corte di giustizia UE contrastante col diritto comunitario;
-) al fine di dimostrare l ‘ esistenza delle suddette ragioni di nullità l ‘ odierno ricorrente aveva chiesto sia al Tribunale, sia alla Corte d ‘ appello, di disporre una consulenza tecnica, richiesta illegittimamente rigettata sul presupposto che la suddetta consulenza sarebbe stata ‘esplorativa’.
5.1. Il prolisso motivo pone innanzitutto un problema di interpretazione delle eterogenee censure in esso contenute.
corretta
Dopo molte letture, ritiene la Corte che l ‘ unica interpretazione possibile di esso consista nel ritenerlo rivolto non già avverso la statuizione di rigetto delle plurime eccezioni di nullità del contratto di mutuo, ma come rivolto avverso la statuizione di rigetto dell ‘ istanza di c.t.u..
Tanto si desume:
-) dal riferimento, nell ‘ epigrafe del motivo, agli artt. 61 e 62 c.p.c.;
-) dalla conclusione a p. 43, ove si lamenta ‘ l ‘ erroneità della sentenza impugnata nel non ammettere la consulenza tecnica’ .
5.2. Così qualificato ed interpretato, il motivo è inammissibile per più ragioni. In primo luogo, la Corte d ‘ appello ha rigettato alcune delle eccezioni di nullità sollevate dall ‘ odierno ricorrente per ragioni di diritto, non per difetto di prova: così è stato per l ‘ eccezione di nullità per mancata allegazione al contratto del piano di ammortamento (p. 23 della sentenza impugnata); di anatocismo (p. 24); di nullità del tasso Euribor (p. 25); di nullità della clausola Floor (p. 26). La ritenuta insussistenza in iure delle suddette nullità rende irrilevante il motivo con cui si prospetta il mancato ricorso alla c.t.u..
5.3. In secondo luogo, la Corte d ‘ appello ha preso in esame e rigettato il motivo d ‘ appello con cui si denunciava il mancato ricorso da parte del Tribunale ad una c.t.u. con riferimento ad una soltanto delle eccezioni di nullità del contratto di mutuo: quella intesa a far valere l ‘ usurarietà degli interessi corrispettivi e di mora pretesi dalla banca.
Tuttavia, di tale motivo di appello la Corte ha innanzitutto rilevato ‘l’ impossibilità di comprensione’ (p. 28): ha dunque formulato un giudizio di inammissibilità, che non viene censurato specificamente in quanto tale.
5.4. In terzo luogo, la Corte d ‘ appello ha rilevato che la richiesta di c.t.u. non poteva essere accolta perché ‘ le grandezze numeriche’ invocate dall ‘ odierno ricorrente per sostenere l ‘usurarietà dei tassi applicati dalla banca erano ‘ del tutto disancorate dai dati di causa’ .
Ora, il rigetto d ‘ una istanza di c.t.u. può essere sindacato in sede di legittimità in un solo caso: quando la parte non abbia altro mezzo per provare la fondatezza della propria domanda ed il giudice rigetti la domanda per difetto di prova, dopo avere rigettato l ‘ istanza di c.t.u..
Non è questo il nostro caso: la Corte d ‘ appello, infatti, ha rigettato l ‘ istanza di c.t.u. sul presupposto che gli atti di causa dimostravano già di per sé stessi l ‘ infondatezza dell ‘ eccezione di usurarietà dei tassi applicati dalla banca.
La scelta istruttoria della Corte d ‘ appello non è dunque sindacabile in questa sede; lo stabilire poi se davvero gli atti di causa consentivano di escludere l ‘ usurarietà degli interessi è questione di interpretazione delle prove, insindacabile in questa sede.
6. Il ricorso incidentale di NOME.
Con l ‘ unico motivo di ricorso incidentale la RAGIONE_SOCIALE denuncia la violazione degli artt. 512 e 612 c.p.c., nonché dell ‘ art. 1194 c.c..
Nell ‘ illustrazione del motivo si sostiene che la Corte d ‘ appello ha errato nel dichiarare che il debitore esecutato aveva estinto in parte il credito vantato dalla RAGIONE_SOCIALE, per l ‘ importo di euro 67.000.
Tale statuizione fu erronea per tre ragioni:
-) sia perché la parziale estinzione del credito va accertata in sede di riparto, e non in sede di opposizione all ‘ esecuzione;
-) sia perché erroneamente la Corte d ‘ appello ha ritenuto ‘ non contestata’ dalla RAGIONE_SOCIALE la misura degli acconti versati dal debitore; in realtà pour cause la RAGIONE_SOCIALE non prese posizione su quei pagamenti parziali, dal momento che essi andavano accertati in sede di distribuzione;
-) sia perché il diffalco dal credito degli acconti venne compiuto dalla Corte d ‘ appello in spregio del criterio di imputazione stabilito dall ‘ art. 1194 c.c., e cioè imputando i pagamenti prima agli interessi e poi al capitale.
6.1. Nella parte in cui sostiene che il debitore esecutato, per far valere l ‘ estinzione parziale del debito, debba attendere la fase distributiva, il motivo è infondato. Questa Corte, infatti, ha già stabilito che la previsione del rimedio della opposizione distributiva, di cui all ‘ art. 512 cod. proc. civ., non esclude che, quando la contestazione sia fatta dal debitore esecutato ed investa il credito di un creditore munito di titolo, egli possa tutelarsi anche con lo strumento dell ‘ opposizione all ‘ esecuzione, di cui all ‘ art. 615, secondo comma, cod. proc. civ. (e, secondo il testo della norma applicabile al momento della instaurazione della domanda, senza la barriera preclusiva oggi introdotta), senza necessità di attendere la fase distributiva, sussistendo in ogni momento dell ‘ esecuzione il suo interesse a contestare l ‘ an od il quantum dei crediti (anche al fine di conseguire la sospensione parziale dell ‘ esecuzione) e salva la diversa scelta del medesimo debitore, che ben potrebbe attendere la fase di distribuzione per formulare le proprie contestazioni, nei modi e per gli effetti dell ‘ art. 512 cod. proc. civ., al fine della restituzione di quanto conseguito dalla vendita (ovvero versato a seguito della conversione) in più del dovuto (Sez. 3, Sentenza n. 22642 del 11/12/2012, Rv. 624723 – 01). Questo principio è stato ribadito, sviluppato e approfondito da Sez. 3,
Ordinanza n. 15439 del 31/05/2023, ove si afferma che:
-) il rimedio di cui all ‘ art. 615, comma 2, c.p.c., può essere utilizzato per contestare il diritto di procedere ad esecuzione forzata in tutto o in parte ;
-) ‘ nulla esclude che un medesimo fatto costitutivo della domanda (come nella specie, la pretesa nullità del mutuo azionato in via esecutiva) possa porsi a sostegno dell ‘ una o dell ‘ altra opposizione , benché i relativi esiti non possano che condurre (…) a conseguenze del tutto diverse, che l ‘ interessato ha pieno diritto di perseguire, in fin dei conti in applicazione del generale principio della domanda, ex art. 99 c.p.c., per (…) la piena legittimità non solo della loro coesistenza, quanto pure della rimessione al
titolare dell ‘ opzione di attivarne l ‘ uno, o l ‘ altro, oppure anche, ricorrendone i presupposti, consecutivamente entrambi ‘.
6.2. Nella parte in cui lamenta la violazione dell ‘ art. 1194 c.c. il motivo è infondato.
Per quanto attiene l ‘ accertamento dei pagamenti effettuati da NOME COGNOME dopo la notifica del precetto, il relativo accertamento verte su questione di fatto e non è sindacabile in questa sede.
Quanto ai criteri di scomputo degli acconti, la sentenza impugnata non ha affatto affermato quel che la ricorrente sostiene.
La sentenza, infatti, non ha ridotto il credito azionato in violazione dell ‘ art. 1194 c.c..
La Corte d ‘ appello ha accertato l ‘ avvenuta esecuzione di pagamenti per euro 67.000, ed ha statuito che:
il credito di NOME ‘ si è ridotto a seguito dei pagamenti intervenuti’ (p. 29, quarto capoverso);
la RAGIONE_SOCIALE ha diritto a proseguire l ‘ esecuzione forzosa nei confronti di NOME COGNOME ‘ solo per il residuo debito’ .
La sentenza, dunque, ha imposto al giudice dell ‘ esecuzione di ‘ridurre il credito azionato’ evidentemente in relazione proprio ai pagamenti intervenuti, ma non ha affatto stabilito che gli acconti debbano essere imputati al capitale.
Semplicemente, ha rimesso il relativo calcolo al giudice dell ‘ esecuzione. E lo ha fatto legittimamente, perché tanto è riservato al giudice del processo esecutivo al momento della definitiva identificazione del credito da ammettere nel progetto di distribuzione, del resto in base ai i criteri di imputazione dei pagamenti parziali stabiliti dalla legge, quando manchi un diverso accordo delle parti, come nella specie.
Le spese del presente giudizio vanno compensate tra NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE, per effetto della reciproca soccombenza.
Nei rapporti tre NOME COGNOME e le restanti parti le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.
La manifesta infondatezza delle deduzioni in diritto svolte dal ricorrente, la pervicacia nel coltivare questioni coperte dal giudicato e la pertinacia nel contestare una posizione debitoria già oggetto di undici provvedimenti delle sezioni civili di questa Corte, integrano idonee ragioni per condannare il ricorrente ai sensi dell ‘ art. 96, comma terzo, c.p.c., in favore del fallimento e della RAGIONE_SOCIALE 1.
Da ultimo, stima il Collegio impossibile evitare la segnalazione ex art. 51, terzo comma, lettera (d), l. 31.12.2012 n. 247, nonché il rapporto all’autorità giudiziaria penale, in relazione alla circostanza che due dei difensori della RAGIONE_SOCIALE, rappresentata in giudizio dalla società RAGIONE_SOCIALE, hanno espletato attività nel corso del presente giudizio di legittimità, pur non risultando -stando agli atti legittimamente consultabili da questa Corte -abilitati al patrocinio dinanzi alle giurisdizioni superiori.
P. q. m.
(-) rigetta il ricorso principale;
(-) rigetta il ricorso incidentale;
(-) compensa integralmente le spese del presente giudizio di legittimità tra NOME COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE;
(-) condanna NOME COGNOME alla rifusione in favore di RAGIONE_SOCIALE della “RAGIONE_SOCIALE” delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate nella somma di euro 18.100, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex art. 2, comma 2, d.m. 10.3.2014 n. 55; (-) condanna NOME COGNOME al pagamento in favore del RAGIONE_SOCIALE della “RAGIONE_SOCIALE” della somma di euro 18.000 ex art. 96, comma terzo, c.p.c.;
(-) condanna COGNOME alla rifusione in favore di RAGIONE_SOCIALE, come in epigrafe rappresentata, delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate nella somma di euro 13.300, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex art. 2, comma 2, d.m. 10.3.2014 n. 55;
(-) condanna NOME COGNOME al pagamento in favore della RAGIONE_SOCIALE della somma di euro 13.000 ex art. 96, comma terzo, c.p.c.;
(-) ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale e della RAGIONE_SOCIALE SPV di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della